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Autore: Colli58    15/08/2016    4 recensioni
Era ancora così difficile pensare ad un altro anno senza una presenza: le mancava sua madre. In quel giorno specifico avrebbe dovuto uscire e andare al cimitero, il tempo inclemente non glielo permetteva così come il suo apprensivo consorte. Si sentiva un po’ a terra, non del tutto triste.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'Achab Story'
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Era ebbro di piacere. Nessuno dei due parlava ma sentivano entrambi il respiro affannato dell’altro. Fece scorrere le mani sulle curve del corpo di Kate, il seno rotondeggiante e più pieno del solito stava ancora nella coppa della sua mano. Assecondò con dolcezza il lento oscillare del corpo di lei in una meravigliosa danza.
Kate rilasciò tutta la sua tensione lasciandosi cadere leggermente all’indietro verso Castle, che approfittò della vicinanza per lasciarle una serie di baci caldi sulla schiena sudata. Liberò una mano da quella meravigliosa sensazione tattile per puntellarsi e raddrizzarsi a sedere verso Kate che nel frattempo scivolò con i fianchi in avanti, sciogliendo il loro legame. Espirò a lungo compiaciuta. Castle accompagnò il suo movimento fino a fare aderire la schiena di Kate al suo torace. Il mugolio intenso di Kate lo fece sorridere mentre mordicchiava gentilmente il suo collo esile. Era così gratificante.
Quando la passione si era scatenata, era stato arduo controllare kate. Difficile cercare di moderare la sua foga. Nei mesi precedenti Castle aveva capito, dalle sue reazioni, che poteva provare un intenso piacere nel sentirsi guidata in movimenti più profondi, più intensi, domando la forza che solitamente la contraddistingueva.
Era una battaglia incredibile ma aveva raggiunto alcuni obbiettivi interessanti: lei non si arrabbiava più perché era ovvio che il bene del loro piccolo fosse prioritario, da donna passionale quale era, Kate riusciva sempre ad avere la meglio su di lui. E per meglio intendeva quel tipo di meglio. Lui ci impazziva sempre.
“I miei pensieri su di te sono quasi illegali…” Glielo sussurrò nell’orecchio, ancora ansante, sensuale all’ennesima potenza.
Lui gemette e con voce roca rispose sulla pelle del suo collo: “Quando mi dici queste cose mi fai morire!”
Kate espirò sorridente e ancora completamente in balia degli spasmi del piacere.
La loro intesa fisica aveva dell’incredibile.
Eccitazione, tempi, i loro che corpi sembravano fatti su misura per darsi piacere reciproco. Il loro modo di cercarsi giocoso e passionale, disinibito e talvolta adorante.
Kate non aveva mai pensato di raggiungere tanta sintonia con Rick anche in quella particolare condizione che richiedeva attenzione e la giusta misura per non danneggiare la salute del loro bambino.
I loro rapporti intimi non avevano perso in eccitazione e i risultati erano sempre strepitosi. Avevano giocato con i loro corpi, erano creativi e curiosi in fondo, così il manuale del sesso in gravidanza era stato un buon punto di partenza per evolvere in qualcosa di sicuro e allo stesso tempo molto appagante per entrambi.
“Se questo era un diversivo per smettere di farti domande, direi che sono disposto a replicare. Abbiamo tutta la giornata.”
“Non prima di una piccola pausa…” Ansimò Kate muovendosi compiaciuta.
Castle rise. “Beh... sì, credo di averne bisogno!” Lei sgambettò divertita riprendendo il controllo dei muscoli adduttori e poi si alzò rapidamente facendo una V con le dita della mano. Scappò verso il bagno. Urlò “Pipì!” dall’altra stanza e Castle ridacchiò. La sua autonomia era ridotta al limite.
Si sistemò su un fianco, cercando di dare una rassettata alle lenzuola. Espirò profondamente, beandosi della vibrante sensazione di piacere. Attese il suo ritorno e l’accolse accanto a sé sgranando gli occhi davanti al suo seno appetitoso. Non vedeva l’ora di tornare ad accarezzarlo.
Kate si stese supina, raccogliendo le gambe portando avanti il bacino e quindi il suo ventre rotondo.
