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Autore: _Sherazade_    08/08/2016    0 recensioni
Livia parte per Roma per fare una bella sorpresa al fidanzato che si trova nella città eterna per lavoro. La vera sorpresa però, sarà il ragazzo a farla alla povera Livia: Ernesto stava infatti trattenendo una relazione con un'altra ragazza.
Delusa e amareggiata, Livia vorrebbe far ritorno a casa, Patrizia però, l'altra ragazza di Ernesto, la convince a rimanere, a godersi la vacanza e a dimenticarsi del verme che le aveva ferite entrambe.
Tutto sembra andare per il meglio, quando Livia, in visita al Colosseo, comincia a sentirsi strana.
Quando si riprende dal malore, sente grida e tamburi provenire dall'antica arena, torna alla platea e scopre con gran sorpresa di essere tornata indietro nel tempo.
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Storia partecipante al contest "Summer: urge to Holidays" indetto da Jadis_ sul forum di efp.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico, Sovrannaturale
Capitoli:
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II

Patrizia mi guidò per la città, non abbandonandomi per un solo istante.
Nonostante tutto, quella ragazza ed io diventammo subito ottime amiche, ma purtroppo, il lavoro la chiamava. La giornata di pausa era finita, e io avrei dovuto fare a meno della sua compagnia.
Mi lasciò un foglio, con segnati i migliori ristoranti e locali sparsi per la città. Non potendomi guidare lei stessa, aveva pensato bene di darmi qualche dritta.
- Penso che vedrò il Colosseo domani. È una vita che volevo farlo. - dissi sorridendo amaramente. Avrei voluto tanto poterlo vedere con Ernesto, ma quel sogno era sfumato miseramente.
- Allora, dai retta a me, per pranzo vai in questo posto, appartiene a una coppia di miei amici. Ti assicuro che non rimarrai delusa. - disse orgogliosa. Non potevo di certo deluderla, e acconsentii.


Passai una notte tranquilla, e sognai di nuovo il leoncino, che, ancora una volta, mi guidava per la città deserta, fino al Colosseo.
- Perché sono qui? - chiesi al cucciolo, ma non poteva rispondermi. Lui mi guidò ancora verso l'arena luminosa, e, quando raggiunsi il centro, sentii degli schiamazzi e mi svegliai di soprassalto.
Ero sudata, e, nonostante il climatizzatore, sentivo il caldo che mi stava per raggiungere.
Scesi le scale, e andai a fare colazione, dove trovai ogni ben di Dio.
- Mi raccomando, falla abbondante, altrimenti non reggerai fino a pranzo. - mi sorrise Patrizia.
Una volta mangiato, mi avventurai per le strade di Roma, erano quasi deserte, nonostante fosse un periodo d'oro per quanto riguardava l'alta stagione. Eppure c'era pochissima gente.
Camminai lungo la via che conduceva all'enorme anfiteatro, mi misi in coda e aspettai ansiosa il mio turno per entrare. Non ci volle molto, e presto riuscii ad accedere.
Era immenso, e provai una sensazione come di trasporto. Chiudendo gli occhi, per qualche istante, mi sembrava quasi di sentire le voci di coloro che avevano vissuto la grandiosità dell'antico Impero.
Salii i gradini che portavano al piano superiore, e mi fermai sulla pedana che dava sull'arena per un tempo che mi parve infinito.
Guardai estasiata ovunque, cercando di immaginare quella meravigliosa costruzione così come era nei tempi antichi. Inspirai profondamente, e mi immaginai di vivere in quell'epoca, anche solo per un istante.
Sentii allora il mio leoncino che mi chiamava.
Mi voltai, e lo vidi, anche se nessun altro sembrava essersene accorto.
Non stavo dormendo, eppure, il mio leoncino, era lì di fronte a me. Ruggì, e si avviò, verso quello che era il palco dove gli imperatori ammiravano lo spettacolo dell'arena.
Il cucciolo mi sfuggì, ma riuscivo a sentirlo, mi stava chiamando, e io mi avventurai alla sua ricerca, passando davanti al negozio e alla piccola mostra di reperti allestita davanti.
Ci fu un lampo, e sentii le orecchie fischiare, la vista che si annebbiava e il cucciolo che mi si ripresentò davanti.
Mi accucciai per terra, aspettando che tutto tornasse normale, ma nulla lo sarebbe più stato.
Non c'era più nessuno, sentivo solo grida, e tamburi che suonavano.
Non sapevo ci fosse in programma uno spettacolo, e cercai la strada per poter tornare lungo le gradinate e scoprire cosa stesse accadendo.
Ma ciò che vidi, mi lasciò senza fiato.
Il Colosseo non era più il reperto archeologico di Roma più visitato in tutta Italia, quello era tornato ad essere l'Anfiteatro Flavio, nella sua magnificenza dell'epoca antica.
Era pieno di gente, e tutti erano vestiti di toghe o tuniche. Io sgranai gli occhi: non poteva essere, stavo ancora sognando?
Ma quello non era un sogno, realizzai ben presto.
