Matt
Una volta sulla
riva del mare, lontano dalla calca di gente che ballava, gridava e
saltava a destra e a manca, mi sentii quasi come rinascere. Tolsi sneakers e
calze,
immersi i piedi nell’acqua fresca della notte e mi accesi una
sigaretta per
godermi quell’attimo di solitudine –
perché sapevo bene che, da lì a qualche
minuto, si sarebbe sicuramente presentato qualche mio amico a chiedermi
che
cosa mi fosse preso e perché me ne fossi andato
così, proprio quando la
situazione si stava facendo più scatenata e interessante,
proprio quando Amy
aveva deciso di strusciarmi il suo culo sul pacco e anche piuttosto
insistentemente. Matt, ma ce la fai?! Già
li sentivo. Ridacchiai tra me e me. Era da un po’ che la
bionda mi ronzava
intorno e che io facevo lo scemo con lei, ma mi stava succedendo
qualcosa,
qualcosa che non mi era mai capitato prima: all’alba dei miei
23 anni, forse mi
stavo innamorando. Io. Proprio io che, fino a quel giorno, il massimo
dei
sentimenti che avevo provato per una ragazza era un discreto affetto
per le sue
tette. Comunque sì, credevo di starmi innamorando e lo
sentivo, perché stavo
proprio male ed era una cosa diversa dal solito; non ero ancora certo
che fosse
amore, speravo ancora fosse solo una folle attrazione fisica, e poi
stavo anche
sì perdendo la testa per la persona più sbagliata
sulla faccia della terra.
Per…
«Matt!» Un
colpo apoplettico mi avrebbe fatto meno male di quella voce, giuro.
Mi voltai e con
la sigaretta tra le labbra accennai un sorriso. Era lei.
Perché proprio lei? Dov’era Dom? Alex? Eric?
Qualsiasi altra
persona sulla faccia della terra? Ma no,
pensai, così è
più divertente, vero,
stupida entità che stai lassù e ti fai
delle grasse risate alla faccia mia?
«Gwen.»
Proprio per lei
stavo uscendo pazzo. La mia migliore amica. Dall’asilo. Che
stava insieme a uno
dei miei migliori amici. Ormai da tre anni a questa parte. Che voglia
di
tirarmi un colpo.
Quanto ero
rimasto da solo? Due minuti? Neanche il tempo di finire una sigaretta.
Si avvicinò.
«Cosa fai qui tutto solo? Ti sei per caso offeso
perché Amy ha deciso di fare
un po’ di preliminari prima di sbattertela in
faccia?» Rise.
Scoppiai a
ridere anche io. «Offesissimo!» Mentre risi il fumo
le andò dritto in faccia, scosse
la mano per farlo andare via, ma ormai i suoi occhi erano diventati
lucidi e
l’azzurro era ancora più acceso.
In realtà
l’unico motivo per cui avevo deciso di allontanarmi era lei.
Guardare le labbra
di Jessie aspirarle la faccia mi stava causando un attimo di disgusto e
una non
gradevole sensazione alla bocca dello stomaco. Gelosia, credo. E
né io né il
mio amico laggiù stavamo dando molta attenzione ad Amy e al
suo culo, quindi
tanto valeva dissociarsi dalla situazione per un attimo e prendere un
respiro.
«No, sul serio»
Disse. «Sei scappato, tutto ok?» Si era fatta seria
e io non avevo voglia di un
discorso serio, soprattutto non volevo dirle il perché.
«Ma tu non
stavi mica cercando di avere un bambino con Jessie, circa due minuti
fa?»
«Mmm no, mi sa
che quello eri tu con Amy.» Rispose acida, ma divertita.
«Non voglio
diventare zio così giovane.» Mi lamentai.
«Nemmeno io.»
«No, infatti tu
diventerai madre.» Ridacchiai.
«Oddio,
piantala di dire stronzate!» Mi diede uno spintone e la
sigaretta, ormai quasi
finita, cadde in acqua. Guardai il mozzicone venir trascinato via dalla
corrente e poi alzai lo sguardo su Gwen.
«Non mi
guardare così, dai! Non ho fatto apposta!» Disse
preoccupata e dispiaciuta.
«Poi era quasi finita! Non fare lo-» Non fece in
tempo a finire la frase che
l’avevo già tirata su di peso e stavo correndo
dentro l’acqua.
«Stronzoooo!»
Urlò lei, picchiandomi i pugni sulla schiena. Io ridevo.
Mi fermai
quando avevo l’acqua appena sopra alle ginocchia. Gwen era
avvinghiata stretta
al mio collo e cercava di non scivolare.
