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Autore: LaRagazzaDelleMargherite    26/04/2009    1 recensioni
Memei e Kakashi....insieme o divisi dal destino?
Genere: Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Hikari

 

Pioveva quel giorno. Forse era un segno, come la lunga crepa che solcava il volto del Terzo Hokage. Mancava poco e all’improvviso mi venne una gran voglia di fuggire, ma non potevo. Gliel’avevo promesso. Anni fa, ma era pur sempre una promessa. E io mantango le promesse, è il mio credo ninja. Poi c’era un’altra cosa che mi terrorizzava. Da quando avevo messo piede nel Paese del Fuoco, continuavo ad immaginarmi quella maschera ovunque. Paranoia forse, se lui mi avesse anche solo lontanamente fiutata a quest’ora sarei sua prigioniera, ossessionata dalle sue parole. Dal suo viso. Da lui.

Per fortuna ero stata scaltra, molto.

“Memei?”, disse una voce alle mie spalle. Mi voltai di scatto, non aveva fatto il minimo rumore. Sospirai. Non era lui. Guardai attentamente la donna davanti a me. Poi mi voltai verso la montagna e tornai a lei.

“Maestra Tsunade? Quinta Hokage?!”, domandai stupita.

“Bentornata Memei. Come mai sei venuta?”, aveva un cipiglio strano, pensieroso.

“Non sono tornata, sono solo...di passaggio. È...per Asuma, maestra. Riguarda la nostra promessa”, abbassai gli occhi cercando di nascondergli i lucciconi. Lei parve capire a cosa mi riferissi.

“Ah, si...adesso ricordo. Ma non hai fatto bene a “passare”. Sai che rischi di essere trattenuta, non è vero? Non ti lascierebbe fuggire di nuovo, ti ha cercata per troppo tempo. Non ti perderà mai più....lo ha giurato...”, mi disse affranta.

“Maestra io so badare a me stessa. Ho la mia vita adesso. Non sono qui per restare. Ne per parlare con lui. Non mi lascierò coinvolgere Tsunade! Mi hai insegnato bene...non sono più la stessa ragazzina di una volta....io sono cambiata!”, dissi decisa.

Mi guardò a lungo, stava cercando un punto di cedimento, ma non ne avevo. Avevo imparato a chiudere fuori tutti i sentimenti.

“Memei...dobbiamo andare. Sta per iniziare. Ma preparati. Molti non saranno felici di vederti. Ti considerano una traditrice della foglia”, mi fece un cenno e saltò giù dal muretto.

Il vento mi passò sul viso, come se volesse parlarmi. Ma non potevo sentirlo, non potevo leggerlo, potevo solo avvertirlo...

 

“Quinta Hokage”

“Maestra Tsunade”

“Tsunade, il tuo posto”

Tutti i capi del villaggio accolsero Tsunade e Jiraya l’accompagnò a sedersi accanto a lui.

Il ninja supremo mi squadrò, ma non mi riconobbe, grazie al cappuccio del mantello che portavo.

Mi fece sedere accanto a Tsunade e non disse niente.

Poi lei si alzò per andare a parlare e con la mano mi spostai piano i capelli dagli occhi, per poterla vedere meglio.

Sentii Jiraya trattenere il fiato e il suo chakra agitarsi. Si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: “Che sorpresa...bentornata Memei...mi sei mancata”. Sussultai stupita, cercando di capire cosa mi avesse tradito.

“Sei stata carina a tenere il mio bracciale. Farai un discorso? Lui ci rimarrà secco lo sai vero?”

Ah, giusto. Il bracciale di Jiraya.

“Si, penso che adesso tocchi a me...”.

Tsunade aveva appena terminato il suo elogio sulla tomba di Asuma. Sulla tomba di mio fratello. Il mio fratello gemello. Mi alzai trattenendo il tremore alle gambe e alle mani. Arrivai davanti alla tomba, mi piegai e raccolsi della terra. La gettai sulla tomba. Poi, molto lentamente, mi voltai. Erano tutti li, con faccie sospettose, domandandosi chi fossi. Quella che mi colpì di più fu il volto stravolto di Kurenai e quella di un ragazzino al suo fianco, che teneva una sigaretta in bocca...come Asuma. Erano tutti li, e non erano tanto cambiati. Gai, Hiashi, Shibi, Choza, Shikaku, Inoichi, Yamato, Iruka, Iwashi, Suzume, Tonbo, Yoshino...e, nascosti, i membri della squadra speciale...Anko, Ebisu, Tsume, Ibiki, Genma, Raido, Aoba....cercai di evitare il suo viso, l’ultimo, ma era troppo per me.

