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Autore: endif    27/04/2009    8 recensioni
"Il buio si fece più buio. Una voragine si spalancò nel mio petto. All’improvviso sentii il dolore, immenso, pulsante, invadermi la testa. «Non c’è più…» mormorai. Chiusi gli occhi e con tutto il fiato che avevo in gola urlai tutta la mia disperazione."
Genere: Dark, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: New Moon
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change'
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EDIT: Capitolo revisionato e corretto.


CAP. 17
A CASA

EDWARD

Non avevo smesso di suonare neanche dopo che si era addormentata. Volevo che sentisse la mia presenza, nonostante quella perfida di Alice mi impedisse l’accesso alla sua stanza. Non avrebbe potuto tapparle anche le orecchie.
Erano ormai tre giorni che Bella si era trasferita a casa nostra, ma non mi era stato possibile avvicinarla. Dormiva quasi tutto il giorno ed Alice la sorvegliava come un mastino. Aveva preso a cuore la salute di Bella come se ne andasse della sua vita e di questo le ero grato. Se non fosse stato per lei … scossi la testa scacciando via i pensieri negativi, sapevo dove mi avrebbero condotto. Il desiderio di uccidere non si era ancora placato dentro di me, ma ero cosciente che la vendetta avrebbe creato un varco insormontabile tra me e Bella, che si sarebbe aggiunto alle già profonde cicatrici che le avevo inferto.
Sì, ma lei non lo verrà mai a sapere. Sussurrò il mostro dentro di me.
Forse lei no, ma lo avrei saputo io e già adesso non avevo il coraggio di guardarla negli occhi.
E, poi, Bella si stava riprendendo.
Avevo ascoltato la conversazione tra lei e mia sorella e l’avevo vista attraverso lo sguardo di Alice.
Quel giorno aveva le guance colorite e gli occhi le si erano accesi quando aveva detto che voleva vedermi. Il mio cuore morto mi era quasi volato via dal petto quando l’avevo sentita, e mi ero fiondato sulle scale, la mano già sulla maniglia della porta, ma le parole di Alice mi avevano bloccato.
«Non mi sembra affatto una buona idea» aveva detto e sapevo che era a me che si stava rivolgendo.
L’avevo già mandata silenziosamente al diavolo, quando i suoi pensieri mi avevano invaso la mente. Non erano imperativi, ma piuttosto supplichevoli.
No Edward, guardala. Sta solo un pochino meglio. Non vanificare la riuscita della sua ripresa. E’ ancora così fragile, scossa … Dalle un po’ di tempo, in fondo qui con noi è al sicuro.
Avevo abbandonato le mani lungo il corpo e sospirato afflitto. Aveva ragione, ma Dio, come era difficile ascoltarla! Ero stato lontano da lei fin troppo a lungo e non sopportavo di non poterla ancora abbracciare, immergere il viso nei suoi capelli, baciarla. Dovevo parlarle, chiedere il suo perdono per il male che le avevo fatto.
Ma dovevo anche darle tempo, rispettare il suo dolore ed accettare le sue scelte. Io avevo commesso un errore e non potevo non assumermene le conseguenze. C’era la possibilità che Bella non mi volesse più al suo fianco, che non fosse più mia, ed io dovevo essere pronto ad accettare quest’eventualità, senza farle pressioni di alcun tipo.
Volevo che si sentisse libera di decidere. L’avrei accettato, anche se mi avesse voluto per un anno, un mese, un solo altro giorno. Non avrei saputo negarle niente.
L’agnello aveva battuto il leone, ed io ero completamente ed incondizionatamente alla sua mercè.
Svolazzai sui tasti in un ultimo accordo di chiusura e mi alzai diretto alla mia stanza. Da lì riuscivo a sentire meglio il battito lento e regolare del suo cuore mentre dormiva e, disteso sul mio divano, l’avrei ascoltato tutta la notte.
Passai davanti alla sua camera resistendo alla tentazione di sbirciare all’interno. Alice era andata a caccia con Jasper, ma sapeva che non sarei entrato mentre lei dormiva. Ascoltai il battito del suo cuore appoggiandomi con le spalle alla porta e chiudendo gli occhi.
Che suono per le mie orecchie! Nessuna sublime composizione di musica avrebbe mai potuto eguagliarlo!
Mi accorsi che era un po’ più accelerato del solito.
Forse stava sognando.
Riaprii gli occhi e feci per dirigermi verso la mia stanza accennando un sospiro rassegnato. Dopotutto anche il mio controllo aveva un limite.
E fu allora che la sentii urlare.
Senza dosare la mia potenza, scardinai la porta dallo stipite ed entrai. Bella si contorceva nel letto, ancora con gli occhi chiusi, le lacrime le bagnavano il viso ed i capelli.
