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Autore: clylar    05/08/2016    0 recensioni
L’idea per questa storia mi è venuta pensando a come grazie alla tecnologia ora le comunicazioni sono rapide e quasi immediate.
Io invece ho una certa età: vi ricordate quando alle elementari o anche alle medie ci facevano trovare degli “amici di penna”?.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Team 7
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Intanto a Konoha….

 

Sakura era stanca, proprio stanca!

L’Hokage stavolta l’aveva tenuta in paese per dare un po’ di respiro a Tsunade che si era davvero impegnata tantissimo negli ultimi mesi e ora probabilmente si stava godendo le ferie meritate alle terme, oppure a una bisca clandestina! Non si può mai sapere!

Comunque il risultato era che in missione c’erano andati Sai e Naruto affiancati da Rock Lee e Ten Ten, che c’era andata di malavoglia, mentre lei si era sobbarcata tutto il lavoro dell’ospedale.

E ora era a casa. Sfinita.

Silenziosamente dopo aver fatto la doccia si mise a letto, non voleva svegliare i genitori. Il sonno la colse quasi subito, ma verso mattina un rumore la svegliò: un ticchettio, dalla finestra.

Aprì gli occhi, la stanza era buia, ma dalla finestra la fioca luce esterna incorniciava un’ombra, una sagoma.

Sakura scansò in fretta le coperte, aveva il cuore che andava come un treno, saltò giù dal letto, aprì la tenda, e lui era lì!

“Sasuke!”

Immediatamente aprì la finestra, lui saltò agilmente dentro, allontanandosi verso la porta.

Lei si girò e mosse un piede per andargli incontro, ma si ritrovò di fronte una mano che la bloccava.

“Chiudi la finestra”

Sakura rimase per un attimo bloccata, quante volte aveva tentato in quei mesi di ricordare la sua voce, il suo viso.

“Ho detto chiudi la finestra”.

Fece come le era stato detto e quando si rigirò la mano era abbassata.

“Sono un clone”.

Sakura che quasi stava saltandogli al collo si bloccò:

“E’ un clone, non è lui, non è lui!”.

Lo sconforto e la delusione quasi la sommersero, ma poi pensò:

“Quello che sente lui, lo sentirà Sasuke, quello che prova lui lo proverà Sasuke”

Gli corse incontro, finì addosso al ragazzo, a stringerlo con una mano alla nuca e un braccio alla vita.

La sorpresa fu sentire la mano di Sasuke sul suo fianco, il resto del corpo era un po’ rigido, ma quella mano era calda e forte su di lei. Sakura,come sempre oltre alla sorpresa avvertì calde lacrime scenderle lungo la guancia.

Il clone avvertì i respiri corti dei singhiozzi  e si staccò lentamente da lei, mantenendo però la mano sul fianco.

“Non piangere, mi fa star male”.

Sakura  a quelle parole trattenne il respiro, e un timido sorriso le curvò le labbra.

“Cosa ci fai qui?”

“Ho portato un messaggio all’Hokage, attendo una risposta,  ma ripartirò presto, tra poche ore.”

“E’ successo qualcosa?”

Lui non rispose ma rimase lì a guardarla, con la mano ancora appoggiata su di lei.

“Non puoi dirlo. Cosa mi puoi dire? Il tuo viaggio?

Lentamente i due ragazzi si spostarono verso il letto e si sedettero.

“E’ dura, c’è stato il deserto, quattro tempeste, di notte freddo da battere i denti, poco cibo, acqua anche meno, marcia intensa, tracce da seguire” e mentre parlava si guardava la mano, era strano stare in un posto senza avere la necessità di mantenere sempre attivi i suoi poteri, parlare con qualcuno solo per chiacchierare; e infatti la distrazione non gli aveva permesso di rendersi conto che la ragazza non c’era più.

Si alzò e si guardò attorno, ma lei era sparita.

Gli ordini erano: “Vai, parlale e falle capire che sto bene, rassicurala”.

Lei aveva pianto e ora era sparita: missione fallita.

Guardò un’altra volta la stanza e poi la finestra.

Quando Sakura tornò lo trovò sul davanzale in procinto di saltare giù.

“Cosa fai!”, urlò quasi disperata la ragazza.

“Non urlare, ti sentiranno”, la rimproverò. Pensando comunque che se era tornata la missione poteva continuare.

Sakura che era entrata con in mano un vassoio lo appoggiò sul letto, e  si mise subito una mano sulla bocca. Si diresse verso di lui e lo prese per il mantello: “Ti avevo detto che prendevo da mangiare, poca roba ma è calda”, stavolta sussurrava.

Sceso dal davanzale si diresse al letto, guardava il vassoio con fare sospetto.

“L’ha cucinato mia mamma!”

Con un sorriso imbarazzato si sedette con il vassoio sulle ginocchia. Sakura gli si mise accanto.

