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Autore: BandBfun    06/08/2016    10 recensioni
Terzo e ultimo capitolo della serie Lietuvoje mirtis.
Un ragazzo è molto preoccupato per il suo migliore amico: non lo sente da parecchio tempo, ha provato a mettersi in contatto, ma non ha mai ricevuto risposta. Nell'ultima settimana fa sempre un sogno molto strano che li vede protagonisti. Una notte decide di chiamare il suo amico. Avrà una lunga conversazione con la di lui segreteria telefonica, al termine della quale avrà detto qualcosa che non aveva in programma di dire e avrà avuto una terribile illuminazione.
4° posto con 64/80 punti al Contest "Fantasy Styles - Mille sfumature dell’immaginario" indetto da onlyfanfiction sul Forum di EFP
5° posto con 45/50 punti al Contest "Midnight Thoughts" indetto da starsfallinglikerain sul Forum di EFP
Storia partecipante al Contest “La magia delle parole” indetto da Nirvana_04 sul Forum di EFP (nullo)
AGGIORNATA IL 23 DICEMBRE 2016
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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UNA SINCERA TELEFONATA

«Sempre io, Vytautas.
Nulla, volevo sapere se va tutto bene. Va tutto...
Andiamo oltre questi stupidi convenevoli e scopro le carte: sono preoccupato e anche parecchio deluso dal tuo atteggiamento.
So che vuoi avere il tuo spazio, che ne hai bisogno e che non sopporti quando ti faccio tante domande, e io te ne ho lasciato, anche parecchio, ma ora dico basta. Basta, capito?
Ho fatto finta di nulla, ho tenuto la mente occupata, come spesso mi hai consigliato di fare, ti ho dato il tuo spazio, ho aspettato, ma nulla è arrivato e ora sono stanco. Sono stanco Giedrius, e anche molto arrabbiato e deluso.
Che cosa sta succedendo? Vorrei saperlo, perché non so che pensare.
È una domanda semplice che si aspetta una risposta semplice.
Hai ricevuto i miei ultimi messaggi, ma io non ne ho ricevuto nemmeno uno da parte tua. Non è la prima volta che mi fai aspettare, ma non è mai passato così tanto tempo. Ben trenta giorni che aspetto e sono stanco.
È passato giusto un mese dall'ultima volta che hai visualizzato un mio messaggio, ma appena un giorno e mezzo dal tuo ultimo accesso su Facebook. Ma chi tiene il conto, eh? Non certo io, non lo farei mai... E invece sì, lo faccio.
Che cosa credevi, eh? Che non mi sarei fatto sentire? Sbagliato! Prima o poi, io mi faccio sentire e lo faccio a gran voce. Sappilo.
Ed è un vero piacere parlare con la tua segreteria telefonica. Perché tu non ci sei mai, chissà quale impegno ti trattiene! È la tua solita scusa: "ho avuto un impegno", non la cambi mai.
Sia benedetta la segreteria telefonica! Lei registra il messaggio, poi tu lo ascolterai e aspetterò una tua chiamata... E se e quando questa verrà? Non lo sa nessuno.
Scusa, sono stato sgarbato, non volevo. È l'io preoccupato che parla.
Ieri è stata una giornata molto dura: soltanto una bottiglia di vino è riuscita a rilassarmi. E anche l'aver cercato il tuo nome tra gli annunci mortuari e quella breve sensazione di sollievo nel non averlo trovato, per poi pensare che forse avevo cercato sul sito sbagliato. Non ho fatto ulteriori ricerche.
A quanto pare, l'io paranoico ha ancora un limite, ma chissà quando lo supererà.
Forse non avrei dovuto chiamarti in piena notte e meno ancora passare la giornata con il bicchiere sempre pieno di vino in mano... E invece dovevo chiamarti! L'ho fatto, non mi dispiace! E nemmeno di sembrare sprezzante, perché sono arrabbiato!
Non so più che pensare e che fare per tenere a galla questa amicizia.
Le ho provate tutte, ma sembra non funzionare nulla. Forse è colpa mia, forse è colpa tua, del tuo essere costantemente non disponibile, o forse è colpa di entrambi, non lo so. L'unica certezza è che sono preoccupato. E spaventato.
Non so più chi siamo, caro Giedrius, o forse lo so, ma l'ho dimenticato.