«No, non mi toccare, NON MI TOCCARE, NON MI TOCCARE!!» gridava affannosamente, spostando l’aria intorno a sé con i movimenti forsennati delle braccia. La mia mente registrò ogni dettaglio: le lenzuola erano scivolate dal letto, i capelli le ricadevano sul viso in ciocche scomposte e la camicia da notte le si era alzata fino alla vita, scoprendo le gambe lisce e sode.
Fui vicino a lei in una frazione di secondo e la presi delicatamente fra le braccia.
La sua pelle morbida …
«Shh, calmati Bella, non c’è nessuno qui. Nessuno ti può fare del male, tranquilla.» Inspirai profondamente a pieni polmoni e mi beai che il suo profumo e l’odore del suo sangue mi potessero incendiare ancora la gola ed i sensi.
Avevo rischiato di perderla, ma adesso era fra le mie braccia e solo questo contava.
Presi a cullarla dolcemente sussurrandole parole all’orecchio per confortarla. Con mano leggera le sistemai la camicina a coprirle un po’ le gambe.
Il suo respiro si fece più lento, la paura liberò il suo cuore che riprese pian piano un battito regolare.
La sentii inspirare intensamente e affondare di più il viso nell’incavo del mio collo. I capelli le si erano spostati sulla spalla, scoprendole la nuca e una parte del collo candido. Non resistetti alla tentazione e vi appoggiai sopra leggermente la punta delle dita.
Quanto mi era mancata!
La sentii trattenere il respiro, ma non si era mossa, il mio tocco non le era dispiaciuto. Non seppi trattenermi e d’impulso posai le mie labbra lì dove un attimo prima si erano soffermate le mie dita. La sentii rabbrividire. Una scossa mi percorse.
Fremetti dell’audacia del mio stesso gesto e della risposta più che invitante del suo corpo.
Ma che diavolo stavo facendo? Bella era ancora sconvolta per l’incubo che l’aveva strappata al sonno ed io ne approfittavo per baciarla, compiacendomi che avesse una reazione più che naturale date le circostanze? Non ero migliore del mostro che aveva turbato i suoi sogni …
Mi irrigidii e mi scostai un po’ da lei per guardarla negli occhi. Mi accorsi che era in imbarazzo, perché si stava mordicchiando il labbro inferiore, con lo sguardo rivolto in basso.
Le misi un dito sotto al mento e la costrinsi delicatamente a guardarmi: «Bella non vergognarti con me, te ne prego. Negli incubi si riversano le tensioni e lo stress che abbiamo accumulato, e direi che tu ne devi smaltire parecchio. E’ perfettamente normale. Non devi sentirti in imbarazzo …» mi guardò sbattendo le palpebre, come a riscuotersi dai suoi pensieri. Il nocciola dei suoi occhi era intenso, reso brillante dalle lacrime.
«Lo so, è solo che … scusami, non volevo che ti preoccupassi per una cosa così futile, mi sento così stupida …» sospirò e riabbassò gli occhi.
«Ti … ti ringrazio per essere venuto in mio aiuto, ora mi sento meglio. Credo che mi riaddormenterò» e sprofondò nel letto riacciuffando le lenzuola cadute e tirandosele su fin quasi sopra la testa.
Mi stava congedando.
Mi alzai rapidamente e le sorrisi sfoderando un atteggiamento rilassato. Mi abbassai repentinamente e la presi tra le braccia con tutta la coperta e mi diressi con passo sicuro fuori dalla stanza.
«EDWARD, ma cosa fai?» Bella lanciò un gridolino non appena si accorse che l’avevo alzata di peso.
«Ti scorto nella mia stanza, ovviamente. Non potrei mai lasciarti in una camera con la porta divelta, privandoti della tua privacy» e naturalmente che chiunque passando potesse guardare la mia Bella mentre era incosciente nel sonno, era decisamente fuori questione.
Si agitò un po’ tra le mie braccia e sentii il calore salirle al viso.
Era arrossita!
«Oddio, non preoccuparti. Non … non è necessario. Davvero» le sue proteste si affievolirono contro il tessuto della coperta. Poi, sconfitta, borbottò piano «Alice mi ucciderà».
Feci un sorriso. «Non temere, sarà comprensiva» e pensai che se si fosse mantenuta anche ragionevolmente alla larga l’avrei ricompensata con un bel regalo. Spalancai la porta della mia camera e la depositai sul divano. «Sono mortificato se stanotte starai un po’ scomoda. Domani rimedieremo». La guardai accoccolarsi in un angolino con le coperte strette attorno a sé.
Con le guance in fiamme, gli occhi brillanti e i capelli in disordine non mi era mai apparsa tanto incantevole. La desideravo come non mai.
Sospirai piano e mormorando un «Buonanotte, allora» uscii chiudendomi piano la porta dietro di me.
Bella era sulle sue, era confusa e timorosa. Avremmo dovuto chiarire parecchie questioni, ma per adesso era nella mia stanza, circondata dalle mie cose, dal mio odore.
E, per stanotte, era ancora mia.

Sorrisi beato sentendola sospirare.

