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Autore: Magica Emy    10/08/2016    1 recensioni
Può un incontro improvviso cambiare radicalmente la tua vita? Sì, se accade tutto ciò che non ti aspettavi...
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Parigi, la sua seconda casa. Finalmente era tornata, e solo per restare. Sembrava passato un secolo dall’ultima volta che ci era venuta in vacanza insieme alla sua numerosa famiglia, che proprio come tutti gli anni era solita inaugurare l’estate con quel magnifico viaggio che ormai per loro era diventato come una specie di tradizione. Sì, una tradizione da mantenere nel tempo. Johanna ricordò con nostalgia quei tempi felici dove tutto sembrava andare bene per loro, ma…era anche quella una copertura? Dove finiva la fantasia e dove iniziava la realtà? Non faceva che ripeterselo, e il ricordo di ciò a cui aveva involontariamente assistito appena pochi giorni prima tornò a colpirla come un fulmine a ciel sereno, facendole un male insopportabile. Per questo aveva deciso di allontanarsi, cambiare aria le avrebbe fatto di certo bene e l’avrebbe aiutata a chiarire tutta la terribile confusione che aveva in testa. Già, più si guardava intorno e più capiva di aver fatto bene a prendere la decisione di frequentare lì l’università. Sarebbe tornata a casa per le vacanze estive, e nel frattempo avrebbe pensato al modo migliore di affrontare quella difficile situazione.  Semmai un modo fosse davvero esistito. Con quei pensieri in testa si diresse verso il bar dell’aeroporto per prendere una bibita fresca con cui avrebbe finalmente potuto dissetarsi dopo il lungo viaggio. Tuttavia non si accorse quasi che il braccio che reggeva il bicchiere pieno aveva appena urtato violentemente contro qualcosa, provocando così l’immediata fuoriuscita del goloso liquido zuccherino che, com’era prevedibile si riversò addosso al malcapitato che le stava proprio di fianco e che, al colmo dell’ira, le lanciava ora strane occhiate sinistre. Accidenti, come poteva essere sempre così maldestra?

- Ehi, tu! Ma guarda dove vai, razza di stupida impedita che non sei altro, per colpa tua la mia giacca nuova è completamente rovinata!

Lo sentì urlarle contro con malo garbo, sussultando per la sorpresa.

Razza di stupida impedita? Aveva davvero sentito bene? Sbuffò nervosamente, sforzandosi di contare fino a dieci come le aveva insegnato a fare sua madre ogni volta che qualcosa non andava per il verso giusto. Non le ci era voluto molto a capire che quella pratica, oltre che ridicola risultava assolutamente inutile nel suo caso specifico, poiché quel silenzio forzato di solito serviva a lasciarle il tempo necessario per perfezionare l’insulto, che difatti non tardò ad arrivare. 

- Ma come ti permetti, cafone che non sei altro! Non vedi che è stato un incidente? Credi forse che avessi piacere a gettarmi su di te di proposito, sottospecie di zotico impomatato? E comunque non c’è bisogno di scaldarsi tanto, in fondo è solo aranciata!

Replicò, punta sul vivo. Di tipi come quello ne era pieno il mondo, e lei non era mai riuscita a farseli andare a genio. In fondo le era bastata una semplice occhiata per capire immediatamente di che pasta era fatto. Vestito e pettinato di tutto punto come un ridicolo manichino, con tanto di orecchino al lobo e un’insopportabile aria da sbruffone prepotente che avrebbe volentieri cancellato dal suo viso con un pugno ben assestato. Sicuro, non si meritava altro che questo dopo il modo tutt’altro che cortese con cui le si era appena rivolto. E dire che non le aveva nemmeno lasciato il tempo di parlare! La ragazza che lo accompagnava, poi, non era certo da meno. La classica, odiosa principessina bionda con la puzza sotto il naso che, dall’alto del suo tacco dodici, continuava a squadrarla dalla testa ai piedi con espressione sprezzante praticamente da quando avevano avuto la sfortuna di incrociarsi. 

- Solo aranciata? Solo aranciata? È tutto qui quello che sai dire, testa d’uovo?

Insistette lui, mettendo a dura prova il suo già vacillante sistema nervoso.

- Senti, mi dispiace, ok? E se vuoi puoi portarlo in lavanderia a mie spese, ma non ti permetto di continuare a insultarmi in questo modo!

