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Autore: mido_ri    07/08/2016    1 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sab, 24 settembre, sera
- Ehi, ehi! Attento alla merda! -
Mi scansai immediatamente, dovevo ringraziare quel cretino di Marco.
- Ale, ma a che diamine pensi? Guarda dove metti i piedi -
Mi scusai con tono sommesso, come se poi dovessi seriamente chiedere scusa a qualcuno di loro. 
Non mi andava di aprir bocca quella sera, camminavo a testa bassa, senza in realtà vedere dove stessi andando; rallentavo dinanzi ogni vicolo per paura di incrociare qualcuno, quel qualcuno, sempre se esisteva davvero. 
Ero completamente assorto nei miei pensieri, quando una mano mi scosse violentemente una spalla.
- Oh ma sei sordo? -
Guardai Marco con una faccia intontita. 
- Ci sta un tizio che ti chiama da due ore -
Un ragazzino con il cappuccio mi venne incontro di corsa, sembrava affannato.
- A-Alessio! Certo che sei proprio stonato! -
Riconobbi dalla voce che era Riccardo. 
- E-Ehi! Che ci fai qui? -
Si abbassò ancora di più il cappuccio sul viso. 
- Nulla, sono uscito con mia cugina e ti ho visto...volevo solo salutarti -
Guardai oltre il suo esile corpicino, ma non c'era nessuno. 
- Tua cugina è per caso invisibile? -
Mi fulminò con lo sguardo e mi afferrò per un braccio, poi mi trascinò in uno dei vicoli.
- C-c-che vuoi fare? -
- Hai paura di un ragazzo che è tipo la tua metà? -
Sbuffai e mi convinsi a dargli retta, ma non riuscivo a stare del tutto calmo in quel posto.
- Allora, che devi dirmi? -
- Ecco...noi siamo amici, o qualcosa del genere, vero? -
Un allarme si attivò nella mia testa, una marea di pensieri negativi cominciarono a correre a destra e a manca sotto forma di omini versanti in uno stato di panico.
Avevo paura che volesse farmi un discorso sulla stronzata commessa il giorno precedente, mi pentii di nuovo di avergli "confidato" i miei sentimenti. 
"Forse vuole friendzonarmi, sì, decisamente"
- Sì, siamo amici, o una cosa del genere -
- Bene, uhm...potresti aiutarmi a risolvere un problema? -
Si morse il labbro inferiore con esitazione.
- Dipende -
Mi grattai la nuca nell'attesa di ascoltare cosa avesse da dire.
- P-penso che qualcuno mi stia stalkerando -
Sospirai sollevato, non era nulla che riguardasse il giorno precedente; gli omini si sedettero e cominciarono a respirare lentamente per calmarsi.
"Aspetta, Riccardo...stalker...?"
- Eh?! Che intendi? -
Cominciai a tremare come una foglia, altro che sollievo, potei immaginare le teste degli omini scoppiare una a una, con tanto di gridolini di terrore.
- S-sì...quando torno da scuola c'è sempre la stessa macchina che mi segue...E ogni volta che mi affaccio al balcone è parcheggiata lì...ho paura -
Cercai di raccogliere un po' di coraggio, certamente ne sapevo qualcosa, ma se era lo stesso uomo che pedinava me...allora non potevo essere sicuro di dargli informazioni corrette, e se fosse stato tutto frutto della mia immaginazione? 
- Ma che dici...tranquillo! Avrà comprato una villetta vicino alla tua e quindi fa la tua stessa strada -
- Sì ma...-
Gli tirai giù il cappuccio e gli diedi una pacca sulla spalla.
- Tranquillo, nessuno avrebbe motivo di stalkerare un nanetto come te -
- O-ok...-
Guardò il suolo con insicurezza, come se ci fosse davvero qualcosa da guardare in quelle mattonelle consumate dal tempo.
- Posso rimanere un po' con voi? -
Annuii in modo assente, ora il suo comportamento era completamente differente: i nostri ruoli si erano invertiti; a scuola era lui che "sosteneva" me, adesso ero io che dovevo badare a lui.
Raggiungemmo gli altri, i quali mi rivolsero occhiate d'intesa con tanto di gomitata in un fianco da parte di Marco, non volevo immaginare quanto mi avrebbero preso in giro in seguito, invece superarono ogni mia aspettativa.
- Piacere, Matteo. Tu sei il fidanzato di Alessio? -
Il mio viso si fece viola per l'imbarazzo, sì, si erano davvero superati, da quando erano diventati così diretti anche davanti alle persone che non conoscevano?
- N-no...-
- Come no? Sei proprio il tipo di ragazzo che gli piacerebbe farsi -

Sab, 24 settembre, sera

- Ehi, ehi! Attento alla merda! -

Mi scansai immediatamente, dovevo ringraziare quel cretino di Marco.

