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Autore: Giuls_BluRose    17/08/2016    1 recensioni
Kurt e Blaine sono sposati da due anni e mezzo e i loro sogni stanno diventando realtà, hanno una vita felice a New York e lavorano come protagonisti in un moderno musical di Broadway; manca solo una cosa affinchè raggiungano il massimo della felicità: un figlio.
I due cercheranno quindi una madre surrogata, che troveranno nella loro cara amica Rachel; tutto pronto quindi?
Prima di iniziare le procedure si sottopongono ai test di routine, dai quali uscirà fuori un "piccolo dettaglio" molto inquietante, che sconvolgerà la vita dei coniugi Hummel-Anderson, minacciando il loro lieto fine in modo quasi indelebile.
Sarà proprio nel momento più cupo, quello dove tutto sembrerà perduto e senza speranza, che un vecchio conoscente tornerà nella vita dei due ragazzi. Un aiuto morale o il pezzo mancante affinchè tutto il loro mondo crolli?
Tutto è possibile finchè c'è l'amore, basta solo avere coraggio.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Kurt Hummel, Rachel Berry, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Dave, Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 10 – Non ti lascerò da solo, figlio

Karofsky? Blaine guardò stranito il ragazzo che si era appena trovato di fronte: era l'ultima persona che si sarebbe mai aspettata di trovare in quel luogo.
Indossava l'uniforme dell'ospedale, quindi era palese che lavorava lì, ma come ci era finito?
Il moro si alzò per andare a salutare Dave, che ricambiò con calore l'abbraccio.
“Ma quanto tempo! Come stai Dave?”
Il ragazzo sorrise, si vedeva da chilometri che stava molto meglio di quando era al liceo.
“Bene, ma tu sei qua, quindi non so se posso farti la stessa domanda.”
Blaine sospirò a quelle parole: già, proprio non si poteva dire che lui stesse bene in quel momento, anzi, l'ansia lo stava lentamente logorando da dentro.
“Adesso sono in pausa, se vuoi possiamo fare due chiacchiere.”
Il moro ci pensò: forse gli avrebbe fatto bene mettere tutto in pausa per una mezz'oretta e cercare di non pensare a tutto il casino che aveva in testa.
Tornarono a sedersi nel tavolo dal quale si era alzato Anderson e a Dave fu chiesto il perchè fosse lì a New York, dato che era l'ultimo posto dove il moro avrebbe pensato di poterlo trovare.
“Sentivo che a Lima non avevo più stimoli e sapevo di non voler passare il resto della mia vita chiuso in un qualche negozio, avevo altre aspettative. Non so se te l'ho mai raccontato, ma uno dei miei sogni era quello di poter fare l'infermiere per poter aiutare chi ha bisogno e così mi sono fatto forza e ho chiesto l'iscrizione per una famosa scuola di infermeria qui a New York. Inizialmente non è stato affatto facile ambientarmi qua, sai è una città veramente grande e mi ci è voluto un po', poi con il tempo ho smesso di sentire così tanto la mancanza della mia famiglia e ho iniziato a farmi una vita qua. Sai, nella scuola che frequento ho incontrato un ragazzo veramente carino e ci stiamo frequentando da un po' di tempo e come ciliegina sulla torta mi hanno preso qua come stagista per alcuni mesi, non ci posso credere. Immaginavo che sarei rimasto a marcire a Lima, ma per fortuna sono riuscito a realizzare parte dei miei sogni!”
Blaine sorrise, era davvero felice che Dave fosse riuscito a trovare la sua strada, sapeva che aveva passato dei momenti veramente difficili e gli faceva piacere venire a conoscenza di tali novità positive per il ragazzo.
“E tu invece, Blaine? Che cosa ti porta qua in ospedale?”
Il ragazzo sospirò abbassando leggermente lo sguardo, non era una cosa molto facile da dire, anche perchè in quel letto d'ospedale, per la seconda volta, c'era Kurt, il suo amato Kurt e aveva tanta paura che gli potesse accadere qualcosa da un momento all'altro.
“Kurt non sta bene, dobbiamo capire che cosa ha, ha avuto improvvisamente una crisi epilettica e stanno facendo accertamenti.”
“Oh, mi dispiace tanto..”
Dave sembrava sincero: sapeva bene di aver fatto veramente male a Kurt in passato, ma adesso era cambiato e si era pentito di tutto l'inferno nel quale lo aveva trascinato al liceo. Sapeva che era un ragazzo buono e gentile e che non si meritava del male, da niente e da nessuno.
“Spero vada tutto bene, sono veramente agitato.”
“Blaine non ti preoccupare, sappiamo benissimo entrambi che Kurt è un ragazzo forte e non sarà facile farlo fermare e poi se dovessi avere problemi sappi che da ora potrai contare pure su di me, non farti problemi a chiamarmi quando hai bisogno, davvero.”
“Grazie Dave.”
I due si sorrisero, mentre il cuore di Blaine leggermente si alleggeriva, sapendo che non era solo in quella terribile avventura ed era felice di avere qualcuno a cui potersi sorreggere nei momenti più neri.