Lo fissai. Era bellissimo. Il suo viso non era più quello di un ragazzino tenace, era un uomo forte, un ninja molto esperto, un ninja le cui imprese venivano raccontate fino alle estremità del paese del mare, dove vivevo.

Kakashi Hatake. Il copia-ninja.

Era così bello. Non riuscii a guardarlo un secondo di più e mi concentrai sul ragazzo accanto a lui. Somigliava terribilmente al Quarto Hokage. Aveva un chakra spaventoso. Eccolo li. La forza portante dell’enneacoda. Naruto Uzumaki. Ma a lui avrei pensato dopo.

Era ora di mantenere la mia promessa.

Portai piano le mani alla testa e abbassai il cappuccio. Non distolsi lo sguardo da Kakashi un secondo. Le emozioni che attraversarono il suo viso e il suo occhio furono inimmaginabili. Qualcosa nel suo bello sguardo rivelò che era crollato, che lo avevo distrutto. Di nuovo.

I mormorii si fecero più alti, tutti mi guardarono, i più grandi arrabbiati, i più piccoli spaventati.

“Fate silenzio per favore!”, esclamò Tsunade.

Il brusio si abbassò fino a scomparire. Uno dei capi si alzò gridando: “Cosa vuoi Memei? Sei venuta a turbare la quiete della sacra tomba di tuo fratello? Sei venuta a ritirare i beni di tuo padre, il nobile Terzo Hokage, e di tuo fratello, Asuma Sarutobi?

O sei tornata per mangiarti ciò che resta del cuore del povero Kakashi? Non ti basta quello che gli hai fatto? Quello che gli hai portato via? Vergogna! Presentarti qui, dopo dieci anni! Anche tu Tsunade! Come puoi averla riportata qui?!!”

“Taci vecchio! Non l’ho portata io! È venuta lei! E sono certa che avrà avuto un valido motivo....e che ha qualcosa da dire!”, disse e mi guardò.

Prima di parlare guardai Kakashi e vidi chiaramente una lacrima cadere dal suo occhio e sparire nella benda, sotto lo sguardo stupito e meravigliato di tutti i Genin che Kakashi aveva addestrato e conosciuto.

 

La cerimonia finì e mi apprestai ad andarmene. Il mio discorso era stato degno di Asuma. Ma era troppo richioso restare ancora, i Daymo si stavano avvicinando. Mi voltai in fretta verso Tsunade rivolgendogli un cenno e m’incamminai nel bosco, veloce.

Sapevo che sarebbe successo. Una mano mi prese il braccio, con forza e con delicatezza. Mi voltai di scatto liberandomi della sua presa. Lo guardai negli occhi. Volevo fargli capire quali fossero le mie intenzioni.

“Kakashi ti prego fammi andare via. Non voglio parlarti”, dissi decisa e cercai di correre ma mi riprese.

“Memei...ti prego...sono dieci anni che sei sparita...ho bisogno di parlarti! Sono passati dieci anni e ogni giorno ho guardato le porte del villaggio nella speranza che tu varcassi quella soglia. Ti ho aspettato e aspettato, ma non sei mai tornata. Ho bisogno di sapere perchè! Perchè mi hai fatto questo Memei? Ti prego!”, supplicava. Era troppo ferito per controllarsi, sentivo l’elettricità scorrergli nelle mani, battergli nel cuore. Non potevo cedere ma lo feci. Perchè sebbene in quegli ultimi dieci anni avessi cercato di dimenticarlo, sebbene lo avessi chiuso fuori dalla mia mente, sebbene cercassi di non pensare mai a lui....io lo amavo ancora incondizionatamente. Lo amavo ancora troppo. Troppo.

Lo guardai, in entrambi gli occhi e mi materializzai nella sua stanza. Non era cambiato nulla neppure li....