- Senti chi parla! E tu, allora, che non hai fatto che offendere da quando mi sei venuta addosso?

- Ti ricordo che sei stato tu a cominciare, io ti sono solo venuta dietro! E poi…

- Lasciala stare amore, andiamo via. Non vorrai mica continuare a perdere tempo con certa gente, e poi non vedi come è strana? La maglietta che indossa sarà almeno di due taglie più grandi, e i suoi capelli sono così crespi che di sicuro non vedranno uno shampoo da chissà quanto tempo.

La interruppe la ragazza, rivolgendosi a quello che con molta probabilità era il fidanzato, con un’aria di finto compatimento assolutamente fuori luogo che non fece che gettare ancor più benzina sul fuoco. Accidenti a loro, quei due erano decisamente fatti della stessa pasta! Bene, era il momento di passare al contrattacco. Johanna respirò a fondo, stampandosi sulla faccia un fastidioso sorrisetto sardonico mentre si avvicinava  lentamente a lei, girandole intorno con aria assorta prima di rovesciarle sulla testa ciò che restava della sua bibita preferita e con un movimento talmente rapido da lasciarli entrambi a bocca aperta.

- Beh, ho paura che tra noi due quella ad aver bisogno di uno shampoo ora sia proprio tu, mia cara! E ti suggerisco di farlo alla svelta, se non vuoi che ti si attacchi tutto. Sai, con tutta quella roba appiccicaticcia addosso non hai più un’aria così sexy, anzi, non l’hai mai avuta. A dire la verità sembri una scimmia sui trampoli! E tu, bellimbusto! Sai che ti dico? Te la meriti proprio una come lei!

Gridò, voltando subito loro le spalle e fuggendo per la via più breve, guadagnando in fretta l’uscita mentre li sentiva imprecare strani epiteti che si ritrovò a soffocare in una prepotente risata, che già sentiva gorgogliarle in gola da troppo tempo. Forse aveva un tantino esagerato, doveva ammetterlo, ma stavolta ne era davvero valsa la pena. Cavolo, la faccia di quella gallina spelacchiata con i capelli tutti bagnati non l’avrebbe di certo dimenticata tanto facilmente! Se non altro quel turbolento incontro era servito a risollevarle un po’ il morale, facendole dimenticare, anche se per poco, ciò da cui stava cercando con tutte le forze di scappare. C’era però da dire che in mezzo a tutto quel trambusto non era riuscita nemmeno a bere, perciò, dopo un giro veloce a piedi in cerca di un taxi che però non aveva trovato si era finalmente decisa ad assecondare la sua gola bruciante, spingendo le porte a vetri di un minuscolo ma delizioso locale che portava un’insegna colorata con su scritto Da Alfredo. Si accomodò immediatamente al tavolo più vicino, abbandonando le valige che si era faticosamente trascinata dietro ai suoi piedi e lamentandosi a lungo della stanchezza accumulata, finchè non realizzò che l’unica cosa di cui avrebbe davvero avuto bisogno era una bella e sana dormita. Giusto. Subito dopo aver trovato l’università, però. Frugò nelle sue tasche, sbuffando seccata. Dannazione, chissà dove aveva messo la cartina, senza non sarebbe mai riuscita a orientarsi come voleva. Lasciò vagare lo sguardo intorno, in cerca di qualcuno che potesse aiutarla in qualche maniera e alla fine la sua scelta ricadde su due graziose ragazze che, vicine al suo tavolo, si divertivano a parlottare tra loro per poi scoppiare a ridere all’improvviso, ignare di essere osservate. Sembravano simpatiche, o almeno lo sperava. Dopo la pessima esperienza avuta quella mattina, non si poteva mai dire. Si avvicinò così lentamente, annullando la già breve distanza che le separava prima di allungare loro un piccolo biglietto bianco e spiegazzato.

- Ehm, scusate…mi spiace interrompervi, ma mi stavo chiedendo se almeno una di voi potesse darmi una mano a raggiungere questo posto.

Esordì con un sorriso che le due ricambiarono, cortesi, leggendo attentamente il foglietto.

- Ma certo, è  la stessa università che frequentiamo noi ed è proprio qui vicino.

Disse la giovane mora con i capelli corti, invitandola subito a sedersi con loro.

- Non sei di queste parti, vero?

