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Autore: destinyWebGio    04/08/2016    1 recensioni
"Higgsbury doveva essere morto di preoccupazione. Era insieme a lei quando era crollata, quello se lo ricordava bene.
Lo aveva sentito gridare il suo nome con un tono spaventato e distrutto.
Era abituata anche a quello. O, di nuovo, almeno così si ostinava a ripetersi."
[Willowson]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Willow non ricordava bene com’era morta il giorno prima.
Ricordava un branco di lupi correre verso di lei. Ricordava che aveva fame. Ricordava che sentiva freddo, dopo tutta la pioggia che era scesa.
Stesa su ciò che rimaneva della Pietra di Resurrezione con una mano sul fianco ancora dolorante, la ragazza continuava a scrutare il cielo ancora sereno tentando di ignorare le fetide teste di maiale come se potesse ricollegare i pensieri seguendo il movimento lento e pigro delle nuvole bianche. Ricordare chi o cosa l’aveva ammazzata quella volta, facendo il conto tra sé e sé di tutte le volte che si era risvegliata in quello stato.
Quattro volte sul terreno duro della Pietra che aveva avuto la fortuna di trovare, circondata da teste puzzolenti. Due volte chiusa nella statua putrida che ricordava tanto l’aspetto del suo creatore, senza aria né luce, costretta a combattere per distruggerla e non morire nuovamente nel giro di pochi secondi. Una volta proprio sul punto in cui era stata trafitta dalla lancia di uno dei suoi compagni, dopo aver tentato inutilmente di fargli ingurgitare qualche fungo per fargli ritrovare il senno.
Modi diversi, luoghi diversi, ma ciò che seguiva il dolore lancinante e l’oscurità che indicavano che era morta non cambiava mai.
Un mal di testa che le faceva quasi rimpiangere essere tornata in vita, l’odore del proprio sangue sui vestiti malridotti, proprio sul punto in cui era stata colpita mortalmente e una fame terribile, tutte conseguenze alle quali si era abituata, ormai – o almeno, così si ostinava a ripetere ai suoi compagni quando la rimbeccavano preoccupati per aver messo a rischio la sua vita – ma che in ogni caso continuavano a darle fastidio.
Non si era ancora rialzata, nonostante sentisse lo stomaco brontolare e il mormorio debole e minaccioso delle creature dell’oscurità che di tanto in tanto comparivano e sparivano intorno a lei, un po’ come se fosse una bambina che si rifiutava di lasciare il suo letto per andare a scuola, troppo pigra e stanca per seguire la routine giornaliera.
Routine che per lei consisteva nel tentare di sopravvivere per qualche giorno prima di ritrovarsi da capo lì per terra, ad attendere inutilmente che la testa non girasse più.
Ancora cinque minuti.
« Ancora cinque minuti. » mormorò a bassa voce, neppure lei sicura se si stesse rivolgendo a sé stessa o a una delle timide allucinazioni intorno a lei.
Quelle maledette si facevano sempre più vicine. Sempre più nitide.
Willow si chiese se avrebbero provato ad attaccarla presto. Se l’accendino che quasi per miracolo – Maxwell aveva avuto un attimo di pietà? – si era ritrovata accanto sarebbe bastato per proteggerla.
Se le sarebbe importato poi qualcosa, poi, venire uccisa di nuovo.
Mosse lentamente la mano dalla chiazza di sangue fresco al volto, appoggiandola sugli occhi con stanchezza.
Non ce la faceva più di quella stramaledetta routine. Se non fosse stato per Wilson, probabilmente si sarebbe arresa da tempo, ormai.
Le sfuggì un sorriso, triste e divertito allo stesso tempo.
Higgsbury doveva essere morto di preoccupazione. Era insieme a lei quando era crollata, quello se lo ricordava bene.
Lo aveva sentito gridare il suo nome con un tono spaventato e distrutto.
Era abituata anche a quello. O, di nuovo, almeno così si ostinava a ripetersi.
Chissà se si ricordava l’ubicazione della Pietra, o se la stava effettivamente cercando.
 
«Perché dovrebbe?»
 
