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Autore: Marpesia    02/08/2016    0 recensioni
E se James, Sirius e Peter non fossero riusciti a trasformarsi in animagi per aiutare Remus nelle notti di luna piena?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: I Malandrini
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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~Hola!
Stavo cazzeggiando guardando dei fan art sui malandrini (gli amori miei :3) e ne ho visto uno in cui i Malandrini sono riuniti in infermeria a ridere e mangiare dopo la luna piena, per tirare un po' su il morale a Remi.
Dentro di me è scattata la proverbiale lampadina -era un po' impolverata, sì- e mi sono chiesta: Ma se i malandrini non fossero riusciti a trasformarsi in animagi? Se non ci fossero riusciti in tempo?
Ora, io qui sono stata davvero drastica e sadica nei confronti di Lunastorta, ma sarebbe potuto succedere, forse...
Okay, no, ma mi è venuta quest'ideuzza e ho scritto tutto in quindici minuti.
Recensite se ve lo chiedo per favore? : (~

Chi l’avrebbe mai detto, che saremmo arrivati a questo punto? Se una settimana fa a noi Malandrini fosse stato detto cosa sarebbe successo, avremmo pensato che questa storia fosse frutto di una delle fasulle profezie della Cooman, quella strana Corvonero con gli occhiali spessi. Ci avremmo riso su e avremmo continuato per la nostra strada, parlottando fitto fitto del piano per lo scherzo dei lumaconi carnivori nei mutandoni di Lumacorno, quello che è venuto in mente a Remus, la mente del gruppo.
Remus.
Sempre così riservato, sempre così…misterioso, eppure dolce e gentile con tutti, anche con Mocciosus; non ha mai detto una parola cattiva su qualcuno e rimane calmo e sorridente anche quando i Serpeverde lo chiamano “Sporco mezzosangue” o “Pezzente sanguesporco”. Non perde mai la calma, neanche con noi, che lo facciamo impazzire dalla mattina alle due di notte quando rimaniamo alzati per consultare la Mappa; neanche quando la mattina dopo la luna piena è stanco e ferito in infermeria, e noi lo raggiungiamo dopo essere stati svegli e in pensiero tutta la notte. Noi ci abbiamo provato così tanto, a diventare animagi –l’unico modo che abbiamo trovato per restargli vicino, abbiamo saccheggiato tutta la biblioteca scolastica e abbiamo passato notti in bianco, ma niente risultati, a parte qualche pelo. Ci stiamo provando tra quasi tre anni, ma non ci riusciamo, eppure la motivazione non manca…è un tipo di magia molto complesso, sì, ma pensavamo di riuscirci in tempo. Ci siamo esercitati sugli incantesimi e le pozioni curative che utilizziamo all’alba, dopo la ri-trasformazione, quando andiamo alla Stamberga prima che venga Madama Chips per portarlo nell’infermeria.
Lo abbiamo trovato sempre peggio, negli ultimi mesi. Sui libri c’è scritto che con la crescita di un mannaro adolescente coincide anche la crescita del lupo, la sua forza, la sua rabbia, la sua pericolosità. Remus non è pericoloso. Remus non farebbe male a un nargillo, non cerca mai vendetta e non è mai arrabbiato. È forte, ma mai pericoloso o rabbioso; è forte, dannatamente forte, perché riesce a resistere dopo dieci anni di trasformazioni, e a sedici anni è ancora qui che vince contro il lupo, che dopo la luna piena torna dentro il ragazzo e ringhia di rabbia cercando di uscire. E Remus è forte anche perché non lo fa mai uscire. È capitato solo una volta, al quarto anno; aveva gli occhi gialli e rotondi, cattivi e assetati di sangue, stava facendo a pezzi il suo letto e ci mettemmo un po’ per far andare via la bestia e far tornare il nostro amico.