Mise una mano sotto la propria nuca e l’altra la infilò nei capelli scompigliati di Castle. In pochi secondi la mano di Rick si posò su di lei accarezzando con delicatezza la sua pancia. Con uno sguardo Kate richiese un bacio e che lui si stringesse a lei.
“Usi il sesso per ammutolirmi.” Decretò Castle infine.
“Non mi riesce per molto.” Continuò ad accarezzargli i capelli. Si scalciarono vicendevolmente.
“Dispettosa.” Kate gli restituì una linguaccia.
Si fissarono intensamente per alcuni secondi fino a che Kate distolse lo sguardo.
Castle avrebbe voluto qualcosa in più, lei aveva barato giocando la carta sesso. Certo lo aveva desiderato intensamente e non aveva voluto aspettare un eventuale dopo, ma una parte di lei gli doveva qualcosa. Dai suoi occhi capiva che Rick era ancora in attesa. Lo conosceva e lo amava anche per quella sua insistenza. Sì, ammetteva che ogni tanto le ispirava un po’ di aggressività. Era perdonabile, tollerabile.
Doveva provarci.
“Ti sei soffermato sulla foto del primo giorno di scuola.” Disse a bassa voce.
Castle si posizionò meglio per volersi godere in modo più comodo la storia interessante che si aspettava.
“Mi racconti il tuo?” Chiese lei spiazzandolo.
“Solo se poi tu mi racconti il tuo.” Kate cercò di obbiettare e lui le mise un dito sulle labbra. “Non provare a fregarmi, mi potrei arrabbiare molto…”
“Se tu lo racconti per primo mi sentirei meglio.”
“La mia non è stata una gran giornata.” Gli rispose con scarso entusiasmo.
Kate lo studiò. “Di solito per te tutto è un’avventura.”
Castle negò ondeggiando il capo. “Avventura? Ero un ragazzino paffuto e vestito con una giacca di seconda mano. Un piccolo alienato che viveva in un mondo astratto, fatto di gente adulta ubriaca quasi ogni sera e camerini pieni di costumi variopinti. Ero impreparato alla cruda realtà di una scuola pubblica, io che venivo dal mondo della finzione teatrale.” Sbuffò alzando le spalle. Kate accarezzò la sua testa dolcemente. Dimenticava spesso che Rick non era nato né ricco né benestante.
“La sera prima mia madre mi aveva lasciato a casa con una babysitter dell’ultimo minuto. Mi aveva detto che dovevo andare a dormire presto per essere pronto per la scuola. Lei rientrò alle 11. Io ero già a letto e finsi di dormire perché ero preoccupato. Non devo aver dormito molto.”
“Preoccupato? In che modo?” Lo incalzò Kate, curiosa e allo stesso tempo dispiaciuta della piega che stava prendendo quella storia.
“Alle prove tutti mi dicevano che la scuola era una noia, si lamentavano di aver avuto insegnanti crudeli e che come prima regola di sopravvivenza dovevo evitare di discutere con quello più grosso della classe. Cose del genere…”
Kate sorrise. “Ti hanno rincuorato! Martha che ti ha detto?”
Castle fece una smorfia. “La mattina dopo mi preparò la colazione ma non avendo fatto la spesa non c’era nulla più di un paio di mele da portarmi come merenda. Così uscimmo velocemente per andare a scuola. Anche mamma ricordo… era tesa. Mi disse che tutte le persone dovevano avere un’occupazione nella vita. Per i bambini il primo impegno lavorativo era la scuola, anche se non venivamo pagati.” Era strano ricordare quella giornata che era stata a lungo il suo incubo peggiore.
“Fà del tuo meglio, Kiddo! Mi esortò, aggiungendo che la cultura avrebbe fatto la differenza nel mio futuro.” Era stata particolarmente diretta, Castle ricordava non fosse un periodo felice per il suo lavoro di attrice e a soldi non stavano messi bene.
“E’ stata molto sincera, forse troppo…” Commentò Kate, presa alla sprovvista da quella risposta.
“Mi comprò delle caramelle e mi accompagnò a scuola. Vivevamo in un piccolo appartamento a Brooklyn e la scuola non era distante, ma era abbastanza misera. Entro la seconda ora mi avevano già rubato le mele e presi uno schiaffo mentre cercavo di tenermi le caramelle.”
