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Autore: SerenaTheGentle    11/08/2016    1 recensioni
Amanda è una ragazza semplice e riservata, che concede difficilmente qualcosa a se stessa, ma convinta dalla sua migliore amica decide di fare un viaggio e di andare a trovare sua zia in montagna.
Proprio lì, nel posto più improbabile del mondo e nel modo più strano possibile incontra la persona che mai si sarebbe aspettata di trovare e che mai si sarebbe aspettata di imparare ad amare.
Edmund è un ragazzo di origini nobili e di famiglia molto ricca. Se ne frega dei suoi genitori e grazie ai soldi che i suoi nonni gli elargiscono fa spesso come gli pare. Ma arriva un punto in cui la vita lo mette di fronte a fatto compiuto e il signorino dovrà imparare a sostenersi con le proprie gambe. Lassù in una piccola casa sperduta in mezzo alle montagne avrà ciò di cui ha davvero bisogno e scoprirà di non sapere quanto una cosa sia importante quando non ce l'hai più.
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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EPILOGO

Pov Edmund

Porca miseria!

Cominciamo bene.

Sono in ritardo.

Mah, se tu sei in ritardo, lei lo sarà di più!

Non posso arrivare tardi.

Ne sono consapevole!

Stai zitta per favore!

Quanta ingratitudine gente...


-Allora? Sei pronto?- Marco entrò nella stanza senza nemmeno bussare ed io stavo cercando di aggiustami quel maledetto papillon!

-Dimmi socio, da quel che puoi vedere, posso essere minimamente pronto?- ero chiaramente agitato.

-Okay calmati! Dammi qua!- Marco si avvicinò velocemente e si mise ad armeggiare con quell’oggetto inutile!

Ma che poi, a cosa serve darsi un’aria rispettabile? Dopotutto non era un evento così eccezionale! O almeno per me non lo era. Sarebbe stato eccezionale dal momento in cui l’avrei vista. Tutto il resto non contava.

Marco ci stava mettendo troppo.

-Hai finito?- gli chiesi sempre più agitato. –Ci stai mettendo tre secoli!-

-Sinceramente non ricordo bene come si fa... il mio l’ha fatto il mio autista.- Marco sembrava confuso, ma allo stesso tempo stava cercando di non dimostrare questo suo stato d’animo per non farmi agitare ulteriormente.

-Porca miseria!- mi guardai allo specchio. Il completo nero che mia madre mi aveva regalato mi stava alla perfezione. L’unica cosa che mancava era quello stupido papillon!

-Ehy gente! Come procede? Sei pronto Eddie?- ci mancava solo Honor!

-Io sarei pronto se solo qualcuno sapesse come fare il nodo a questo maledetto papillon!- mi girai verso mia sorella disperato.

-Ah beh... non è un problema! Amanda è in ritardo, quindi possiamo aggiustare questa cosa rapidamente!- sentire che Amy era in ritardo mi calmò un po’. La settimana prima le avevo fatto una promessa e l’avrei mantenuta. Non sarei mai e poi mai arrivato in ritardo come era successo in passato.

-Ciao Ed, allora? Sei pronto?- ma allora vogliono morire!

-Non ancora amore, manca il nodo al papillon.- Honor spiegò la situazione a Josh e da bravo amico provò a farlo lui. Peccato che se la cavasse peggio di Marco. Ovviamente lui doveva essere più ferrato con le cravatte!

-Ma perché non hai scelto la cravatta? È più pratica.- mi disse come se fosse ovvio.

Ovvio.

Peccato che mia madre avesse scelto quel completo e con quel completo ci voleva il papillon.

-Scusa se non ho pensato alla praticità della cravatta, Josh.- lo guardai di traverso mentre lui toglieva le mani dal mio colletto esasperato.

Honor mi si avvicinò mi accarezzò una guancia cercando di tranquillizzarmi, ma ero troppo nervoso.

Stavo per fare una cosa importante e nonostante la mia agitazione sapevo che dopo sarei stato meglio.

-Tesoro! Sei pronto per andare? Amy sta per arrivare!- mia madre apparì frizzante alla porta della mia camera.

-Ehm... veramente...- Marco cercò di usare le parole giuste, ma Honor lo precedette e Josh finì.

