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Autore: JacobStark    16/08/2016    2 recensioni
ATTENZIONE, IL CAPITOLO 7 E' STATO RICARICATO A CAUSA DI UN PROBLEMA DEI SERVER
Davanti a lui c’era una ragazza dall’aria stranamente familiare, profondamente addormentata nonostante le urla di Akane. La dormiente era rossa di capelli, ben dotata, snella ma muscolosa e cosa più importante, o imbarazzante, Ranma sul momento non seppe dirlo, era completamente nuda.
Ma la cosa che riuscì a pietrificare il ragazzo fu un’altra. Perché il volto, il volto era quello di lui in forma di ragazza!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akane Tendo, Nuovo personaggio, Ranma Saotome, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gente strana arriva a Nerima

 

Ranma

La rossa era nel dojo dei Tendo, intenta a fare un bilancio della settimana appena trascorsa. Era andata a scuola un paio di giorni dopo quell’epico lunedì in cui la sua cara Akane-chan aveva ammesso che era innamorata del fratello, il giorno in cui lei, che non sentiva di avere nessun obiettivo da quando aveva perso la memoria, aveva deciso che li avrebbe fatti mettere assieme. C’era qualcosa in quei due, che la induceva a pensare che fossero legati dal filo rosso del destino. Si sarebbero messi insieme, e sarebbero stati felici. Ne era certa. A lei invece toccava una pletora di pazze e pazzi che la inseguivano, tra cui: una tipa di nome Kodaci e suo fratello Tatewaki, l’una una psicotica che la voleva morta per averla soconfitta, l’altro un imbecille che ci provava con lei e con Akane, e che nonostante tutto continuava a chiamarla “ragazza con il codino”. L’unica cosa che la consolava e che  l’avevano picchiato in tre, lei, Akane e il fratello, e poi, a cose spiegate, si era goduta lo spettacolo prima del fratello che le suonava a quell’idiota che agitava il suo bokken manco fosse una spada vera. Avrebbe voluto affrontarlo lei, ma Akane le aveva spiegato che Kuno non aveva nessun rispetto per le donne, e le vedeva solo come oggetti. L’unica cosa che capiva quel cretino erano le mazzate, e se ne avesse prese abbastanza da Ranma forse l’avrebbe lasciata stare. “Non hai detto che proprio Ranma ha sconfitto tutti i tuoi spasimanti?” Akane arrossì per un attimo, poi le rispose sconsolata “Si, ma Kuno si rifiuta di arrendersi. Continua a cercare di battere tuo fratello. Probabilmente crede che se lo batte potrà prenderti. Questa è l’opinione che ha delle donne.” Ranma le fece una smorfia che fece ridere l’amica “Ma cosa crede, di essere nel periodo Edo?” Aveva chiesto, allucinata. Giusto il tempo di queste chicchere che Kuno era stato messo a terra, pieno di bernoccoli e lividi, che Akane le disse che erano il triplo del solito. Evidentemente ci teneva a lei. Si sentì molto felice di questo. Quasi quanto non le piaceva quel Kuno. Era stupido, odioso e presuntuoso. Insomma un modello perfetto di idiota. Ed era pure ridicolo, con quel suo declamare poesie a caso e il suo modo di parlare come fosse rimasto indietro di un paio di secoli. 