- Ale, ma a che diamine pensi? Guarda dove metti i piedi -

Mi scusai con tono sommesso, come se poi dovessi seriamente chiedere scusa a qualcuno di loro. Non mi andava di aprir bocca quella sera, camminavo a testa bassa, senza in realtà vedere dove stessi andando; rallentavo dinanzi ogni vicolo per paura di incrociare qualcuno, quel qualcuno, sempre se esisteva davvero.

Ero completamente assorto nei miei pensieri, quando una mano mi scosse violentemente una spalla.

- Oh ma sei sordo? -

Guardai Marco con una faccia intontita. 

- Ci sta un tizio che ti chiama da due ore -

Un ragazzino con il cappuccio mi venne incontro di corsa, sembrava affannato.

- A-Alessio! Certo che sei proprio stonato! -

Riconobbi dalla voce che era Riccardo. 

- E-Ehi! Che ci fai qui? -

Si abbassò ancora di più il cappuccio sul viso. 

- Nulla, sono uscito con mia cugina e ti ho visto...volevo solo salutarti -

Guardai oltre il suo esile corpicino, ma non c'era nessuno. 

- Tua cugina è per caso invisibile? -

Mi fulminò con lo sguardo e mi afferrò per un braccio, poi mi trascinò in uno dei vicoli.

- C-c-che vuoi fare? -

- Hai paura di un ragazzo che è tipo la tua metà? -

Sbuffai e mi convinsi a dargli retta, ma non riuscivo a stare del tutto calmo in quel posto.

- Allora, che devi dirmi? -

- Ecco...noi siamo amici, o qualcosa del genere, vero? -

Un allarme si attivò nella mia testa, una marea di pensieri negativi cominciarono a correre a destra e a manca sotto forma di omini versanti in uno stato di panico. Avevo paura che volesse farmi un discorso sulla stronzata commessa il giorno precedente, mi pentii di nuovo di avergli "confidato" i miei sentimenti. 

"Forse vuole friendzonarmi, sì, decisamente"

- Sì, siamo amici, o una cosa del genere -

- Bene, uhm...potresti aiutarmi a risolvere un problema? -

Si morse il labbro inferiore con esitazione.

- Dipende -

Mi grattai la nuca nell'attesa di ascoltare cosa avesse da dire.

- P-penso che qualcuno mi stia stalkerando e...be', non sapevo a chi raccontarlo... -

Sospirai sollevato, non era nulla che riguardasse il giorno precedente; gli omini si sedettero e cominciarono a respirare lentamente per calmarsi.

"Aspetta, Riccardo...stalker...?"

- Eh?! Che intendi? -

Cominciai a tremare come una foglia, altro che sollievo, potei immaginare le teste degli omini scoppiare una a una, con tanto di gridolini di terrore.

- S-sì...quando torno da scuola c'è sempre la stessa macchina che mi segue...E ogni volta che mi affaccio al balcone è parcheggiata lì...ho paura -

Cercai di raccogliere un po' di coraggio, certamente ne sapevo qualcosa, ma se era lo stesso uomo che pedinava me...allora non potevo essere sicuro di dargli informazioni corrette, e se fosse stato tutto frutto della mia immaginazione? 

- Ma che dici...tranquillo! Avrà comprato una villetta vicino alla tua e quindi fa la tua stessa strada -

- Sì ma...-

Gli tirai giù il cappuccio e gli diedi una pacca sulla spalla.

- Tranquillo, nessuno avrebbe motivo di stalkerare un nanetto come te -

- O-ok...-

Guardò il suolo con insicurezza, come se ci fosse davvero qualcosa da guardare in quelle mattonelle consumate dal tempo.