Kate strinse gli occhi, provando una sorta di dolore empatico. Si pentì di averglielo chiesto.
Rick sorrise malinconico. “Quando mi tornò a prendere alla fine delle lezioni aveva con sé una borsa voluminosa e prima di rientrare a casa comprammo della pizza. Aveva fatto la spesa e mi aveva preso un po’ di cose di cui ero goloso. Sapeva già che non sarebbe stata una giornata facile e voleva tirarmi su il morale.”
“Ti conosceva bene. Eri il suo bambino… e lo sei ancora.”
“Già…” Rispose con voce greve. Kate osservò il suo sguardo e i suoi occhi farsi di un blu intenso, difficile da evitare. “Aveva anche ragione. La cultura per me ha fatto la differenza.”
Fu il turno di Kate di dover raccontare. Castle le lasciò alcuni minuti per rimuginare e poi la invitò a parlare occhieggiando impazientemente.
“Ci eravamo preparate da molto sai… Vestiti nuovi, una cartella trendy, cancelleria nuova di zecca. Avevamo fatto shopping insieme ed io ero entusiasta.” Sospirò con un sorriso.
Castle annuì incuriosito. “Già secchiona prima di iniziare…” Si prese uno scappellotto.
“Mi lasci continuare?”
“Scusa, volevo partecipare…”
“Fallo in silenzio Castle.” Lo rimbrottò. Lui mimò di cucirsi le labbra.
“Avevamo parlato a lungo della scuola, i miei genitori avevano scelto una scuola privata molto qualificata. Mia madre mi aveva raccontato del suo primo giorno di scuola, delle cose nuove da imparare.”
Castle annuì. “Sapevi già scrivere e leggere immagino.”
“Tu no?” Rispose lei punzecchiandolo.
Lui finse di guardare in alto. “Non ero del tutto sgrammaticato ma allora non mi ero applicato molto. L’amore per la lettura e venuto subito dopo.”
“I miei genitori avevano fatto molto per avvantaggiarmi, con mia madre facevo piccole sedute di lettura e scrittura, con papà facevo i primi passi con la matematica.”
“Ma quando giocavi?”
“Castle?” Kate lo fulminò con lo sguardo. Suo marito era davvero un grandioso impiccione.
“Scusa, continua!”  Si scusò cercando di non farsi picchiare.
“Come Martha anche mia madre mi aveva spiegato che l’unico mio onere da bambina era riuscire bene a scuola, era la mia incombenza e l’unica cosa di cui dovessi preoccuparmi. Probabilmente si aspettava che io capissi l’importanza della giusta preparazione per riuscire nella vita.”
Castle sgranò gli occhi. “Le nostre madri ci hanno dato più o meno le stesse motivazioni? Sono sconvolto. Insomma tua madre e la mia… beh…”
Lo sguardo di Kate lo raggelò. “Smettila di criticare, Martha è più in gamba di quanto pensi.”
“Lo so, è sopravvissuta a tanti eventi… e non è che sa tenersi fuori dai guai.”
“Hai ereditato molto da lei.”
“Continua Beckett…”
In quel momento avrebbe voluto picchiarlo. “Se la smetti di interrompere!”
“Lo so ma è così divertente… ok muto.” Si disse da solo. Gesticolò e lei prese il lobo del suo orecchio tra le dita. “La parola di sicurezza non ti salverà.”
Castle strinse le labbra. Non voleva che arrivasse a tanto e voleva sentire la sua storia. Si impose di fare il bravo e non commentare.
“La mattina del primo giorno mi svegliai presto. Ero molto eccitata all’idea di cominciare quell’avventura. Ero determinata. Mia madre mi aiutò a vestirmi con il mio splendido ed elegantissimo vestitino blu. La divisa della scuola era molto carina. Mio padre mi aspettava in cucina per la colazione. In modo più sintetico mi augurò buona fortuna. E’ sempre stato così, di poche parole nonostante fosse un avvocato.” Kate sorrise.
Era una bellissimo quadro quello dipinto da Kate, pensò Castle.
Un momento felice e indimenticabile. Non aveva certo vissuto quel giorno come lui, nell’incertezza e nell’angoscia di sentirsi completamente fuori luogo.