La ragazza sussultò, stringendo d’istinto l’accendino mentre osava liberare nuovamente la propria visuale.
Una delle ombre la stava fissando, leggermente ricurva sopra la sua testa quasi fosse un avvoltoio pronto a divorarla. Willow scattò in piedi, pronta a contrattaccare se necessario, solo per finire nuovamente a terra con un bel tonfo.
Nota personale. Movimenti improvvisi del genere quando la testa ti gira come una trottola è meglio evitarli.
Per quanto la scena sembrò comica, la creatura non sorrise. Non fece neppure cenno di cambiare la sua espressione apparentemente tranquilla, nonostante la giovane la stesse fulminando con gli occhi, e al contrario si avvicinò. Un solo passetto, giusto per riacquistare i pochi centimetri di lontananza che Willow aveva guadagnato con quella caduta.
«Perché dovrebbe cercarti?» ripeté la creatura, con fin troppa calma per i gusti della piromane «Perché mai dovrebbe essere preoccupato per una come te?»
La giovane sospirò pesantemente, abbassando lo sguardo e facendo il broncio. Non aveva certo bisogno di rispondere al frutto della sua pazzia. Aggrappandosi al palo più vicino a lei, piano piano tornò in piedi, prendendosi qualche secondo per assicurarsi che il mondo intorno a lei non stesse girando troppo prima di voltarsi e prepararsi ad allontanarsi a sua volta nella speranza di poter ritrovare il campo base - tanto, ormai, il suo momento tranquillo poteva essere ufficialmente considerato rovinato -, solo per trovarsi una seconda ombra davanti, abbastanza vicina da farle sfuggire un urletto.
«Ti tiene vicina solo per il tuo accendino.» bisbigliò il nuovo arrivato, anch’esso avvicinandosi alla giovane non appena ella tentò di arretrare, l’oggetto appena nominato davanti a lei, ben teso verso la creatura quasi fosse una lancia «Credi forse di servire a qualcos'altro, sciocca?»
« «È brava solo a bruciare.» aggiunse un nuovo arrivato, comparso al suo fianco. Di nuovo presa alla sprovvista, questa volta Willow si voltò di scatto, muovendo la propria arma improvvisata proprio verso il palo al quale si era aggrappata poco prima.
Osservò meravigliata le fiamme che lo divoravano nel giro di pochi secondi, addirittura provando ad avvicinarsi ad esse, solo per essere riportata alla realtà dalle ombre che ancora una volta si avvicinavano troppo.
«Visto?» fece una nuova voce da dietro di lei, con un tono diverso da quelle che l'avevano preceduta. Era allegra, divertita dall'espressione di Willow «Sai solo distruggere cose!»
«Sai solo farti ammazzare!»
«Sai solo mettere i tuoi compagni in pericolo!»
Lentamente, le creature l'avevano circondata. Ora sorridevano, deliziandosi del panico che l'aveva assalita nel vedere il fuoco così vicino e così distante allo stesso tempo.
«Dovevano tenerti rintanata in quel manicomio!»
L'accendino cadde dalle mani tremanti della ragazza, e di nuovo esse andarono lentamente al suo volto. Si spostarono verso le orecchie mentre le altre allucinazioni, come presi dalla foga della prima che aveva messo in mezzo il passato della piromane, la seguivano a ruota, continuando la cantilena anche quando lei se le coprì del tutto, crollando per la seconda volta a terra, gridando a sua volta nel tentativo di farle smettere.
«Pazza psicopatica!»
«Nessuno ti vuole!»
«Muori e basta, faresti un favore a tutti!»
 
«Miss Willow!»
 
Fu come se tutte le ombre fossero diventate mute all’unisono, le loro voci superate da una più familiare e gentile.
Willow si obbligò ad alzare lo sguardo da terra, notando una figura che correva verso di lei. Magrolino, terribilmente spaventato, pieno di sangue.
Si chiese se le macchie rosse sui vestiti di Wilson fossero le proprie, per un momento.
«Eccolo che arriva!»
«Il principe azzurro!»
Le ombre risero nuovamente, e di nuovo si zittirono quando lo scienziato si mise in ginocchio davanti a lei quasi in scivolata. Gli occhi scuri dell’uomo incontrarono i suoi, e lei poté notare tutta la preoccupazione in essi.
Eppure, lui sorrideva.
Perché stava sorridendo…?
«Oh, grazie al cielo...!» sospirò, portando una delle proprie mani al volto di Willow - lei sussultò appena al tatto, ma non sembrò volerlo allontanare - «L'avevo sentita urlare, temevo che--»
«Mi dispiace...»
Il gentiluomo si bloccò, osservando confuso la giovane che di nuovo tornava a tremare, la voce incrinata per via dei singhiozzi che non riusciva più a trattenere.
«M-Mi dispiace...! I-Io ti-ti ho fatto perdere tempo, n-non...!»
A quelle parole, l'altro rispose semplicemente abbracciandola.
Un abbraccio debole, quasi incerto, che di nuovo sorprese la ragazza.
«N-Non... non deve chiedere scusa, miss.» disse lui dopo qualche secondo «Non mi fa perdere tempo. Lei non è mai una perdita di tempo.»
Willow giurò di sentire la sua testa farsi più leggera grazie a quelle parole. Le ombre continuavano a riderle dietro, ma piano piano si facevano sempre più distanti, sempre meno presenti.
Ci volle qualche secondo, ma infine anche lei ricambiò il gesto, al contrario stringendolo a sè con forza, lasciando uscire le lacrime.
Forse avrebbero dovuto muoversi e tornare dal resto del gruppo, ma per qualche motivo nessuno dei due pareva pronto ad allontanarsi dall'altro.
Come se entrambi avessero accettato l'idea di prendersi quei cinque minuti necessari per tranquillizzarsi l'un l'altra con quell'abbraccio.
Ancora cinque minuti.
 
 
   
 
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