Resiste perfettamente alla debolezza che è tipica del periodo antecedente al plenilunio e a quella che lo segue. Non vuole farci mai preoccupare anche se è a pezzi, è lui che ci consola e si prende cura di noi, anche dopo una particolarmente spossante luna piena ci chiede sempre se abbiamo fatto i compiti, se abbiamo fatto colazione e se abbiamo combinato qualche guaio. È un po’ come una madre, sempre così premuroso e preoccupato per noi.
Ma questa volta siamo noi a essere preoccupati.
Non per quello che sta succedendo, perché, anche se non vogliamo ammetterlo neanche a noi stessi, sappiamo benissimo come andrà a finire; però permane un briciolo di speranza, sentiamo il canto della Fenice anche quando ci siamo rassegnati quasi del tutto. Siamo preoccupati non per quello che è, in ogni caso, ma per quello che sarà. Come faremo, dopo? Con quale forza, andremo avanti? Senza di lui, noi non saremo mai più completi, sentiremo per sempre un vuoto, il vuoto che sta lasciando lui in questo momento; la cosa che più ci spaventa è che lo sentiamo anche adesso, il vuoto. Immaginare le nostre giornate senza i suoi sguardi di rimprovero, la sua infinita cioccolata che non smette mai di distribuire a destra e manca, i suoi temi lunghi cinquanta centimetri in più del dovuto, la sua piuma sottile che scorre veloce sul foglio sotto il suo sguardo attento e concentrato, sempre vigile, i suoi occhi ambrati che fa roteare e i sorrisi trattenuti a stento perché è un prefetto e deve comportarsi di conseguenza ogni volta che ne combiniamo una delle nostre…immaginare le nostre giornate senza queste piccole cose che fanno parte di lui…è…impossibile. Inimmaginabile.
E ci ripetiamo che tutto questo non è giusto, che è sbagliato, che non deve succedere a lui, non qui, non ora, non così. Non lo merita, ha sedici anni porco Salazar, ed è la persona più buona del mondo. Ci sono tante persone cattive che meriterebbero anche il doppio di quello che deve sopportare lui e che rimangono impunite, e poi accadono queste cose, e accadono sempre a chi ha fatto solo del buono nella sua vita. E non ci va giù, perché –continueremo a ripeterlo anche se sembriamo tre bambini capricciosi- NON È GIUSTO.
Sirius e Peter sono seduti sul pavimento sporco e polveroso del secondo piano della Stamberga Strillante, il primo con le ginocchia al petto e la testa fra le mani e il secondo con le gambe stese e gli occhi strizzati, chiusi, mentre lacrime bagnato entrambi i volti dei sedicenni. James appare dalla porta semidistrutta della seconda camera a partire da destra, quella dove si trova Moony; il giovane Potter ha gli occhi rossi per il pianto e l’espressione distrutta, i vestiti quasi del tutto coperti da sangue e le mani tremanti. Guarda i due amici con espressione quasi supplichevole, come per pregargli di dirgli che è tutto uno scherzo.
Ma non è uno scherzo, lui ho ha visto. Tutti e tre lo hanno visto. Abbandonato sul pavimento in posizione supina, in una pozza di sangue tanto rossa quanto lui bianco, senza ormai più quasi sangue in circolo, senza la mano sinistra. Se la è mangiata il lupo dopo essersela strappata a morsi.
“È-è…è ora” sussurra James con voce tremante. Peter si alza e aiuta Sirius ad alzarsi, che però di stare in piedi non ne vuole proprio sapere, quindi viene sorretto dai due per raggiungere la stanza che Prongs ha lasciato momentaneamente.