- Posso rimanere un po' con voi? -

Annuii in modo assente, ora il suo comportamento era completamente differente: i nostri ruoli si erano invertiti; a scuola era lui che "sosteneva" me, adesso ero io che dovevo badare a lui. Raggiungemmo gli altri, i quali mi rivolsero occhiate d'intesa con tanto di gomitata in un fianco da parte di Marco, non volevo immaginare quanto mi avrebbero preso in giro in seguito, invece superarono ogni mia aspettativa.

- Piacere, Matteo. Tu sei il fidanzato di Alessio? -

Il mio viso si fece viola per l'imbarazzo, sì, si erano davvero superati, da quando erano diventati così diretti anche davanti alle persone che non conoscevano?

- N-no...-

- Come no? Sei proprio il tipo di ragazzo che gli piacerebbe farsi -

Riccardo si voltò verso di me, in tutta risposta lo guardai con smarrimento.

- La volete finire?! È solo un mio compagno di classe...-

- Ciò non toglie che sei un frocio -

Mi voltai immediatamente verso il più piccolo cercando di scorgere la sua reazione, ma la sua espressione non si alterò affatto.

Volevo che la smettessero, se quel tizio spaventoso fosse stato nei paraggi mi avrebbe sicuramente tormentato di nuovo.

- Okay, okay, Riccardo...andiamo -

Lo afferrai per un braccio e lo costrinsi a tenere il mio stesso passo veloce. 

Gli misi il casco in mano e aspettai che lo mettesse, poi partii, intenzionato a tornare a casa mia il più in fretta possibile.

Lo lasciai davanti alla porta della sua villetta, senza neanche scendere per accompagnarlo.

- Buonanotte -

Ero pronto a ripartire, quando lui richiamò la mia attenzione.

- A-aspetta... se vuoi puoi rimanere da me..-

Lo vidi rigirarsi i pollici con imbarazzo.

- Perché? Ci conosciamo a mala pena -

- È...è che ho paura -

Alzai gli occhi al cielo.

- Non c'è nessuno stalker, te l'ho detto -

Avviai il motore senza voltarmi verso di lui, non volevo vedere la sua espressione ferita, non volevo sentirmi in colpa. 

 

Dom, 25 settembre, notte

Non riuscivo a non pensarci: se Riccardo si era mostrato così preoccupato dinanzi a me, allora lo era davvero; lo conoscevo poco, certo, ma abbastanza bene da sapere che non avrebbe lasciato cadere tanto facilmente la maschera di sicurezza e "prepotenza" che indossava a scuola. 

Ormai era tutto così strano che non produceva neanche più un effetto straniante. Quando pensavo a Riccardo il cuore non mi batteva forte, anzi, sembrava che non battesse per niente; quando lo guardavo negli occhi non mi sentivo mancare il respiro, mi limitavo semplicemente a viverci, in quegli occhi. E avevo bisogno proprio di quello, di stare in pace. Non mi era mai piaciuto recitare la parte del ragazzino innamorato, eppure con le persone precendenti era stato diverso: mi chiedevo spesso cosa stessero facendo, se stessero pensando a me, se il cuore battesse a mille contro il loro petto ogni volta che mi vedevano, così come faceva il mio; forse perché non ero realmente innamorato. 

Quel ragazzino non mi suscitava assolutamente nulla, nulla di ciò che spingeva i poeti a dedicare intere opere alle persone amate, nulla che mi forzasse a fare pazzie, nulla mi tenesse sveglio la notte. Mi alzai dal letto per il semplice fatto che mi andava di farlo, non perché ero preoccupato. Presi il cellulare e scorsi in fretta la rubrica, per poi rendermi conto di non avere il suo maledetto numero. Mi rimisi sul letto e finalmente chiusi gli occhi. 

 

Lun, 26 settembre, mattina

Trascorsi l'intera domenica sommerso dal nulla più assoluto: letto, pioggia, letto, pioggia, letto, pioggia e così via. 

Immergersi nuovamente nel caos scolastico fu una vera botta in fronte. 

Adocchiai subito Riccardo e mi sedetti accanto a lui, non sembrava affatto turbato.

- Allora? Niente stalker l'altra notte? -

Il ragazzino sorrise e sembrò alquanto sollevato, forse dal suo stesso sorriso.

