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Autore: Blue_Passion    05/08/2016    2 recensioni
Dopo molto tempo in una sola notte aveva capito, aveva capito di amarlo, perché tutti quei momenti che avevano vissuto insieme gli avevano legati l'uno all'altra, incastrandoli nel gioco dell'amore.
Picola storia fluff su Amu e Ikuto tutto dal punto di vista di Amu...spero vi piaccia!
Baci Blue.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amu Hinamori, Ikuto Tsukiyomi
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Angolo autrice:
Ikuto: ehm, di solito non lo metti a fine storia?
Amu: idiota, è una storia fluff! Se lo mette a fine storia rovina il momento.
Utau: perché non hai citato la parte dove io bacio Ikuto?
Io: a cosa serve, non è che ci fossero veri e propri momenti Amuto lì…non li ho citati proprio TUTTI! Comunque Ikuto caro *gli spara uno sguardo di morte* cerca di capire meglio i sentimenti delle persone! Come ha detto Amu è una storia fluff, se metto sta roba a fine capitolo i lettori usciranno dalla magia della storia, intesi?!
Ikuto: okay, okay, ma tanto io ho bisogno di capire solo Amu
Io: lo sappiamo, lo sappiamo.
Ikuto: comunque perché hai scritto una storia simile? Non l’avevi mai fatto.
Io: non chiedermi perché l’ho scritta, forse solo per il fatto che è stupido come la gente non si accorge di essere innamorata da una persona prima degli altri o solo quando l’ha persa o la sta per perdere…io ho sempre saputo quello che voglio e come erano i miei sentimenti! Ho sempre saputo se amavo una persona o se la odiavo, non capisco davvero chi va in confusione per una cosa del genere; si, lo nego agli altri, ma non a me stessa!
Ikuto: non capisci…tu non sei umana pienamente vero? Nessuno accetta tali sentimenti così facilmente, e poi odio o amore? E l’amicizia?
Io: si è persa per strada! Stavamo parlando di amare, e il contrario è odiare, è ovvio che non immetto l’amicizia in mezzo, comunque so anche distinguere un semplice amico, un migliore amico o qualcosa di molto più grande. E forse si, chi lo sa, sinceramente non ho mai pensato di non essere umana solo per sapere com’erano i miei sentimenti, lo trovo anzi molto utile così so come mi devo comportare e tutte le altre caga…
Amu: va bene! Ora basta mi sta salendo il nervoso! Ripeto quello che ha detto Ikuto: tu Blue sei una delle poche persone umane che capisce velocemente e senza rimpianti o negazioni il fatto che ti sei innamorata di qualcuno.
Io: invece rimpianti li ho avuti…ma lasciamo stare!
Ikuto: io ancora non capisco perché lo metti a inizio storia, è stupido!
Io: allora Ikuto, se lo metto a inizio storia ti lamenti e mi dici che di solito lo metto a fine storia e metterlo a inizio è stupido, e se invece lo avessi messo alla fine tu avresti detto “come rovinare il momento”, quindi solo sta zitto e lascia i lettori alla storia!
Ikuto: non puoi semplicemente non mettere l’angolo autrice per una volta?
Io: no! È bello metterlo, quindi lo metto
 
Scusate eventuali errori e la lunghezza del dialogo precedente, spero che la storia vi piaccia e non vi annoi.


 
Credo di essermene accorta solo ora
 
Sono una tale idiota, come posso essere così scema?
Solo ora me ne accorgo, tutti quei momenti, tutte quelle volte che abbiamo passato insieme, momenti che abbiamo condiviso, in tutto quel tempo io non me ne sono accorta.
Sono al parco, da sola; tra poco i guardiani arriveranno per aiutarmi, ma non ce n’è bisogno, ho già purificato tutte le uova che lui ha creato senza volerlo, perché quei bastardi lo controllano.
Questo è il parchetto dove l’ho visto suonare la prima volta, dove ho ascoltato il suono del suo dolce violino, bellissimo ma doloroso allo stesso tempo.
Qui è dove ho cantato mentre lui suonava, e maledetto lui doveva farmi notare quanto stonata ero.