Nessuno si era accorto di me, tutti erano concentrati sul centro dell'arena, dove i gladiatori davano sfoggio della loro bravura e forza.
Ero in un'ala dedicata alle persone importanti, e infatti, a pochi metri da me, c'erano l'Imperatore e la sua consorte.
In quale anno mi trovavo, chi era quell'Imperatore, perché mi trovavo lì... erano tutte domande alle quali avrei potuto aver risposta solo se avessi interagito con qualcuno. Ma come potevo farmi comprendere da loro? Il mio latino era arrugginito, e comunque, non era molto articolato.
Gli schiamazzi cessarono, e tutta l'attenzione venne rivolta verso l'Imperatore, che parlò della grande festa che si stava tenendo in quei giorni. Per quel poco che riuscivo a capire, realizzai che ero tornata indietro nel tempo. Per quanto la cosa era straordinaria, era proprio quello che mi era capitato, non c'erano dubbi a riguardo.
Quello che stava parlando era l'Imperatore Aelius Decimus Sanctus, un sovrano molto amato che era stato sempre giusto con i suoi sudditi. Da quello che avevo studiato, grazie a lui ci furono molte riforme che avrebbero agevolato la plebe e gli schiavi, senza però danneggiare le classi superiori. Fu definito un Imperatore progressista: si diceva che lui avesse intravisto il futuro della sua città, e per questo, riuscì a portare a Roma una certa modernità.
Ero giunta durante i festeggiamenti delle Feriae Augusti, proprio a metà di quelle feste sacre.
Cercai di rammentare quanto avevo studiato dell'impero di Sanctus, e c'era ancora qualcosa che non riuscivo a focalizzare, qualcosa di importante. Avevo come dei flash del libro di storia, e sapevo che sarebbe successo qualcosa di importante in quel giorno.
E mi ricordai.
Dovevo assolutamente raggiungere l'ala dell'Imperatore.
Cercai di avvicinarmi, senza farmi notare, ma una delle guardie mi vide, e mi parò il passaggio. Mi squadrò borbottando qualcosa sul fatto che ero vestita in maniera ridicola e che non avrei dovuto trovarmi lì. Mi disse che avrei dovuto far ritorno al mio posto e di non creare disordini.
Cercai di spiegare in maniera sintetica che l'Imperatore era in pericolo, con il mio scarsissimo latino.
La guardia mi rise in faccia, dicendomi che era impossibile, ma io sapevo che non era così.
Di certo, secondo quello che avevo letto, qualcuno avrebbe sventato l'assassinio, ma sembrava che nessuno sapesse quello che stava per accadere.
La moglie di Sanctus, Iulia, aveva deciso di tradire il marito, uccidendolo per permettere al proprio favorito di prendere il suo posto.
Mi ricordai allora che uno dei maggiori consiglieri dell'Imperatore, era il sacerdote Quintus Cornelius Alabastrum, un uomo illuminato per l'epoca in cui era nato. Si diceva che fosse un uomo buono e gentile, molto vicino alla popolazione di Roma. Fu anche grazie a lui se l'Imperatore prese a cuore le classi più basse.
Dissi alla guardia di chiamarmi il sacerdote, impuntandomi seriamente. Gli dissi che era importante, e alla fine, stanco di avermi lì, il soldato acconsentì.
Venne da me un uomo sulla cinquantina, coi capelli corti e brizzolati.
Aveva un'espressione gentile, così come era stato riportato. Con garbo si rivolse a me, mi squadrò per bene, capendo già che in me c'era qualcosa di diverso rispetto a tutti loro, e mi chiese come mai avessi chiesto con tanta urgenza di poterlo incontrare.
- Vostra Eccellenza, - gli dissi in latino, - l'Imperatore è in pericolo. Il vino che gli verrà servito è stato avvelenato da sua moglie per permettere che Flavius, suo amante, e unico successore designato in caso di morte dell'Imperatore, possa subentrargli.
L'infedeltà di Iulia, non era ancora nota ai tempi dell'attentato, ma l'espressione di Quintus, mi fece capire che c'erano già dei sospetti.
Chiese alla guardia di prendersi cura di me, e mi ringraziò per averlo avvisato.
Sentivo il peso sullo stomaco, un groviglio di ansie che mi stavano consumando. Udimmo delle grida, e tutta la folla si voltò verso l'Imperatore. Come avevo detto, l'Imperatrice Iulia aveva cercato di avvelenare il consorte, ma dato il mio avvertimento, la congiura era stata sventata.
- Ti devo le mie scuse. - disse la guardia inginocchiandosi di fronte a me. Io ero stupita e imbarazzata, e gli dissi che lui aveva fatto solo il suo lavoro. L'importante era che l'Imperatore si era salvato.
I giochi terminarono, e, mentre tutti gli ospiti lasciavano l'Anfiteatro, Quintus tornò da me e dalla guardia, dando al ragazzo precise istruzioni.
