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Autore: Treasa    27/04/2009    1 recensioni
Il racconto probabilmente rimarrà incompiuto. Ora sto lavorando seriamente ad un altro, quindi dubito che continuerò questo. Comunque sia, questo è il primo capitolo della storia di Drìell, una ragazzina che vive un mondo fantasy. La storia si concentrà però più in particolare sulla vita personale di Drìell, che sul mondo fantasy che la circonda. Aspetto commenti, sia buoni che meno, a patto che siano costruttivi! =)
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Acqua. Sinuose scaglie d’acqua cominciavano a provenire dal cielo. Le osservavo dalla riva del grande stagno in mezzo al mio giardino.
La testa rivolta verso l’alto, a cercare vagamente di udire il lamentoso suono delle gocce di pioggia, prima del loro inaspettato arrivo.
Impresa pressoché impossibile, giudicando che qualunque fossero le miei buone intenzioni, e il mio udito inafferrabile, finivo sempre per ritrovarmi di colpo una goccia sul naso, sulle labbra, sulla fronte, o sul palmo di una mano.
Fino a quando mia madre, ore 12.01, mi chiamava a gran voce per l’ora del pranzo.
« Drìel, prendi un cestino di insalata e fila in cucina, è pronto! »
E non ero più succube di quello strano incanto, e potevo aprire la bocca, e respirare.
Mi alzavo in fretta, pulendo la gonna dalle foglie autunnali rimaste appiccicate sopra, e, preso il cestino rosa pallido in mano, mi avviavo verso l’orto, aspettando da un momento all’altro il tuono propiziatorio all’inizio della precipitazione vera e propria. Strappavo le foglie di insalata malamente, sprecandone parte di esse che, con la mia irruenza, finivano irrimediabilmente a terra. Non badavo all’esterno, ero persa nei miei pensieri, dedicati interamente al temporale che stava per cominciare.
Avevo sei anni, allora. E mi piaceva ancora giocare, e mi piaceva ancora parlare. Poco, solamente con mia madre, ma lo facevo.
Alzavo il capo un’ultima volta, prima di addentrarmi nel porticato e raggiungere l’interno.
Osservavo le cime dei sinuosi alberi chinarsi verso Sud, seguendo la tormentata scia del vento.
E scrutavo i cespugli, sperando di non vederne uscire un qualche Liitlyo, volpi segugio color vaniglia scuro, grigio perla, o nero, e dall’inconfondibile coda spinata. Provenivano dalla Cresta Ovest, troppo lontana da qui, certo, ma era meglio starne certi. Per di più, almeno ultimamente, avvisavano di non avvicinarsi troppo ai boschi, perché ne erano state avvistate un paio a Lendhor, una cittadina più ampia della nostra ai piedi del fiume Sciayehn.
Quel bosco mi incantava ogni volta che lo osservavo. Era come uno stupefacente, senza però conseguenze pressoché negative.
« Drìel! »
E un tuono, rombante. Eccolo, arrivato finalmente. Una fitta e fragile pioggerellina cominciò a ticchiettarmi la testa, e fui quindi costretta a rintanarmi sotto la tettoia.
Una nebbiolina fluorescente m’impediva la vista dell’entrata nel bosco. Tanto meglio, dovevo smetterla di farmi paranoie, mai fasciarsi la testa prima che sia rotta! Sì, però, se magari te la fasci subito, quando sbatti ti fai meno male…
Molto spesso non avevo fame. E allora, portate le foglie di insalata all’interno, lavate sotto l’acqua gelida di una tinozza, e poste in bella vista in una carina scodella sopra al tavolo, mi rintanavo sotto il portico, obbligandomi con qualsiasi forza disponessi di non osservare il bosco.
Il modo più promettente era quello di osservare i ghirigori su ogni lettera sulla tavoletta di legno con il nostro indirizzo. Mia madre ci aveva messo parecchio ad inciderla, e sembrava esserne stata parecchio soddisfatta.
Bruruuuum!
Un altro tuono, segno che il temporale andava peggiorando. Un tuono proprio mentre stavo per concludere i ghirigori incisi nel mio nome, che coincidenza stupida. Aguzzai la vista sopra il mio nome, tentando di capirne il senso. Ma non il senso del susseguirsi di lettere il sé.

Casa Lìoch, N° 1111, Viale Sempreverde, Galehia ~
Margaryta Edyan Lìoch ~
Drìell Ewan Lìoch ~

  
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