«Non fare il
cretino, Bellamy.» Mi disse piano nell’orecchio. Un
brivido partì da lì e mi
percorse la schiena. Cercai di non farci caso.
«Dovrei farlo.»
Risposi, allargando le braccia che poco prima erano intorno al suo
corpo. «Così
magari impareresti finalmente a non spingere quando ti
arrabbi.» Lei strinse
ancora di più la presa attorno al mio collo per tirarsi su e
le gambe dietro la
schiena.
«Non mollarmi,
ti prego! Giuro che non lo faccio più!
Ti
insulterò e basta, ma le mani le terrò posto!
Prometto!» Disse preoccupata.
Mi stavo divertendo. Non avevo ancora deciso se buttarla in acqua o no.
Sentire
il suo corpo caldo contro il mio era una sensazione piuttosto piacevole.
«E’ da quando
abbiamo cinque anni che mi dici che non lo farai
più…» Le feci notare.
«Evidentemente
è da quando abbiamo cinque anni che fai lo
stronzo!» Rispose.
E quella fu
l’ultima cosa che disse prima che mi lasciassi cadere
nell’oceano con lei.
Teneva le braccia e le gambe così strette attorno a me che
non sarei riuscito a
staccarla, quindi, dopo quella dichiarazione di guerra,
l’unica cosa che avrei
potuto fare era lanciarmi dentro anche io. E così feci.
Sott’acqua riuscì a
tirarmi un calcio sul ginocchio e quando riemersi mi ritrovai le sue
mani
intorno al collo.
«Io ti
ammazzo!» Gridava dimenandosi. «Stupido
deficiente!»
Quando riuscì a
staccarle le mani, corsi sulla spiaggia per riprendere fiato e poi mi
voltai
verso di lei. Non so se si accorse di come la guardai in quel momento,
ma io me
la stavo davvero divorando con gli occhi. Veniva piano verso di me,
strizzandosi i capelli bagnati e ormai lunghi fino sotto al seno con
quel vestito
bianco - che popolerà per sempre i miei sogni erotici
–, adesso trasparente, appiccicato
al suo corpo perfetto. Mi accorsi dopo poco che non portava il
reggiseno e
dovetti fare appello a tutta la mia forza di volontà per non
fissare proprio in
quel punto.
Avrei voluto
essere una mosca per vedere il tutto da fuori. Un cretino incantato e
con la
bava alla bocca che guardava una Venere meravigliosa uscire
dall’acqua. Uno scena
pietosa, insomma.
Una volta di fronte a me mi guardò dritto negli occhi e
sussurrò: «un giorno o
l’altro ti uccido, sappilo» e mi diede un altro
spintone. Io indietreggiai un
po’, ma lei mi si lanciò ancora contro e cademmo a
terra. Lasciai perdere il
dolore provocato dalla botta, solo perché le uniche cose su
cui riuscivo a
concentrarmi in quel momento erano le sue labbra a pochi centimentri
dal mio
viso e il suo seno contro il mio corpo.
«Dio, che
voglia di soffocarti qui seduta stante.» Disse, mettendomi
ancora le mani al
collo.
Dio, che voglia
di baciare quelle labbra rosa… era l’unica cosa
che avrei potuto rispondere.
«Guarda come
cazzo devo andare in giro conciata adesso!» Si
tirò su, rimanendo ancora a
cavalcioni sopra di me e mostrandomi il vestito bagnato – il
mio sguardo, per
quanto cercai di trattenermi, cadde inevitabilmente sulle sue tette -,
subito
dopo lei lanciò un urletto. Immediatamente si
coprì con un braccio. «Oltre che
stronzo sei anche cretino!» Squittì.
«Sono praticamente nuda e nemmeno me lo
dici?! Poi cosa mi guardi le tette?» Mi diede un pugno sulla
spalle e io
scoppiai a ridere. Ridevo, ma speravo solo che non si accorgesse dei
miei
pantaloni che si erano fatti più stretti sotto al suo peso.
«Non ti ammazzo
di botte solo perché sei carino quando ridi.»
Disse, passandomi la mano libera
tra i capelli bagnati. «Però me la pagherai, e
anche cara.» Si alzò e si tirò
giù il vestito che si era alzato sui fianchi. Lanciai
un’occhiata veloce e
riuscii a vedere il tanga che portava sotto.
Dio mio. I
pantaloni mi stavano esplodendo. Il mio cervello mi ricordò
che era la mia
migliore amica e che di solito non era giusto e normale fare pensieri
del
genere su di lei. Il mio apparato genitale, nonostante tutto, non era
assolutamente d’accordo. Ciò mi fece sperare fosse
solo attrazione fisica.