-Ecco mamma abbiamo un problemino...- mia sorella sapeva che mia madre non avrebbe gradito problemi nel corso della cerimonia. Dopotutto si era presa la briga di organizzare tutto perfettamente e sarebbe stato sgradevole vedere che alla fine non tutto era così perfetto.

-Non riusciamo a fare il papillon.- concluse Josh, non consapevole della gravità della situazione.


Incosciente!

Ben detto.


-COSA?- mia madre mi guardò esterrefatta e capii che non l’avrei passata liscia. –Quando abbiamo provato il completo ti avevo chiesto se fossi capace di fare il fiocco!-

-Che? Sei sicura? Ti ho chiaramente risposto di no!- era assurdo! Oltre al danno, pure la beffa!

-No tesoro, hai chiaramente detto “Si si, non è un problema!”- mia madre era furiosa, ma la colpa non era mia se mi aveva colto alla sprovvista!

-Senti, vado senza, non è un dramma!- mi tolsi l’inutile stoffa dal colletto e la appoggiai sul letto, rassegnato.

-Eh no caro! Troveremo qualcuno capace di fare questo benedetto nodo!- mia madre prese il papillon e se lo mise in borsa. Insieme ci avviammo alla macchina e Marco si mise al volante, mia madre sul sedile davanti, mentre mia sorella, Josh ed io dietro.

Guardavo fuori dal finestrino mentre la macchina usciva dal vialetto e si immetteva nella strada.

Era passato un anno. Un lungo anno. Un anno emozionante. Un anno che si stava per riassumere in un giorno. Anzi no, non riassumere, completare.

Mi ricordo di quando Amanda mi ha presentato per la prima volta ai suoi genitori.


“-Non lasciarti intimidire da mio padre okay?- mi rassicurò lei accarezzandomi il palmo della mano con il pollice, mentre le nostre mani erano unite.

-Ma è normale no? Di solito quando il ragazzo conosce il padre della propria ragazza è sempre nervoso no?- le chiesi leggermente agitato.

-Si, credo che sia normale. Nei libri di solito succede così, ma anche quando mio fratello ha conosciuto i genitori di sua moglie era davvero nervoso.- lei mi guardò negli occhi. Eravamo ancora in macchina. Si avvicinò al mio viso e mi baciò leggermente sulle labbra.

Lei sapeva sempre come calmarmi. Tenni gli occhi chiusi anche quando ci separammo. Volevo godermi quella sensazione di felicità.

La sentii ridere e riaprii gli occhi. Il suo sguardo era posato sulle mie labbra, poi sentii la sua mano levarmi qualcosa proprio dalle labbra.

-Era rimasto un po’ di rossetto.- mi disse timidamente. Le sorrisi, sfoderando il mio migliore sorriso.

-Non preoccuparti, stasera non rimarrà nemmeno a te... Ho intenzione di baciarti molto nel tragitto fino a casa tua.- la guardai maliziosamente e lei arrossì ancora di più. A distanza di mesi dall’incidente non aveva ancora perso quella caratteristica, che mi aveva colpito fin dall’inizio.

-Sei sempre il solito!- mi sorrise sempre più imbarazzata. Poi però si fece pensierosa. –Sai, ho sempre sognato di dire al mio ragazzo che gli era rimasto un po’ di rossetto sulle labbra, proprio dove lo avevo baciato.- mi guardò ed io capii che nonostante fossimo entrambi molto inesperti nel campo delle relazioni, insieme stavamo costruendo qualcosa.

-Che ne dici di entrare?- mi chiese dopo avermi dato un altro bacio. Annuii e scesi dall’auto.

I genitori di Amanda furono molto gentili, così come suo fratello e sua sorella. Erano davvero una bella famiglia.

-Allora
Edmond, di cosa ti occupi?- avevo deciso di proseguire le orme di mio padre, sperando di non pentirmene.

-Ma tesoro! Si chiama “
Edmondo” non “Edmond”.- la signora Silvestri corresse il marito, italianizzando il mio nome, ma sempre errato era.

-Ehm... mamma, in realtà è
Edmund.- la corresse Amy al mio fianco ed io stavo per scoppiare a ridere. Suo fratello Giovanni stava già ridacchiando sotto i baffi, cercando di non farsi scoprire.