Per terra, nel bel mezzo della camera, una coperta scura è poggiata sopra un corpo che fa a gara a chi è più bianco tra lui e la neve che fuori dalla catapecchia ricopre tutta Hogwarts; è così pallido da far male agli occhi. Il giovane corpo martoriato è illuminato dai primi timidi raggi del sole, e non si muove. Abbassa e alza il petto irregolarmente, sempre più piano, sempre con più difficoltà, sempre meno volte. Non pare essersi accorto di essere stato lasciato solo o di essere di nuovo in compagnia, non pare essersi accorto di niente; è troppo concentrato a respirare, cosa che gli risulta alquanto difficile, al momento, oltre che dolorosa. Ogni inspirazione equivale ad una Cruciatus, e ad ogni espirazione fa forza sul suo stesso corpo, che vorrebbe lasciarsi andare perché sa che è agli sgoccioli, ma resiste perché sa che a loro lo deve, almeno un addio. Non riesce a muoversi e gli gira la testa come dopo quella volta che si è ubriacato con i Malandrini alla Testa di Porco; la vista è appannata, e delle macchie nere coprono la sua visuale. Gli occhi sono socchiusi, e lotta perché restino tali, ogni volta che sbatte le palpebre è uno sforzo immenso farle tornare su, e prega con tutto il cuore che si sbrighino, James, Sirius e Peter, perché davvero, non ce la fa più.
I tre ragazzi restano immobili a contemplare il corpo ormai morente del loro amico per qualche istante, poi Remus, con una forza che non sa da dove arriva, inizia a parlare.
“Non… ho tutto i-il tempo del mondo, sapete?” sussurra con voce roca e impastata, quasi inudibile, ma scherzosa; comincia a tossire violentemente e a sputare sangue, come prima, quando stava solo con James. Lui lo ha coperto e gli ha bendato il posto in cui poco prima c’era la sua mano, per far uscire meno sangue e bloccare l’emorragia; Remus gli ha detto di essere forte, e che deve continuare a guidare il gruppo come ha sempre fatto. James è scoppiato a piangere mentre l’amico gli accarezzava debolmente la gamba, per cercare di aiutare e consolarlo anche in quel momento.
Si sente mortalmente in colpa a lasciarli così all’improvviso, così presto, ma non può dire di non esserselo aspettato; il suo stesso sesto senso di Lupo lo ha avvertito che non sarebbe durato a lungo, ma ha preferito non parlarne con i suoi amici. Farli preoccupare più del dovuto non è nel suo stile.
James per primo si avvicina e si inginocchia dietro di lui, prendendogli la testa e appoggiandosela delicatamente sulle gambe; gli dà qualche leggero colpetto alla schiena letteralmente aperta dalle artigliate per far smettere la tosse. Dopo un po’ ci riesce, e passa una mano sulla fronte gelida eppure bollente del suo amico. Sirius e Peter sono ancora fermi, con le bocche socchiuse e la vista di nuovo appannata per le troppe lacrime che minacciano pericolosamente di scendere da un momento all’altro. Quando Remus sussurra qualcosa che i due non capiscono e James la ripete per lui, Wormtail si avvicina lentamente come se temesse si rompere qualcosa, perché Remus aveva cercato di chiamarlo.
“Ehi” gli sussurra Peter inginocchiandosi e prendendogli l’unica mano che gli resta tra le sue, per cercare di tenerla calda.
“Ehi” gli risponde flebilmente Lupin, sorridendo e cercando di stringere le mani tremanti del più piccolo e impressionabile dei Malandrini. Le lacrime ricominciano a scorrere sul viso di quest’ultimo, e il suo corpo robusto è scosso dai singhiozzi. Remus lo guarda mortificato e cerca di sollevarsi per consolarlo, ma appena riesce a concentrare tutta la sua energia residua sull’addome, che si piega in avanti per sedersi, James lo prende delicatamente e lo fa rimettere sdraiato, sussurrandogli dolcemente “Non strafare, okay?”
Allora riguarda il ragazzo che sta piangendo accanto a lui e sussurra debolmente “Dai Pete, non rendere le cose più difficili…i-io starò bene, tra poco, e…andrà tutto bene. Sono sicuro che ce la farai…e-egregiamente anche senza di me. E-e mi raccomando, pr-prenditi cura tu di…di…di questi due piagnucoloni. Lo…lo farai, v-vero?” sollevare dieci Hagrid gli risulterebbe più facile che articolare le parole, in questo momento. Peter annuisce e cerca di sorridergli di rimando, perché se ci riesce un moribondo, lui ce la può fare benissimo.