- Mia cara, grazie alle tue informazioni, l'Imperatore è salvo. Segui Nero, - disse indicando la guardia, - lui ti porterà a palazzo. L'Imperatore vuole conoscerti non appena sarà tornato. Le ancelle ti aiuteranno a prepararti. - io ero già in ansia. Balbettai, in un latino completamente sgrammaticato, che non potevo assolutamente incontrare l'Imperatore, dissi che non ero degna. Mi imbarazzava troppo l'idea di dover ancora parlare in quella lingua, per me morta, con la quale avevo enormi difficoltà nel farmi capire. Ma Quintus insistette: era solo merito mio, e l'Imperatore non ammetteva repliche di alcun tipo.
Nero mi accompagnò fuori dal Colosseo, e mi condusse fino a destinazione.
- Non devi temere, il nostro Imperatore è molto giusto e cordiale. Non è un caso se egli è molto amato. - sapevo che quello che mi stava dicendo corrispondeva a verità.
Sorrisi e mi lasciai condurre dalle ancelle, che guardarono incuriosite i miei abiti: non era nulla di appariscente per la mia epoca, ma per loro era un qualcosa di straordinario. Del resto, il jeans sarebbe stato inventato quasi due millenni dopo il nostro incontro.
Mi diedero una tunica e una stola, dal tessuto morbido. Mi misero una bellissima cintura in vita e usarono dei cammei stupendi per fermare le maniche del vestito.
Una di loro, Drusilla, una ragazzina di non più di quindici anni, mi acconciò i capelli come mai nessuna parrucchiera era riuscita a fare. Mi sentii bellissima, e la ringraziai con calore.
La ragazza sorrise, dicendomi che era il suo lavoro.
Quintus mi fece chiamare, e venni condotta al suo cospetto, fuori dalla sala dei banchetti.
- Io non parlo benissimo la vostra lingua. - gli dissi, ma lui scosse la testa, dicendomi che quel poco che sapevo, era bastato a salvare l'Impero. - Ma io non so proprio come comportarmi. - l'uomo sorrise, e chiese alle guardie di aprirci la strada.
Era stato preparato un ricchissimo banchetto, la gente aveva già preso posto, e cominciato a mangiare e bere. In fondo alla sala, vidi l'uomo più bello che avessi mai visto venirci incontro.
Tra i folti e lunghi ricci castani, spiccava una corona di alloro dorata; non adoravo gli uomini barbuti, ma su di lui, quella riccioluta barba, mi parve davvero affascinante.
- È dunque questa la ragazza a cui devo la mia vita? - quando realizzai che era lui l'Imperatore, mi sentii quasi svenire. Cercai di mantenere il più possibile il controllo, anche se sentivo già le guance imporporarsi.
- Sì, Aelius. - la grande complicità fra i due, traspariva anche dal semplice chiamarsi per nome.
- Mia cara, - disse chinando leggermente il capo, e prendendomi una mano per baciarla. - senza di voi non sarei più qui. Come posso contraccambiare? - io non sapevo cosa dire. Guardai imbarazzata Quintus in cerca di una qualsiasi risposta.
Erano ore che non mettevo nulla sotto i denti e, se non fosse stato per Patrizia che mi aveva spinta a mangiare abbondantemente per colazione, non sarei giunta fino a sera, e proprio per quello, fu il mio stomaco che prese la parola, borbottando. Avrei voluto che si aprisse una voragine sotto di me e che m'inghiottisse...
I due uomini risero, ed Aelius mi prese sottobraccio, portandomi verso il suo letto, dove erano già state servite le pietanze.
- Spero che il cibo sia di vostro gradimento. - disse lui sorridendomi gentilmente.
- Vostra Altezza, - mi rivolsi a lui per la prima volta, - qualunque cosa andrà bene, ne son certa, ma tanta attenzione mi mette in imbarazzo. Non ho fatto nulla di che... se non ci fossi stata io, un'altra persona vi avrebbe avvisato. - dissi, pensando ai libri che parlavano di quell'evento.
- In realtà, - disse Aelius, - nessuno, tranne voi, ha scoperto l'inganno di mia moglie. - cominciai a temere di aver in qualche modo sconvolto gli eventi, intromettendomi, ma, se nessuno si era fatto avanti, poteva essere che io fossi stata predestinata a quel viaggio?
- Ad ogni modo, - mi fece accomodare al suo fianco, - come facevate a saperlo? Quintus mi ha detto delle cose strane su di voi. - mi chiesi cosa avesse potuto dirgli il sacerdote, ma non era importante. Se fossi finita, invece che nell'antico impero romano, nel medioevo, e avessi raccontato a qualcuno della mia storia, sarei stata processata per stregoneria, e successivamente uccisa. Ma in quell'epoca, dove il popolo era devoto agli Dei, e la magia non era solo una bella favola da raccontare ai bambini, la mia storia non avrebbe suscitato poi quel gran scalpore, e la mia venuta nel regno, sarebbe stata vista come un segno divino.
- Ciò che ho da raccontare, potrebbe stupirvi, e molto. - dissi prendendo un sorso di vino.
- Prego, sono curioso di sentirvi. - guardai Quintus, e anche lui mi incoraggiò.
- Tutto è cominciato la scorsa mattina. Stavo venendo a Roma e ho fatto un sogno strano...


 
  
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