Lui ed io avevamo legato molto ed era stato lui ad aiutarmi in certi problemi che avevo avuto con Amy.

-Che nome strano che hai figliolo.- decretò infine il signor Silvestri e Arianna, la sorella, scoppiò a ridere.

-In realtà è un nome inglese.- precisai io cercando di non essere maleducato.

-E perché mai se i tuoi sono italiani?- suo padre sembrava davvero non capire la logica che si celava dietro il mio nome, ma mia madre si.

-Sono nato di otto mesi signore, ma mia madre si trovava a Londra in quel periodo con mio padre. Perciò quando le si sono rotte le acque l’hanno trasportata urgentemente all’ospedale. Alle due di notte non c’era nessuno di turno, se non un vecchio infermiere che l’aiutò a partorire. L’infermiere si chiamava Edmund Jefferson.- spiegai e in quel momento capii quanto quel nome fosse importante per lei.

-E il tuo secondo nome?- mi chiese Arianna curiosa.

-Vittorio? È di mio nonno. Ha sempre desiderato un nipote maschio e voleva che prendessi il suo nome, perciò l’hanno accontentato.- mi presi del tempo e bevvi un sorso di vino, mentre il padre di Amanda propose un accordo.

-Facciamo così: siccome non riesco a pronunciare il tuo nome per intero...- sia Amanda che Arianna ridacchiarono un po’ ed io mi unii a loro. –Ehi! Dopotutto non sono mica nato in Inghilterra!- scherzò il signor Silvestri, per poi procedere.

-Dicevo, siccome non ce la farò mai, che ne dici se ti chiamo Eddie?- mi sorrideva speranzoso e nei suoi occhi vispi vidi una richiesta amichevole, così accettai volentieri.

-E “Eddie” sia! Brindisi!- alzammo i calici ed io guardai la mia Amy. Era radiosa, come, ero sicuro, il resto della mia vita insieme a lei.”



Arrivammo in chiesa in tempo, ma di Amanda nessuna traccia.

Sei baciato dalla fortuna!

E meno male!


Mio padre mi stava aspettando all’ingresso.

All’inizio era stata dura riuscire a comunicare con lui. Di nuovo.

Mi guardò accigliato e capii che era per via del papillon.


Porca miseria!

Signori e Signore benvenuti alla replica numero 3 di questa frase!

Accidenti! Ma mi lasci in pace???

...

Grazie.


-Dov’è il tuo papillon?- mi chiese subito.

-Non so fare il nodo.-

-Ci penso io.- lo prese dalle mani di mia madre e per la prima volta dopo tanto, fece qualcosa che un padre di solito fa per un figlio.

-Come ti senti?- mi chiese poi. Stava ancora armeggiando con quel coso.

-Bene.- allungai le dita delle mani e mi stirai la giacca per la centomilionesima volta.

-Non sembra. Sei nervoso.- grazie papà, davvero.

-No signore, sto apposto.- lo guardai negli occhi e lui guardò me.

-Ho fatto.- mi diede una pacca sulla spalla e si avviò in chiesa.

Da quel gesto capii che piano piano stavamo recuperando un rapporto.

Mia madre mi raggiunse felice e mi strizzò le guance, come quando ero piccolo.

Mi accompagnò in chiesa e vidi Giovanni già in postazione per fare il testimone di sua sorella. Mi salutò calorosamente e poi mi informò che Amanda era davvero agitata.

Perfetto. Agitazione is the way.

Passarono cinque minuti e poi l’organo suonò la marcia nuziale. Entrarono le damigelle per prime.

-Ehi rilassati!- mi sussurrò Marco alla mia sinistra. Eravamo tutti girati verso l’entrata. Aspettavamo tutti lei.

-Si vede che sono agitato?- gli chiesi senza distogliere gli occhi dalla porta.

-Non tanto, ma ricordati che devi rilassarti.- okay. Con “non tanto” voleva dire “assolutamente”.

Non sapevo cosa pensare  e come comportarmi. Mi stavo facendo mille fisse per nulla, ma come potevo non farmele!


Mi stavo per sposare porca miseria!

Ehi moderiamo i termini che sei in chiesa! Rincitrullito!

Si, hai ragione...

Come sempre!


Ogni mia paura venne spazzata via nel momento in cui lei entrò. Bellissima, raggiante e sorridente come sempre.