Chiese l’altra, spostando la sua sedia per farle posto.

- In effetti no, e anche se sono venuta spesso qui in vacanza non conoscevo questa parte della città, essendo originaria del Texas.

- Sei del Texas? Abbiamo un’americana a Parigi, allora!

La ragazza bionda le sorrise di nuovo e le adorabili fossette sulle sue guance presero forma, conferendole un’aria ancora più carina e simpatica. Johanna scrollò le spalle, ridendo.

- Eppure non sembra affatto – aggiunse la mora, studiando con interesse la nuova arrivata – cioè, se non ti avessi vista con tutte quelle valige al seguito non avrei mai pensato che fossi una forestiera, considerando il fatto che parli molto bene il francese.

La giovane americana spiegò che aveva avuto modo di perfezionarlo durante i suoi numerosi viaggi e che quindi non sarebbe stato affatto un problema per lei relazionarsi alla gente del luogo, ma quando le domandarono il motivo del suo trasferimento assunse d’un tratto un’aria molto tesa e seria, preferendo tergiversare e spostare la conversazione verso altri binari che le avrebbero sicuramente provocato meno imbarazzo.

- Allora, ce l’hai già un posto dove alloggiare? Perché, se ti interessa, noi ne abbiamo uno libero. La nostra compagna di stanza si è appena trasferita in un’altra città, così siamo rimaste in due, inoltre è semplice raggiungere i dormitori. Sono praticamente vicini all’università.

Propose la bionda, posandole una mano sulla spalla in segno di benvenuto. Johanna emise subito un gridolino di pura gioia, stringendole poi entrambe in un abbraccio che le lasciò un po’ perplesse, poiché da quelle parti non erano di certo abituati a frequentare gente così…espansiva. Però andava bene così, in fondo aveva subito intuito che quella che si trovava di fronte non era certo una ragazza comune, e anche se il suo modo di fare e di vestire appariva un po’ stravagante la trovava comunque divertente, ed era sicura che quella nuova convivenza avrebbe riservato loro molte gradite sorprese.

- Il mio nome è Hèléne – si presentò – e questa ragazza vicino a me si chiama Cathy, ed entrambe siamo liete di fare la tua conoscenza…

Esitò, come si aspettasse qualcosa e Johanna si diede una manata sulla fronte, dandosi della stupida per aver dimenticato di presentarsi subito.

- Johanna – disse, spostando lo sguardo dall’una all’altra – sono Johanna, e non so davvero come ringraziarvi per essere state così gentili con me. Accetto volentieri di diventare la vostra nuova compagna di stanza, e per festeggiare vado immediatamente a prendere da bere, e anche da mangiare visto che sto morendo di fame!

E fece per rialzarsi velocemente dalla sedia, ma si accorse troppo tardi che la sua manovra, forse un po’ troppo azzardata rischiò quasi di mettere k.o il giovane che stava entrando e che proprio in quel momento si trovava dietro di lei. Sentendolo imprecare a denti stretti, ennesima vittima della sua maledetta sbadataggine gli si fece incontro per scusarsi, ma le parole le morirono in gola non appena si accorse di chi aveva di fronte.

- Ancora tu? Non posso crederci, oggi sei proprio una persecuzione! Quando imparerai a usare bene quei piedi ingombranti che ti ritrovi, si può sapere? E ringrazia pure il cielo di essere una donna, altrimenti a quest’ora ti avrei già picchiato come meritavi!

Esclamò lui, furioso, raggelandola con un’occhiata sinistra che anziché spaventarla la fece subito scoppiare a ridere, in ricordo di ciò che era accaduto all’aeroporto. L’evidente macchia di aranciata sulla manica della sua giacca e il suo sguardo  spiritato su un’espressione incredula contribuirono ad accrescere la sua ilarità, mentre lo guardava con gli occhi sgranati, indecisa se ribattere o no a quello che era uno dei tanti insulti che nell’arco di una sola giornata era riuscito a rivolgerle. Però, poteva davvero vantare un bel record, nessuno era mai arrivato a tanto.