“Mamma mi aveva fatto le trecce e le aveva legate strette così che i capelli non sfuggissero facilmente. Mi sentivo perfetta credo. Mi accompagnarono a scuola entrambi…”
Si accorse solo allora dell’espressione di tristezza involontaria di Castle. Aveva percepito il vuoto che aveva contraddistinto il suo essere figlio di madre single.
Capiva ora più che mai il suo senso di smarrimento e la sensazione di abbandono che già aveva vissuto in mancanza di una figura paterna, passando ad essere lasciato in un luogo a lui sconosciuto e forse anche ostile.
Gli accarezzò la nuca, lentamente e pensando a cosa dire.  Lui si chinò a baciarle la punta del naso.
“Non è una colpa tua se sei stata una bambina felice ed io no…” Aveva interpretato perfettamente il suo pensiero.
“Lo so ma…”
“I ruoli si sono drammaticamente invertiti tempo dopo, non credi?” Era d’accordo. Ma continuava ad essere dispiaciuta per lui.
“Cosa avevi per merenda?” Chiese Castle per alleggerire il momento.
“Avevo un sandwitch al prosciutto e una fetta di torta allo yogurt.”
Castle spostò la testa all’indietro sul cuscino. “Ti è andata bene! Li hai mangiati?”
“Ovvio.”
“Non avevi compagni maneschi e ladri?”
“Eravamo in prima elementare…”
“A me hanno rubato le mele.” Disse con un’espressione di sconforto.
Kate scosse il capo. “Poi hai mangiato pizza però.”
“Sì, mi sono rifatto.” Sorrise.
In quel momento le balenò in testa una strana idea. Mele. La sua parola di sicurezza.
“Mele?” Pronunciò ad alta voce Kate.
Castle annuì sorpreso: sua moglie stava perdendo la cognizione delle cose per merito della loro stupenda performance tra le lenzuola? Che si fosse dimenticata di cosa fossero? Doveva preoccuparsi?
“Certo mele, erano rosse ed erano belle lucide.”
Lì per lì a Kate sembrò lampante un legame tra le due situazioni. “Mele Castle… c’è una connessione?”
Quando Castle realizzò di cosa stesse parlando aprì la bocca basito. “Non so…” Rispose ad un certo punto.
La guardò con tutta la sorpresa e la tenerezza del mondo. “Non ci avevo mai pensato… ma non è escluso.”
Si sorrisero complici.
“Beh, direi che ora ha un nuovo significato. Più… completo. Qualcosa che proprio non riesci a sopportare.”
Si allungò verso di lui lasciandogli un bacio schioccante sulle labbra morbide. “Sei una scoperta continua Castle.”
“Sono l’uomo del mistero.” Replicò rubandole nuovamente le labbra. “Giochiamo ancora?”
Lei si soffermò sul suo zigomo con le labbra indugiando vicino alle sue orecchie.
“Ti basta?” Sussurrò.
Castle fischiò. “No che non mi basta, il sesso con te non mi basta mai!”
“Non parlo del sesso Castle…”
Castle la fece sdraiare e cercò le sue labbra con un bacio morbido, dolce.
“Poi com’è andata? Cosa hai fatto dopo?”
Kate tornò con il pensiero a quel giorno. “Mi ricordo che la mattinata era volata. Quando sono uscita dovevo essere entusiasta perché mia madre mi ha sempre raccontato di avermi trovato sulla porta della mia classe con un aria molto soddisfatta.”
“Li avevi già messi in riga tutti?”
“No! Credo mi fosse piaciuta la scuola.” Kate trattenne un sorrisetto sbarazzino.
Si ricordava si aver fatto la sua prima sequenza di lettere scritte. Era stato facile visto che sapeva già scrivere.
“Tu, a parte le angherie subite, che cosa ricordi?” Le chiese quindi di rimando.
“Che la mattina non finiva più. Che c’era molto rumore, alcuni ragazzini chiacchieravano in continuazione. Sul livello didattico direi che non è stato un momento degno di nota!”
“Insegnante donna o uomo?” Lo incalzò Kate.
“Donna, sui sessant’anni. La signora Barrymore, una donna rassegnata, sciatta. Tu?”