Qui è dove ha lottato contro Tadase in una di quelle solite lotte a sfondo amichevole, per me, senza che io me ne accorgessi mai veramente, qui è dove mi ha salvata più di una volta dal cadere o abbattermi, qui è dove mi ha presa in giro; questo posto ha visto così tanti momenti di me e lui insieme che probabilmente se n’è accorto prima di me di quanto io tenessi -tenga- a lui e quanto lui tenesse a me.
Ora è notte, e il cielo parzialmente nero ma soprattutto di un blu scurissimo fa vedere così tanti puntini bianchi, così tante stelle, luci.
Mi ricorda i suoi capelli, solo che quei fili blu scuro sono come seta, e non sono così bui come la notte.
La luna splende in cielo, brilla felice, e non si vede nemmeno l’ombra di una nuvola all’orizzonte.
Tempo terribile per quello che sta accadendo, per il fatto che io e lui continuiamo a lottare senza davvero volerlo, per il fatto che se non lo salvo lui morirà.
Stringo le gambe al petto e sento le lacrime rigarmi il volto.
Qui vicino c’è la mia scuola, dove ci siamo conosciuti, dove un paio di volte l’ho trovato che gironzolava per i giardini, dove ha tentato di rubarmi l’uovo di Su.
Dio, tutta questa città mi ricorda lui, in quanti posti sono andata mentre lui era al mio fianco?
Tanti, troppo per non farmi venire sempre e solo in mente lui.
Quando con riluttanza ha distrutto quell’uovo-x davanti al teatro dove Utau aveva cantato, quel dannato acquario dove l’ho incontrato per caso, solo a causa di Yoru e la sua curiosità, uno dei tanti muretti in città, anzi, tanti dei muretti della città, quel dannato sottopasso dove Nikaido mi ha attaccata e lui mi ha difeso, l’edificio della Easter, dove ha protetto tutti i guardiani, ma soprattutto me e le mie uova senza farlo vedere esplicitamente, il vecchio edificio abbandonato dove ho scoperto che lui effettivamente va a scuola, e poi il vicolo dove l’ho trovato ferito, il Luna Park, dove qualche notte fa abbiamo combattuto; ah, il Luna Park…amo quel posto, si, perché io mi sono aperta a lui e lui ha iniziato ad aprirsi con me, dicendomi sul serio per la prima volta qualcosa del passato, e anche se poche parole, molto significative per me.
Molti altri ricordi confusi, quella pista di atterraggio per gli elicotteri dove abbiamo finalmente liberato Utau, il negozio di musica dove mi ha trascinato perché affermava che ero io la causa della sua corda rotta, cosa che se fosse stata sul serio così non me ne sarei stupita, anche se in un primo momento ero offesa a morte! Lì ho conosciuto Kotone, una ragazzina della mia età che vuole diventare liutaia, cottissima di Ikuto; devo ammettere che il fatto che suo padre e lei abbiano pensato che io fossi la ragazza di quel gattaccio mi ha messa parecchio a disagio, ma mi ha resa felice, perché forse significava che c’era una luce negli occhi di Ikuto, quella luce che ti fa capire che qualcuno tiene davvero ad una certa persona, quella scintilla d’amore.
Dopo c’erano le sue stupide visite notturne, quel ragazzo non sapeva nemmeno cos’era una porta! La prima volta mi ha portato un sacchetto pieno di dolci, per scusarsi, si, mi aveva disintegrato la crostata, ma non era nemmeno totalmente colpa sua, è stata colpa di Nadeshiko, quella ragazza ha tentato di ucciderlo!
La stessa notte quando se ne stava per andare l’ho fermato, ho sentito questo improvviso bisogno dentro di me di rimanere con lui ancora un po’, giusto per vederlo meglio; quel dannato subdolo gatto mi ha morso l’orecchio con l’inganno! Mi ricordo ancora il mio imbarazzo e come erano i suoi affilati denti sul mio orecchio.
E ancora la scuola, dove abbiamo combattuto contro la Easter per l’embrione, dove lui mi ha salvata al posto di prendere quel dannato uovo bianco; avrebbe sacrificato la sua vita al posto della sua libertà se Tadase non ci avesse salvati tutti e due…ma il mio vero salvatore era stato Ikuto, perché se lui non mi avesse coperta dal missile io sarei morta.
Molti altri luoghi ancora, tra cui la mia casa, la mia stanza, il mio letto.