Non so più se il nostro rapporto sia reale oppure frutto della mia immaginazione, l'ennesima mia idealizzazione.
Fa che non ti abbia detto, d'accordo? In fondo, non ti ho chiamato per sfogarmi, ma solo per raccontarti un sogno che si ripete ogni notte da una settimana. Penserai che sono un folle oppure che sono già ubriaco - e in parte avresti ragione -, ma ti assicuro che non sto scherzando.
Questa settimana è stata davvero difficile.
Ogni notte faccio questo sogno che mi fa risvegliare in preda all'ansia e mi spinge a versarmi un bicchiere di vino e poi un altro e un altro ancora, sino a crollare sul divano o sul pavimento o ovunque mi trovi in quel momento.
Sono entrato in questo circolo vizioso che soltanto tu potresti terminare, facendoti sentire.
Non posso andare avanti così. Anche adesso che sono sveglio mi sembra di essere là nel mio sogno.
È come se la mia mente fosse il nastro di una pellicola e le sequenze di quel sogno ne fossero i suoi fotogrammi, chiari e nitidi, cristallini che sfilano davanti ai miei occhi.
Attorno a me c'è soltanto un silenzio assordante immerso in un buio pesto.
Presto mi accorgo di non essere solo, che c'è qualcuno vicino a me. Più di uno, a dire il vero. Non sembrano persone, ma misteriose presenze. Avverto la loro presenza, sono di fianco a me.
Le sento prendermi le mani e inizio a muovermi, come trascinato, in chissà quale direzione. Sono calme e gentili, ma allo stesso sicure, in grado di vedere con chiarezza il loro traguardo che, a quanto pare, io non riesco a vedere immerso nel buio. Faccio loro qualche domanda, ma non rispondono.
Al timore iniziale presto subentra un cauto ottimismo e tanta curiosità. Voglio soltanto avere delle risposte.
Perciò, non faccio alcuna resistenza e mi lascio condurre ovunque loro vogliano portarmi.
Ad un certo punto, quelle presenze anonime mi lasciano libere le mani e vanno via. Se ne vanno come sono arrivate, in un attimo.
Mi guardo attorno, anche se sono immerso nel buio, d'istinto, e poi riprendo a camminare.
Lascio che la voglia di sapere prevalga sul timore.
Cammino.
I miei passi sono incerti e insicuri, ma sono comunque passi. Cerco di mantenere una linea retta.
Dal nulla, ecco un sottile filo di luce, proprio davanti a me. Man mano che mi avvicino, si fa più brillante. Lo raggiungo e mi accorgo subito che proviene da una piccola fessura. Poco più in basso c'è un pomello.
Penso di trovarmi di fronte ad una porta.
Sono all'apice della curiosità: qualunque risposta io voglia avere è oltre quella porta.
Afferro il pomello, lo giro e apro la porta.
Non appena varco la soglia, la porta si chiude alle mie spalle.
Faccio qualche altro passo e mi guardo attorno. Poi mi fermo, per meglio vedere quello che mi circonda.
Sono dentro una stanza, a prima vista davvero molto grande. La base sembra quadrata, le pareti sono molto larghe e alte. Il soffitto è a volta, da quello che riesco a vedere, al centro della quale scende un prezioso lampadario che emana tanta luce brillante.
Non mi sembra di vedere alcuna finestra e mi accorgo che non c'è più la porta.
Non ho via d'uscita, a quanto pare, ma non mi importa. "Voglio le mie risposte e le avrò!" - mi dico.
Con la punta del piede picchietto il pavimento: è di marmo pregiato, liscio e lucido. Il colore dominante è il verde e le sue varianti, ma sembra anche la tavolozza di un pittore, con chiazze più o meno estese di vari colori sparse un po' dappertutto.
Al contrario, le pareti e il soffitto sono molto più sobri: lì il colore dominante è l'azzurro chiaro, picchiettato qua e là da macchie di bianco e grigio perla.
Sento dei piccoli rumori, alcuni molto vicini, altri molto lontano, appena udibili. Abbasso lo sguardo e noto sul pavimento numerose crepe e alcune piccole fessure.
Si muovono veloci e si tagliano la strada a vicenda.
