nota:L'AVEVO GIà POSTATO, MA QUESTA è LA VERSIONE RIVEDUTA E CORRETTA. HOPE YOU'D LIKE IT. RECENSITE PLEASE. =)
Quando si parla
della notte, si da per scontato il buio.
Quando si parla del
giorno, si da per scontata la luce.
Gli uomini non
hanno ancora capito.
Di giorno
c’è il
sole. Il sole può creare i miraggi, inganni per la mente,
immagini non reali.
Di notte
c’è la
luna. La luna non crea alcun miraggio. Ciò che è
illuminato dalla luna è reale.
Di giorno nessuno
ha paura. Nessuno sta acquattato nell’ombra pronto ad
attaccare.
Ma se tutto
ciò che
gli uomini vedono è illuminato dal sole, può
essere il sole che li inganna con
un miraggio.
Di notte tutti
hanno paura. Paura che qualcuno ti possa saltare addosso
all’improvviso. Ma ciò
che gli uomini vedono di notte non sono miraggi.
La notte è
Luce.
Il giorno è
Buio.
Controsenso?
Non per loro.
Loro che sono i
Guardiani.
1.
LA LUCE
Alzò lo
sguardo
verso la luna, piegando la testa e stringendo gli occhi. Due globi di
ghiaccio
che riflettevano la luce bianca della notte.
Il freddo neanche
lo sentiva più, ormai era abituata.
Quello che non
sopportava era il calore del Buio. E dire che aveva passato
metà della sua
giovane vita temendo la notte, ingannata dal giorno, così
luminoso, così
rassicurante.
Inspirò col
naso e
chiuse gli occhi.
Si sentiva
osservata, già da alcune ore era convinta che qualcuno la
stesse guardando.
Un rumore.
Voltò la
testa a
sinistra, dove le era sembrato di sentire un sospiro. Ma non vide nulla.
Tornò a
contemplare
la luna.
Un altro rumore.
Questa volta chiaro.
Si alzò di
scatto e
si voltò verso il nuovo venuto, pronta a difendersi. O ad
attaccare.
«Calma,
calma… voi
Guardiani siete sempre così agitati…»
Una figura con un
abito verde sgargiante si mostrò. Lei si rilassò
un poco.
«Middle?»
La sua
voce, sebbene aspra, aveva un tocco di curiosità, che non
riusciva a
nascondere la sua più grande debolezza. La
paura.
«Oh, mia
cara, non
temere. Non ho intenzione di farti del male.»
Lei sbuffò.
«Non vedo
come
potresti.»
Lo sguardo del
tizio chiamato Middle si affilò.
«Non
sfidarmi, mia
cara… ricorda che sono con te, ma anche contro di
te…»
«Vuoi
chiamare i
Guardiani del Buio? Sai che di notte non possono sfiorarmi.»
«Non hai solo
i GB
alle calcagna, cara. Non sono pochi coloro che desiderano la tua
morte.»
«Sbagli,
Middle. E’
la mia vita che desiderano. Non me la porteranno via.»
Riusciva a stento a
coprire con l’arroganza il leggero tremito nella voce.
Fece alcuni passi
verso Middle, raggiungendolo velocissima, posandosi una mano sul fianco
e
inarcando un sopracciglio, sfidandolo a ribattere.
Lui
indietreggiò,
spaventato dal’improvvisa vicinanza, poi ridacchiò
della sua debolezza
momentanea.
«Mia cara,
mantieni
le distanze, non vorrai scatenare una guerra!»
Lei sbuffò,
sollevando un ciuffo di capelli scuri che fino a un attimo prima le
ricadeva
sul viso.
«Ma quale
guerra?
Siamo sempre in questo stupido perfetto Equilibrio!»
Aveva detto troppo.
L’atteggiamento
di
Middle cambiò.
L’espressione
era
chiaramente irata, e l’aria intorno a lui si faceva magnetica.
Lei si
sentì, a un
tratto, spinta via da una ventata di energia, che la colpì
come una frusta
infuocata e le mozzò il respiro in gola.
«Ragazzina»
ringhiò
Middle «cerca di ricordarti chi hai davanti prima di parlare
a sproposito. E
ricorda che se non
fosse per
l’Equilibrio, tu non avresti alcuna utilità di
esistere!»
Com’era
cominciato,
finì.
Lei si trovò
a
terra, ansimante, con Middle a guardarla.
