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Autore: Artemis1000    08/08/2016    2 recensioni
La loro non è una relazione appassionata e romantica. Non compiono grandiosi gesti d’affetto, né si sussurrano promesse di devozione. Sono entrambi abbastanza saggi da non dirsi le parole “per sempre”.
{ Arthur/Ludwig | One shot | 2107 parole | Traduzione di Hiraeth }
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Germania/Ludwig, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note della traduttrice (Hiraeth): credo di aver letto questa fanfiction per la prima volta due anni fa, in realtà, ma ultimamente sono tornata a pensarci e mi sono detta: “Perché non tradurla?”, anche perché ho notato, con mia grande disapprovazione e disappunto, che non c’è niente di questa ship su EFP.
 Il link alla storia originale si trova qui e vi consiglio di leggere quella versione, se non ve la cavate male con l’inglese. Ad ogni modo, buona lettura!










Unlike Love
di Artemis1000




La loro non è una relazione appassionata e romantica. Non compiono grandiosi gesti d’affetto, né si sussurrano promesse di devozione. Sono entrambi abbastanza saggi da non dirsi le parole “per sempre”.

 Si conoscono quanto basta da aver perso sangue per mano dell’altro. È quello che succede alle nazioni dopo due guerre mondiali, ma Arthur non è così ottuso da considerare speciale la loro natura solo per le cicatrici che si sono inflitti a vicenda. Se c’è una cosa che la sete dell’umanità non cesserà mai di bramare, quella è la guerra.

 Ciò non significa che non serba alcun rancore nei confronti di Ludwig. Arthur è il genere d’uomo che non si limita ad accudire il suo risentimento: ad esso dà anche da mangiare e da bere.

 C’è la passione, ma non l’amore.

 La prima volta che vanno a letto insieme sono ubriachi, non a sufficienza da dimenticare la persona con cui hanno trascorso la notte, ma il giusto indispensabile per scorticare e rinnovare il dolore. Arthur ascolta le sirene del raid aereo ed esse gli echeggiano nelle orecchie come se lui fosse nel 1940 e non smette di udirle finché entrambi non iniziano a urlare e gemere talmente forte da annegare tutti i suoni restanti, persino quelli che esistono solamente nella sua testa. Non chiede a Ludwig se lui senta Dresda bruciare di nuovo quando gli bacia la cicatrice; non ne avrà mai il coraggio neanche negli anni successivi.

 La mattina dopo non è incresciosa. Sono tutti e due troppo impegnati a vomitare l’anima per balbettare e arrossire.

 La seconda mattina dopo, qualche mese più tardi, compensa per tutto l’imbarazzo che non c’è stato la volta prima. In precedenza avevano raggiunto il minimo grado d’ebbrezza necessario a giustificare la stupidità della notte con l’alcool, ma adesso non hanno più scuse. Per cui non se ne prendono il disturbo. Si separano con dei cenni di capo e si rifiutano di incrociare gli occhi dell’altro per mesi.

 Nessuno se ne accorge. Dopotutto non è un segreto che Arthur sia astioso nei riguardi di Ludwig.

 E infatti è così che stanno le cose. Perché allora continua a ripetere quell’errore come un bambino ingenuo che spera di ottenere un esito migliore la ventisettesima volta che ci prova? Di certo non è perché il loro rapporto è senza obblighi e complicazioni. Perché è senza dubbio vincolato dal biasimo. Arthur è del parere che non ci possa fidare di lui e infatti non si fida davvero, tranne quando si addormenta al suo fianco. Accanto a Ludwig, non tra le sue braccia, perché nessuno dei due è il tipo da coccole e, anche se lo fossero, il loro qualunque-cosa-sia non le legittima. E se nel sonno finiscono per avvinghiarsi agli arti dell’altro, be’, è solo a causa delle notti fredde che tendono a esserci in entrambi i loro paesi.

 Non è fino a quando il loro decimo anniversario arriva e se ne va senza alcuna celebrazione che Arthur si rende conto che persiste a tornare da Ludwig perché non riesce a stargli lontano. Può sembrare un motivo banale, ma non lo è affatto. Non riesce a stare lontano dall’uomo che sostiene di detestare e che preferirebbe proseguire a detestare, grazie mille. Non hanno mai neanche condiviso una cordiale tazza di tè sin dallo scoppio della seconda guerra mondiale, eppure Arthur conosce l’esatta sfumatura blu degli occhi di Ludwig quando viene. Non c’è niente di banale al riguardo.

 Per cui cerca di allontanarsi.

 Il tentativo dura per due anni, il che suona più impressionante di quanto lo è veramente, dato che è già capitato in precedenza che non si vedessero per un anno. Per la sua età, è francamente patetico.