Un attimo dopo, l'intero basamento inizia a frantumarsi e a scivolare verso il basso. Solo la striscia marmorea sulla quale mi sono fermato non si muove.
Sta per succedere qualcosa, me lo sento.
Le macchie verde chiaro diventano sottili fili d'erba dall'aspetto fresco e sano, mentre quelle verde scuro cespugli e arbusti e tutte le altre, quelle di ogni colore sparse qua e là, diventano fiori.
Le pareti si allungano e si alzano sempre più in alto, sempre rimanendo lungo i confini della valle, anch'essa in espansione.
Il soffitto segue i movimenti delle pareti, sino a diventare una cupola molto bassa e dalla base molto larga.
Le macchie bianche diventano nuvole e queste presto cominciano a muoversi al di sopra della valle, coprendo a sprazzi con le loro ombre.
Una piccola macchia azzurra diventa acqua e inizia a scivolare verso la valle e presto la divide in due parti uguali, facendosi strada in mezzo all'erba e ai fiori. Lungo la riva, compaiono alcuni gruppi di salici piangenti. Le punte delle loro fronde si immergono in quel ruscello cristallino e si lasciano muovere dalla corrente.
Quando il processo si conclude, ai miei occhi si presenta uno spettacolo naturale unico.
Vedo alberi da frutto, vaste distese di conifere, gruppi di cespugli e di arbusti, vaste distese di erba e una vasta varietà di fiori, dai mille colori e sfumature.  
Nel giro di pochi minuti, assisto alla formazione della natura e poi alla nascita della vita in essa... Un'esperienza unica... Sensazionale... Surreale! Ecco la parola giusta: surreale! Mai parola fu e sarà più adatta a descrivere quell'esperienza. 
Non so come ci arrivo, ma sono presso la sponda del ruscello.
Vedo un cavallo venirmi incontro. A pochi passi, si ferma.
Mi guarda, dritto negli occhi.
Nitrisce, sembra volermi dire qualcosa.
Lo osservo e subito un particolare attira la mia attenzione: dalla fronte spunta un lungo corno.
Ho di fronte un unicorno.
Il corpo è possente, ma i lineamenti sono eleganti e i movimenti aggraziati.
Sembra tranquillo e non avere paura di me.
Preda della curiosità, mi avvicino, con molta calma, per non spaventarlo.
Allungo la mano e la strofino sul suo muso.
Sembra piacergli e si lascia fare altre carezze.
Mi avvicino ancora un po'.
Sul collo scendono brevi treccine di crine sottile come la seta e di un bianco brillante. Sono tutte uguali, sia in lunghezza che in spessore. Sembra opera di un parrucchiere esperto, non certo qualcosa di naturale.
Il manto è a pelo corto e uniforme, di un colore rosso molto scuro, del tipo rubino, con alcune sottili strisce bianche sulle zampe posteriori e più marcate alla base del collo.
La coda è lunga e vaporosa, ma per il resto sembra la prosecuzione della criniera.
La muove spesso, soprattutto verso la sella. Sembra quasi che voglia dirmi di salirci sopra.
Infine, il corno... È bellissimo, non so come altro descriverlo.
Con delicatezza lo accarezzo, seguendo le linee a spirale sino alla punta.
Sembra di opale, color bianco opaco picchiettato qua e là da punti luce di blu cobalto e di rosa salmone. La superficie è liscia, priva di qualsiasi difetto, e la punta è come quella di uno spillo.
Improvvisamente, inizia ad agitarsi e a nitrire.
Sembra proprio che voglia che io lo cavalchi.
Vorrei evitarlo, lo si vede bene dai miei occhi, ma alla fine cedo e monto in sella.
Il tempo di mettermi comodo e l'unicorno comincia a correre seguendo il corso.
All'inizio ho un certo timore, più che altro di cadere, ma poi mi rilasso e mi godo pienamente quella cavalcata.
Una brezza fresca mi tocca dolcemente il viso e mi muove i capelli, senza scompigliarli.
Ci fermiamo poco prima di un dirupo, giù nel quale l'acqua del rivo si getta formando una piccola cascata.
Vedo qualcuno, sembra un ragazzo. È proprio un ragazzo.
E mi sembra di conoscerlo. Non gli vedo il volto, perché girato di spalle, ma non ho dubbi. Io conosco quel ragazzo.
