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Autore: Mistralia    17/08/2016    2 recensioni
"Il mondo si è diretto verso la rovina da quando la parola "gay" è stata intesa come un insulto" Lady Gaga.
All'interno dei libri dei libri della nostra cara Cassandra Clare è palese il rispetto che ogni Nephilim nutre nei confronti di Alec e della sua famiglia, nonostante le sue scelte di vita, dati i suoi trascorsi nella Guerra Oscura ed il suo valore di guerriero. Ma cosa succederebbe se una delle più grandi paure di Alec si avverasse? Se amare quel qualcuno diventasse improvvisamente motivo di scherno? Come reagirebbe uno degli shadowhunters più dotati della sua generazione?
Ambientata dopo "Città del Fuoco Celeste", ma prima degli eventi di "The Dark Artifices" o comunque prima che Alec e Magnus mettessero su famiglia.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La prima volta che Simone RavenScar aveva sentito parlare di Alexander Lightwood, aveva dodici anni ed era appena ritornata da un pesante allenamento durato l’intera giornata.

Era da poco iniziato il mese di Agosto, l’aria era calda, afosa ed umida, e i vestiti ti si appiccicavano addosso nemmeno fossero stati ricoperti di colla; Simone cercava, invano, di regalarsi un po’ di fresco sventolandosi la faccia con le mani e la maglietta sgualcita, mentre si recava nelle sue stanze per il pranzo, contando, come solo una bambina può fare, le mattonelle che separavano la stanza dei manubri da quella della loro improvvisata sala da pranzo.

La ragazza non aveva mai capito per quale motivo suo padre non avesse, in alcun caso, voluto consumare i pasti con gli altri shadowhunters dell’Istituto. In fondo era lui il rettore, colui che comandava e dava gli ordini, prendeva decisioni e si occupava del benessere di tutti. 

Erald RavenScar era un uomo solitario, cupo e tenebroso, segnato dalle morti della moglie e della sorella, avvenute durante la ribalta del Circolo di Valentine, solo perchè le donne, affiancando l’uomo, si erano schierate con il Clave.

 

Errore imperdonabile.

 

Simone sentiva tutte le notti suo padre urlare nel suo letto, invocando Raziel, Ituriel, Jonathan Shadowhunters, il vecchio Mongerstern, urla agghiaccianti, graffianti, affilate come lame di coltelli, che spezzavano la tranquillità avvolgente della notte, rendendola scomoda, inopportuna e malevola; si udivano le lacrime, in quel torbido silenzio, scendere leste sul volto dell’uomo, il fiato che si affievoliva, la bocca che si spalancava per mettere quei pochi suoni rimasti, quando ormai l’alba si affacciava dal Ponte Vecchio sul Lungarno e l’insonnolita Firenze iniziava a svegliarsi.

 

Simone si era salvata per miracolo quel fatale pomeriggio di diciassette anni fa, e doveva ringraziare per questo Jacob BlueBlood, che l’aveva estratta dalle braccia sporche di sangue e spezzate della madre, e l’aveva portata in salvo, nascondendola dentro la giacca da shadowhunter; era nata solo da cinque giorni, l’incubatrice era un lontano ricordo, e non aveva ancora le rune, rimanendo, perciò, un obiettivo tropo facile e succoso.


 

Quale altro modo, perciò, per eliminare un cacciatore di ombre, che distruggere la sua intera famiglia ?


 

Lei però era viva, e per tutta la sua esistenza era stata l’ancora di suo padre, debole e provato, prossimo a toccare il fondo, e alternava le sue lune ad allenamenti e libri di demologia, nella speranza di diventare un’eccelsa Nephilim e di riuscire nell’eliminare il mondo che aveva deturpato la sua famiglia, con quell’orrenda e putrida cicatrice di lutti ed incubi.

 

Tutta questa rabbia, tuttavia, aveva reso il carattere della giovane RavenScar insicuro e privo di ogni fiducia; non era mai troppo bella, troppo magra, troppo allenata, preparata negli studi e nelle verifiche di Storia Angelica.