La prima volta che l’ho trovato dentro le coperte, poggiato su quel materasso con persino ancora le scarpe addosso era così…fragile, dolce, indifeso.
Quel suo bellissimo viso era rilassato e dormiente, in un’espressione di innata innocenza, proprio come un gatto, però era pallido, molto, e freddo.
Si vedeva che stava male, ma io per l’imbarazzo ho comunque tentato di sbatterlo fuori, senza risultati ovviamente, se avessi sul serio voluto non gli avrei semplicemente gridato dietro, no, lo avrei scosso e sbattuto fuori dal letto.
Credo che sul serio l’ho fissato per tutta la notte, mentre si girava, mentre faceva delle facce a volte rilassate e a volte tese e truci, un paio di volte ha messo su facce tinte di puro terrore, altre volte dipinte d’amore.
Poi mi ha fatta arrabbiare, gli ho detto cose che l’hanno ferito e fatto sentire in colpa allo stesso tempo; non volevo, ero solo stressata, sul serio, solo dopo aver conosciuto quella strana ragazzina che voleva a tutti i costi essere come quella eroina gatta mi sono resa conto che ero stata io quella che aveva provocato in primo luogo il litigio, lui si era limitato a prendermi in giro come al solito, lo faceva sempre, non ricordo nemmeno perché mi sono arrabbiata tanto, ricordo che ero intenzionata a scusarmi e perdonarlo appena tornata a casa, mentre intanto avevo comprato a lui e a Yoru qualcosa da mangiare…arrivata in camera avevo messo su quella stupida faccia felice e sorniona allo stesso tempo, dicendo cose senza senso solo per essere accolta dal vuoto e da una finestra spalancata; se n’era andato.
“ovvio, dopo quello che gli ho detto” mi ero ripetuta, ma non era così, lui non se n’era andato perché effettivamente gli avevo detto che era un fastidio e quindi lui si era arrabbiato, no, lo aveva fatto per non farmi pesare nulla, per non darmi “inutili” preoccupazioni, per allontanarmi e non caricare le mie piccole spalle con altri macigni.
E così ha sofferto lui, riducendosi ad un mezzo morto che a malapena camminava.
Yoru mi ha trovata, mi ha portata da lui; l’ho riportato a casa mia senza nemmeno aspettare il suo consenso, è stato l’istinto, il mio cuore, i miei sentimenti.
Ho dormito con lui, imparando ad ascoltarlo e assecondarlo, senza però viziarlo troppo; piano mi sono abituata, mi svegliavo e non mi stupivo più che lui era nel mio letto, anzi, sorridevo e poi lo infastidivo svegliandolo -o cercando- quasi fossimo una vecchia coppia di sposini che dorme nello stesso letto da anni.
Poi un giorno è arrivato Tadase e BAM, si è confessato.
Ikuto era dentro l’armadio…vorrei aver potuto vedere la sua espressione, scommetto che era piena di dolore e abbattimento.
Lui conosceva i miei sentimenti verso Tadase, e sapeva anche che io avrei accettato quegli di lui senza battere ciglio o lamentarmi, no, sarei stata solo felice e probabilmente li sarei saltata al collo se mi avesse chiesto se volevo stare con lui.
Quella notte Ikuto era strisciato di nuovo nel mio letto, giusto per tenersi al caldo, o così pensavo; lui voleva stringermi, sentirmi vicina a lui e in un certo senso protetto, curato, perché stando vicino a me lui si sentiva così, e io lo sapevo bene, almeno, il mio cuore me lo gridava a gran voce, ma io ascoltavo solo la mia testa.
Ricordo che gli chiesi chi amasse dato che essendo alle superiori doveva esserci per forza qualcuna, mi sentivo un po’ dolorante a chiederglielo e scoprire che in realtà ci fosse qualcuna.
Il mio cuore si era stretto ed era come se mille frecce lo avessero colpito quando lui aveva risposto “si”, però poco dopo aveva aggiunto qualcosa che non mi aspettavo “te”.