Kate rise. “Donna, signorina Davis. Sui quaranta credo. Era gentile, vivace. Ci incentivava in modo brioso.”
“Siamo vissuti in mondi diversi prima di incontrarci eh?” Valutò Castle. “Com’è finita la giornata? Io ho mangiato pizza consolatrice…”
“Mia madre mi ha portato a casa, ci siamo rilassate a guardare le prime cose fatte e poi siamo uscite a bere un the in attesa che papà ci raggiungesse. E’ stata una giornata da piccola adulta. Almeno ricordo di essermi sentita così.”
“Mi sembra una giornata al femminile, una giornata mamma e figlia.” Valutò Castle mentre Kate lo osservava attentamente riuscendo quasi a percepire le sue sinapsi creare immagini con la sua fervida immaginazione.
“Sì, è stata una bella giornata.”
“Adesso mi intristisco io. Sono l’unico ad avere avuto un primo giorno di scuola da incubo? Se è vero addirittura ho coniato la mia parola di sicurezza in base e a questo ricordo disastroso!” Castle si era rigirato e lasciato cadere all’indietro sul materasso. “Tua mamma era fiera di te già allora.” Finì col dire.
Kate si voltò versi di lui. Annuì pensierosa. “Certamente anche la tua era fiera di te.”
Castle sbuffò. “Credo fosse preoccupata quanto me. Non era stato facile per nessuno dei due, siamo sempre stati lei ed io.”
Kate appoggiò le labbra alla sua spalla in un bacio fugace.
Lui tornò a voltarsi verso di lei.
“Mi hai raccontato una storia dolcissima e hai rivissuto momenti con Johanna che ti hanno fatto sorridere. Sono soddisfatto.”
“Quindi è ok?”
“Se ammetti che ricordare cose così belle fa bene, allora posso graziarti.”
“Quale magnanimità…” rispose sorridendo.
Castle accarezzò con il palmo della mano il suo seno nudo per scendere fino al ventre. “E se tu sei felice lui lo sente.” Il suo istinto le disse che suo marito si era smarrito in un pensiero intenso, il capo chino su di lei e gli occhi a fessura. Respirò e poi alzò il capo come a voler allontanare un pensiero triste. Era dispiaciuta di averlo fatto pensare a ricordi infelici. Era stata egoista.
“Credi che quello che abbiamo fatto prima l’abbia sentito?” Disse ad un certo punto Castle.
Kate rise. “Non mi piace pensare che mio figlio, non ancora nato, possa sentire noi fare sesso. Insomma non mi mette a mio agio…” Si era già lasciato alle spalle la tristezza, probabilmente solo per lei.
“Pensa a quando sarà nato…” Lei afferrò con decisione il suo orecchio.
“Ok, mele mele… c’è una ragione per cui ho fatto quelle modifiche al piano di sotto. Insonorizzazione è la parola d’ordine!”
La giornata sembrava prendere una piega più vivace. Kate stava bene e sorrideva.
“Credi che i piccoli Olaf siano sopravvissuti?” Indicò la finestra da cui si poteva vedere la neve vorticare e scendere copiosamente.
“Saranno ormai mimetizzati nella neve... Perché?”
“Vorrei fami una foto con loro.”
Castle annuì ciondolando il capo con lentezza, compiaciuto e un po’ troppo pavone.
“Posso salire di sopra e rimodellarli, ma tu mi raggiungi solo ben coperta.” Rispose soddisfatto. “Anche se io preferivo stare qui… impigrire e giocherellare nudi tra le lenzuola ancora un po’.”
Kate era molto tentata, ancora su di giri per via dell’adrenalina. Ondeggiò le gambe in modo sbarazzino e si trovò la labbra di Castle sul collo.
“Allora dopo. Per ora stiamo qui al caldo.” Castle soffiò leggermente sulla pelle della sua spalla, facendola rabbrividire e lei lo sospinse indietro per allontanare quella piccola tortura.
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Rieccomi qui, con un altro capitolo di questa breve, prometto che il prossimo capitolo sarà pubblicato prima.
Che dire con il lavoro sempre peggio e per fortuna c'è il ferragosto!
Altro momento Caskett dolcioso. Zuccheri!
Baci
Anna
 
  
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