“Allora, poco cibo, acqua anche meno poi?

Il ragazzo continuò, senza imbrogliare più di tanto le raccontò anche gli episodi più burrascosi, stando attento a non spaventarla.

Sakura nel frattempo se lo mangiava con gli occhi, averlo vicino, poterlo guardare, ascoltare la sua voce, sentirlo raccontare di tutti quei mesi passati lontano: era quasi un sogno che si avverava. Ogni tanto mentalmente si ripeteva “Riprenditi! Che ti cola la bava!”. Ma poi ricadeva nella sua contemplazione. Per fortuna fin da subito si era accorta della difficoltà di Sasuke a tenere fermo il vassoio e a mangiare nello stesso momento. Così, approfittandone, si era avvicinata ancora di più a lui e aveva preso con una mano il vassoio per tenerlo fermo, e molto candidamente aveva appoggiato la spalla alla sua.

“Mi scrivo con Naruto”, Sakura aveva appena spostato un piatto vuoto per far mangiare Sasuke più agevolmente.

“Scusa?!”

“Lettere, io e Naruto ci scriviamo”.

“Da quanto?”, chiese la ragazza un po’ delusa e gelosa di quella dichiarazione.

“Un po’ di mesi. Per la verità io scrivo messaggi, è lui che scrive delle vere e proprie lettere, mi racconta un sacco di cose stupide e le butta dentro un po’ a suo modo, con tanta confusione, ma mi tiene vicino a Konoha, mi tiene legato a voi, a suo modo.

“Già, lo ha sempre fatto, no! Anche quando tu non ne volevi sapere. E c’è sempre riuscito”.

“Mi ha raccontato della tua dichiarazione d’amore, fasulla a quanto pare”. Sasuke aveva finito di mangiare.

“Si”, la ragazza fece un sorriso amaro, prese il vassoio ormai vuoto e andò a posarlo sulla scrivania “un patetico tentativo, fra i tanti, di evitare lo scontro tra di voi e di salvarvi entrambi. Ma, cosa vuoi, i miei  tentativi sono tutti miseramente falliti, naturalmente!”, il tono aspro sottolineava quanto si disprezzasse per come erano andate le cose, quasi non aveva il coraggio di guardarlo in faccia.

“Naruto è vivo, e io sono qui, perciò almeno uno è andato a segno”, le rispose Sasuke con un sorriso sul volto.

“Sakura tu ci hai salvati, tu hai salvato ME”, e calcò con più forza sull’ultima parola, posando il dito pollice sul torace.

La ragazza presa in contro piede da quella affermazione rimase senza parole e quando stava per rispondere, lui la precedette.

“Nonostante tutto tu mi hai salvato”.

Stavolta la frase la disse quasi sotto voce, forse vergognandosi al ricordo degli eventi passati, forse con il rimpianto di non poter cancellare quanto fatto, il sorriso scomparso aveva lasciato una piega amara alla sua bocca.

Poi la sua espressione cambiò, guardò la finestra: ”E’ quasi l’alba, devo andare, l’Hokage avrà una risposta da darmi”.

Sakura aveva l’impressione di seguire al rallentatore i movimenti di Sasuke che si alzava, scrollava il mantello che non si era neanche tolto e si avviava alla finestra.

Doveva fare qualcosa, dire qualcosa, tra pochi momenti sarebbe sparito e non aveva idea se sarebbe mai più tornato, ma la testa era in tilt, risentiva ancora quella sua frase, quel tono quasi di sconfitta.

Cosa doveva dire? Cosa?

Doveva dirgli un’altra volta che lo amava? Sarebbero state tre e diventava ridicolo.

Doveva offrirsi di nuovo di andare con lui? Le aveva già detto di no due volte e anche qui la cosa diventava ridicola.

Ma lasciarlo andare via così, così . . .

In tre passi lo raggiunse quando era ormai accucciato sul davanzale pronto per saltare, prese un lembo del mantello, dove sotto pendeva la manica vuota, e fece l’unica cosa che le riusciva sempre: versò lacrime silenziose. Poi, dopo un bel respiro, tirò il mantello in modo da farlo avvicinare a se, accorciò le distanze alzandosi sulla punta dei piedi.

Accostò la bocca all’orecchio del ninja e disse piano, con la voce ancora incrinata dall’emozione: “Puoi passare tutta la vita combattendo per meritare il perdono degli abitanti di Konoha, se ritieni sia tuo dovere farlo.  Ma io non sono loro. Io sono più debole e più sciocca, non mi devi dimostrare niente. Il mio perdono ce l’hai già!”

Poi sposto la bocca e la appoggiò alla guancia lasciando un bacio soave.

Si staccò e fece un passo indietro: “Portalo a lui, portagli il mio perdono!”

Il ragazzo saltò oltre la finestra.

  
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