Poco dopo era arrivata una pazza vestita da ginnasta, somigliante in modo impressionante al cretino, che prima si era appiccicata al fratello, apostrofandolo come “Il suo Ranma” e poi, quando aveva tentato di staccarla, dati i goffi tentativi di farsi lasciare in pace da lei del fratello e il ribollire di Akane, le aveva messo un laccio attorno al collo, tentando di strozzarla. A quel punto lei aveva avvolto il nastro tra le mani, per ridurre la pressione sul collo, e poi, veloce come una vipera, aveva usato il nastro per avvicinarsi a lei, colpendola con un calcio volante nella bocca dello stomaco, facendola piegare in due e poi agganciandola con il collo del piede sulla nuca, mandando a schiantare la faccia di quella pazza, le pareva si chiamasse Kodaci, o qualcosa del genere, sul terreno, per poi colpirla al collo con il taglio della mano, mettendola a terra una volta per tutte. “Certo che sei proprio una lumaca.” Aveva detto alla svenuta pazza, mentre Kuno, che aveva appena ripreso i sensi la guardava del tutto allucinato, stupita dalla velocità e dalla forza della rossa. Purtroppo non era spaventato, ma la stava spogliando con lo sguardo. Con un salto raggiunse il ragazzo e poi lo colpì con un potentissimo calcio, facendolo decollare. “ANIMALE!” gli urlò la rossa. E meno male che indossava i pantaloni, dato che quello schifoso stava sbirciando interessato la gonna di Akane. L’alta matta invece era stata portata via dal suo autista, che l’aveva trascinata in limousine, ancora svenuta. Così aveva passato la giornata a conoscere le amiche di Akane, che erano tutte abbastanza simpatiche, e poi gli si era presentata davanti Ukyo, una vecchia amica di suo fratello, che per di più, al contrario delle altre poteva vantare seriamente dei diritti su Ranma, dato che quel cretino di loro padre aveva umiliato lei e la sua famiglia, rubando loro il carretto degli okonomiyaki e abbandonandola dopo averle promesso in sposo suo fratello. Però, nonostante tutto, era molto dolce e simpatica, quindi lei non era male. Oltretutto era bravissima a cucinare, come confermavano le deliziose focacce farcite che la bruna aveva preparato al volo, direttamente in classe. Quanto erano buone! Ma a quanto pare lei infastidiva Akane, probabilmente gelosa. Chissà cosa pensava quel cretino di suo fratello in proposito. Chissà se gli piaceva di più Akane o Ukyo. Però con la bruna gli sembrava di riconoscere lo stesso atteggiamento che aveva con lei. Protettivo, dolce, ma nulla di più. Dopo scuola un’altra persona l’aveva aggredita, o quasi. In effetti aveva attaccato suo fratello, apostrofandolo come “Ragazza con il codino maledetta!” aggiungendo che aveva disonorato la sua amata Shampoo, ma poi suo fratello l’aveva riempito di sberle senza fatica, nonostante il tipo avesse provato a colpirlo con un enorme vasino di ceramica tirato fuori da chissà dove. Quel buffo ragazzo cinese mezzo cieco la fece ridere cdi cuore. Poi Akane le spiegò che quel tipo si chiamava Mousse, e che era innamorato perso di Shampoo, e che aveva causato non pochi problemi a tutti loro. Poi erano tornati a casa, e, mentre il fratello si era subito precipitato nel dojo, a preparare per lezione di quel giorno, mentre lei e Akane si allenavano all’aperto, cercando di non fare troppa confusione. Così aveva potuto osservare come Akane se la prendeva e allo stesso tempo si prendeva cura di uno strano fantoccio da allenamento con attaccato un codino nero, molto simile a quello del fratello. Era buffo il modo in cui, dopo aver apostrofato il manichino come animale, porco e dongiovanni, colpendolo fino a buttarlo a terra, per poi rialzarlo e spolverarlo premurosa. “Speriamo che non faccia così con mio fratello, oppure non durerà un mese con lei.” si disse, sicura di sbagliarsi, con ironia. 

 

 

Circa due settimane dopo

 

 

Ranma

 

Ranma quella mattina si era svegliato tardi. Da quando si occupava della palestra andava a letto prestissimo, complice la stanchezza dopo le lezioni e l’impegno che doveva mettere nel preparare la lezione ogni volta, così il sabato si godeva ancora di più il poter dormire. Ma non si era mia sentito così soddisfatto come in quelle due brevi settimane in cui si era occupato di quel gruppo di scalmanati che allenava. Erano tutti guerrieri promettenti, e gli faceva davvero piacere che fossero così entusiasti. E con la sua nuova sorellina, le lezioni ed un Akane stranamente poco incline al picchiarlo, Ranma poteva dire che la sua vita aveva preso una piega stranamente piacevole. Certo, Ryoga lo aveva aggredito una dozzina di volte in due settimane, Mousse aveva provato ad uccidere sua sorella per vendicare Shampoo, costringendo a picchiare quell’idiota orbo, dato che l’aveva attaccato, incapace di distinguere lui dalla sorella, ma a parte quelle piccole stramberie era tutto normale, anche perché quelle cose erano normali a Nerima. 