BELLA
Mi dibattevo come un leone. Non avrei ceduto senza resistere, ma non avevo tenuto in conto la forza delle sue braccia. Quel mostro voleva abusare di me, farmi del male.
Ma le braccia forti, fredde che mi stringevano, non mi forzavano in alcun modo … no, QUELLE braccia non avrebbero potuto farmi del male. Mai. Di questo ne avevo sempre avuto la certezza.
Edward non avrebbe mai usato la sua forza fisica contro di me.
Ascoltavo le sue parole affannosamente, ma erano dolci, calme, rassicuranti. Mi tranquillizzai presto non appena realizzai che avevo avuto solo un incubo. Ma con la calma, arrivò anche la consapevolezza che dall’incubo ero passata al Paradiso.
Edward mi cullava dolcemente ed io avevo la testa appoggiata sulla sua spalla. Inconsapevolmente presi un respiro profondo, per apprezzare appieno il suo odore e mi accoccolai meglio vicino a lui, strofinando il naso contro il colletto della sua camicia.
Il suo odore di miele, di sole, di lillà, mi riempì la testa. Ebbi un capogiro.
Non avevo alcuna voglia di allontanarmi da lui, anche se sapevo che c’erano tanti sospesi tra noi, anche se domani mi avrebbe lasciato per andarsene di nuovo. Ero fra le sue braccia, l’unico posto al mondo dove mi sentissi realmente bene, realmente a casa.
Sentii qualcosa di freddo sfiorarmi il collo. Trattenni il respiro. Forse mi ero sbagliata, forse era solo il suo fiato gelido che aveva raggiunto la pelle scoperta del capo. Ma poi, avevo sentito le sue labbra morbide posarsi sulla base della mia nuca e il mio corpo era stato scosso da un brivido di piacere.
Oh al diavolo i buoni propositi, adesso mi giro e lo bacio. Pensai febbrilmente.
Ma proprio mentre formulavo questo pensiero, lo sentii scostarsi da me. Ecco ora mi chiedeva scusa per essersi fatto tentare dal mio sangue e se ne andava per sempre. Senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi attendevo le sue parole nervosa, lo sguardo in basso sulle mie mani.
«Bella non vergognarti con me, te ne prego. Negli incubi si riversano le tensioni e lo stress che abbiamo accumulato, e direi che tu ne devi smaltire parecchio. E’ perfettamente normale, non devi sentirti in imbarazzo …» mi persi un attimo nella sua voce melodiosa. Mi accorsi di come dovevo apparire ai suoi occhi: isterica, fuori controllo, pronta ad assalirlo, praticamente … umana.
Raccolsi le briciole della mia dignità ormai sparse per terra, lo guardai e dissi «Lo so, è solo che … scusami, non volevo che ti preoccupassi per una cosa così futile, mi sento così stupida …». Non riuscivo a vederlo bene perché eravamo in penombra, ma i suoi occhi luccicavano e la sua pelle diafana riluceva al chiarore dei raggi lunari che penetravano dalla finastra. Non riuscii a leggere la sua espressione, ma sentivo il suo respiro gelido vicino al mio viso. Sospirai e riabbassai gli occhi. Temevo che vi leggesse il mio desiderio di lui.
Che idiota che ero! Volevo che mi rifiutasse ancora?
«Ti … ti ringrazio per essere venuto in mio aiuto, ora mi sento meglio. Credo che mi riaddormenterò» e mi tirai le lenzuola quanto più su era possibile raccogliendole a tentoni dal pavimento dove erano cadute. Magari il letto mi avrebbe inghiottito …, ma con orrore mi resi conto che stavo volteggiando a mezz’aria.
Mi aveva preso in braccio, ma dove mi stava portando? Mi sbatteva fuori di casa?
«EDWARD, ma cosa fai?» chiesi con voce stridula, un po’ timorosa, il cuore che voleva uscirmi dal petto. E lui serafico «Ti scorto nella mia stanza, ovviamente. Non potrei mai lasciarti in una camera con la porta divelta, privandoti della tua privacy»
Il solito galantuomo, l’avrei dovuto immaginare. Cercai di protestare, ma senza risultato e, soprattutto senza convinzione. Pensai ad Alice, e rabbrividii. Mi avrebbe fatto la pelle. Non mi ero neanche accorta di aver dato voce ai miei pensieri, ma dovevo averlo fatto perché lui mi disse con voce allegra «Non temere, sarà comprensiva.» Comprensiva? Mi avrebbe torturata!
Mi appoggiò delicatamente sul divano della sua stanza e mi guardò con gli occhi scuri, intensi. Arretrai cercando di darmi un contegno e divenni di un brillante rosso scarlatto quando, con cavalleria, mi disse «Sono mortificato se stanotte starai un po’ scomoda. Domani rimedieremo». Non riuscii a pronunciare alcuna parola. Ci fissammo per un breve attimo, i suoi occhi si addolcirono e si schiarirono, poi uscì dalla sua camera.
Rimasi immobile.
In fine, un sospiro uscì dalle mie labbra.


   
 
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