 Ludwig probabilmente non avrebbe nemmeno notato gli sforzi fatti da Arthur per distanziarsi se la risolutezza dell’inglese non fosse crollata in maniera tanto teatrale. In passato si erano aggrappati alla scusa sempre più fiacca dell’ubriachezza, ma eccolo lì, perfettamente sobrio, che batte forte alla porta dell’altro a un’ora atroce della notte sia per il fuso orario inglese che per quello tedesco.

 «Ascoltami bene, bastardo!» sibila non appena Ludwig apre la porta. Si fa strada all’interno della casa, incurante dell’acqua piovana che gli gocciola dal cappello e dal cappotto e che si fonde con la melma degli stivali, formando una pozzanghera di fango sul pavimento così-pulito-da-poterci-mangiare-sopra. Ludwig ha un’aria educatamente confusa, poi infastidita quando si accorge della pozza. Arthur non è dell’umore di tollerare la sua fissa del pulito, per cui non ha chiaramente altra scelta se non afferrarlo e baciarlo e scoparlo sulla superficie orizzontale più vicina. Ne basta anche una verticale, all’occorrenza. Lui non ha pregiudizi geometrici.

 Ludwig è ancora disorientato, ma ciò non diminuisce il suo entusiasmo. Eppure, e Arthur non lo nota finché non sono giunti al secondo round e si sono spostati sul divano, c’è una strana esitazione nei suoi tocchi, nei minuscoli brividi che rivelano che Ludwig continua a trattenersi persino quando è in preda alla passione. Arthur realizza di poter trovare la stessa incertezza nelle sue iridi, una volta capito cosa cercare. Poi realizza che Ludwig si aspetta che Arthur lo respinga da un momento all’altro o, e questo è onestamente un insulto, si sgretoli sotto la carezza delle sue mani. Ed è allora che Arthur realizza che anche Ludwig sente le sirene di Londra. È ironico, ma non particolarmente divertente, che Ludwig le stia ascoltando proprio la prima volta che Arthur non le percepisce.

 La mattina dopo, Arthur prepara il tè.

 È ciò che di più stucchevole riesce a fare. Quando Ludwig entra in cucina e vede Arthur che, a suo completo agio, prepara con calma la colazione a tavola, si blocca per un attimo, batte lentamente le palpebre, e si siede dal lato opposto a quello di Arthur e si versa una tazza di quella sbobba orribile che vendono in Germania al posto del tè. Lo fa senza aprire bocca, senza fare cenno alla situazione, come se non si trattasse di niente di straordinario. È la cosa che più somiglia a un ringraziamento da parte di Ludwig. Arthur è preso alla sprovvista dalle tiepide farfalle che ha in pancia e decreta che sia colpa del tè scadente se il suo stomaco è sottosopra.

 Invia a Ludwig un pacco di Earl Grey come si deve. Ludwig gli fa visita per ringraziarlo di persona. Adesso non tocca più Arthur come se stessero solamente ammazzando il tempo, finché Arthur non rinsavisce e scopre che Ludwig ha un aspetto deliziosamente vulnerabile quando supplica Arthur di spingere più forte. Molto più tardi, Arthur si ricorderà di quella vulnerabilità, poi incolperà quella e i suoi istinti da conquistatore rimasti dormienti troppo a lungo per aver pensato che Ludwig gli appartenesse.

 Stabiliscono dei nuovi taciti accordi.

 Le circostanze cambiano, eppure non cambiano affatto.

 La loro è una relazione appassionata, ma l’amore rimane un tabù.

 L’alcool si trasforma da una giustificazione benvenuta a una minaccia. Ci sono troppe cose non dette tra loro due. Scucire la bocca minaccia lo status quo che li definisce.

 Non parlano mai del passato. Non parlano mai di “loro due”.

 Non parlano mai granché in generale e comprendono che le cose più importanti sono espresse senza parole.

 Solo perché il loro rapporto è mutato in qualcosa di nuovo non significa che siano scomparse tutte le vecchie irritazioni. Anzi, litigano più spesso ora che si vedono al di fuori delle riunioni di lavoro e degli incontri frenetici e licenziosi. Le loro personalità cozzano. L’ostilità naturale che è in Arthur non va d’accordo con la frigidità naturale che è in Ludwig e questo è il più piccolo dei loro problemi. Sono entrambi emotivamente reclusi: il più delle volte, tirano il peggio fuori dall’altro. La maggior parte delle nazioni arriva a credere che si odiino. E Arthur non ne è contrariato, dato che è convinto di nutrire ancora qualche traccia di rancore nei confronti di Ludwig ed è certo di non voler condividere con il resto del mondo quello che hanno.

 Il loro status quo si trova in un punto in mezzo allo sprezzo ostentato apertamente e il risentimento nascosto a malapena.

 Non fanno dimostrazioni d’affetto pubbliche, ma soltanto alcune e in privato. Non vanno ad appuntamenti romantici, non si regalano fiori e non si cucinano cene al lume di candela a San Valentino, tranne per quella volta in cui Arthur procura ad entrambi un’intossicazione alimentare.