Burt stava lavorando tutto il pomeriggio nella sua officina: il suo aiutante si era fatto male il giorno prima e non era andato a lavoro, quindi molto del lavoro da finire lo doveva fare da solo.
In quel momento stava pensando a suo figlio: erano tre giorni che non lo sentiva e il che non era molto strano, sapeva che stava lavorando molto e che era veramente stanco, ma gli mancava il suo ometto e non vedeva l'ora di rivederlo.
Ecco perchè due giorni dopo sarebbe partito per New York per fare una sorpresa a Kurt e a suo marito: non aveva detto nulla a nessuno dei due, si era prenotato il volo e una piccola stanza di hotel per lui e sua moglie ed entrambi erano molto felici di poter stringere i loro due ragazzi tra le braccia.
Quando ebbe finito di sistemare l'auto che gli era stata portata qualche giorno prima andò a darsi una lavata e prese il telefono per controllare se non ci fossero novità: noto varie chiamate perse da Blaine e, senza neanche sapere il motivo, sentì improvvisamente un nodo allo stomaco.
Forse era solamente una sua paranoia, le solite preoccupazioni di un genitore quando il proprio figlio è lontano, ma quel nome insistente sul display non lo rassicurava affatto.
Ricompose subito il numero di telefono e aspettò che iniziasse a squillare e , fortunatamente, dopo pochi squilli potette sentire la voce di Blaine dall'altro capo del telefono.
“Ciao Blaine, come va?”
Sentiva chiaramente che la voce del ragazzo non era la solita: sembrava spenta e cupa, per niente un buon segno e Burt lo sapeva bene.
Sentì il ragazzo raccontare dello strano comportamento di Kurt di quei giorni, della sua stanchezza, delle visite del medico e di quell'ultima crisi epilettica che lo aveva portato al ricovero.
Burt era scosso, si era dovuto mettere seduto per non cadere a terra, dato che sentiva le gambe tremare per il nervoso: doveva immediatamente anticipare il viaggio per stare accanto a Kurt, glielo doveva in tutti i modi.
Blaine gli aveva detto di non preoccuparsi, che non era nulla di grave, che era tutta colpa di un farmaco sbagliato; l'uomo però sentiva che c'era sotto qualcosa di più grande, che non era solo un'iniezione sbagliata a farlo andare in contro a quella crisi e sentiva che qualcosa di terribile stava per accadere.
Sarebbe per partito per New York la mattina seguente, all'alba e sarebbe arrivato dal figlio prima che potesse sottoporsi all'esame: non lo avrebbe mai lasciato solo in un momento del genere.
Chiuse la telefonata con Blaine e subito corse ad avvertire la moglie che sarebbero partiti prima del previsto, senza riuscire a togliersi dal petto una strana sensazione di paura e sconforto.

