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Autore: Cacciatrice di Risate    15/08/2016    1 recensioni
Grace Matthews, cugina ma allo stesso tempo grande amica di Giusy, non può pensare a un’estate peggiore di quella che sta per affrontare. Non solo la passerà a lavorare, ma Brian Newton, il ragazzo più odioso che lei conosca, la affiancherà in cucina a preparare dolci.
Tra la panna e i dispetti, il caldo e il mare gelido, con tanto di odio e un pizzico d’amore i due non saranno un minuto in pace con se stessi.
Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. (Odio e amo. Per quale motivo io lo faccia, forse ti chiederai.)
Nescio, sed fieri sentio et excrucior. (Non lo so, ma sento che accade, e mi tormento.) - Catullo
(Per conoscere la storia di Giusy passate dalla mia storia "Panta Rei")
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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ODI ET AMO


 
Capitolo 1. Pioggia di cacao


Odio Brian Newton con tutta me stessa. Non ho mai conosciuto un ragazzo più superficiale, maleducato, arrogante e affascinante allo stesso tempo come lui. Ha vaporizzato ogni mio briciolo di pazienza, ogni volta che lo vedo cambio strada, mi copro gli occhi, lo evito come la peste. E lui fa lo stesso con me.
Da quando ho scoperto che i miei zii l’hanno scelto come cuoco nel loro stabilimento balneare insieme a me, sono andata su tutte le furie. Ho fatto di tutto per non averlo di fianco per tutta l’estate. Mi sono offerta di cambiare professione, scegliere sala piuttosto che cucina, ho pure cercato di licenziarmi. Ma i miei zii ci tengono troppo ad avere la cara e giovane nipotina Grace con loro, come tutte le estati.
Non so nemmeno io quanto darei in questo momento per essere insieme a mia cugina, Giusy, che si diverte con il suo fidanzato e i suoi amici in spiaggia.
Mi dirigo verso la cucina, per la prima giornata di lavoro di quest’anno. Da sola. Insieme a Brian.
 
Ho conosciuto questa rara specie di scimpanzé quando ero nella culla. Le nostre mamme, storiche amiche dai tempi del liceo, hanno partorito lo stesso giorno, nello stesso ospedale e a distanza di due ore, quindi ho anche avuto la sfiga di festeggiare il nostro compleanno insieme fino all’età di dieci anni. Quando ne stavo per compiere undici, ho capito che non avrei più dovuto avere che fare con quel primate, che purtroppo abitava vicino a casa mia. Fin da piccolo era sempre stato un essere che si credeva superiore, i giochi li sceglieva sempre lui, doveva vincere sempre lui, doveva essere più bravo lui… E cose del genere che io non ho mai sopportato. Però, siccome ero solo una bambina, lo vedevo come un normale comportamento da creature ancora giovani per capire le cose veramente importanti nella vita, ma mentre io crescevo e maturavo, il suo cervello si rimpiccioliva sempre più, fino a diventare quasi invisibile. Non mi sembra strano infatti che tutte le ragazze che si porta a letto siano delle oche con un fisico perfettamente tonico e un quoziente intellettivo pari a zero. Le galline nella fattoria dei miei genitori sanno ragionare molto più frequentemente.
Dicevo, che quando ho iniziato ad evitare Brian, lui si è arrabbiato tremendamente, accusandomi di essere soltanto una smorfiosa, e da allora il nostro odio non se n’è più andato.
 