Lo avevo guardato negli occhi, per poi tirargli una pacca in testa, accusandolo di essere un bugiardo, ma dopo che lo avevo di nuovo guardato negli occhi, dopo che avevo immerso le mie iridi oro nelle sue cobalto sapevo che lui non mentiva, e subito lui si era affrettato a distogliere lo sguardo; forse per non farmi sentire confusa o per il semplice fatto che infondo lo imbarazzava, e di sicuro sapeva che se io lo avessi guardato per un secondo di più sarei crollata e gli avrei creduto, dando sfogo a tutti i miei veri sentimenti.
I giorni erano passati in sua compagnia, volati oserei dire; Tadase poi mi ha chiesto un appuntamento, lo ricordo bene, però Ikuto si era ferito, e quindi io avevo usato quel pretesto per fargli fare una doccia; okay che non faceva NULLA tutto il giorno, ma ci voleva una doccia almeno ogni due giorni.
Mia madre ci aveva beccati quando stavo cercando di farlo sgaiattolare nella mia stanza, senza che nessuno se ne accorgesse.
Non era una donna stupida, e fortunatamente aveva un cuore enormemente buono! Ovviamente si era offerta di aiutare Ikuto e ci aveva entrambi perdonati, promettendomi di non dire nulla a papà e trovare al più presto un rifugio sicuro per quel gatto senza un vero tetto sotto cui stare; se mia madre non ci avesse scoperti, anzi, se glie ne avessi parlato prima lui avrebbe iniziato a vivere sotto il tetto della mia casa, sempre pronto ad accoglierlo, se la casa è dove si trova il cuore allora la sua era la mia.
Tadase. Doveva rovinare tutto, doveva arrivare proprio mentre stavo per accompagnare Ikuto dove mia madre mi aveva detto, e lui subito si era in un certo senso arrabbiato; aveva iniziato a fare domande, ricevendo solo parole di protezione celate con uno scudo di veleno e scherno, quel ragazzo così grande rispetto a noi stava cercando di tirarci fuori dai guai senza che noi nemmeno lo sapessimo, era una cosa che aveva sempre fatto e che sempre farà, perché lui è fatto così.
Aveva subito così tante pugnalate offrendosi come scudo, aveva porso i polsi facendosi incatenare, le braccia e le gambe per essere collegato ai fili del burattinaio, aveva rinchiuso il suo cuore e i suoi sentimenti in una teca di vetro, facendola poi congelare e ricoprire dalla pietra, mettendola in una cassaforte e legandola con delle spesse catene, gettandola poi in mare, lasciando però sempre una piccola fessura che attraversava ogni strato, ogni barriera, tutto per gli altri, mai per se stesso.
Si era fatto odiare, cacciare, ripudiare da tutti solo per proteggerli.
Ricordo di come aveva tentato di farsi odiare pure da me e ci era riuscito, per fare in modo che io o spingessi via, che io gli gridassi che lo detestavo e che volevo solo che sparisse; non era mai stato vero, e solo ora mi accorgo che quel giorno, la prima volta che avevo sul serio ferito qualcuno non era Tadase, non era mia madre, non erano i miei amici, non erano i miei Shugo Chara, non ero io, nemmeno il mio cuore, bensì lui, quel ragazzo che veniva considerato il nemico, quello che mai aveva abbassato la maschera se non con me in quei rari momenti di debolezza e dolcezza, il ragazzo che amavo.
Si, perché io me ne ero resa conto solo ora, solo ora che rischiavo di perderlo, di non vederlo mai più, di non sentire mai più la sua voce, il suono del suo vero violino, prodotto dal vero Ikuto, quello che mi amava per quella che ero, in tutti i miei pregi e difetti, quello che accettava ogni mio lato e adorava alla follia il mio profumare alle fragole e i miei buffi capelli rosa che io avevo tanto detestato, il ragazzo con cui avevo passato momenti indescrivibili, pieni di sentimenti contrastanti, pieni di emozioni, pieni di amore mascherato o esplicito; il mondo intorno a noi si era già chiaramente accorto di come io e lui ci eravamo innamorati senza rendercene conto, spingendoci sempre più vicini l’uno all’altra, facendomi capire che lui era il vero possessore della chiave, colui che mi amava per la scema e imbranata ragazzina che ero, perché tutti i momenti condivisi insieme, tutto quello che avevamo vissuto, sperimentato, insieme, mentre le nostre mani si intrecciavano, mentre i nostri sguardi si incontravano, mentre prese in giro e risposte si sentivano levarsi in aria raggiungendo le orecchie del cielo, mentre i nostri cuori si legavano sempre di più l’uno all’altra, facendoci rimanere intrappolati nel gioco dell’amore e della vita, quello che ognuno prima o poi deve affrontare, per sbaglio o per ricerca, volenti o nolenti.