Si, decisamente la vita gli sorrideva. Poi sentì un’esplosione provenire dalla cucina. Ecco, una cosa negativa era che Akane aveva cominciato a cucinare, dove, anche con l’aiuto di Kasumi, riusciva a fare disastri apocalittici, anche se questo rendeva commestibile la cucina di Akane. Infatti, per qualche motivo, sia lei che sua sorella si erano interessate alla cucina, e forse, se davvero avrebbe dovuto sposare quella matta di Akane, avrebbe fatto meglio a cominciare anche lui a imparare a cucinare, e poco importava se non era un lavoro da maschi, la sopravvivenza era più impostante. Si alzò ed uscì dalla loro nuova stanza. Si, loro, dato che lui e la sorella erano stati ricollocati nella soffitta della palestra, in una stanza un po’ piccola, ma comoda e divisibile in due parti da una tenda, quindi loro, abituati ad ambienti ben più spartani, si erano adattati subito. C’era comunque abbastanza spazio perché ognuno avesse il suo spazio, e poi nelle camere non ci stavano per molto tempo. Lei andava in giro con Akane, lui o si allenava, o aveva lezione, o, ogni tanto, usciva co i suoi amici. 

Invece quella mattina, un sabato, quindi niente lezioni, niente ragazze, sua sorella e Akane avevano avvertito che sarebbero andate per negozi la mattina presto, Nabiki aveva affermato che sarebbe andato in giro con le sue amiche a fare non sapeva cosa. Ed anche niente genitori, visto che i due vecchi sarebbero stati impegnati in un torneo di shogi. Happosai era invece uscito ad importunare le ragazze, probabilmente sperando di vederle in biancheria durante il cambio. Peggio per il vecchiaccio, sua sorella era ancora più spietata di lui, e non si sarebbe mai lasciata intenerire da un eventuale faccia abbattuta del maniaco.  Tuttavia i suoi sensi sviluppatissimi gli dicevano che la casa non era vuota. C’era ancora una persona, ed era proprio quella che gli serviva. 

“Kasumi, scusa, posso chiederti una cosa?” disse il codinato, affacciandosi alla cucina, il regno della bella e materna bruna. “Oh, certo Ranma, dimmi!” disse lei, sempre pronta a dare una mano. E il ragazzo, rosso come un peperone e imbarazzatissimo fece la fatidica domanda: “Kasumi, potresti… potresti…” Kasumi lo guardò con il suo solito sguardo: “Cosa Ranma? Sembra qualcosa di grave.” Ranma arrossì ancora di più, poi prese fiato e sputò fuori la richiesta. “PERFAVOREINSEGNAMIACUCINARE!” chiese, con un inchino rigido in avanti. Non avrebbe mai voluto farlo, ma se voleva sopravvivere con Akane era meglio che constatasse di persona cosa era in grado di combinare lui, in cucina. Kasumi rimase interdetta, ma poi evidentemente immaginò a cosa puntasse Ranma, e mise su un gran sorriso. “Certo Ranma, ma perché non me l’hai chiesto prima?” Ranma arrossì ancora, e bofonchiò qualcosa riguardo alla virilità e al salvare le apparenze. Kasumi, con la pazienza che la contraddistingueva, afferrò le braccia di Ranme, lo fece rialzare in piedi e gli ordinò di lavarsi le mani. Avrebbero provato a fare le colazione insieme. 

Dopo un bel po’ di tentativi, dopo aver fatto grandi sforzi per non fare lo spavaldo a caso, dopo aver ingoiato il suo orgoglio, era riuscito a preparare qualcosa di decente, e senza nemmeno far esplodere nulla. Cosa che sembrava incredibile se si pensava che lui non aveva mai cucinato in una cucina vera, al massimo era riuscito a fare qualche zuppa sul falò. Anche Kasumi si complimentò con lui, affermando che sicuramente, se non fosse stato presuntuoso, avesse seguito sempre le ricette, e sopratutto avesse sempre assaggiato mentre cucinava, se la sarebbe cavata bene. E, naturalmente, se fosse riuscito a convincere Akane a lasciare la cucina a lui. E quello sarebbe stata la vera sfida affermò la cuoca di casa Tendo. Ranma riconobbe la verità nelle parole di Kasumi, e stava per andarsene, quando si rese conto di una cosa. Gli era piaciuto. Gli era piaciuto cucinare, preparare qualcosa e poi mangiarla, gli era piaciuto sentirsi fare dei complimenti da Kasumi per questo. C’era un che di gratificante nel preparare da mangiare per qualcuno. Forse avrebbe dovuto farsi insegnare qualche ricetta extra da Kasumi, tanto pet stare sicuro. Si, avrebbe decisamente dovuto. 