“Ciao” mi saluta Brian, quando mi vede entrare in cucina. Wow, i miei zii hanno anche osato sistemarlo alla mia postazione dolci. Fantastico.
Gli lancio un’occhiata omicida.
“Ti sei svegliata benissimo, vedo” commenta, con un furbo sorriso, lasciando intravedere i denti bianchi. Un giorno, grazie a un mio pugno ben assestato, si ritroverà solo con una dentiera.
“Non parlarmi” rispondo acida, iniziando a leggere il programma pasticceria del giorno. Sì, più che primi piatti di trofie con gamberetti e zucchine, preparo i dessert. Ma può accadere che qualche giorno vada a preparare menu di pesce quando gli altri cuochi ne hanno bisogno.
“Volevo solo instaurare un rapporto di calma tra noi, ma… Come vuoi” poi inizia a fischiettare fastidiosamente e si avvicina a me per guardare il programma. Faccio finta di niente, cercando di non avvertire la sua presenza. Cosa alquanto difficile, purtroppo.
“Per colazione dessert di panna e ricotta al caffè, crostata alla frutta e Mousse di fragole… Sono quasi le cinque e mezza del mattino, la colazione inizia alle otto, ce la faremo. Ma dobbiamo collaborare” la voce di Mary dietro di me mi fa prendere uno spavento che quasi cado addosso a Brian. Esperienza terribile, non la consiglio a nessuno.
“Mary! Per fortuna ci sei anche tu!” la abbraccio felice. Non mi aspettavo che al reparto dolci ci fosse anche lei. L’anno scorso si occupava di antipasti di mare.
“Tua zia mi ha mandata qui in soccorso. Ha paura che voi due insieme possiate combinare qualche disastro…”
“Come ucciderci a vicenda con i bellissimi e affilati coltelli che dispone questa fantastica cucina” dico, sorridendo serafica.
Mary scoppia a ridere. “Proprio così. Comunque direi di cominciare. Chi si occupa della panna e la ricotta al caffè?”
“Io preparo la Mousse di fragole” dico, alzando le mani. È una ricetta che mi viene benissimo, è semplice e veloce.
“No, quella la faccio io” mi interrompe immediatamente Brian. Ti pareva. Lo so per certo che lo sta facendo per farmi innervosire.
“Brian, prima le donne, no?” ribatte Mary. La adoro. So che è sempre dalla mia parte. Nonostante abbia ventisette anni, dieci in più di me, la sento ancora un’adolescente.
Brian arriccia il naso e scrolla le spalle. “Allora la crostata alla frutta”
Mary sorride. “D’accordo. Mettiamoci al lavoro. E chiunque abbia dubbi su qualcosa, qualsiasi cosa, anche la più semplice, non esiti a chiedere aiuto”
Una volta calato il silenzio e scelto l’angolo del cucinino più lontano da Brian, comincio a tirare fuori il necessario per la Mousse. Sul foglio c’è scritto che ventisei persone hanno ordinato questo dolce, quindi come dice la zia, ne devo preparare per più di trentasei. Meglio avere cibo in più che in meno, è il suo motto.
Dopo aver messo ammollo un bel po’ di fogli di gelatina, guardo Brian. Non l’avrei mai detto, ma se la cava con la cucina. Sta sbucciando e tagliando le pesche a una velocità impressionante. Lui è messo meglio. Deve preparare per venti persone.
Mary invece, è quella più in difficoltà. Un po’ mi dispiace per averle lasciato il compito più difficile, ma lei ha anche molta più esperienza di me. Deve preparare il dessert di panna e ricotta al caffè per ventotto persone. Il dolce è impegnativo. Non così semplice.
Il resto della gente che non ha ordinato nulla, o non fa colazione o beve un semplice cappuccino con una brioche al bar.
 
L’ultimo passo per la Mousse è versarla in una sac à poche e metterla in frigorifero per circa 15 minuti.
Sono soddisfatta del mio lavoro, ma ero già sicura del buon risultato, perché ho sempre preparato questo dolce a casa, fin da piccola.
Osservo invece divertita Brian, che si è bloccato nel momento in cui è arrivato il momento di formare delle striscioline di pasta frolla da disporre incrociate sulla crostata. Sta osservando pensoso il tavolo da cucina su cui è posto il dolce. Si volta poi da Mary, intenta a prendere gli stampini da semifreddo dove era già stato preparato il composto per il dessert. Quando si accorge di essere osservata, alza lo sguardo.
“C’è qualcosa che non va?” domanda, passandosi un asciugamano sulla fronte sudata.
“Non sono sicuro di come mi riusciranno le strisce di pasta frolla. Soprattutto perché poi non sarà semplice adagiarle sulla crostata” mormora, visibilmente imbarazzato, è così perché sa che lo prenderò in giro fino alla morte. Preparare la crostata è più o meno un gioco da ragazzi.
“Ti aiuterà Grace” dice sorridente.
La guardo in cagnesco.
“Mi sembra che tu debba far raffreddare la Mousse nella sac à poche, puoi aiutare benissimo Brian. Io sono occupata” si giustifica, alzando le spalle.
Borbotto qualche insulto addirittura incomprensibile alle mie orecchie. Mi avvicino allo scimpanzé come se stessi andando al patibolo.
Gli mostro con estrema cura come formare le strisce di pasta frolla senza rischiare di creare qualcosa di orribile e ne sistemo una sulla crostata. “Bisogna formare delle losanghe” gli spiego.
Sento il suo respiro sul collo. Maledizione, perché somiglio a mia mamma, la nana delle più nane del mondo? Sono bassa come un tappo! E perché Brian deve sembrare ad un armadio? Un armadio scarso e con la muffa, precisiamo.
“Stai sbagliando, le strisce di pasta frolla che stai facendo sono troppo schiacciate. Non ce le hanno insegnate così ai corsi di cucina, Grace” replica, facendo il maestrino.
Prendo il coltello con cui ha tagliato la frutta prima, e lo alzo in direzione del suo viso. “Stai muto”
“Ho capito, ho capito” borbotta. “Puoi anche andare”
“Non vedevo l’ora” ribatto, infastidita. Non mi ringrazia neanche. Il mio livello di pazienza per oggi si sta quasi esaurendo.
 