Mi misi a sedere e lei si voltò a guardarmi.
«Beh? Rimani lì
così? I tuoi vestiti sono pieni di sabbia.»
Constatò.
Non era
decisamente il caso di alzarsi vista la situazione là in
basso.
«Fra poco vado
di sopra e mi cambio.» Risposi.
«Mi accompagni?
Direi che non posso andare in giro così.»
«Perché no? Sai
quanti apprezzerebbero?» Risi, facendole
l’occhiolino. Io per primo.
Inclinò la
testa da un lato e mi lanciò un’occhiata che
diceva tutto.
«Dai,
accompagnami in camera, così poi torniamo alla festa tutti e
due.» Disse poi.
Mi tese una
mano, io le tirai una leggera sberla e mi alzai da solo. Contai poi sul
fatto
che c’era poca luce e che lei non mi avrebbe mai guardato ad
altezza cavallo
dei pantaloni.
«Sgarbato. Sei
proprio sgarbato.» Ridacchiò lei.
Ci avviammo
verso l’hotel. Passammo vicino al casino e notai con la coda
dell’occhio Amy
che ci guardava. Di fianco a lei c’erano Dom e Jessie, lei
tirò una gomitata a Jessie
e ci indicò. Lui di tutta risposta fece spallucce e si
girò dall’altra parte a
parlare con una ragazza. Incredibile quanto poco gliene fregasse di
Gwen o
quanto si fidasse di me. Io forse qualche dubbio me lo sarei fatto
venire al
suo posto. Mi sentii un po’ una merda ad aver fatto quei
pensieri sulla mia
migliore amica. Ma quando arrivammo in ascensore e vidi quanto era
bella il
tutto riprese di nuovo.
«Ho un po’
freddo.» Disse.
«Se non fossi
venuta a rompermi le palle saresti ancora asciutta.»
«Se tu non
fossi uno stronzo, vorrai dire.» Gracchiò.
«Un punto per
te, Morrissey.» Le diedi un colpetto sulla spalle.
«Quindi come
mai eri là tutto solo?» Chiese.
Cristo, non si arrendeva. Intanto le porte dell’ascensore si
aprirono sul
nostro piano. Io ero in una stanza con Dom in fondo al corridoio, lei
con la
sua amica Lola poco più avanti da dove eravamo scesi. Feci
finta di non aver
sentito e mi avviai verso camera mia.
«Cinque minuti
e io sono pronto.» Dissi. «Ti aspetto qui
fuori?»
Lei mi guardò
male. «Fai come vuoi.» Rispose e fece per
andarsene.
Mi sentii un po’ in colpa, così mi inventai
qualcosa. «Ero da solo perché avevo
bisogno di respirare un attimo, tutto quel gin mi ha dato un
po’ alla testa e
dovevo riprendermi. Se no col cavolo che più tardi sarei
riuscito a centrare il
buco di Amy!» Urlai, quando lei era già quasi
davanti alla camera.
Si girò e
scoppiò a ridere. «Sei proprio un cretino,
Matt!» Disse, prima di entrare e
chiudere la porta. La sentii continuare a ridere anche una volta dentro.
Quant’è carina,
pensai, ma poi scossi le spalle come per scacciare quello stupido
pensiero.
Andai in camera mia per cambiarmi, ero completamente fradicio. Avrei
dovuto
anche farmi una doccia a dirla tutta. I capelli erano pieni di sale,
come anche
tutto il resto del corpo, così mi spogliai e mi sciacquai.
Una volta fuori
dalla doccia non feci in tempo ad allacciarmi l’asciugamano
intorno alla vita
che sentii dei colpi alla porta. Pensai potesse essere Dom, ma poi mi
dissi che
non era sicuramente lui perché le chiavi ce le aveva.
«Chi è che
rompe?» Chiesi mentre mi infilavo un paio di boxer.
Ancora due
colpi. Andai ad aprire. Davanti a me trovai Amy, decisamente
più ubriaca di
come l’avevo lasciata, che mi si lanciò addosso.
La afferrai per la vita per
tenerla su. Risi.
«Cosa ci fai
qui, biondina?» Le dissi e lei puntò gli occhi nei
miei.
«Mi piace
quando mi chiami biondina…» Mi rispose vicino
all’orecchio e prese a mordermi
il lobo.