Le sue compagne uscivano, si divertivano, baciavano ragazzi e seguivano il concetto del Carpe Diem come solo delle italiane potevano fare; lei, invece, restava china sui libri per un tempo che pareva infinito, anche se aveva gli occhi rossi, le palpebre pesanti e le braccia molli per la mancanza di sonno.

 

S’era fatta crescere i capelli, s’era fatta allungare la frangetta per lasciarla cadere davanti agli occhi, s’era tinta i capelli di un biondo chiarissimo e irrazionale, palesemente contraffatto, e tutte le mattine poneva nei suoi occhi azzurri, vitrei e puerili, lenti a contatto castane, e questo esclusivamente perchè, tra le sue coetanee, andava di moda e lei non voleva essere da meno.

 

Desiderava essere accettata, che il mondo vedesse in lei una stella, la quale, prima o poi, avrebbe disegnato il futuro del pianeta, facendo di se stessa la parte fondamentale del complicato ecosistema umano, in un continuo di battaglie, demoni Shacks e Nascosti.

 

Lei, con i suoi abiti sempre neri, lo smalto d’un tetro corvino, le pupille luttuose e impaurite, ma il cervello da genio, aveva visto, fin da subito, in Alec Lightwood, un esempio di perfezione serafica, il suo idolo, lo stimolo di cui aveva bisogno per migliorare.

 

Così, quando suo padre, con la sua voce tremula e pacata, le aveva raccontato di come il giovane BoscoLuce fosse stato in grado di rompere, in un sol colpo, il naso ad un suo avversario irriverente, durante un allenamento di karate, Simone si era ripromessa che, quando lo avrebbe incontrato, si sarebbe fatta spiegare tutti i suoi segreti, per apprenderli e adattarli a sé.

 

Perciò aveva pregato Erald, quando si era diffusa la notizia che l’Istituto di New York fosse in cerca di cadetti prossimi all’Ascensione da formare ed istruire, di trasferirla là, in modo che le barriere, tra il suo Alec e lei, si annullassero definitivamente.

 

E lui era stato ben contento di lasciargliela vinta; odiava sua figlia, odiava tutto ciò che la riguardava e agognava il giorno in cui finalmente se ne sarebbe andata via, lasciandolo alla sua muta disperazione e solitudine.

 

Il suo era un rancore profondo ed oscuro, nato quando, avvolta in una coperta macchiata di sangue, gliela avevano posta fra le braccia, con la triste notizia che Alice, sua moglie, la sua vita, era deceduta per salvarla, facendole scudo con il suo corpo; il mondo, da quel dì, per lui, non era più esistito, e quella stesa figlia che, ogni santa colazione, gli ricordava tutto quello che aveva perso, lo annichiliva e lo spegneva del tutto, facendogli bramare il mattino durante il quale lei non si sarebbe più svegliata e non gli avrebbe più abbuiato le fette biscottate con quel suo “buongiorno” falso e fin troppo squillante.

 

Simone questo non lo sapeva, amava il padre immensamente, e ogni cosa che faceva, aveva come obiettivo quello di renderlo fiero di lei, della donna che avrebbe costruito pezzo per pezzo, lenta ma certosina, come solo una shadowhunters è in grado di fare.

 

Ed ora, che Alexander si ergeva di fronte a lei, Simone faceva fatica ad adattarlo alle sue aspettative.


Tanto per cominciare era molto, molto, molto più bello di come se lo figurava; aveva gli occhi talmente cerulei, che riusciva ad accecarla, mentre i capelli mori, morbidi al tatto e dal pungente odore di sandalo, le invadevano i sensi. Era altissimo, muscoloso, proporzionato, il volto da cucciolo e la voce da leader.

 

Eppure…

 

«Veramente si dà il caso che, il frocetto, sia il mio ragazzo, quindi può stare dove vuole»

 

Il suo ragazzo? Da quando in qua Alec era…GAY?