Dopo colazione si diresse nel dojo, per allenarsi e perfezionare una nuova tecnica segreta, ma, proprio mentre si stava concentrando, qualcuno bussò alla porta del dojo, rovinandogli la concentrazione e mandando al diavolo ogni suo tentativo di ragionare sulla mossa.  interrotto. Uscì dal dojo, deciso a scoprire chi fosse lo schiamazzatore molesto, che chiedeva a gran voce se ci fosse qualcuno nella palestra. Quando lo vide l'urlatore smise di fare baccano. "Allora qualcuno c'è, avevo l'impressione che il posto fosse abbandonato." Il nuovo arrivato aveva la voce profonda, ed era straniero. Tutto in lui urlava la sua estraneità al Giappone, dai vestiti, una strana accozzaglia di casacche cinesi simili alla sua, giacche europee e pantaloni di jeans, ai tratti, con il naso a patata, gli occhi tondi e la pelle di un sano color caramello chiaro. Anche il suo accento era rivelatore, dato che parlava un giapponese estremamente impostato ma con una strana cadenza, mente faceva una marea di gesti. Inoltre aveva la faccia coperta di chiare lentiggini, quasi invisibili sulla sua carnagione olivastra. I capelli, seminascosti da un cappello che Ranma credeva si chiamasse Fedora, erano corti e castani, tutti dritti. Sulle spalle aveva uno zaino enorme, persino più grande di quello di Ryoga, a cui era appeso un po' di tutto, dalle borracce a degli strani souvenir. Che diavolo poteva volere un tipo del genere dal dojo, si chiese Ranma. "Mi spiace per il disturbo, ma mi sono perso. Ha idea di dove di trovi il ristorante"Il Gatto" ?" Ranma rimase un momento stupito da quello strano personaggio, più vecchio di lui al massimo di qualche anno. Ma che ci doveva fare al ristorante di Shampoo? Gi spiegò la strada, e, prima che il tipo sparisse, chiese: "Come mai cerca il ristorante? " il tipo fece un mezzo sorriso e rispose: "Sto seguendo una tricentenaria guerriera amazzone, di nome Cologne. So che è qui a Nerima da un po', e dato che non fanno entrare nessuno nel loro villaggio, figuriamoci gli uomini stranieri, speravo di riuscire a parlargli almeno qui.” “Buona fortuna allora, non sarà facile convincere la vecchia mummia!” disse il ragazzo con il codino, ma il tipo strano era già sparito giù per la strada. Certo che di matti ne giravano a Nerima!

 

 

Ranma

Quella mattina si era alzata prestissimo, nonostante fosse sabato, perché c’era una cosa molto seria da fare. Doveva andare a fare compere con Akane! A lei non piaceva particolarmente fare shopping, ma si rendeva conto che per la sua amica era importante, e poi aveva pochi cambi, quindi qualche vestitino in più non gli dispiaceva. Si era alzata, aveva preso qualche vestito, aveva dato un occhiata al fratello, profondamente addormentato, e si era fiondata in bagno, battendo tutti sul tempo, ma si sbrigò, dato che c’era coda per quel giorno. Dovevano uscire più o meno tutti, tranne Ranma e Kasumi, quindi non era il caso di trattenersi in bagno. Una volta finito di prepararsi tornò in camera, prese un borsellino sportivo che aveva comprato per la sua praticità, era l’unico oggetto un poco carino che non ballonzolasse in giro quando saltava, e tornò da Akane, che l’aspettava all’ingresso. Avrebbero fatto colazione al centro commerciale, dopo essere passate a prendere Ukyo, che le aspettava al suo locale. Per l’occasione avrebbe addirittura lasciato la sua spatola gigante a casa. Tra l’altro probabilmente gli si sarebbe toccato assaggiare gli okonomiyaki dolci della bruna, un esperimento che veniva portato avanti da qualche tempo, ma che era stato senza successo sinché Ukyo non si era convinta che addolcire il tamari non era la soluzione. Alla fine si era decisa a chiedere a Kasumi qualche dritta sui dolci, anche se Akane si era dichiara esperta in materia, ma era stata snobbata immediatamente. Ricordava che la situazione era così comica che non era riuscita al trattenersi di fronte alla faccia di Akane, e che era dovuta scappare dalla ragazza infuriata per mezza giornata. Però la faceva ancora morire dal ridere la faccia della sua amica in quella occasione. Era stata davvero esilarante. 