Era un angelo. Era il mio angelo.

Peccato che la caduta del papillon mi fece abbassare gli occhi per terra.
 


Pov Amanda

Sorrisi alla vista del papillon che cadeva. Lo sapevo che non sarebbe mai riuscito a farsi il nodo.

Non era la prima volta che lo vedevo vestito bene. Per la “piccola” festicciola che la madre aveva preparato in suo onore, in quanto nuovo associato allo studio Grandi, mi era successo di assistere al suo cambio d’abito molto elegante. Per quell’occasione doveva indossare il papillon, ma non sapeva fare il nodo. Anche per quell’occasione mi ero messa a ridere e decisi di divertirmi maggiormente non dicendogli che io sapevo come farlo. Un po’ cattiva, ma era troppo divertente vederlo perso e confuso. L’espressione concentrata che aveva quando faceva una qualsiasi cosa era troppo dolce, ed io volevo godermela finchè potevo.

Quando mi aveva detto che lo avrebbe indossato per il matrimonio, mi ero messa a ridere. Lui mi aveva guardato strano ed io ridevo sempre più forte.

“-Tu? Il papillon?- gli chiesi continuando a ridere.

-Ehi! Io sono un gentiluomo, ma non vuol dire che non ti possa punire per quello che hai detto! Sono un genio nel mettere le cose!- mi disse avvicinandosi –Ma do il massimo quando le devo togliere...- mi ammiccò malizioso ed io indietreggiai, incontrando solo il muro. Lo guardai a mia volta, cercando di trattenere un sorriso.

Eravamo a casa sua, quindi sapeva meglio di me come muoversi, ero in trappola.

-Ti ricordo il fiasco alla festa di tua madre...- sussurrai sulle sue labbra, mentre lui si avvicinava sempre di più.

-Quello era prima, ora mi sono esercitato...- non aveva voglia di proseguire quella conversazione, ma nemmeno io ne avevo voglia.

Edmund mi baciò con passione ed io allacciai le mie gambe al suo bacino, cosa che mi fece alzare in altezza e scontrare la schiena contro il muro. L’urgenza di sentirci pelle contro pelle si faceva ogni giorno più forte.

Edmund mi tolse la maglia e rimasi in reggiseno, poi si abbassò a baciarmi il collo e tenendomi unita a lui mi portò sul divano. Era sopra di me, bellissimo come sempre. Mi sorrideva fiducioso ed io non potevo che sentirmi la persona più felice del mondo.

Quella sera, il discorso del papillon è stato decisamente messo da parte per intraprendere un discorso molto più piacevole.”



Al ricordo di quella sera sentii le guance andare a fuoco ed ogni parte del mio corpo lo desiderava.

Ma contieniti! Sei in chiesa!

Lo so, hai ragione...


Erano passati dodici bellissimi mesi.

Mesi in cui avevo ripreso a lavorare ed Edmund veniva a prendermi ogni tanto per mangiare qualcosa insieme.

Mesi in cui avevamo conosciuto le reciproche famiglie e partecipato ad eventi importanti.

Mesi in cui ci eravamo amati. Molto. Devo dire che Edmund non mi aveva messo alcuna fretta. Era stato così gentile con me, ma in alcune situazioni capitava di non poterci contenere e che ogni tanto la mia maglia salisse oltre il limite della decenza. Ogni tanto ero io a fare cose improponibili alle sue maglie, e ai suoi capelli, soprattutto; ma altre volte ero io a tornare a casa con tutti gli abiti sgualciti.

Da parte mia, la curiosità era tanta. Non avevo mai avuto un ragazzo che mi dedicasse certe attenzioni, quindi si poteva dire che Edmund era il primo in quel senso.

Con Matteo non sarebbe stata la stessa cosa, per quanto lo avessi amato.

Matteo. Un errore adolescenziale.

Avevo capito con il tempo e colto quei segnali che lui, involontariamente, aveva lasciato. Ero stata cieca, per questo avevo riposto tutti i miei sogni sull’amore in un angolino nascosto della mia anima.

Non ringrazierò mai abbastanza Ed per aver risvegliato quella parte di me.

Arrivai all’altare. Edmund mi sorrideva felice, la sua agitazione era palpabile, come la mia.

