Fanfic su artisti musicali > Justin Bieber
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Autore: MissJB2501    12/08/2016    0 recensioni
"Ci ripetono che l'amore è il sentimento più forte e puro che un essere umano possa provare in tutta la sua esistenza. Non ci credevo, o almeno è quello che mi imponevo di credere. Dopo le mie storielle da quattro soldi ero arrivata a pensare che forse non avrei mai provato amore per qualcuno, che non avrei provato tutte quelle sensazioni che erano scritte nei libri. Adesso posso garantire che mi sbagliavo perchè l'amore, quello vero, è anche meglio di come viene descritto , va oltre l'immaginario. Ma dobbiamo anche ricordare che l'amore è sofferenza e che amare vuol dire distruggere e che essere amati vuol dire essere distrutti."
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jeremy Bieber, Justin Bieber, Nuovo personaggio, Pattie Malette
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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-POV LIV-

<> io e Mason ci eravamo allontanati da scuola dopo che aveva scavalcato il cancello, non voleva essere visto. Si era acceso una sigaretta e me ne aveva offerta una. Con una smorfia la presi e lasciai che me l'accendesse.

<> mi portai la sigaretta alla bocca e tirai su il fumo che mi arrivò alla gola, tossì.

<> lo guardai male e forse anche un po' spaventata <> con uno sguardo triste mi strappò la sigaretta di mano e la buttò a terra <> si allontanò lungo il marciapiede bagnato dalla pioggia che quella notte si era abbattuta su Seattle e poi si voltò a guardarmi <> lasciò la frase in sospeso e mi affrettai a raggiungerlo. Mi sentì a disagio nella sua macchina ordinata, odorava di ragazzo e limone

<> chiesi cercando di riempire il vuoto che mi stava facendo venire i brividi. Cercavo di tenere la calma, ma avevo l'impressione che mi stessi cacciando davvero nei guai, stavo andando nella fossa dei leoni. Alcune volte nella vita si doveva tentare il tutto per tutto per cercare di proteggere le persone che si amavano. Credevo di star facendo abbastanza, abbastanza per me, per lui.

<> mi lanciò un'occhiata e mi sorrise. Non capì bene perchè lo fece, ma non ci pensai su a lungo, non aveva molta importanza. Guardai fuori il finestrino, la strada sfrecciava veloce, era confusa come la mia testa. <> alllungò una mano verso il mio ginocchio, aveva uno sguardo malizioso

<> urlai scacciando la sua mano con un gesto veloce. Mason frenò bruscamente l'auto al centro della strada e si slacciò la cintura di sicurezza

<< Se vuoi arrivare da Brenton con tutte le dita, devi stare zitta>> si sporse verso di me e trattenni il respiro <> annuì quasi subito. Quando ritornò al posto di guida e si riallacciò la cintura di sicurezza mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo silenzioso, quasi impercettibile. Dovevo evitare di parlare, e anche quando mi disse di essere arrivati e di scendere non dissi nulla. Percorremmo una stradina ripida e ricordai di aver pensato di non aver mai percorso quella strada. Mason prese un mazzo di chiavi dalla tasca che tintinnarono quando inserì quella giusta nella serratura. Un grande corridoio ci accolse quando la porta si spalancò. <> urlò Mason. Mi guardai in torno e riuscì a percepire la freddezza di quella casa, come se non fosse mai stata abitata veramente da qualcuno.

<> Brenton si interruppe quando non vide entrare in salotto solo suo cugino. Si alzò in fretta dal divano e spense la televisione. Fu la prima volta che lo vidi veramente stupito e senza tutta la sua sicurezza, come fu la prima volta che lo vidi con solo il pantalone di una tuta. Distolsi lo sguardo da lui all'ambiente circostante e notai quanto fosse tutto molto disordinato. C'erano bottiglie di birra sparse dappertutto e non mi sorprendeva il fatto che bevesse anche la mattina presto. In qualche modo la sua casa lo rispecchiava parecchio. <> mi chiese Brenton mentre Mason andò verso il frigo e cominciò ad analizzarlo

<> Brenton alzò un sopracciglio incuriosito e fece uno strano sorrisetto

<> mi prese per un braccio e mi fece avvicinare a lui, deglutì e lo lasciai fare. Mason ci guardava interessato.

<> balbettai insicura

<> Brenton non staccò gli occhi dai miei anche quando parlò a suo cugino

<>

<> il tono di voce di Brenton era gelido, e cominciai a pensare che anche Mason avesse paura di lui e non la trovavo una cosa normale. Dopo aver dato un morso ad un panino, Mason uscì borbottando parole non gentili.

<> mi incitò Brenton con una mano <> scossi la testa sentendo di aver perso l'uso della parola. Mi poggiai sulla punta del divano, non volendo toccare assolutamente nulla in quella casa, poteva essere nociva.