 

 

«Alec! Grazie al cielo che sei arrivato… un altro secondo e ti dovevi cercare un nuovo parabatai»

 

A parlare era stato quello stregone multicolore dai tratti coreani, forse portoricani, che era apparso improvvisamente ed aveva iniziato a punzecchiare il famoso Jace Herondale che, per quanto illustre, Simone aveva immaginato più umano e meno ultraterreno, senza quest’ingombrante aurea di solennità e responsabilità.

 

Non era nemmeno così bello.

 

«Senti amico puoi mettere un silenziatore sulla bocca del tuo ragazzo per favore? A chi diavolo è venuto in mente di nominarlo professore?»

 

«Se proprio vuoi sapere come fare per chiudermi la bocca allora converrebbe che Alec si abbas…»

 

«MAGNUS»

 

A ribattere, questa volta, invece, era stata la giovane Fray che la bionda sapeva benissimo essere la figlia di colui che aveva sterminato la sua famiglia.

Sembrava così fragile e innocente, difficile pensare che fosse la progenie del peggiore dei demoni.

 

 

Ci vediamo nella sala combattimenti, Fairchild…

 

 

«Che cosa biscottino? Hanno abolito la libertà di parola?»

 

«No, ma gradirei evitare certi discorsi davanti ai ragazzi»

 

«E che divertimento c’è allora?»

 

«C’è che bisogna che impari quando è l’ora di fare silenzio, Bane!»

 

«Senti biondino ora mi hai veramente rotto il ca…»

 

«ADESSO BASTA!»
 

Alexander Lightwood che si arrabbiava era uno spettacolo fatato dal vivo, imperdibile ed inimmaginabile; i suoi occhi si gonfiavano di mille onde cobalto che prendevano fuoco, una vena sul collo pulsava mossa da un insolito tremore e i bicipiti si stringevano e immobilizzavano, al pari di una possente macchina da guerra.

 

E bellissima anche…

 

Alec posò l’arco, si sistemò i capelli ed incrociò le braccia, posando le mani sui gomiti, allargando nel frattempo le gambe.

 

«Jace bisogna che la pianti di attaccare Magnus ogni santa volta che fa qualcosa che non ti piace. Noi sopportiamo talmente tante tue sciocchezze!»

 

«È vero tesoro…»

 

«Clary tu mi stai per sposare, dunque non hai voce in capitolo»

 

«E perchè?»

 

«Sei stressata amore…perciò non ragioni»

 

«Bene… allora visto che non ragiono, stanotte dormi in Infermeria, letti scomodi e il resto?»

 

«Cosa? No… ti prego!»

 

«Goodbye my love…»

 

«Clary aspetta parliamone…»

 

E così come si era presentato, Jace sparì dalla visuale degli incappucciati, inseguendo la sua fidanzata incasinata ed arrabbiata, sotto lo sguardo curioso dei presenti, i quali, sempre più sbalorditi, non erano nella facoltà di comprendere come quei ragazzi potessero essere gli stessi cacciatori tutto d’un pezzo di cui stavano per diventare i successori.

 

Ormai nella stanza erano rimasti solo lo scalmanato stregone e il nuovo arrivato, colui che si era dichiarato il loro futuro Preside, armato e con la faretra ancora sulle spalle, che guardava con occhi dolci e lascivi il giovane uomo dai mille glitter.

 

Logan era rimasto, per un secondo, interdetto; come poteva uno shadowhunters, un Lightwood, direttore di un Istituto per giunta, essere omosessuale? In che diavolo di direzione stava andando il mondo?

 

Suo padre gli aveva insegnato, fin da piccolo, che Dio aveva creato l’uomo e la donna per un motivo preciso, perchè facessero prosperare il mondo riproducendosi e adoperandosi per il suo benessere, non perdendosi in sciocchezze contro natura e senza il benché minimo briciolo di senso.