- Oh, ma guarda chi si rivede, pensa un po’ come è piccolo il mondo! Mi sa proprio che chi deve ringraziare il cielo in realtà sei tu, perché a differenza di quello che pensi i miei piedi funzionano talmente bene che in questo momento potrei persino sollevarti da terra a suon di calci nel sedere, piccoletto come sei, e che se non lo faccio è perché sono troppo educata per abbassarmi al tuo livello! A proposito, come sta la tua dolce metà? Spero che il ricordino che le ho lasciato sia venuto via, alla fine!

Rispose senza smettere di ridere e lui, palesemente indignato si limitò a pestare un piede per terra in segno di protesta prima di girare sui tacchi e infilare la porta, desideroso d’un tratto di mettere quanta più distanza possibile tra lui e quel terremoto ambulante che sperò con tutto il cuore di non ritrovare mai più sulla propria strada.

- Accipicchia com’era arrabbiato, si può sapere che cosa gli hai fatto?

- Meglio non averci a che fare con quel tipo, è veramente insopportabile, oltre che parecchio inquietante.

Commentarono le sue nuove amiche, lasciandola di stucco.

- Volete dire che…voi lo conoscete?

- Certamente – rispose Hèléne, abbassando la voce con fare cospiratorio –  frequentiamo la stessa facoltà, purtroppo, e il suo nome è…

 

 

4 novembre 1993

 ore 23,30

Christian Roquier. Già, beh…non credo che ormai dimenticherò facilmente quel nome, né soprattutto chi lo porta. Hèléne mi ha raccontato che divide la stanza con due ragazzi molto carini e simpatici e che uno di questi piace molto a Cathy, il guaio è che lei non ha mai il coraggio di dichiararsi e questo le rende le cose un tantino difficili da portare avanti, specialmente perché a quanto pare frequenteremo tutti lo stesso posto. Cavolo, la sola idea di dover essere costretta a incrociare ogni giorno quella sottospecie di damerino da strapazzo mi fa letteralmente rabbrividire. Sul serio, giuro, non credo di aver mai incontrato un individuo più spregevole e maleducato di lui in tutta la mia vita, e quell’oca bionda che si portava dietro non era certo da meno. Comunque sia non ho alcuna intenzione di spendere una parola di più a riguardo, ragion per cui adesso mi concentrerò solo sulla mia nuova vita e sulle mie nuove, meravigliose amiche che adesso, dopo avermi pregata di raccontar loro i vari aneddoti più divertenti delle mie parti sono letteralmente crollate dal sonno, lasciandomi così libera di guardarmi intorno in questa stanza totalmente nuova per me. È carina, ben curata e il mio letto è molto accogliente, ma stasera faccio davvero fatica a prendere sonno. Sarà che domani è il mio primo giorno all’università, e sono tesa come una corda di violino. Quasi quasi mi preparo una camomilla e poi ascolto un po’ di musica, mi aiuta sempre a rilassare i nervi. Che poi…come accidenti si è permesso di insultarmi a quel modo? Avrei proprio voglia di stringergli le mani intorno al collo per strangolarlo a dovere. Sissignore, è proprio questo che si merita. Urlarmi contro che sono una stupida impedita…ma chi si crede di essere quell’idiota?è  solo un insopportabile pallone gonfiato senza un briciolo di educazione, ecco. Oh, si può sapere perché ne sto ancora parlando?Basta così ho detto, non merita un grammo della mia attenzione. Ecco perché, mio caro e fedele diario, da questo momento mi dedicherò solo ed esclusivamente alla descrizione dettagliata della meravigliosa Parigi e di tutto ciò che racchiudono le sue splendide vie piene di sole. Gli zotici, ad esempio. Proprio così, non si può più camminare tranquilli per i propri affari senza incappare in qualche odioso, lascivo, arrogante,disgustoso e impertinente zotico completamente privo di gusto estetico, tra le altre cose, perché a mio parere quell’insulsa giacca che indossava ha acquistato colore solo dopo che gli ho versato addosso l’aranciata, e comunque può ficcarsela dritta in quel posto insieme a tutti gli orribili appellativi che mi ha riservato. Per non parlare del suo sguardo, poi, così severo ma nello stesso tempo così sfuggente e misterioso, e quella detestabile aria da figo per eccellenza che mi dava letteralmente sui nervi e che lo rendeva così…così maledettamente attraente e irresistibile. Oddio, cos’è che ho appena detto?Beh, in realtà volevo dire…sì, decisamente, irrimediabilmente irresistibile. Accidenti a lui!

 

 

 

   
 
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