Sono circa le nove del mattino e la pausa nella sezione dolci è cominciata da poco. Non è relax vero e proprio, perché dobbiamo comunque preparare la base per le due torte che dovranno essere pronte per dopo pranzo. È anche vero che si può fare qualche giro per lo stabilimento, incontrando le altre persone che lavorano e fare due chiacchiere, e in casi estremi, quando proprio non hai nulla da fare, ti danno il permesso di fare un giro in spiaggia.
Esco dalla cucina e percorro le scale in discesa che portano alle piscine. Adoro questa parte dell’impianto. Ci sono cinque piscine completamente diverse: la prima è calda, con idromassaggio incorporato, la seconda è fresca, sempre con idromassaggio, la terza è la piscina di due metri, con tre scivoli e un trampolino, la quarta è media, circa un metro e mezzo di acqua, con uno scivolo ripidissimo e l’ultima è la piscina per i bambini, con due scivoli semplici dove i bambini amano lanciarsi.
Da piccola passavo ogni estate qui, e ricordo che era più il tempo che trascorrevo alle piscine che al mare. Forse perché dove vivo ho l’oceano di fianco a casa e per me la piscina era qualcosa di nuovo.
Mi siedo sullo sdraio e osservo una bambina, con un costumino rosa chiaro, che sale le scale per scendere dallo scivolo. Appena finisce nell’acqua, un ragazzo la prende al volo, presumo il fratello. La piccola ride e lui anche, stringendola a sé. Guardo questo episodio di dolcezza con occhi sognanti, quando sento qualcuno che mi bussa sulla spalla.
Mi volto e… scopro che il mio momento pacifico è finito. Brian ha un’espressione annoiata, che lo rende ancora più stupido di quanto lo sia già. Evito di dirglielo per non cominciare una guerra di insulti come sempre.
“Si torna in cucina” mi riferisce, con un piccolo sorriso beffardo.
“Di già? E perché?” domando, stupita. Gli altri anni avevamo molto più tempo per riposarci.
“Tu vieni e basta, Miss Acidità” esclama, risalendo le scale.
Oh wow, Miss Acidità mi è nuova.
Comunque, mi limito a seguire quel primate. A metà strada mi chiedo anche perché io lo abbia ascoltato e seguito, ma preferisco non farmi altre domande.
Metto un piede dentro la porta della cucina e mi ritrovo una mano di panna in faccia.
Resto pietrificata sull’entrata.
Un solo nome troneggia nella mia mente.
Brian.
“BRIAN!” grido, togliendomi con un gesto veloce la panna dagli occhi. Salto addosso a quel… Ormai ho finito il vocabolario degli insulti per lui.
Lo sento lamentarsi. Cerca di divincolarsi ma la mia presa è forte, le mie gambe gli imprigionano la vita e cerco di allungare il braccio verso la confezione di cacao in polvere. La apro e inizio a versargliela in testa, non tutta altrimenti Mary mi ammazzerebbe per sprecato cibo e sporcato la cucina, ma non ho comunque finito. Brian muove qualche passo verso il frigorifero, involontariamente, mentre cerca di liberarsi di me, e io apro l’anta prendendo la scatola delle uova. Ne tiro fuori una e mentre sento il lamento disperato del mio aggressore la apro e la spiaccico sui suoi poveri capelli biondi.
Dopo aver fatto questo, torno a terra soddisfatta, osservandolo imprecare.
“Ma che ti salta in testa?” urla.
“A me? Che ti salta in testa, A TE, forse! Sei uscito di senno!”
“Il mio voleva essere solo uno scherzo! Non ti ho rovinato così i capelli!”
“Si da il caso che io non ho assolutamente rovinato i tuoi capelli” ribatto, sorridendo. “L’uovo nutre il cuoio capelluto, per far sì che i capelli abbiano più volume e siano più sani. Non sei felice?”
Brian non ha ascoltato niente di ciò che gli ho appena detto, o comunque fa finta di non aver sentito. Continua a lamentarsi.
“Mary! Mary, vieni qui!” urla ad un certo punto.
“Ma sei matto?” gli tappo la bocca il più veloce possibile. “Dobbiamo pulire prima che arrivi! Se vede la cucina in questo stato, per quanto lei possa essere tenera e amorevole, ci ammazzerà!”
Troppo tardi. Non solo sulla porta appare Mary, ma anche Clarck, l’addetto alle cucine. Lui è un vero e proprio mostro.
Osservano allibiti la stanza. Io e Brian siamo immobili, tutti sporchi, uno di fianco all’altro, paralizzati dalla paura.
“Non voglio sapere il motivo di tutta questa pagliacciata, ma per punizione di ciò che avete appena fatto, il martedì di ogni singola settimana, sarete spostati per un’intera giornata nei bagni dello stabilimento a pulire i cessi” dice Clarck, serio. “E adesso datevi una mossa a sistemare questo caos”








ANGOLO AUTRICE
Salve a tutti! Vi siete imbattuti in una delle storie più pazze di Efp. Non so se riuscirete a reggere. Quindi preparatevi ;)
Per leggere il racconto su Giusy nella lista delle mie storie c'è "Panta Rei" :) Non ho nient'altro da dire se non che spero vi piaccia e che non sono per niente puntuale negli aggiornamenti ahahah ♥
Ringrazio già in anticipo chi inizierà a seguire questa storia.
Un abbraccione,
Cacciatrice di Risate

 
   
 
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