“Ti voglio bene, Rem, sei il migliore. Grazie per tutto quello che hai fatto per me, dalle ripetizioni di Trasfigurazione alla cioccolata, da quando mi consoli a quando mi fai i compiti. Mi mancherai molto.”
“Q-quello che deve…deve ri-ringraziare qui so-sono io. Non potevo trovare ami…amici migliori di v-voi.” Lo ripete loro ogni giorno, ogni giorno li ringrazia per essere rimasti anche dopo aver scoperto del suo Piccolo Problema Peloso.
“S-siuss” sussurra poi, perché sa che lui è lì, ancora impagliato e fermo come uno stoccafisso, ma è lì. Questo si avvicina e ci mette il doppio del tempo che ci ha messo Peter, e Remus vorrebbe tanto dirgli di fare un po’ più in fretta, perché trova leggermente antipatico da parte sua fare i suoi comodi mentre lui comincia a perdere sangue anche dal naso e a non riuscire più ad articolare le parole. Il moro vorrebbe dirgli tante cose: che gli vuole bene, che non lo dimenticherà, che è sempre stato forte, che non è colpa sua…
“Sei uno stronzo, Remus Lupin” dice invece.
Il ragazzo con i capelli color miele sorride, chiudendo gli occhi; se lo aspettava. Sta così bene con gli occhi chiusi, quasi quasi li tiene così…no, James gli sta chiedendo, lo sta pregando, di resistere un altro po’. Riapre lentamente gli occhi e vede Sirius alla sua sinistra che trattiene le lacrime in un’espressione che in principio doveva essere incazzata nera, ma che ora risulta dannatamente tenera, un’occhiata di rimprovero e angoscia insieme, il labbro inferiore che trattiene con i denti per non farlo sporgere e conferirgli l’aria da cucciolo abbandonato. Sirius però si sente proprio così, un piccolo cucciolo lasciato solo.
“È vero” dice Remus con un filo di voce, e vorrebbe stringergli la mano, ma con cosa? Il dolore non lo sente neanche più, al braccio sinistro; non sente più dolore. Questione di minuti, deve tirare le somme.
“U-una cosa, do...do…dovete dire a mio padre u-una cosa: s-so per-chè sono” e qui si interrompe per sputare sangue dalla parte di Sirius, che inizia a far scorrere le lacrime trattenute, “Un lupo m…ma…man…quello. Lo-lo so e lo per-perdono, ditegli soltanto che…lo perdono e c-che gli s-saluto la mamma, e-e che mi d-dispiace.” Povero Lyall, gli è morta la moglie pochi mesi prima e ora perde pure il figlio maledetto. Remus si sente in colpa anche per suo padre, perché lo lascia solo, ma certe cose non dipendono mica da lui; vuole solo che non viva per il resto della vita con il peso di aver rovinato quella di suo figlio, che gli urla contro perché ha scoperto il perché della sua maledizione, vuole solo che cerchi di superare queste morti, e gli dispiace tanto che l’ultimo ricordo che ha del suo unico figlio sia una litigata.
“R-ringraz-ziate Siente da pa…pa…parte mia, per tu-tutto quello che” sputa sangue su Peter “H-ha fatto…per me.” Altri da ringraziare? No? Bene, ora, dulcis in fundo. Li guarda uno per uno e sorride, ripensando a quei quattro undicenni che ridevano nello scompartimento del treno, mangiando caramelle e discutendo di Quiddich; stranamente ora ritornano a galla tutti i ricordi e le lacune che il tempo aveva lasciato vuote; ricorda perfino cosa aveva mangiato a colazione quel 1 settembre di sei anni fa.
“Piacere, io sono James Potter, ma voi potete chiamarmi James il Magnifico. Diventerò capitano di Quiddich, vincerò la Coppa di Quiddich e la Coppa delle Case nel giro di una settimana massimo, poi dedicherò tutto il tempo a fare scherzi a Mocciosus e alla rossa. Volete assistermi?”
I-io sono Peter, Peter Minus.”
“Amico, dove te le sei fatte quelle cicatrici? Sono fichissime! Io sono Sirius, solo Sirius. Chiamatemi per nome e andremo d’accordo.”

