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Autore: jacksmannequin    13/08/2016    1 recensioni
[Josh/Tyler] [Pre-apocalypse AU]
«In un altro mondo, un'altra situazione, un'altra vita, forse avrei potuto amarti come si deve.»
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Salve, personcine. Premetto che ho scritto questa OS alle tre di notte e che è veramente poco verosimile. Nel senso: è ovvio che non sia verosimile, visto che è una cosa che non accadrà mai, probabilmente, ma nella sua assurdità ci sarà qualche incongruenza, visto che a scienze faccio cagare. Niente, è completamente assurda okay. Ergo, prendetela per quello che è. La considero una specie di auto-regalo per il mio compleanno, rido - anche se è domani, ma sh.
Non è così lunga, però la divido comunque in due parti, ok.
Titolo da the end of all things dei p!atd.
Peace out xo
-Dan x
***


La prima volta che Josh lo vide, fu in mensa. Non è che fosse la prima volta; era abbastanza sicuro che non fosse nuovo, o apparso dal nulla. Quella volta, però, il suo sguardo andò a fissarsi subito su di lui, un ragazzetto di bassa statura che camminava incerto verso un tavolo vuoto, sguardo rivolto a terra e la camminata di chi ha paura di farsi notare. I suoi occhi lo seguirono mentre, con una velocità quasi preoccupante, si mise a divorare ciò che aveva nel vassoio, come se non vedesse l'ora di andarsene via da quella sala.

"Josh? Mi hai sentito?" Uno schiocco di dita accompagnato da un tono di voce infastidito lo fecero risvegliare dal suo sogno ad occhi aperti, facendolo voltare controvoglia verso l'amico seduto dall'altra parte del tavolo davanti a lui. Annuì distrattamente, fingendo di aver capito, solo per venire risucchiato in un vortice di chiacchiere futili che, purtroppo, richiedevano la sua attenzione.

Quando rialzò lo sguardo, il ragazzo era sparito.

*

Quel pomeriggio, Josh arrivò a casa più sudato del solito. Una temperatura del genere era abbastanza normale in quel periodo dell'anno, perciò non ci diede troppo peso. L'estate si stava avvicinando, era alquanto normale che il sole splendesse ancora alto nel cielo alle sei del pomeriggio.

La casa era vuota, fatta eccezione per il gatto di famiglia il quale, non appena vide Josh varcare la soglia, iniziò a fare le fusa e a camminargli attorno, regalandogli un paio di miagolii.

Mentre riempiva la scodella ormai quasi vuota d'acqua, si ritrovò a pensare ad un viso circondato da corti capelli castani.

*

Non è che la sua fosse un'ossessione, o qualcosa di quel genere. Per qualche ragione, il suo sguardo ritornava sempre a spostarsi in direzione del tavolo a pochi metri dal suo. E, sì, forse era già successo più volte del normale, ma ormai era diventata una specie di routine; sedersi, scambiare l'occasionale opinione su una nuova band con Brendon, per poi lasciarlo parlare senza prestargli attenzione mentre con lo sguardo verificava che il tavolo lì vicino fosse occupato.

Per quanto strano potesse sembrare, una presenza fissa nella sua giornata aveva quasi un effetto calmante.

*

Qualcuno stava cantando nella sala di musica. Non era una novità; quella stanza era sempre occupata in un modo o nell'altro. Il problema era che qualcuno stava cantando e lo stava facendo bene.

Si fermò fuori dalla porta dell'aula, rapito da quelli che sembravano gli accordi di Can't Help Falling In Love. All'ukulele.

Preso dalla curiosità, aprì appena la porta, giusto uno spiraglio, per poter dare un'occhiata all'interno. 
Non appena infilò la testa nella stanza, i suoi occhi incontrarono il ragazzo della mensa.

Come se si fosse scottato, chiuse la porta di scatto, senza però allontanarsi o staccare la mano dalla maniglia della porta.

Sentendosi vagamente ridicolo, la aprì per una seconda volta, trovandosi di nuovo con lo sguardo puntato in quello del ragazzo. Josh si morse il labbro, prima di mormorare un incerto, "Ciao?"

Il ragazzo continuò a guardarlo, una scintilla di... divertimento? negli occhi marroni. Alzò una mano in segno di saluto, senza dire nient'altro. Josh sollevò un sopracciglio. "Vuoi... vuoi che me ne vada, o -"

Il ragazzo si strinse nelle spalle, i suoi occhi improvvisamente tornati seri. Per un attimo, Josh aveva avuto l'impressione di aver visto un sorriso da qualche parte sulle sue labbra. Ora, non ne era così sicuro.