Avevo capito
benissimo cosa era venuta a fare. Mi afferrò il viso tra le
mani e mi diede un
bacio, poi un altro, dischiuse le labbra e così feci anche
io, le lingue si
incontrarono. Diede un calcio alla porta e mi spinse verso il letto per
poi
mettersi a cavalcioni sopra di me. Pensai a Gwen, le avevo detto di
trovarci
per tornare giù insieme. Pensai alla sua risata. Se si
sarebbe arrabbiata o
meno. Ma poi pensai anche che non era la mia ragazza e che non avrei
dovuto
darle nessuna spiegazione. Avevo tra le braccia una donna che non
aspettava
altro che fare sesso con me, quale metodo migliore per togliermi dalla
testa Gwen
e gli strani pensieri degli ultimi giorni?
Amy si sfilò il
vestito e si tolse il reggiseno. Poi mi abbassò i pantaloni
e l’ultima cosa che
ricordo erano le sue labbra e la sua bocca calda attorno a me e le sue
unghie
piantate nella pancia.
Un’ora e
mezza
dopo guardai la sveglia sul comodino. Le 2.17 di notte. Di Dom ancora
nemmeno
l’ombra, in compenso Amy dormiva di fianco a me, il solo
lenzuolo a coprirle il
corpo nudo.
Non riuscivo a dormire. Ero stanco, ma il mio cervello non voleva
spegnersi.
Chiudevo gli occhi per cercare di addormentarmi, ma lo stronzo sapeva
solo
mandarmi in loop l’immagine di Gwen che usciva
dall’acqua con quel vestito
ormai trasparente completamente appiccicato al corpo. Finivo poi per
vedere le
sue labbra a pochi centimetri dalle mie e sentivo le farfalle nello
stomaco. Le farfalle nello stomaco,
ragazzi.
C’era davvero qualcosa che non andava. Ero seriamente
preoccupato.
Dopo quasi due
ore passate a tentare di dormire, presi il telefono che stava sul
comodino per
fare un giro su qualche social. Ma avevo due messaggi.
Sono venuta
davanti
alla tua camera,
stavo per bussare, ma le urla di piacere che risuonavano mi hanno fatto
cambiare idea. Sei davvero un fuoriclasse, Bells. G.
Sto riuscendo
a
fare ubriacare Lola come
si deve. Stasera mi diverto. Se non torno sai perché. Dom.
Sorrisi
soffocando un risata per non svegliare Amy.
Quindi Gwen mi
aveva sentito. Anzi, più che altro aveva sentito Amy.
Il “sei davvero
un fuoriclasse” mi fece ridere. Dovresti provarmi, pensai.
Cazzo, pensai subito
dopo. Mi morsi la lingua come se l’avessi detto. Non sapevo
se arrendermi all’idea
che mi piacesse parecchio o cercare con tutto me stesso di farmela
passare.
Magari portarmela a letto avrebbe risolto la situazione. Nel senso che
avrei di
certo capito che non ne ero innamorato ma avevo avuto, fino a quel
momento,
solamente una voglia pazza di scoparmela. C’erano
però troppe complicazioni.
Avrei sicuramente rovinato la nostra amicizia e quella con Jessie e
beh, anche
il loro rapporto. Poi chi me lo assicurava che lei avrebbe accettato di
farsi
scopare dal suo migliore amico? Nessuno. Era tutto una cretinata.
Amy si
schiacciò contro di me e mi cinse la vita con il suo
braccio. Stavamo
esagerando. Speravo che la mattina dopo non si sarebbe svegliata con
qualche
strana idea in testa, del tipo che saremmo dovuti stare insieme per
sempre o
cose del genere. Scopamici, senza problemi, ma tutto il resto di
contorno, no
grazie.
Risposi ai
messaggi, prima a Dom e poi a Gwen.
Lola non te
la
dà neanche se piangi,
sfigato.
Potevi
unirti.
Quante volte ancora dovrò
insegnarti ad approffitare delle situazioni?
Poco dopo,
finalmente il mio cervello decise di darmi un po’ di pace e
si spense. Mi
addormentai.
Ciao a tutti/e.
Innanzitutto, vorrei ringraziare chi ha letto o anche solo aperto la
fic per darle un'occhiata.
Mi piacerebbe davvero molto conoscere il vostro parere, anche solo due
righe, almeno per sapere se qualcuno è interessato. Ci tengo
molto a questa storia e il secondo capitolo, volendo, sarebbe anche
già pronto.
I nomi (solo quelli! non l'aspetto fisico) di Matt e Dom sono ispirati
ai miei adorati Muse, Matthew Bellamy e Dominic Howard.
Attendo con ansia un riscontro.
A presto (spero!) e buone vacanze a tutti.
Lady Of The Flowers