-Finalmente sei arrivata.- mi sussurrò nel mentre che tirava su il velo.

-Perché?- gli sorrisi sinceramente.

-Perché stanotte ti ho cercato con la mano, ma il lato sinistro del letto era vuoto...- lo guardai e arrossii. Ero sempre la solita! Dopo un anno ancora riuscivo ad imbarazzarmi per questo tipo di cose.

-Adoro quando arrossisci...- mi sussurrò ancora, nel mentre una sua mano era scesa sul mio viso e mi accarezzava la guancia destra.

-Non hai messo il papillon?- gli chiesi divertita. Lui sghignazzò prima di prendermi le mani tra le sue. Aveva ancora il papillon in mano. Al contatto con la stoffa nera, decisi di sorprenderlo.

Presi il fiocco tanto odiato e mi avvicinai al suo colletto. Il prete mi guardò interrogativamente ed io non esitai ancora. Edmund alzò il collo per facilitarmi e darmi spazio. Un grande sorriso si aprì sul suo viso.

-Sei una piccola dispettosa.- mi disse poi cercando di guardarmi. Trattenni un sorriso.

-Eri troppo divertente... e lo sei ancora.- risi un po’ prima di ricompormi e posare le mie mani sul suo petto.

Lui mi restituì il bouquet e mi sorrise ancora.

Non poteva fare così! Quel sorriso era così bello e perfetto...

Tra di noi non erano mai state rose e fiori, ma avevamo superato tutti i problemi. Insieme.


“Stavamo insieme da due mesi. Era strano poter dire una cosa del genere, ma avevo cominciato a farci l’abitudine, e mi piaceva molto.

Edmund era a casa mia quando il telefono vibrò. Sapevo che non avrei dovuto intromettermi, ma la curiosità è femmina!

Presi il suo telefono tra le mani e lo sbloccai. Notai subito una mia foto come sfondo. Stavo ridendo. Una coperta di lana avvolgeva le mie gambe, rannicchiate contro il mio corpo. Ero sul divano di casa sua insieme a Josh e alla sorella. Però nella foto ero ritratta solo io, con in mano una tazza di cioccolata calda. Era davvero una bella foto. Edmund aveva capito che riuscivo meglio nelle foto quando sapevo di non essere ripresa, perciò ne approfittava sempre.

Spostai il mio sguardo sulla casella dei messaggi. Una certa Rebecca gli aveva mandato un messaggio alquanto equivocabile.
“Ho bisogno di te...”. Quell’unica frase mi scombussolò del tutto. C’erano altri messaggi che Eddie e questa Rebecca si erano scambiati. Molti messaggi. Lui rimaneva molto sulle sue, ma ogni tanto si spingeva oltre ed io non riuscivo a credere a ciò che vedevo.

-Ehi!- Edmund mi raggiunse sorridente. –Vieni? Ho preparato la cena!- era entusiasta. Era una delle prime volte che si preparava la cena da solo. E per due.

-Cosa sono questi messaggi?- gli chiesi senza girare troppo intorno al problema.

-Quali messaggi?- gli porsi il telefono e nel mentre che leggeva Edmund assunse un’espressione sempre più seria. Alla fine bloccò il telefono e si mise seduto vicino a me.

-Non arrabbiarti.- chiuse gli occhi mentre lo diceva.

-Non sono arrabbiata. Voglio solo capire.- era vero. Non ero di certo una che si arrabbiava per così poco. Credevo davvero in lui, per questo sapevo che niente, o almeno lo speravo, lo avrebbe portato via da me.

-Rebecca era una delle mie tante... amanti.- sapeva che stava giocando con il fuoco e che nonostante io lo amassi, sarei rimasta delusa da una frase sbagliata.

-Mi ha provocato molto in questi due mesi, così tanto che per farmi lasciare in pace le ho scritto tutto quello che farei a te. Ho cancellato molti messaggi perciò questi ultimi potrebbero essere fraintesi...- era davvero agitato. Ebbi un tuffo al cuore, ma mi sforzai per essere seria e ferma nelle mie convinzioni.

-Ero certo di averla convinta a lasciarmi in pace, ma a quanto pare non è così...- guardò il telefono sconfortato ed io gli accarezzai una guancia. Poi mi avvicinai e incominciai a passare le mie mani tra i suoi capelli, avvicinandolo a me sempre di più.