Ho già visto quei capelli biondi color miele mossi dalla brezza e ho già appoggiato le mie mani su quelle spalle.
Lo chiamo. Sono sicuro di conoscerlo.
“Giedrius?” - gli dico, solo questo.
“Si, vieni qui.” - mi dice.
Non ti volti, non fai alcun gesto.
Ti vengo incontro, a passo veloce.
Non so più cosa pensare e ho tante domande da farti, come sempre ogni volta che ti vedo. A quanto pare, che si sia in un sogno o nella realtà, nulla cambia: tu sei misterioso, io sono curioso.
“Giedrius?”
“Questa ora è la mia casa, Vytautas.” - mi dici.
“Non capisco...” - ti dico, sorpreso.
“Qui ora sto bene, non soffro più.” - aggiungi.
Sei molto calmo e in perfetta armonia con quel luogo. Al contrario, io sono sempre più nervoso e preoccupato. Non capisco che cosa vuoi dirmi.
“Non soffri più?” - ripeto, voltandomi verso di te - “Quando avresti sofferto?”
“Ha importanza saperlo?” - mi rispondi.
La tua serietà mi rende muto. E il tuo sguardo mi impietrisce per quanto è triste.
Le tue dita incontrano le mie, si toccano con incertezza e poi si stringono. I tuoi occhi azzurri incontrano i miei grigio-verdi.
“Svegliati.” - mi dici.
Sei dolce e sembri preoccupato per me.
Le tue dita lasciano le mie e ti vedo cadere giù nel dirupo.
“No!” - grido, spaventato.
Un ultimo primo piano sui miei occhi colmi di lacrime e siamo giunti ai titoli di coda di questo bizzarro film.
Un bicchiere di vino e un attimo per pensare a come dirti quello che devo dirti.
Dammi un attimo.
Bene, sono pronto... Beh, più o meno, ma ormai indietro non torno. 
Ti ho sempre detto che ti considero il mio migliore amico e, a modo mio, ho cercato di dimostrartelo in ogni occasione. Ti sono stato vicino quando ne avevi bisogno, ti sono stato di supporto e ti ho dato una mano, anche quando non la volevi avere. Lo faccio tutt'ora. Però, non sono mai stato onesto come avrei dovuto.
Prima di questa notte, negli ultimi fotogrammi c'eravamo tu ed io, ma non eravamo intenti a guardare il panorama e non c'era alcun disagio.
Eravamo stesi sull'erba, a godere della brezza leggera e a guardare le nuvole passare sopra di noi e a dar loro un nome in base alla forma. L'atmosfera era distesa, quasi festosa. Nell'aria si sentivano solo le nostre risa. In breve, passavamo il tempo a divertirsi e a godere della reciproca compagnia.
D'un tratto, le nostre dita si conoscevano e si stringevano, mentre i nostri sguardi si incontravano.
Io ti sussurravo all'orecchio "Ti amo" e che l'avevo sempre saputo, ma non l'avevo mai detto per non perderti come amico. E tu mi baciavi, con passione, senza darmi il tempo di scusarmi.
Io ricambiavo al tuo bacio e molti altri ne seguivano presto.
Poi i nostri corpi si scoprivano, giocavano e si faceva l'amore, scaricando l'uno sull'altro tutta l'attesa vissuta e si gemeva, si fremeva, l'uno nel corpo dell'altro.
Giedrius, quei fotogrammi riflettono la realtà.
Io ti amo.
L'ho sempre saputo, ma l'ho taciuto, per non perderti come amico. Non volendo perderti, ho imparato ad accontentarmi di averti vicino come amico.

Capisci perché sono così agitato? Non so come comportarmi con te, non so per quale ragione tu mi stia evitando, perché non vuoi che io faccia parte della tua vita e...
E questo è quanto, ecco svelato il mio segreto. Tutto qui.
Sai la cosa strana? Non mi fa sentire meglio avertelo detto, anzi soltanto peggio.
Ho la strana sensazione che non ascolterai mai questo messaggio.
E posso supplicare, pregare che tu mi faccia sapere che stai bene, così anch'io starei di nuovo bene, ma non te lo sentirò dire, perderei solo tempo se aspettassi.
E se fosse... Sì? Sì, è così. Tutto si spiegherebbe... Non so se sia l'io ubriaco a parlare, ma penso che tu sia morto o che lo sarai presto, tra pochi minuti.