«Chiedo…
scusa.»
tossì, in direzione di quest’ultimo. «La
prossima volta controllerò le mie
parole prima di pronunciarle.»
L’espressione
di
Middle si raddolcì un poco, ma rimase severa.
«Va bene, mia
cara,
le tue scuse sono accettate. Ora alzati, ho di che parlarti.»
Traballante, lei si
alzò, reggendosi come meglio poteva a un muricciolo di
cemento.
«Il mio
Signore ti
comanda di venirmi a parlare?» Domandò, gli occhi
luccicanti.
«Il tuo
Signore ti
ordina di tornare immediatamente a casa. Cal è
preoccupato.»
Lei sbuffò.
«Cal avrebbe
dovuto
pensarci prima di fare quel che ha fatto.»
Middle si
incuriosì.
«Che ha
fatto?»
«E’
entrato in
camera mia.»
«E…?»
«E, camera
mia gli
è vietata.»
«Da quel che
mi
raccontava, non eri così restia alla sua
presenza…»
«Cal racconta
un
mucchio di cazzate.» lo interruppe lei.
Rimasero qualche
secondo in silenzio.
«In ogni
caso»
riprese Middle «è il tuo Signore che ti ha
ordinato di tornare. Ti consiglio di
farlo.»
«Lo
farò.»
«Bene. Il mio
compito è dunque concluso. A presto, mia cara.»
«Grazie di
essere
venuto, Middle.»
Lui chinò il
capo
in segno di saluto, si voltò e se ne andò.
Lei riprese a
guardare la luna. Prima le era sembrato che qualcuno la stesse
osservando, ma
ora non sentiva più nulla. Chissà.
Voltò le spalle alla luna e si diresse nella
direzione opposta da quella presa da Middle. Forse era ora di tornare a
casa.
«Buonasera,
signorina.»
«’Sera,
Roger. Faber?»
«E’
nel suo studio,
signorina. La attende.»
«Bene.»
Cominciò a
salire
le scale, ma al terzo pianerottolo si scontrò con un corpo
perfetto e
longilineo, e fu sorretta, prima di cadere, da due braccia forti, che
per
reggerla la avvicinarono al viso che le comandava.
Appena si rese
conto a chi apparteneva quel viso, cercò di districarsi e
allontanarsi dal
ragazzo, che ridacchiò dei suoi tentativi, avvicinando
ancora di più il viso a
quello di lei.
«Emm, sempre
la
solita imbranata…»
«Levami le
mani di
dosso, Cal.»
«Oh, insomma,
prima
cadi ai miei piedi e ora ti lamenti pure..»
«Ti ho detto mollami, Cal.»
«Lasciala.»
La voce forte non
ammetteva repliche. Cal la lasciò andare
all’istante e si inchinò davanti a
colui che aveva parlato.
«Chiedo
scusa, mio
Signore. Non ti avevo sentito arrivare.»
«Sono…arrivato
solo
perché Roger mi ha avvertito che Emma era tornata, e visto
che non si è
presentata immediatamente di fronte a me, ho pensato che qualcosa
l’avesse
trattenuta.»
Cal non si mosse e
continuò a tenere lo sguardo basso.
«Vai pure,
ora,
ragazzo. Lasciaci soli.»
«Certo,
Signore.»
Cal scese al piano
di sotto.
Solo allora Emm si
sentì libera di parlare.
«Ti chiedo
perdono
per essere stata tanto tempo fuori casa, Faber. Non accadrà
più.»
Faber scosse la
testa.
«Non importa.
Andiamo nel mio studio.»
Emm lo seguì
mentre
saliva quello che restava delle scale, lungo il corridoio dalle pareti
blu, e
infine della stanza nera, che era il suo studio.
Lui le fece cenno
di accomodarsi davanti alla scrivania, mentre prendeva posto di fronte
a lei.
Era stato difficile
per Emm abituarsi all’aspetto del suo Signore. Era
così incredibilmente… comune.
Non aveva alcun tratto particolare che lo contraddistinguesse dalla
massa:
capelli castano scuro, occhi castani, labbra sottili, corporatura nella
media.
Eppure lui era tutto fuorché comune. Il suo potere era
inimmaginabile per
chiunque. Ed Emm aveva sempre trovato strano che un potere
così straordinario
fosse racchiuso da un corpo così comune. Ma alla fine ci si
era abituata.
Faber la
guardò a
lungo prima di parlare.
«Non sapevamo
dove
fossi. Cal era preoccupato.»