<> mi costrinsi a cacciare un po' di forza, lui mi si accomodò accanto e mi toccò un boccolo che mi ricadeva sulle spalle

<> annusò il mio riccioletto artificiale e continuò a parlare <> rise. Aveva un'espressione di potere sul viso, come se si sentisse Dio sceso in terra.

<> mi alzai in piedi nervosa

<> strinsi gli occhi cercando di capire il senso delle sue parole e capì che questo piano non aveva funzionato. Dovevo uscire di lì al più presto. Una parte di me sapeva che qualcosa non avrebbe funzionato e quindi avrei dovuto pensare ad un'altro modo per aiutare Justin.

<> mi voltai e avanzai il passo verso il corridoio d'entrata, ma Brenton mi seguì

<> mi strappò il cappellino che portavo e senza volerlo urlai dallo spavento <> il mio respiro avanzò quando invece del cappello afferrò i miei capelli. Urlai una seconda volta sperando che mi lasciasse andare.

<> intervenne Mason spuntando dal nulla. Le mie grida avevano sovrastato il rumore della porta. Brenton lasciò la presa con mia sorpresa e Mason mi si parò davanti. <> presi la palla al balzo per correre verso la porta ed uscire da quell'inferno. Respirare l'aria fredda era un sollievo e mi sentì più sicura all'esterno.

<> chiesi quando avvertì la presenza di Mason dietro le mie spalle. Ero curiosa di sapere perchè mi aveva aiutato.

<> alzò le spalle mentre lo disse e mi sembrava che ne avesse abbastanza delle sue prepotenze. <>

<> ridemmo cominciando a camminare verso la sua macchina <>

<> era strano il suo nuovo comportamento, non lo capivo. Era sempre stato cattivo nei miei confronti, e non avevo mai pensato prima di quel momento, che fosse Brenton a dirgli quello che doveva fare. <> strabbuzzai gli occhi

<> ammisi

<> mi disse quando salimmo in macchina

<> gli risposi sospirando sonoramente

<> con un sorrisetto imboccò l'autostrada

<> era tutto così strano

<>

xxx

Quel pomeriggio ero sicura di essere diventata un tutt'uno con il divano di casa mia. Ero spaparanzata da un paio d'ore e le coperte erano diventate la mia dimora preferita. Mi ero promessa che per quel giorno non avrei fatto altro, ero troppo fragile per parlare persino con mia madre e francamente non ne avevo ne la voglia ne la forza. La mia mente ripercorreva gli avvenimenti di quella mattina e non facevo altro che pensare a quanto fosse tutto complicato e a quanto Brenton fosse sbagliato. L'amore della famiglia era qualcosa di fondamentale, ma forse lui non sapeva neanche che cosa fosse o dove abitasse. La cosa che mi consolò profondamente fu la cioccolata calda che preparai, la definivo la mia piccola "Nuvoletta di piacere".

<> Rob era tornato prima da lavoro. Durante la giornata aveva accusato diversi dolori alla schiena e si era visto costretto a dimezzare la giornata. Da quello che raccontava ogni sera a cena, fare il medico era la cosa più bella del mondo. Sia alla mamma che a lui piaceva molto aiutare le persone nel momento del bisogno, e proprio per questo un sabato al mese andavano in parrocchia e accudivano i meno fortunati.

<> risposi senza un briciolo di emozione nella voce

<> lo guardai male per un istante e poi mi alzai dal divano <> chiese mettendosi le mani sulla parte di schiena che gli doleva

<> prima di salire le scale, afferrai il mio telefono e riposi la tazza sporca nel lavello. Sbattei la porta della mia stanza senza nemmeno farci caso, poi sentì urlare

<> sbuffai ignorando il mio patrigno. Cercai di addormentarmi per spegnere la mente, ma anche quando riuscì a dormire non fu così piacevole. Gli incubi erano sempre dietro l'angolo pronti a tormentarmi e il campanello di casa mia non smetteva di suonare. Mi ero decisa a traslocare perchè detestavo quel maledetto affare che ogni volta rovinava la quiete. Sentì Rob parlare con qualcuno e mi incuriosì. Uscì dalla mia camera e cominciai ad origliare

<> mi sentì chiamata in causa <>

<> trattenni il respiro riconoscendo la voce del mio fidanzato

<> sentì Justin ringraziare Rob e salire le scale. Non feci abbastanza in fretta che me lo ritrovai davanti senza la possibilità di rientrare in camera e chiudermi la porta alle spalle. Ci guardammo per qualche minuto senza dire una singola parola, poi si decise a parlare.

<> cominciò avvicinandosi <> aveva gli occhi lucidi e mi sentì morire

<> alzò gli occhi al cielo e sospirò

<> scossi la testa <> si fermò per scrutare la mia espressione, poi continuò. <> diede un calcio alla ringhiera delle scale e sobbalzai. Lo presi per un braccio e lo trascinai in camera

<> chiesi nervosa

<> in una frazione di secondo mi prese il viso tra le mani e mi baciò <


   
 
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