Poco dopo essere uscite arrivarono davanti al ristorante di Ukyo, che le accolse con un caffè bollente e due delle sue specialità dolci, una condita con fragole e miele e una con la crema di castagne e cioccolato grattugiato. Si divisero i due dolci, che finalmente ora erano tali, e li guastarono. Non c’era nulla da fare, Ukyo era in grado di fare dei miracoli in cucina. Dopo mangiato si recarono al centro commerciale tutte e tre, chiacchierando allegramente.  Quando arrivarono cominciò il solito giro dei negozi, con Akane che correva da tutte le parti entusiasta, mentre lei e Ukyo la seguivano passivamente, cercando di capire qualcosa in quel mondo a cui erano quasi del tutto estranee. Ranma si sentiva ridicola, ed era certa che la scena dovesse essere piuttosto strana, con le ragazze vestite in modo molto poco femminile che si guardavano introno smarrite e seguivano quella scalmanata di Akane, che correva da un negozio all’altro mandando gridolini di gioia. Poi ad un certo punto, interessata da un negozio di articoli sportivi, si era allontanata dalle altre, perdendosi in mezzo alla folla inaspettatamente fitta per essere le nove di mattina. In mezzo al caos si era trovata nella situazione di voler addirittura arrampicarsi da qualche parte per vedere se le vedeva, ma poi si disse che, forse, non era una cosa adatta ad una ragazza. Girando in giro per il centro commerciale successe una cosa talmente scontata che faticava a crederci. Era andata a scontrarsi contro un ragazzo. Straniero. Con due spalle così. Con dei taglienti occhi grigioazzurri. Con una cascata di capelli bianchi come la neve. Vestito in modo strano nei toni del bianco, del nero e del grigio, con una collana con tre zanne. E con un tenerissimo cucciolo di lupo appollaiato sulla spalla. Ed era bello. Aveva tante piccole cicatrici sul volto, come se avesse affrontato molte battaglie, ed i tratti affilati e selvaggi. Quando aveva incrociato lo sguardo con lui era arrossita e poi aveva percepito una forza mostruosa, a nel pena nascosta nonostante gli sforzi di lui. Poi lui le aveva rivolto la parola, mandandola in tilt. “Mi scusi signorina, non volevo urtarla. Ma si sente bene?” continuava a guardarla, fissandola sempre più intensamente, come se le stesse facendo una radiografia. “SI-NO… forse?” “Si è forse persa signorina?” “No…” disse la ragazza, che finalmente si era ripresa. “No, ero con le mie amiche e le ho perse di vista, ma mi basta un minuto per cercarle. Come ti chiami?” “Mh?” fa lui, curioso “Sembri straniero, ero solo curiosa” Dice, sorridendo, tanto per non sembrare matta. “Mi chiamo Artorias, madamoiselle, Artorias Stark.” disse il misterioso ragazzo, che poi girò la testa di lato all’improvviso, per poi rivolgersi ancora a lei. “Scusa, ma per caso ti chiami Ranma?” Chiese lui, con una strana faccia. “Si, come lo sai?” chiese la rossa, inquietata. “Nulla, le tue amiche ti stanno cercando, faresti meglio ad andare da loro, sono da quella parte.” Disse il ragazzo, indicando dietro di sé, verso una bouitqué alla moda. Poi la salutò con un cenno e scomparve tra la folla. Chi diavolo era quel ragazzo? Però era carino. 

Si diresse verso la boutique che gli aveva indicato, trovando effettivamente le sue amiche. “Ma dove eri finita? Poteva succederti qualcosa, qualcuno poteva farti qualcosa!” La rossa le guardo come per dire “sul serio?” e tutte e tre scoppiarono a ridere, perfettamente consce che le persone in grado di fargli del male si contavano sulla punta delle dita. Poi erano tornate a fare spese, ma per qualche motivo Ranma non era riuscita a smettere di pensare a quello strano ragazzo. E non che non ci fossero dei bei ragazzi in giro per il quartiere, lo stesso Ryoga, che, in quelle due settimane lo aveva capito molto bene, era innamorato perso di Akane, non era affatto male fisicamente, ma non era mia stata colpita così da un ragazzo. Magari era solo il fatto che era straniero. Però non poteva fare a meno di pensare che gli sarebbe piaciuto combatterci contro, non sapeva perché. 

 

 

Akane

Era appena tornata a casa dallo shopping con Ran-chan, un lusso che potevano concedersi perché suo padre aveva messo anche loro al lavoro nella palestra, organizzando un piccolo corso di introduzione alle arti marziali per i più piccoli, che era più che altro un servizio di baby-sitting, ma qualcosina riuscivano a fare, e si tenevano pure metà dei soldi. In effetti era un modi carino e divertente per fare soldi.

