A Susi che per il suo compleanno non ha
avuto nessuna parrucca rosa.
Mentre la scrivevo ho pensato a te, ma
non in quel senso XD
Va bè,
beccatela.
Questa storia è ambientata
nell’universo parallelo in cui tutte noi RoyEd-Fan
viviamo.
Un mondo imprecisato nel tempo e nello
spazio, in cui la nostra coppia non è senza speranza come risulta dalla
lettura del manga o dalla visione dell’anime.
Ecco, io abito lì nei miei
momenti più fangirleggianti, venitemi a trovare <3
Clà
Una fan rassegnata
Normalità
«Mi hanno cacciato dal laboratorio ufficiale di
sperimentazione e ricerca. Cacciato mi capisci?».
Roy Mustang annuì a vuoto, massaggiandosi le tempie. Aveva
passato le ultime tre ore della sua vita a firmare tutti i documenti che era
riuscito ad ignorare nei tre mesi scorsi, ed ora, arrivato a casa in cerca del
meritato riposo, doveva anche sorbirsi le lagne isteriche di quel moccioso di Fullmetal.
Maledì mentalmente il momento in cui aveva deciso di
portarselo a letto, o di dargli le chiavi di casa, a scelta.
«Hai fatto esplodere mezzo edificio, per la quarta volta» gli ricordò
atono, raggiungendo la camera da letto in cerca di riparo da quelle urla
belluine.
«Era solo la terza» precisò Edward, seguendolo.
«Ah, scusami» gli rispose sarcastico.
«Distruggere sofisticate tecnologie di proprietà
dell’esercito solo tre volte è decisamente meno grave che
distruggerle ben quattro volte».
«Esattamente» ringhiò Ed.
L’uomo si limitò a lanciargli uno sguardo scettico,
prima di indossare il pigiama e dirigersi in bagno. Previdentemente chiuse la
porta, ma il Fullmetal Alchemist
non si diede per vinto.
Avvicinatosi alla porta ripartì all’attacco.
«Sono sulla loro lista nera, pare» si lamentò. «IO! ».
«Ma non mi dire» bofonchiò Roy, con la bocca
piena di dentifricio. Fortunatamente quel fagiolo insistente non se ne accorse.
«Come se io facessi esplodere laboratori per sport»
continuò. «Lo faccio per il bene
dell’alchimia, capisci? Era un esperimento importante… si sono solo
verificate delle normali complicazioni. Loro sono alchimisti come me,
dovrebbero capirlo».
«Sono scandalizzato quanto te» aggiunse ironico
Mustang, non appena ebbe finito di lavarsi i denti.
«Mi stai prendendo in giro? Io sono davvero
furioso per questo!».
«Ah-ha».
Il colonnello roteò gli occhi in perfetta sincronia con la
chiave nella toppa, poi la porta si aprì, rivelando l’espressione
indignata del moccioso.
«Dormi, Edward» gli intimò Mustang, lasciandosi
cadere pesantemente sulle lenzuola, senza nemmeno prendersi il disturbo di
scostare le coperte.
«Come posso dormire?».
«Non so, che ne dici di cominciare chiudendo gli occhi e
stando zitto?» gli
suggerì, spegnendo la luce e illudendosi in questo modo di mettere fine
al discorso.
«Giuro che domani li trasmuto tutti
in… tazzine da caffè. Anzi, in zuccherini verdi a forma di lama.
Oppure in quelle orribili lavagnette in sughero su cui vengono appesi gli
avvisi, così sarebbero costretti a venir pungolati da miriadi di
minuscole puntine per l’eternità!».
«…la tua è pura malvagità, non
c’è che dire».
«Oppure in…».
Mustang riaccese l’abat-jour e
fissò il ragazzo negli occhi, con sguardo minaccioso.
«Oppure potresti dormire, in silenzio.
Domattina avrai tutto il tempo di progettare la tua vendetta,
l’importante è che tu non lo faccia ora, a voce alta» disse.
«No, insomma, ti pare giusto che…».
«Ed, dormi».
«È incredibile, capisci? Incredibile!».
«È tardi: abbi pietà per i miei
nervi. Chiudi quella dannata bocca e dormi».
«INAUDITO!».
«Ti ho detto di… dormire!».
«Come credi che io possa—hmfg!».
E mentre il suo cuscino colpiva Ed direttamente in faccia, Roy
Mustang non riuscì a trattenere un ghigno spaventosamente simile ad un
sorriso. Nonostante la stanchezza e il serio istinto fagiolicida che aveva fatto
costantemente capolino nel suo animo negli ultimi venti minuti, non
riuscì ed infastidirsi per le maledizioni che Ed gli stava lanciando.
Semplicemente si tirò a sedere e rimase immobile nella
penombra della stanza, continuando ad osservarlo con aria stranamente ilare.
Sì, si disse osservando Edward brandire a sua volta un
cuscino con aria minacciosa, anche se tutto quello che gli stava accadendo non
aveva alcuna parvenza di normalità, doveva ammettere che suo malgrado gli piaceva.