«Ho
saputo.»
«Ho mandato
Middle
a chiamarti.»
«Si, Signore,
mi ha
recapitato il tuo messaggio.»
«Mi ha detto
qualcosa che non mi ha fatto molto piacere.»
Emm tacque, rimase
a capo chino a fissarsi le ginocchia, indecisa su come giustificarsi.
«Lo hai quasi
toccato. Hai quasi toccato Middle, Emma. Sai cosa significa?»
«Si, mio
Signore.»
«Se un essere
del Mezzo
viene toccato da uno dei lati, l’Equilibrio si
rovescia!»
«Ne sono
consapevole, Signore.»
«Hai una
giustificazione valida al tuo gesto?»
«Temo di no,
Signore. E’ stato un momento
d’impulsività.»
«Dovrai
essere
punita.»
«Lo so,
Signore.»
Faber rimase in
silenzio, osservando la giovane pentita che aveva davanti.
«Mmh…
No, non sarà
necessario punirti. Hai capito la lezione.»
«Ho imparato,
mio
Signore.»
«Bene. Gli
errori
servono a questo. Ora vai. Cal era davvero preoccupato della tua
assenza, e la
tua reazione di poco fa lo ha turbato ancora di
più.»
«Non
è colpa mia se
non riesce a controllare i suoi sentimenti, Signore.»
Faber
ridacchiò.
«Certo che
no. Ma
non essere troppo dura, con lui. Ti ama come nessun altro.»
«Lo
so» borbottò
Emm, una volta uscita dallo studio.
Scese le scale
lentamente, riflettendo. Lei e Cal stavano insieme da quanto, ormai, un
anno? E
lui non aveva ancora imparato che
non
doveva entrare in camera sua. Ma magari… magari la stava
solo cercando, e non
trovandola in giro per casa aveva provato in camera sua…
Magari era solo
preoccupato per lei. E lei l’aveva trattato malissimo.
Aveva bisogno di
parlargli.
«Cal?»
chiamò Emm,
entrando in sala da pranzo.
Lui era seduto al
tavolo 3 con Martha e Boris. Si voltò appena la
sentì arrivare, e le regalò il
suo sorriso stupendo.
Cal era bellissimo.
I capelli neri, gli occhi di ghiaccio, così simili a quelli
di Emm, il fisico
da modello e il sorriso, Cal aveva il sorriso più bello che
Emm avesse mai
visto.
Per lei fu quasi
impossibile non rispondere a quel sorriso.
«Puoi venire
un po’
di là? Ho bisogno di parlarti…»
«Certo!»
Lui si
alzò subito e la raggiunse.
Senza farsi notare
Emm osservò Martha e Boris. Non aveva mai visto una coppia
così male assortita.
Erano l’uno l’opposto dell’altra, non
avevano neanche una cosa in comune,
litigavano in continuazione, e lei era convinta che non si amassero
neanche.
Lei e Cal non erano così. Avevano un sacco di interessi
comuni e non litigavano
quasi mai. E si amavano. Almeno, Cal la amava. Dei propri sentimenti
non era
certa.
Cal le prese la
mano e insieme si diressero al salotto 2, il loro. Si accomodarono nel
divano
davanti al fuoco.
«Mi
dispiace»
dissero insieme.
Risero.
«Prima
io» disse
Emm «Mi dispiace di essermene andata di casa solo
perché eri entrato in camera
mia, mi dispiace averti fatto preoccupare e mi dispiace per come ti ho
trattato
poco fa sulle scale. Scusami.»
«Sei
scusata…»
disse lui, accarezzandole una guancia. «Ora tocca a me. Mi
dispiace per essere
entrato in camera tua senza il tuo permesso e mi dispiace per come ti
ho
trattata io prima sulle scale.»
«Scusato.»
rispose
Emm sorridendo.
Anche lui sorrise e
la leggera tensione che si era creata scomparve.
Cal
l’abbracciò e
la strinse forte a sè.
«Non farmi
mai più
una cosa del genere. Ho passato tre giorni orribili.»
«Scusami»
ripetè
Emm sulla sua spalla. Cal prese il suo viso tra le mani e la
guardò negli
occhi. Quello che vedeva forse era bello, perché sorrise di nuovo. Avvicinò
il suo viso e la baciò a
lungo. Ed Emm si sentì male con se stessa, perché
le sembrava tutto tremendamente
sbagliato, tutto tremendamente uguale.