-Grazie.- dissi solo.

-Cosa?- era davvero confuso.
Amore mio...

-Ti sto ringraziando per non avermi mentito e per aver scelto me. So che Rebecca è molto più bella, forse viene anche da una buona famiglia e ha studiato nelle scuole migliori...- non finii il mio discorso perché Edmund eliminò la distanza tra noi con un bacio, mentre le sue braccia circondavano il mio corpo, abbracciandolo. Sorrisi sulle sue labbra e mi sentii sempre più felice.

-Se continui a fare così, non credo che resisterò molto prima di incominciare sul serio a farti quelle cose...- mi sussurrò poi mentre lo stavo ancora baciando. Mi resi conto poi di un odore strano.

-Edmund...- non riuscivo a parlare.


Il mio ragazzo era letteralmente spalmato sul mio corpo ed io cercavo di far prevalere la parte razionale all’istinto!


Idiota...

Sta andando a fuoco qualcosa! Ci tengo alla mia cucina!

Ma mangiati quel bel bocconcino di Ed, altro che la cucina!

-Ed...- stavo cercando seriamente di interrompere quel bacio così bello?

Da povera idiota quale sei, si.


-Stai ferma, non riesco a baciarti come si deve...- disse poi lui, così lo allontanai leggermente per rivelargli le mie paure.

-Hai spento il forno vero?- lo guardai preoccupata, per poi vedere sul suo viso un espressione perplessa e successivamente il terrore.

-Oh merda!-  si alzò velocemente e tornò in cucina.

Risi senza sosta quella sera, tra un bacio e l’altro, mentre mangiavo le patate leggermente carbonizzate che Edmund aveva preparato.”



La cerimonia era iniziata ed io ero così emozionata.

Quella mattina mi ero svegliata con il pensiero di rivelare il mio grande segreto al mio unico amore, altro motivo di agitazione... Dovevo solo aspettare.

-Se è vostra intenzione di unirvi in Matrimonio, datevi la mano destra ed esprimete davanti a Dio e alla sua Chiesa il vostro consenso.- il prete pronunciò queste parole e noi ci girammo l’uno davanti all’altra.

Io unii la mia mano destra con la sua. Iniziò lui.

-Io, Edmund, accolgo te, Amanda, come mia sposa. Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.- sentirglielo dire era strano. Ci stavamo davvero sposando.

-Amanda?- Don Pietro mi riprese ed io pronunciai le mie promesse, leggermente imbarazzata per quell’inconveniente, ma lui mi conosceva da sempre, quindi sorrise leggermente.

-Mi scusi padre.- Edmund mi strinse maggiormente la mano ed io gli sorrisi un po’ agitata. -Io, Amanda, accolgo te, Edmund, come mio sposo.- era davvero bello poterlo dire, ma allo stesso tempo così strano. -Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.- promisi tutto ciò ad Edmund guardandolo negli occhi, come lui aveva fatto con me. I suoi occhi ridevano.

-Il Signore onnipotente e misericordioso confermi il consenso che avete manifestato davanti alla Chiesa e vi ricolmi della sua benedizione. L’uomo non osi separare ciò che Dio ha unito.- Don Pietro pronunciò queste parole a grande voce.

-Amen.- risposi.

Don Pietro prese gli anelli e li benedisse. Poi consegnò l’anello ad Edmund.

Eccoci qui. Stavamo davvero per farlo.

-Amanda, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà.- Edmund inserì l’anello al mio anulare.

C’eravamo solo lui ed io in quel momento.

-Edmund, ricevi questo anello, segno del mio amore e della mia fedeltà.- inserii l’anello al suo anulare ed indugiai un poco sulle sue mani, così morbide e grandi. Accoglievano le mie, piccole, alla perfezione.

Don Pietro andò avanti con la cerimonia e alla fine ci sorrise raggiante.

-Per il potere conferitomi dalla Chiesa Cattolica, vi dichiaro marito e moglie.- Don Pietro ci sorrise amorevolmente e tutti i nostri parenti applaudirono.

-Edmund, puoi baciare la sposa.- di solito questa formula non c’è nel rito cattolico, ma per noi, Don Pietro ha fatto un eccezione. Cosa che ha spiazzato entrambi. Non ce lo aspettavamo proprio da lui, così tradizionalista.