I due rimasero a osservarsi in silenzio per qualche istante. Nonostante gli schiamazzi provenienti dal campo da football e il chiacchiericcio proveniente dai corridoi, in quel momento Josh sentiva solo silenzio.
Alla fine, il ragazzo gli fece cenno di entrare, assumendo un'espressione incredula subito dopo, come se si meravigliasse di se stesso per averlo fatto.

Josh chiuse la porta dietro di sé, prendendo posto accanto al ragazzo che, per qualche motivo, sembrava apprezzare il pavimento. "Comunque, uh - io sono Josh, piacere", disse, porgendogli la mano. Il ragazzo ricambiò la stretta, ma non replicò, lasciando che un'occhiata ancora sorpresa fungesse da risposta.

Josh si morse il labbro, quando il suo sguardo venne attirato dall'ukulele che l'altro teneva in grembo.

"Hai una bella voce, sai", disse, solo per sentirsi un idiota subito dopo. Hai una bella voce, wow.

Il ragazzo si limitò a sorridere appena, un sorriso che fece illuminare anche i suoi occhi. Come se avesse fatto qualcosa di sbagliato, si affrettò ad abbassare lo sguardo, mordendosi il labbro inferiore.

Josh alzò un sopracciglio. "Non parli molto, eh?"

Scosse appena la testa, stringendosi all'ukulele.

Josh si sentì un po' stupido nel chiederglielo, ma lo fece comunque. "Mi suoni qualcos'altro?"

Il ragazzo sorrise per la seconda volta da quando Josh era entrato nella stanza, ma questa volta non lo nascose.

*

Nessuno dei due se ne rese conto, all'inizio. Incontrarsi nella stessa aula tutti i giorni diventò così naturale per i due che ormai lo facevano in automatico. Se Josh non se ne era reso conto, Brendon lo aveva fatto sicuramente.

"Josh, ci sei?"

"...Eh?" L'aveva fatto di nuovo. Stava fissando il ragazzo dall'altra parte della mensa, che si ostinava a sedersi da solo tutti i giorni. Si voltò velocemente verso Brendon, tentando di non assumere un'aria colpevole.

"L'hai fatto di nuovo." Più che come una domanda, uscì fuori come un'affermazione.

"Cosa?" chiese, tentando di sembrare innocente. Fallendo.

Brendon fece un cenno con il mento in direzione del famigerato tavolo. "Quel tizio. Sono giorni che lo fissi. E che sparisci subito dopo l'ora di pranzo. Si può sapere che stai combinando?"

"Nulla." La risposta fu così rapida che quasi se ne convinse pure lui.

Brendon fece un verso, il sì, certo evidente nel suo tono.
"Quello che sto cercando di dirti, non fare idiozie. Non mi fido della tua assenza di giudizio -"

"Senti chi parla."

"- soprattutto con questo caldo", continuò, senza dare segno di averlo sentito. "A proposito, secondo te è normale che a maggio faccia così caldo? Non siamo a Las Vegas, secondo me c'è qualcosa che non va -"

Josh annuì distrattamente, cogliendo l'occasione per perdersi di nuovo nei suoi pensieri. Brendon stava ancora parlando, discutendo da solo di riscaldamento globale, quando si accorse che il ragazzo non era più al tavolo.

"- la gente non ha un minimo di rispetto per i pinguini e - aspetta, dove stai andando?"

Josh lo salutò con la mano mentre si alzava di fretta dal tavolo. "Mi sono ricordato che devo fare una cosa e - a dopo, okay?" disse, per poi uscire fuori dalla porta più veloce di quanto fosse consentito.

*

La prima volta che il ragazzo parlò, fu per dire, finalmente, il suo nome.

"E allora gli ho detto, niente, non sto facendo nulla, perché a volte Brendon sa essere assillante, sai? Era molto, quel ragazzino mi mette ansia, e io ero là tipo un po' basito? Insomma, chi te la chiesto, e -"

"Tyler."

"- e poi sono cavoli miei - aspetta, cosa?"

Il ragazzo lo guardò divertito, per poi spostare lo sguardo verso la finestra. "È Tyler."

Josh impiegò qualche secondo a processare il fatto che aveva parlato. Non aveva problemi a cantare davanti a lui, ma non aveva mai aperto la bocca al di fuori dei loro mini concerti post pranzo. Non appena si riprese dalla sorpresa, annuì. "Tyler. Ti- ti sta bene."

Il ragazzo - no, Tyler - prese in mano l'ukulele e suonò il primo accordo di quella che Josh riconobbe come Master of Puppets dei Metallica. Capì che la loro conversazione era finita, e iniziò a tenere il ritmo della canzone con le dita.

   
 
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