 Quando si annoiano, Arthur fa un’aspra e rapida telecronaca dei programmi televisivi, delle abitudini degli altri paesi e dell’eccessiva stupidità nel mondo; Ludwig ascolta e annuisce, reprimendo un sorriso. Quando Arthur insulta Ludwig, a volte lo fa con tenerezza. E quando Arthur e Francis si accapigliano o Alfred interrompe l’ennesima conferenza mondiale, non c’è alcuna traccia di dolcezza nelle urla di Ludwig.

 Se qualcuno glielo chiedesse, Arthur insisterebbe a sostenere che loro due non si coccolano, e che si limitano a rannicchiarsi l’uno contro l’altro alla ricerca di calore. Quando telefona l’ufficio di Ludwig dopo mezzanotte per rimproverarlo sul modo con cui ha formulato una clausola accessoria di una transazione di poca importanza, di certo non lo fa per sbottare: «E adesso va’ a letto, prima di elucubrare ulteriori fesserie» alla fine della chiamata. Non trae alcuna gioia dalle discussioni sul valore delle loro rispettive squadre nazionali di calcio, né è benevolmente divertito quando Ludwig gli tiene il broncio per due settimane di fila dopo aver perso la coppa allo stadio di Wembley e ha tic nervosi al più piccolo riferimento a proposito. Quando legge ad alta voce le diatribe della cronaca scandalistica britannica a colazione per spingere Ludwig a esplodere e ribattere, non è perché le loro chiacchierate lo allietano.

 D’accordo, forse diversi gesti d’affetto da parte di Arthur sono crudeli, ma sono per il bene di Ludwig. È determinato a tirarlo su di morale e, se intanto lui si svaga, tanto meglio.

 Una giornata non molto dopo il loro venticinquesimo anniversario, sono stesi a letto, Ludwig che passa le dita tra i capelli di Arthur e Arthur che minaccia di dichiarargli guerra se qualcuno farà commenti sulla sua andatura indolenzita. Non succede niente di speciale o di diverso durante questa giornata, se non il fatto che Arthur è colpito con la forza di un treno in arrivo dall’illuminazione di essere soddisfatto. Fosse una persona più ottimista, avrebbe addirittura usato la parola “felice”. Ora che ha tolto i paraocchi, gli occorre soltanto un secondo per rendersi conto di amare Ludwig. Non è in grado di inquadrare il momento in cui si è innamorato di lui, per cui conclude che si è probabilmente trattato di un processo naturale e ingannevolmente lento, uno di quelli che ti attaccano di soppiatto e che ti obbligano a fare i conti con le caotiche conseguenze. Eccetto che la pura nozione è ridicola, ovviamente, sembra una storiella uscita da un penny dreadful. Intendiamoci, Arthur li leggeva solamente per capire meglio la mentalità della sua classe operaia.

 Improvvisamente il cuore gli martella nel petto e lui assaggia il gusto della paura.

 Arthur ha da tempo accettato di essere destinato a perdere tutti coloro che ama. Aveva quasi convinto se stesso che non gliene importava, dato che non aveva nessun altro da perdere.

 Fa la cosa più sensata.

 Esce dal letto, si riveste e se ne va.

 Durante la settimana successiva, prende confidenza con tutti i pub di Londra. Oggigiorno ce ne sono tantissimi.

 Il secondo giorno, rimpiange i bei vecchi tempi andati degli imperi, quando avrebbe avuto ancora la possibilità di proclamare guerra a Ludwig per essere una tale seccatura.

 Il quarto, sentenzia di essere completamente ridicolo. Non vale la pena agitarsi inutilmente per Ludwig.

 Il quinto, torna ad avvilirsi.

 Il sesto, ritiene di non essere in grado di dare a Ludwig ciò che vuole. Prima o poi l’altro si accorgerà che il loro status quo è incommensurabile per colpa del bisogno ossessivo-compulsivo di Arthur di categorizzare ogni singolo aspetto della sua vita. E quando Arthur non riuscirà a dargli di più, Ludwig se ne andrà, esattamente come tutti coloro che lo hanno lasciato alle spalle una volta compreso che Arthur non poteva essere la persona che volevano che fosse.

 Il settimo, telefona a Ludwig per dirgli che è finita.

 Non ci sono pianti, né urla, né accuse. Solo un lungo attimo di silenzio dall’altro capo della linea, abbastanza lungo da permettere ad Arthur di immaginarsi molteplici possibili scenari e affezionarsi ad ognuno di essi. «Capisco» risponde invece Ludwig e la sua voce è del sentimentalismo di un accordo commerciale appena reciso. Riaggancia.

 Arthur fissa il cellulare con uno sguardo vacuo e si sente tradito.

 Lo lancia contro il muro e torna a bere.

 Meno male che non è mai stato così ottuso da sognare le parole “per sempre”.

   
 
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