Remus ride, pensando a quei tre terremoti che sono entrati nella sua calma e triste vita per poi trasformarla in qualcosa che non avrebbe mai immaginato potesse essere sua. Ride e non fa male, fa male solo ricordare i momenti più belli,

“Non ti lasceremo solo, Rem. Ti vogliamo bene anche se hai questo tuo…come dire…Piccolo Problema Peloso!”

quelli vissuti con loro, i suoi migliori amici, che non lo hanno mai abbandonato,

“Rem! Ehi, Rem, indovina! Io e Sirius abbiamo avuto l’idea più geniale del secolo: diventeremo animagi e staremo con te nelle notti di luna piena!”

nonostante le difficoltà e le litigate,

Remus mi dispiace, davvero! Era solo uno scherzo per Mocciosus, quello non tiene mai il suo naso abnorme nei fatti suoi! Se lo meritava…Non volevo che succedesse questo…”

le punizioni e i richiami,

“ Black! Minus! Potter! Lupin?!”

i momenti difficili

“Per la prossima luna piena ci saremo, Rem, dobbiamo solo…esercitarci di più e…capire un paio di concetti…far spuntare qualche pelo…okay, magari non questo mese, ma quello dopo sicuramente!”

e tutte le avversità che li hanno solo uniti di più. Le risate fatte,

“Ma professoressa Mc Gonagall, mia cara, mio unico amore…lei mi tradisce con Remus? Ah, il mio povero cuore non reggerà un simile affronto…”

“Black, nel mio ufficio, subito!”

gli scherzi fatti insieme,

“Rem, ma come ti è venuto in mente di mettere i viscidi avvicini nei viscidi dormitori delle viscide serpi? È geniale!”

le promesse date,

“D’accordo, non diremo a nessuno di questo tuo piccolo e peloso segreto…”

e le aspettative

“Cosa volete che sia? Un po’ di pelo qui, un paio di denti in più, una coda lì sotto e passa la fatica! Un mese e avremo risolto il problema animagus.”

che avevano fino a qualche giorno prima, giorni che sembrano ora così lontani, lo fanno ridere come un bambino, perché sognavano ingenuamente come se fossero tali, progettavano cose che non possono essere realizzate neanche con l’ausilio della magia, vedevano tutti i problemi come qualcosa di lontano, qualcosa che può aspettare…perché sono giovani, devono solo illudersi, ridere e sognare come bambini, costruire castelli in aria e progettare insieme la vita fuori dalla scuola. E invece sono inginocchiati davanti a un loro amico che sta per morire, che cosa buffa.
“A-andate a co-costruire ca…castelli in aria, ragazzi” mormora il biondo tra le risate, e qui i tre pensano che stia delirando, ma poi diventa di nuovo serio e continua, con un rivolo di sangue che gli esce da un angolo della bocca. “M-mi dispiace, vi adoro…sie-te le per…perone più i-importa-i, per me. Vi…vi devo tut-to. Vi p-prometto c-che non me ne…non me vado, re…re…resterò co-con voi, se-mpre, fino a-alla fine. A-avrò so-solo un man…mantel…mantello dell’i-invi-sibilità addosso, o-okay? Vi voglio b-bene.”
“Sta zitto, stronzo, risparmia il fiato. Ti voglio bene, Rem” dice finalmente Sirius, accarezzandogli il viso ormai bianco, sorridendo tra le lacrime.
“Andrà t-tutto b..bene, Siius…tutto ben…”
E si rilassa, finalmente. Gli occhi grandi e ambrati sono ancora aperti, ma vitrei e vecchi, e gli angoli della bocca ancora incurvati in un piccolo sorriso. La sua mano destra stringe ancora debolmente quella di Peter, e James gli tiene ancora la testa leggermente sollevata per evitare che vomiti altro sangue. Può poggiarla, ora, perché non vomiterà più sangue. Peter può lasciargli la mano, ora, perché non sentirà più freddo. Sirius può smettere di accarezzarlo, ora, perché non ha più bisogno di essere tranquillizzato.

Quella mattina, quando Madama Chips si recò alla Stamberga Strillante per recuperare il ragazzo, ne trovò tre in più nel dovuto, addormentati, pieni di sangue e lacrime, sul cadavere di un quarto, gli occhi d’ambra che non avevano avuto il cuore di chiudere. Un Patronus con le sembianze di lupo vegliava sul loro sonno e, quando vide la povera donna sbigottita, indicò i tre sedicenni addormentati, come per dire “Prenditene cura tu, adesso”; li guardò un’ultima volta e, con un ultimo balzo, indossò il suo mantello dell’invisibilità.

*= Lyall Lupin offende Greyback, un lupo mannaro un po’ permaloso, dicendo che i lupi mannari sono dei mostri senz’anima. Per punizione Fenrir morde Remus quando aveva meno di sei anni.

   
 
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