Certo, quella mattina non era stata delle più tranquille, Happosai le aveva importunate varie volte, ma Ran-chan aveva sviluppato un vero e proprio gusto nel picchiarlo, e dopo i primi quattro o cinque voli si era arreso ed era scomparso, probabilmente era andato a infastidire qualche altra ragazza, o qualunque altra forma di vita femminile sotto i cinquant’anni. Lo avrebbe dovuto legare e buttare a qualche parte, ma tanto non avrebbe fatto molta differenza. Quel maniaco si sarebbe liberato comunque. Ma, stranamente, quando era arrivata, il vecchio non era ancora tornato. Chissà cosa era successo. Comunque venivano dei rumori molto forti dal dojo, quando decise di andare a dare un’occhiata. Dentro c’era, manco a dirlo Ranma che si allenava. Stava in una posizione simile a quella di quando si gattizzava, ma primo: era cosciente, secondo: stava consultando un vecchio rotolo di pergamena. Cercò di annullare il suo ki come gli stava insegnando Ran-chan e si avvicinò alle spalle di Ranma, che, concentrato com’era a studiare il rotolo, si accorse della sua presenza solo quando lei gli fu perfettamente alle spalle, e mentre si stava girando Akane miagolò, facendogli fare un salto fino al soffitto, dove piantò le dita nelle travi dello stesso, rimanendo appeso. Ma da quando riusciva a farlo? “Ranma, cosa stai combinando!?” urlò seccata. “Cosa combini ru dannata pazza! Cosa vuoi, impedire il matrimonio ammazzandomi di infarto?” Akane si arrabbiò. Il suo era solo uno scherzetto innocente, come osava quel baka ad accusarla di volerlo uccidere! Era sempre il solito idiota, ma come aveva fatto ad innamorarsi di lui? Un attimo dopo però fece l’errore di incrociare lo sguardo spaventato del codinato, e quello sguardo le ricordò perché quel buffo ragazzo con il codino le faceva battere e sciogliere il cuore allo stesso tempo. Così, invece di insultarlo, si limitò a girarsi e a fare un sorriso, invisibile agli occhi del ragazzo, e ad andarsene, lasciando appeso ad agitarsi sul soffitto. Rientrò in casa, dove quello che trovò fu incredibile. C’era una enorme esemplare di Akita Inu, fradicio fino alle ossa, che correva furioso inseguendo Happosai, che si burlava di lui dicendo che non aveva possibilità di batterlo e stupidaggini simili. Ma che stava cambiando quel vecchietto, e perché prendeva in giro quel cagnone? Certo che però quel cane era strano. Aveva gli occhi viola, ed una strana zazzera di peli rissi in testa, ed era vestito. Era un po’ buffo. “Happosai! Che stai combinando?” disse, colpendo il maniaco, che, distrattosi dall’inseguimento per palpala, si era avvicinato troppo e le aveva prese, volando via. Poi si era rivolta al cagnone, che però, nel momento in cui si era accorto della sua presenza, si era paralizzato, e la stava guardando come un pesce lesso. Però quando gli si avvicinò, nel tentativo di accarezzarlo, questo fuggì, arrampicandosi sul muro. Mah, chissà chi era quel cane. Appena Happosai fosse tornato indietro, mai troppo presto per quanto la riguardava, gli avrebbe chiesto chi diavolo fosse quel cane. 