La mattina seguente Kurt, finalmente, si svegliò e per qualche secondo non riuscì a capire nulla: aveva una mascherina dell'ossigeno sul naso, era in un letto che non era il suo, in una stanza inospitale e spoglia.
Si guardò intorno prima di capire di essere in un ospedale e che quindi era successo qualcosa il giorno prima, anche se non si ricordava praticamente di nulla: era andato dalla costumista per degli abiti e poi? Aveva sentito la stanza girare e poi più nulla, non ricordava niente di niente.
Sentiva il corpo ancora un po' debole, non sapeva nemmeno se riusciva a mettersi seduto da solo, aveva la testa che pulsava e uno strano senso di nausea.
Sentì però qualcosa che lo teneva e si voltò in quella direzione, sentendo un sorriso solcargli il volto: Blaine stava dormendo su una poltrona accanto al suo letto e gli teneva la mano; Kurt si sciolse e strinse maggiormente la mano del marito nella propria.
Aveva passato tutta la notte lì Blaine, senza lasciare solo neanche un attimo l'amore della sua vita e Kurt non poteva che essere commosso da tutto l'amore che gli era dato.
Vide i raggi del sole che filtravano dalla finestra aperta e capì che doveva essere abbastanza presto, anche se solo pochi minuti dopo sentì la porta aprirsi e un infermiere entrare lentamente, sembrando sorpreso di vedere Kurt sveglio.
“Buongiorno signor Hummel.”
Sussurrò l'infermiere, un uomo di mezza età con i capelli neri e di media statura.
“Buongiorno.”
“Come si sente?”
“Stordito, ma credo sia normale.”
L'uomo annuì.
“Si. E credo che voglia sapere perchè si trova qua.”
Kurt fece cenno di sì con la testa: ancora non aveva capito che cosa fosse successo e non riusciva a darsi spiegazioni, sapeva solo che tutto d'un tratto nei suoi ricordi si era fatto buio.
“Ha avuto una crisi epilettica, a quanto pare era allergico al farmaco che le era stato iniettato. Adesso dobbiamo farle quella risonanza che gli aveva ordinato il medico. Ah, suo marito è rimasto qua tutto il giorno e tutta la notte, si è assicurato che non le mancasse nulla e pre questo direi che non è il caso di svegliarlo adesso, le sta bene scendere da solo?”
Il castano guardò suo marito sorridendo: si, era stato fin troppo gentile e meritava un po' di riposo.
Assecondò l'infermiere e insieme iniziarono a scendere silenziosamente nel reparto per fare il test e, proprio in quel momento, nel corridoio, Kurt vide arrivare suo padre a corsa, con uno sguardo pallido e, non appena lo vide, Burt corse ad abbracciarlo, assicurandosi che non fosse grave.
Il mezzo soprano era inizialmente confuso, ma grato che il padre fosse andato a trovarlo subito, non appena aveva appreso la notizia; lo rassicurò dicendo che non era nulla, solo un farmaco sbagliato e che la risonanza era solo un accertamento. Non disse nulla della possibilità del cancro e dello strano risultato della tac, non voleva allarmarlo più di quanto già non fosse.
Dopo di che Kurt fu portato nella sala per la risonanza e Burt e Carole si diressero nella stanza del ragazzo, aspettando che tornasse e che si potesse conoscere la diagnosi definitiva.


Note dell'autrice:
Ciao a tutti ragazzi!
Finalmente riesco ad aggiornare questo nuovo capitolo della Long che so non essere un gran che, ma giuro che migliorerà.
Ho fatto entrare in scena uno dei miei personaggi preferiti della serie, Burt Hummel e spero che a qualcuno possa far piacere.
Mi farebbe piacere, invece, se mi diceste che ne state pensando di questa storia, dove potrebbe migliorare e altro.
Per il resto nulla, vi auguro buona lettura e alla prossima.

Giulia Pierucci
 

   
 
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