- Mhhh, no, niente stalker -

Rimise la faccia nei libri e la nostra conversazione terminò lì.

 

Mar, 27 settembre, mattina

Il pensiero di quell'uomo era ormai lontano anni luce, mi convinsi della sua non-esistenza e della mia "spiccata fantasia" (come piaceva definirla alla mia vecchia psicologa). 

- Hey! -

Il piccoletto mi raggiunse dinanzi all'entrata dell'edificio, aveva in mano due pezzi di carta e me li sventolava in faccia.

- Cosa sono? -

- Biglietti per il Luna Park! -

- Luna Park? -

Lo guardai stranito.

- Sì, quello nuovo! Non lo sapevi? -

In realtà non credevo che nel nostro paese esistessero dei Luna Park, in ogni caso non sapevo dove volesse andare a parare.

- Andiamoci insieme -

- Che?! Ti sembro un tipo che va a divertirsi sulle giostrine? -

Riccardo mise il broncio.

- Ti prego, è un po' lontano... quindi non mi lascerai andare a piedi, vero? -

- Ah ecco, devi scroccarmi un passaggio! Non sei un po' troppo grande per voler andare al Luna Park? -

- Ecco... non sono mai andato alle giostre...-

La mia mente mi riportò immediatamente alla madre di Riccardo, a come lui aveva insistito nel farmi nascondere: capii all'istante che quella donna non doveva essere stata molto presente nella vita del figlio. 

Credo che il mio sguardo si fosse intenerito parecchio, perché notai un abbozzo di sorriso sulle sue labbra e un lampo di vittoria nei suoi occhi, proprio come un bambino che viene accontentato dal proprio genitore.

- Va bene -

Presi un biglietto e lessi le informazioni.

- Domani passo a prenderti alle venti, fatti trovare davanti casa, mi raccomando, adesso entriamo in classe -

Il suo volto s'illuminò, sorrisi anche io.

 

Mer, 28 settembre, sera

Fermatomi nel vialetto di casa sua, lo scorsi subito dinanzi alla porta. Mi venne incontro e iniziò a sistemarsi.

- Sei pronto? -

Mi voltai verso di lui, aveva un'espressione indecifrabile stampata sul viso e profumava maledettamente.

- Sì -

Era possibile scorgere le luci del parco da quasi un chilometro di distanza, esse si alternavano in continuazione ed erano di tanti colori differenti. Si sollevò una nuvola di terra alla mia sgommata nell'ampio parcheggio, sentii le esili braccia di Riccardo stringersi contro il mio torace e lo canzonai per un paio di minuti, ridendo a ogni sua esclamazione infastidita. La musica era così forte da farmi vibrare il petto; varcammo insieme l'ingresso, mostrando i biglietti alle persone che erano lì di guardia. All'interno della zona dedicata alle varie attrazioni era quasi impossibile muoversi liberamente, vi era pieno di bambini piagnucoloni e adulti annoiati che seguivano i figli iperattivi. 

La bocca di Riccardo si spalancò in un "wow" silenzioso, c'erano così tante giostre e bancarelle che non sapeva dove gettare gli occhi, probabilmente in quel momento avrebbe desiderato averne qualche paio in più. 

- Dove vuoi andare? -

Dovetti ripetere la domanda quattro volte prima che mi sentisse in mezzo a quel casino assurdo; indicò le montagne russe.

- Cosa?! -

Non potei neanche protestare ulteriormente, perché aveva già incrociato le sue dita alle mie e mi stava conducendo dinanzi alla biglietteria per salire su quella giostra mostruosa. 

Una giovane ragazza ci illustrò il percorso che avrebbe fatto il "trenino" con un sorriso forzato sul viso, probabilmente a ogni nuovo giro non vedeva l'ora che qualche cintura fosse guasta e che qualcuno si schiantasse a terra, giusto per rendere la serata più elettrizzante.

Il giro sulla giostra fu una delle esperienze più traumatiche della mia vita, classificata al secondo posto dopo la gita a Roma in terza media, durante la quale avevo dato quasi fuoco all'intero albergo. Non avevo fatto altro che urlare come un disagiato, mentre Riccardo rideva come se quella fosse davvero una cosa emozionante.