Gli sorridemmo felici e mio marito –non posso ancora crederci- si avvicinò sempre di più, fino a far premere le sue labbra sulle mie. Era un semplice bacio a stampo, ma per noi significava più di tante altre cose.

Con i nostri testimoni firmammo l’atto del matrimonio, per poi avviarci verso l’uscita.

-Sai, mi farà strano pensare a te come mia moglie adesso.- mi disse Edmund nel frattempo che arrivavamo all’entrata. Già vedevo zia Matilde con Momò,  mia sorella Arianna con tre sacchetti di riso. La piccola Elena in braccio a mio fratello, mentre sua moglie teneva il sacchettino di riso. Il padre di Edmund che sorrideva felice e sua madre che piangeva dalla gioia, vicino a mia madre.

-Ci dovrai fare l’abitudine allora.- gli risposi girandomi verso di lui.

-Sei bellissima...- mi sussurrò avvicinandosi per lasciarmi un bacio tra i capelli.

-Anche tu non sei male...- ammisi cercando di non sorridere troppo.

-Stavo pensando anche che sarà strano vivere con un’altra persona in casa, già ci siamo ambientati un po’, ma da adesso sarà tutto diverso.- mi guardò sorridendo sbilenco. Adoravo quel sorriso.

-Io dico che dovrai abituarti anche a questo, ma non solo...- abbassai lo sguardo cercando di non far vedere quanto fossi felice. Edmund si fermò.

-Che vuoi dire?- era confuso.

-Vuol dire che non saremo solo noi due...- portai la mia mano libera sulla mia pancia e poi alzai lo sguardo. Delle lacrime scesero sul mio viso. Erano lacrime di gioia.

-Vuoi dire che...- Edmund non aveva parole. Era sconvolto.

-Si. Due mesi amore mio...- sussurrai. I suoi occhi si riempirono di lacrime, che però non volevano scendere giù.

Mi avvicinai a lui e lo abbracciai. Poi non sentii più la terra  sotto i miei piedi e mi trovai a volteggiare piano.

Risi. Anzi, stavamo ridendo entrambi.

Edmund mi poggiò a terra e senza nemmeno darmi il tempo di riprendermi, mi baciò.

Mi baciò focosamente. Io ricambiai alla stessa maniera.

-Ti amo- dissi senza fiato staccandomi da lui.

Edmund si abbassò all’altezza del mio ventre e vi posò un leggero bacio. Poi si alzò e mi circondò la vita con le sue braccia.

-Io ti amo di più. Anzi, vi amo.- ero di sicuro la donna più felice sulla faccia della terra e lui mi stava rendendo ogni giorno più felice.

Se la felicità potesse essere racchiusa in una foto, per me sarebbe proprio quella.

Mio marito che posa un bacio sul mio ventre, accarezzando la casa di nostro figlio e donandomi la certezza di un futuro.

Ci prendemmo per mano e dopo esserci scambiati un altro bacio, uscimmo fuori, colpiti da quella pioggia di riso.

Le colombe volarono in alto. Il cielo era splendido quella mattina e noi eravamo così innamorati.

A volte basta poco per essere felici.


FIN*




Angolo Autrice
Eccoci arrivati, cari lettori, alla fine di questa avventura.
Mi sono commossa scrivendo questo capitolo, non pensavo che sarei riuscita a finire questa storia. Più volte avevo diceso di cancellarla, ma poi una parte di me mi convinceva ad andare avanti e a sponarmi a scrivere.
Probabilmente non sarò un gran ché come "scrittrice", ma mi ha reso immensamente felice ricevere ogni tanto un commento o un consiglio da voi lettori.
E' stata davvero una bella esperienza e sono sicura che continuerò a scrivere. 
Voglio RINGRAZIARE tutti coloro che hano avuto la pazienza di arrivare fino a qui. Tutti coloro che mi hano consigliato e spronato ad andare avanti, coloro che hanno sopportato i miei aggiornamenti fantasma e coloro che hanno amato o che comunque hanno ricordato con piacere la storia un pò strana di Edmund e Amanda.
Ho solo una parola per voi oggi: GRAZIE.
Un bacio, 
Serena :)



* Fine

 
   
 
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