È per come il cuore stringe ora che capisco quello che provo, è per come lo guardo ogni volta che combattiamo che ho capito di sentirmi così, è per come per tutto questo tempo senza accorgermene mi sono avvicinata così tanto a lui rischiando grosso e finendo per rimanere impigliata in qualcosa più grande di me, è per come mi sento una scema a non essermene accorta prima che mi viene voglia di gridare, è per il fatto che a causa della mia stupidità lui potrebbe morire, ed è per tanti altri motivi che io capisco solo ora di amarlo, perché ogni istante che ho vissuto con lui mi ha fatto innamorare di quel ragazzo così particolare e singolare, così rotto.
E solo ora capisco cosa desidero sul serio, qualcosa che veramente posso già avere, basta liberarlo, tutto qui.
Credo però di essermene accorta sul serio solo ora, solo adesso ho compreso che il mio cuore appartiene solo a lui, e glie l’ho già dato da tempo, senza nemmeno esserne cosciente, e lui ha dato il suo a me.
L’idea di una vita senza di lui, senza le sue battute, senza le sue prese in giro e quelle sue perversioni, senza quei suoi piccoli atti di dolcezza, senza quelle sue parole confortanti, senza la sua protezione, senza il suo sorriso e la sua spalla su cui piangere, mi fa salire il sangue al cervello e andare fuori di testa; non posso proprio accettarlo, mi sentirei persa, perché lui è il mio tutto.
Sento dei passi, tanti passi venire nella mia direzione, e alzo leggermente il volto rigato dalle lacrime: quando ho iniziato a piangere?
-Amu! Stai bene? Stai piangendo, ti hanno fatto qualcosa? –
-Cosa ha detto quel gatto nero per farti piangere Amu? –
-Amu, Amu Yaya vuole sapere perché piangi, vuole sapere se le persone cattive hanno fatto questo a lei-
-Amu…se c’è qualcosa che vuoi dirmi…-
Oh, guardiani, guardiani cari, soprattutto te Tadase, proprio non capite vero? Non riuscite ancora a vedere dietro quella sua maschera? Non riuscite ancora a leggergli dentro, vero?
-Qualcuno di voi ha portato un cellulare? –
La mia voce è leggermente rauca, un po’ per il fatto che credo di aver singhiozzato fino ad ora e un po’ per il fatto che non parlo da ore.
Rima mi viene incontro e mi porge il suo, mentre mi sorride timidamente.
-Chi vuoi chiamare? –
Guardo Tadase, ha uno sguardo truce sul volto. Sorrido.
-Ho bisogno di contattare Utau e Kukai-
Mi guardano stupiti, non capendo.
Non c’è bisogno che loro comprendano, lo capiranno prima o poi.
-Pronto? –
Dall’altra linea si sente una voce dolce e leggermente assonnata confusa, e già immagino Utau con i capelli tutti scompigliati che si strofina gli occhi cercando di leggere il display.
-Sono Amu, Utau io…-
-È lui vero, Amu? –
-Si-
-Dove? –
-Lo stramaledetto parchetto-
-Arrivo-
Chiudo la telefonata e compongo un altro numero.
-Pronto? –
Questa voce è più sveglia, come se prima non stesse dormendo, eppure è quasi mezzanotte.
-Kukai…-
-A-Amu! Che succede? –
-I-io, ti prego, viene allo stramaledetto parco-
-Lui. Capisco, arrivo subito-
Chiudo e restituisco il telefono a Rima, che continua a guardarmi in modo confuso come tutti gli altri.
Una ventina di minuti dopo ci sono anche Utau e Kukai, che mi stringono in un abbraccio.
-Amu, vuoi spiegarci che succede!? –
Tadase non si contiene più ah? E va bene.
-Ragazzi, voglio salvare Ikuto, adesso-
 
Si, perché credo di essermene accorta solo ora…che lo amo.
 
 

   
 
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