Poco dopo si mise a tavola, a gustare i manicaretti di Kasumi e a raccontare alla famiglia della strana avventura di Happosai. Dopo pranzo Lei e Ran-chan reclamarono per loro il dojo, sbattendo fuori Ranma, che aveva mangiato ed era andato subito nel dojo anche lui. Avevano cominciato ad allenarsi, ma Akane si accorse in fretta che qualcosa non andava. Ran-chan era distratta, ma non capiva perché. Certo, non era così distratta da lasciar passare i suoi colpi, ma non contrattaccava e si limitava a schivare, lasciando che Akane attaccasse. Così, dopo un’assalto particolarmente feroce, la ragazza si fermò. “Ranma, ma che diavolo ti prende? Ti vedo distratta.” La rossa la guardò stupita. “Ma che dici Akane, non è affatto vero.” “Non hai ancora attaccata, e di solito a quest’ora io sono a terra che cerco di rialzarmi. Invece ti sei limitata a schivare. Come mai sei così distratta?”  E così, un po’ imbarazzata, Ran-chan le raccontò del suo incontro con il bello straniero. “Chissà chi era, mi sarebbe piaciuto incontrarlo se era carino come dici.” scherzò Akane, subito ripresa dall’amica che le ricordava che lei era innamorata di suo fratello, non sapeva se in un moto di estrema amicizia o di amore fraterno. Il loro allenamento venne tuttavia interrotto da uno strano ragazzo, che entrò sbattendo le porte e urlando: “MALEDETTO HAPPOSAI, SUBIRAI L’IRA DI KUOGAIJI!” Era un ragazzo giapponese, con i capelli rossi acconciati in spesse trecce rigide*, gli occhi viola erano furiosi ed era vestito… come il cane di quella mattina? Era anche abbastanza carino, ma appena le vide si pietrificò, divenne color peperone e si girò, sbarrando le porte del dojo dietro di sé. Le due ragazze si guardarono per un’attimo poi si rivolsero alla porta chiusa “Scusa, cerchi il maestro Happosai?” La voce del ragazzo arrivò in un soffocato sibilo balbettante “S-si, ma p-potrei parlare con un ragazzo per favore?” Akane, offesissima, stava già per distruggere la porta e massacrare il poveretto quando Ran-chan l’aveva fermata. “Akane, FERMA!” gli aveva gridato. “Secondo me non lo fa con disprezzo!” aveva detto, giustificando poi con un ragionamento. “Non aveva il tono arrogante di Kuno, ma ha balbettato e parlato sottovoce. Secondo me è molto timido, e non sa come relazionarsi con le ragazze. E poi, chi non resterebbe colpito da due bellezze come noi?” disse, facendo un gran sorriso all’amica. Al che la mora prese un gran respiro e pensò per un attimo. Il ragionamento della rossa reggeva. Decise di fare uno sforzo e, ingoiando il suo orgoglio, andò dall’unico uomo in quella casa che si opponesse al vecchio.

“Ranma, senti c’è un tipo strano alla porta della palestra che non riesce a parlare con le donne, quindi devi venire tu a parlarci. Credo che voglia picchiare Happosai.” “Un matto che non riesce a parlare con le donne e vuole picchiare Happosai. Ok, tanto non ho niente di meglio da fare” disse il moro, con una scintilla curiosa nello sguardo. Poco dopo lei e Ran-chan erano accostate alla porta, ad ascoltare il discorso tra i due ragazzi. “Piacere, io mi chiamo Ranma, e sono, mio malgrado, un’allievo di Happosai. Chi sei tu e cosa ti ha combinato quel vecchio maniaco?” Seguirono cinque o sei secondi di silenzio. “Io mi chiamo Gyuma Kuogaiji. Qualche tempo fa ho fatto un viaggio in Cina, in un luogo noto come ‘le sorgenti maledette’ ero li per allenarmi, ma, mentre provavo alcune tecniche, mi è caduto in testa quel maledetto vecchio. E non sarei neanche caduto, se quel bastando, confuso dalla caduta, non avesse cominciato ad inseguirmi per mettermi quelle mise da femmina che aveva tirato fuori da non so nemmeno dove. Io… non sono molto bravo con le donne, quindi appena ho visto quella biancheria sono andato nel pallone, lui mi ha afferrato ed io…” La voce del ragazzo si interruppe, carica d’ira e di vergogna. “E dopo si caduto in una delle sorgenti. Conosco la storia. E’ capitato anche ad un paio di miei amici. Troverò il modo per costringere Happosai a combattere contro di te, stavolta senza trucchi e stranezze.” 

Le due ragazze, dopo aver sentito quell’assurda storia, si guardarono, e scoppiarono a ridere, anche se si tapparono la bocca a vicenda, per non farsi sentire. “Io mi trasformo in un cane, per la precisione in un akita inu. Oggi una di quelle ragazze probabilmente mi ha visto in giardino. Sono a mala pena riuscito a scappare.” Non l’avesse mai detto. Akane, offesa, si infuriò come un toro. Sbatté la porta del dojo e si fiondò verso il ragazzo, colpendolo con tutte le sue forze, spedendolo sul soffitto con uno schiaffo ben piazzato. Peccato che avesse colpito solo un ciocco di legno, che si schiantò sul soffitto, lasciando un foro nel pavimento della camera di Ranma e Ran-chan. Per sfortuna il colpo frantumò proprio la zona sotto il mobile del ragazzo, che cadde proprio su di lei. Akane, istintivamente, si protesse con le braccia, perché era troppo tardi per schivare. E, mentre si preparava a riceve l’impatto, avvertì qualcosa di caldo e solido stringersi a lei. Un odore familiare la avvolse, oscurandole per un attimo il cervello. Poi il mobiletto cadde a terra, ridotto in pezzi. Avvinghiato a lei c’era Ranma, ancora con in braccio alzato nella posizione in cui aveva distrutto il mobiletto. E per un istante, solo per un istante, lui la guardò con un intensità, una preoccupazione, con una dolcezza, che le fece perdere un battito. Non c’era mai stato un momento del genere per loro due. Quando lui la salvava di solito evitavano di guardarsi, imbarazzati, e poi per qualche motivo lei si metteva a strepitare. Ma per quel breve istante lei si sentì davvero protetta. Perché per una volta lui non la stava proteggendo da personaggi assurdi, situazioni al limite dell’impossibile o assurdità varie, ma da un’incidente che, per quanto strana, non aveva nulla di particolarmente folle. E lui l’aveva abbracciata, fissandola per assicurarsi che stesse bene. Per un solo istante, le sue gote si tinsero di rosso non per la vergogna, l’agitazione, la rabbia o l’imbarazzo. Si tinsero di un delicato color porpora fatto di pura felicità.