 

Come amare una persona del tuo stesso sesso.

 

Sapeva molto bene che l’erede dei BoscoLuce era un tipo strano, solitario e schivo, ma vederlo lì davanti a lui, così virile e uomo, pieno di talento e possibilità, che accarezzava un uomo.

 

E lo faceva con una tale dolcezza, guardandolo negli occhi, piegando il labbro inferiore, umettandolo, ridendo per una stupidissima battuta detta sottovoce, che quasi sembrava umano.

 

Logan sentì montare un moto di rabbia, rosso scarlatto e scottante al tatto, che lo spingeva a togliere di mezzo tutti coloro che lo separavano dai due, solo per poterli separare o chissà, anche punirli per i loro atti osceni.

 

Alec rimase per un altro pochino a parlare con Magnus, ridendo spensierato, liberando nell’aria la sua genuinità, spensieratezza, voglia di vivere, che solo negli ultimi tempi aveva conquistato; voleva davvero baciare il suo ragazzo, voleva farlo suo anche in mezzo a quella stanza piena di ragazzi innocenti e impauriti, tanta era l’attrazione e l’amore che lo legava allo stregone.

 

«Devi smetterla Mag di litigare con Jace… Non posso sempre dividervi…»

 

«Oh ma se dividerci implica che tu entri da quella porta, baldanzoso e focoso, armato di quel tuo splendido arco, e mi proteggi dagli shadowhunters brutti e cattivi, potrei anche non smettere mai, Fiorellino»

Alec lo fissò un po' incerto sul da farsi, si morse il labbro ed attese una reazione che non tardò ad arrivare; Magnus lo fissava esitante, con gli occhi elettrici e torbidi, accesisi in un sol colpo, nemmeno che le labbra del cacciatore costituissero una sorta di preliminare.


O forse si?


 

«Ho una voglia matta di baciarti…»
 

«Credi che non lo sappia? Stasera faremo tutto quel che vuoi, ma ora occupati dei tuoi piccoli mostricciattoli, che io vado a preparare i moduli e le aule»

 

«Lo faresti davvero?»

 

«C’est la vie, c’est l’amour, mon petite fleur. Je ne peux pas attendre de vous voir nue»

 

«Lo sai vero che io il francese non lo capisco?»

 

«Appunto Alexander, appunto…»

 

Quando lo stregone ebbe finalmente abbandonato l’androne dell’Istituto, il giovane moro si voltò, assumendo la tipica espressione fredda e distaccata, che riportò sull’attenti i ragazzi lì presenti.

 

«Come avrete già capito dalla mia spiacevole presentazione, dovuta ad un altrettanto spiacevole individuo» Gli occhi di Alec cercarono quelli di Logan tra la folla «Io sono Alexander Lightwood, dirigo questo covo di matti e mi occuperò di voi per tutta la durata del vostro soggiorno. Mi vanto di essere un cacciatore giusto e imparziale, ma per il reato di omofobia posso pronunciare soltanto una sentenza: l’espulsione. Non mi importa se siete shadowhunters di nascita, figli del Re Uther Pendragon, eredi di Franz Joseph, oppure semplici mondani coraggiosi. Una sola critica, un solo commento negativo, e sarete sbattuti fuori a calci, non importa ciò che possiate dire in vostra difesa. Ci siamo capiti BlueBlood? Un.Altra.Parola.»

 

Logan provò a sfidare con lo sguardo Alec, provò a mantenerlo fisso e imperturbabile, ma alla fine cedette e lasciò cadere la testa, sconfitto e sfinito.

 

Almeno per ora

 

«Bene. Procediamo con lo smistamento.»


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Sinceramente...Non so cosa cavolo ho scritto questa volta...
Percui... Non so nemmeno che cavolo dire nelle Note...
Perciò, visto e considerato che non ho più una cavolo di voglia di fare alcunchè... 
Vado a coltivare cavoli.

Arrivederci. 👋🏽

Mistralia. ♠️

   
 
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