È questa la strana sensazione che ho avuto per tutto il giorno, come un presagio che presto ci sarebbe successo qualcosa di orribile.
Mi hai parlato di una piccola ciste, qualche mese fa. Ora che ci penso, sul bordo di quel dirupo, tu avevi addosso proprio uno di quei camici che si fanno indossare ai pazienti in ospedale.
Lo vedi anche tu il filo di Arianna? È così chiaro.
Quella ciste si è rilevata essere un tumore da rimuovere per evitare che il tumore si espanda e intacchi gli organi vitali. Forse per questa notte è stato fissato il tuo intervento e... E sì, l'averti visto con quell'indumento può esser stata una sorta di interferenza tra il mio solito sogno e una qualche tua esperienza extracorporea. Semplice, no? Magari non razionale, ma semplice come spiegazione, non trovi?
E non ti sei fatto più sentire per non farmi preoccupare e per abituarmi a stare senza di te.
Adesso vengo in ospedale, d'accordo? Spera per entrambi che non abbia ragione, altrimenti non so che cosa ti farò!
Se mi lascerai da solo... Non ti azzardare, chiaro? Non lo fare!
Non farmi diventare una di quelle persone che cercano una seconda occasione quando ne hanno avute tante e non le hanno mai colte!
Non andartene Giedrius, non farlo...
Ti prego, resta.»

 
***
 
NOTE D'AUTORE

È il terzo e ultimo capitolo della serie Lietuvoje mirtis, sebbene sul sito le abbia volutamente pubblicate come storie ognuna indipendente dall'altra. I fili di Arianna sono parecchi: ciascuna storia si svolge in Lituania, come si può evincere dalla scelta dei nomi dei personaggi; il tema comune è la morte di una persona cara e la reazione a quel fatto inevitabile e disperato, qui vissuto cogli occhi di un ragazzo segretamente innamorato del suo migliore amico.

Ho pensato a Vytautas dopo aver letto, per puro caso, di un celebre aforista lituano, tal Vytautas Karalius - alcuni suoi aforismi sono molto interessanti: vi lascio il link nel caso vogliate leggerli: http://aforisticamente.com/2011/09/08/laforisma-in-lituania-vytautas-karalius/ -. Al contrario, ho ritenuto che Giedrius fosse l'unico nome, tra quelli che ho trovato, che mi sembrava suonare bene accanto a Vytautas; inoltre, per mia fortuna, è in contrasto col carattere dell'omonimo personaggio: il termine significa 'chiaro' e 'splendente', quindi in piena contrapposizione col carattere riservato e misterioso del ragazzo.

Alcune direttive che ritengo utili per la lettura e a giustificare alcune mie scelte:
- ho fatto un uso abbondante dei puntini di sospensione, soprattutto all'inizio e alla fine: il fine è rendere al meglio tanto il coinvolgimento quanto il susseguirsi delle emozioni e dei pensieri del protagonista. Per essere sicuro, non mi sono limitato a leggere e rileggere svariate volte, ma ad interpretare ogni singola battuta: al termine, per indicare il flusso di pensieri i puntini di sospensione mi sono sembrati sempre i più indicati.
- gli sbalzi d'umore del protagonista sono dovuti ad una - a tratti - fastidiosa tendenza all'ossessione, all'agitazione e all'idealizzazione e al fare di tanto in tanto ragionamenti contorti che poco o nulla hanno di razionale: questi sono gli elementi biografici che fanno parte di me. L'elemento aggiunto è il vizio per il bere che il giovane ragazzo ha sviluppato per alleviare le sue ansie e i suoi pensieri.
- la descrizione della prima parte del sogno al presente è voluta: mi è sembrata la scelta migliore riferita al paragone mente-pellicola e sequenze-fotogrammi che si è palesato nella mia mente e che mi è piaciuto sin da subito. Inoltre, ritengo che la narrazione al presente aiuti il lettore a immaginare lo svolgimento dell'azione come se lo stesse vedendo sul grande schermo e renda altrettanto bene quanto i momenti narrati siano vivi nella mente del protagonista, durante l'intera giornata. Così si spiega anche perché il breve scambio di battute sia in corsivo.
   
 
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