- I-io non salirò mai più su quell'affare -

Mi tenni lo stomaco e trattenni un conato di vomito.

- Devi andare al bagno? -

Più che preoccupato, il più piccolo sembrava alquanto divertito dalla situazione. 

- No -

Gli lanciai un'occhiataccia, dopodiché ci inoltrammo nuovamente nella marea di gente.

- Oddio! Ale, vinci un pupazzo! -

"Ale?", già era passato ai diminutivi, e io come avrei dovuto chiamarlo? 

- Non so tenere in mano quell'aggeggio -

Guardai con distacco le pistole.

- Dai, dai! Voglio il porcellino! -

E come facevo a dirgli di no? Se non lo avessi assecondato io, non sarebbe mai più cresciuto. 

Mi rivolsi gentilmente all'omaccione che gestiva la bancarella e gli chiesi di fare qualche tiro. 

- Vai!! No, non così! Ecco...! -

Riccardo non la smetteva di agitarsi, il che mi metteva molta pressione. Dovetti affrontare la sua espressione delusa quando mi venne consegnato un misero coniglietto celeste. 

Richiamai nuovamente l'attenzione del grosso uomo, che mi rivolse un sguardo ostile.

- E-ehm...mi scusi, non si potrebbe avere il porcellino invece di questo? -

Il tizio scosse la testa e mi disse che ci volevano altri cento punti per avere quel pupazzo, ma non ce l'avrei mai fatta. Infilai una mano in tasca ed estrassi il portafogli.

- Quanto vuole per il porcellino? -

L'uomo sembrò scocciato dalla mia proposta ma, alla visione dei soldi che avevo buttato sul bancone, cambiò totalmente espressione. Afferrò la banconota e sollevò un braccio per raggiungere il "premio". 

Riccardo spalancò le braccia e affondò il viso nel morbido pelo rosa del maialino.

- Grazie, grazie, grazie! -

Le sue guance ora erano di un colore simile al rosso, che fosse imbarazzato? Oppure fin troppo felice?

Passammo dinanzi a un sacco di bancarelle, comprese quelle che vendevano il cibo, una in particolare catturò la mia attenzione.

- Hey, ti va lo zucchero filato? -

- Che cos'è? -

Si rivolse con sguardo assente verso la bancarella, poi il suo volto si illuminò alla vista di un bambino con un bastoncino di zucchero filato in mano.

- Sì! -

Lo osservai mentre cercava di mangiare senza sporcarsi e scuoteva le mani nel tentativo di non renderle appiccicose. Una ciocca di capelli era tenuta ferma dietro un orecchio, mi persi nella contemplazione del suo collo, avrei voluto affondarci il viso, sicuro che il sapore della sua pelle fosse cento volte migliore della nuvola di zucchero rosa che stava gustando. 

Ci accomodammo su un muretto stabile, dietro un camion che vendeva hot dog e pizzette. 

Era semplicemente adorabile, con lui mi sentivo davvero in pace. 

Premetti le labbra sulle sue in un goffo bacio a stampo, cogliendolo di sorpresa; prima che potesse sottrarsi, catturai il suo mento con una mano e schiusi la bocca, nell'attesa che lui facesse lo stesso. Lasciai entrare la lingua con naturalezza, senza foga, senza fretta. Intrecciai la mia lingua alla sua e ne assaporai il dolce gusto dello zucchero filato; non mi era mai piaciuto particolarmente, ma si sposava perfettamente con le sue labbra. Mi staccai con una timidezza che non credevo mi appartenesse e lo guardai con un'espressione che citava "allora, che ne pensi?", lui mi sorrise con fare scherzoso e affondò nuovamente il viso nella nuvola d'ovatta rosa, come se non fosse successo nulla, come se non fossi perdutamente e inevitabilmente innamorato di lui.

 

 

 

Note dell'autore:

Scusate per il ritardo! Oggi vi lascio con questo capitolo che adoro; forse la parte dello zucchero filato è troppo fluff, ma non avrei potuto descrivere un loro primo bacio "migliore". Scusate per le brutte parole che faccio dire agli amici di Alessio, ma devono essere antipatici e basta u.u

Buona serata, spero che continuiate a leggere la mia storia!

 

  
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