 

*Sarebbero i rasta, ma non credo che in Giappone fossero molto comuni in quel periodo, quindi presumo che né Akene né Ran-chan abbiano idea di cosa sia. 

 

 

Ranma

Quando aveva visto il mobile cadere addosso ad Akane era scattato, in una reazione istintiva. Aveva alzato in braccio, contraendo le dita, ed eseguito quel movimento che stava provando da ormai quasi una settimana. Quando aveva toccato il legno il mobile era andato in pezzi. E solo quando aveva abbassato lo sguardo si era reso conto di quello che aveva fatto.  Aveva abbracciato Akane, stringendola a sé per evitare che si facesse male. Poi l’aveva guardata per controllare che non si fosse fatta male, ed in quel momento aveva incrociato il suo sguardo. Quei profondi occhi nocciola lo avevano inchiodato sul posto. L’odore di Akane gli aveva offuscato i sensi per un attimo, e non era riuscito staccare gli occhi dai suoi. Si era perso in quei bellissimi pozzi castani, senza poter più controllare il suo corpo. L’unica cosa che era riuscito a fare era stata guardare Akane negli occhi. Kami quanto era bella. 

Poi, dal nulla, qualcosa cadde in testa ad Akane. Qualcosa di bianco. Qualcosa che era nella cassettiera.  Qualcosa che lui non riconobbe subito, ma Akane si. E Ranma non seppe se quello che gli aveva fatto più male era stato l’interrompere il contatto con la ragazza o il terribile colpo infertogli dalla stessa. Solo poi, dopo essersi schiantato, essere stato chiamato “PERVERTITO!” da Akane, ed aver ricevuto l’oggetto bianco in faccia lanciato dalla ragazza, riuscì a capire cosa diavolo fosse successo. Quelle sulla sua faccia erano i suoi boxer. Ed erano finite in testa ad Akane. Tutto si fece buio, e poi più niente.

Si svegliò con la testa che ronzava, e la sorella che lo accudiva. “Ah, fratellone, ti sei svegliato. Il nostro ospite si è pietrificato nel momento in cui siamo entrate io e Akane, dopo essersi teletrasportato e aver lasciato un ciocco di legno al suo posto. E comunque dopo che l’hai salvata Akane-chan era molto contenta. Solo un po’ in imbarazzo a causa dei tuoi boxer.” disse la rossa, tranquilla. Lui con un colpo di reni si rialzò, stravolto, ma fece il duro. “Fa nulla,  ma perché Akane ci ha attaccati?” “Credo si sia offesa, è molto permalosa con chi insulta le donne.” Ranma rimase stranito “Ma lui non ha insultato le donne. Ne è solo terrorizzato. E lo vedi anche tu.” La rossa scosse la testa, seccata. “Si, ma sai come è fatta lei. Ora vi lascio, dobbiamo trovare un modo per fargli affrontare Happosai.” Poi uscì e il povero Kuo si sbloccò. Chinò la testa, dispiaciuto. “ Mi scuso per quello che è successo. Ma il mio istinto mi ha fatto reagire in automatico.” il codinato scosse la testa. “Non fa nulla. Piuttosto, mi sembri molto forte. Che ne pensi, ti va un combattimento?”

 

 

 

 

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Mai finito un capitolo peggio di così, ma questa era solo la prima parte di due. In settimana metterò la seconda e poi riprenderò una pubblicazione più regolare. Mi spiace per averci messo così tanto, non ho altro da dire,  spero che vi sia piaciuto il capitolo.

Ciao dal vostro

Jacob Stark di Grande Inverno

 

 

 

 

 

  
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