“Memei...mi sei mancata...”, disse ma io gli chiusi la bocca con un dito. Stavo cedendo. Gli tolsi il coprifronte e passai le mani nei suoi bellissimi capelli. Li annusai, come facevo un tempo, e sapevano di buono, sapevano di lui. Lo guardai negli occhi, di nuovo, e piano, con un dito gli aprii l’altro occhio...poi passai il dito sotto la benda che gli copriva la bocca e la abbassai. A quel punto vidi nei suoi occhi lo specchio di ciò che sarebbe accaduto. Pianissimo si avvicinò alla mia bocca e mi baciò come non mi aveva mai baciato prima. Fu straordinario. Da piano le sue labbra furono veloci, affamate, disperate. Le scintille ci circondavano come tanto tempo fa, ma quel giorno erano più luminose, rinnovate di energia....

Avevo dimenticato il suo tocco, avevo dimenticato le sue labbra, la sua lingua morbida, il suo profumo, avevo dimenticato le sue mani sul mio corpo, la sensazione di euforia nel mio petto, la gola serrata dell’emozione...avevo dimenticato cosa voleva dire amare Kakashi. Rinunciare a lui aveva significato perdere uno scopo. Perdere la vita...

 

“Memei dove vai?”

“ Basta me ne vado! Non cercare di fermarmi! Lo odio, lo odio! Odio tutto il villaggio! Odio tutti! Lasciami Kakashi! È solo per colpa tua se non diventerò Hokage! Era il mio sogno e tu me lo hai portato via! Ti odio!”

“Memei io ti amo! È la mia unica colpa! Ti prego!”

“No! Basta! Tu ami solo te stesso e mio padre! Spero che Orochimaru lo faccia fuori! Avrà solo quello che si merita! Io vi odio!!”

 

 Sentii le sue parole a distanza di anni...e capii che quando mi disse di amarmi quel giorno lontano...era davvero sincero...

Lo strinsi a me e sentii le sue mani slacciarmi la tuta. Tremava. Aveva lo sguardo terrorizzato.

“Che cosa c’è?”

“ Fermami ti prego! Non farmi fare questo...”, e mi baciò e continuò a spogliarmi.

“ Non posso morire due volte Memei...se te ne andrai ancora non posso farlo...”

“ Io non posso fermarti...non ci riesco”, e mi gettai sulle sue labbra e anche io cominciai a spogliarlo. I suoi muscoli erano perfetti, molto più splendenti e vigorosi dell’ultima volta. Aveva sempre avuto un corpo bellissimo. In pochi secondi quel corpo nudo e meraviglioso fu nelle mie mani, potevo farne ciò che volevo. Ma prima lo guardai. Lo facevamo sempre prima di fare l’amore e sperai che non se ne fosse dimenticato.

E infatti mi guardò, lo sguardo pieno d’amore. Con le lacrime agli occhi mi prese per mano, la strinse e come un rituale mi chiese “ Dove la porto signorina?”

“ Su una cometa...”, dissi piangendo. Era quella la felicità? Forse...per me era già il paradiso. Era davvero molto più di quel che meritavo.

Allora mi prese in braccio ed entrò in me, piano, e si mosse leggero, come a cullarmi. Sospirai. E cominciammo il nostro viaggio, verso quella stella cometa lontana ma così vicina che ci permise di ritrovarci. Di amarci di nuovo. Per sempre.

“Ti amo Kakashi”

“ Cosa?”
“ Ti amo, e non ho intenzione di lasciarti mai pi
ù. Io ti amo. E voglio invecchiare al tuo fianco, voglio camminare in questa vita tenendoti la mano e aiutandoti quando cadi...l’ho capito solo adesso...che è stato un errore lasciarti...ho capito solo adesso che il mio sogno non era diventare Hokage. Il mio sogno sei tu. Ti amo e spero che anche tu, in qualche modo, possa amarmi e perdonarmi per tutto il dolore che ti ho causato...”

Il suo sguardo era...non so dire cosa. Ma la felicità traboccava da ogni poro. Migliaia di piccole scintille luminosissime schizzarono attorno a noi e un vento caldo ci scompigliò i capelli e ci fece piangere di gioia.

“Certo che ti amo...io non ho mai smesso di farlo e continuerò ad amarti ogni giorno, per sempre. Noi staremo insieme per sempre”, e mi posò la mano sul suo cuore.

“Per sempre”, e anche io posai la sua sul mio.

 

 

 

 

 

   
 
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