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Autore: bimbaemo    27/04/2009    2 recensioni
Quando si parla della notte, si da per scontato il buio. Quando si parla del giorno, si da per scontata la luce. Gli uomini non hanno ancora capito. Di giorno c’è il sole. Il sole può creare i miraggi, inganni per la mente, immagini non reali. Di notte c’è la luna. La luna non crea alcun miraggio. Ciò che è illuminato dalla luna è reale.La notte è Luce. Il giorno è Buio. Controsenso? Non per loro. Loro che sono i Guardiani. .....................«Si chiama Emma.» disse a un certo punto Middle, guardandolo. « Cosa?» rispose lui, evadendo dalle sue fantasie. «La Guardiana. Si chiama Emma.» Thomas assunse un’ espressione arrogante. «Pensi che mi interessi sapere il suo nome? Stavo qui solo perché se mi avesse visto mi avrebbe ucciso!» Middle fece come se non avesse sentito. «E’ l’alba, ormai…» disse dopo un po’ allontanandosi. «E questo che c’entra?» «Scoprirai ben presto l’importanza dell’alba, mio caro.»............ spero che possa piacere
Genere: Romantico, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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nota:L'AVEVO GIà POSTATO, MA QUESTA è LA VERSIONE RIVEDUTA E CORRETTA. HOPE YOU'D LIKE IT. RECENSITE PLEASE. =)

Quando si parla della notte, si da per scontato il buio.

Quando si parla del giorno, si da per scontata la luce.

Gli uomini non hanno ancora capito.

Di giorno c’è il sole. Il sole può creare i miraggi, inganni per la mente, immagini non reali.

Di notte c’è la luna. La luna non crea alcun miraggio. Ciò che è illuminato dalla luna è reale.

Di giorno nessuno ha paura. Nessuno sta acquattato nell’ombra pronto ad attaccare.

Ma se tutto ciò che gli uomini vedono è illuminato dal sole, può essere il sole che li inganna con un miraggio.

Di notte tutti hanno paura. Paura che qualcuno ti possa saltare addosso all’improvviso. Ma ciò che gli uomini vedono di notte non sono miraggi.

La notte è Luce.

Il giorno è Buio.

Controsenso?

Non per loro.

Loro che sono i Guardiani.

 

 

 

1.  LA LUCE

Alzò lo sguardo verso la luna, piegando la testa e stringendo gli occhi. Due globi di ghiaccio che riflettevano la luce bianca della notte.

Il freddo neanche lo sentiva più, ormai era abituata.

Quello che non sopportava era il calore del Buio. E dire che aveva passato metà della sua giovane vita temendo la notte, ingannata dal giorno, così luminoso, così rassicurante.

Inspirò col naso e chiuse gli occhi.

Si sentiva osservata, già da alcune ore era convinta che qualcuno la stesse guardando.

Un rumore.

Voltò la testa a sinistra, dove le era sembrato di sentire un sospiro. Ma non vide nulla.

Tornò a contemplare la luna.

Un altro rumore. Questa volta chiaro.

Si alzò di scatto e si voltò verso il nuovo venuto, pronta a difendersi. O ad attaccare.

«Calma, calma… voi Guardiani siete sempre così agitati…»

Una figura con un abito verde sgargiante si mostrò. Lei si rilassò un poco.

«Middle?» La sua voce, sebbene aspra, aveva un tocco di curiosità, che non riusciva  a nascondere la sua più grande debolezza. La paura.

«Oh, mia cara, non temere. Non ho intenzione di farti del male.»

Lei sbuffò.

«Non vedo come potresti.»

Lo sguardo del tizio chiamato Middle si affilò.

«Non sfidarmi, mia cara… ricorda che sono con te, ma anche contro di te…»

«Vuoi chiamare i Guardiani del Buio? Sai che di notte non possono sfiorarmi.»

«Non hai solo i GB alle calcagna, cara. Non sono pochi coloro che desiderano la tua morte.»

«Sbagli, Middle. E’ la mia vita che desiderano. Non me la porteranno via.»

Riusciva a stento a coprire con l’arroganza il leggero tremito nella voce.

Fece alcuni passi verso Middle, raggiungendolo velocissima, posandosi una mano sul fianco e inarcando un sopracciglio, sfidandolo a ribattere.

Lui indietreggiò, spaventato dal’improvvisa vicinanza, poi ridacchiò della sua debolezza momentanea.

«Mia cara, mantieni le distanze, non vorrai scatenare una guerra!»

Lei sbuffò, sollevando un ciuffo di capelli scuri che fino a un attimo prima le ricadeva sul viso.

«Ma quale guerra? Siamo sempre in questo stupido perfetto Equilibrio!»

Aveva detto troppo.

L’atteggiamento di Middle cambiò.

L’espressione era chiaramente irata, e l’aria intorno a lui si faceva magnetica.

Lei si sentì, a un tratto, spinta via da una ventata di energia, che la colpì come una frusta infuocata e le mozzò il respiro in gola.

«Ragazzina» ringhiò Middle «cerca di ricordarti chi hai davanti prima di parlare a sproposito. E ricorda che se  non fosse per l’Equilibrio, tu non avresti alcuna utilità di esistere!»

Com’era cominciato, finì.

Lei si trovò a terra, ansimante, con Middle a guardarla.

«Chiedo… scusa.» tossì, in direzione di quest’ultimo. «La prossima volta controllerò le mie parole prima di  pronunciarle.»

L’espressione di Middle si raddolcì un poco, ma rimase severa.

«Va bene, mia cara, le tue scuse sono accettate. Ora alzati, ho di che parlarti.»

Traballante, lei si alzò, reggendosi come meglio poteva a un muricciolo di cemento.

«Il mio Signore ti comanda di venirmi a parlare?» Domandò, gli occhi luccicanti.

«Il tuo Signore ti ordina di tornare immediatamente a casa. Cal è preoccupato.»

Lei sbuffò.

«Cal avrebbe dovuto pensarci prima di fare quel che ha fatto.»

Middle si incuriosì.

«Che ha fatto?»

«E’ entrato in camera mia.»

«E…?»

«E, camera mia gli è vietata.»

«Da quel che mi raccontava, non eri così restia alla sua presenza…»

«Cal racconta un mucchio di cazzate.» lo interruppe lei.

Rimasero qualche secondo in silenzio.

«In ogni caso» riprese Middle «è il tuo Signore che ti ha ordinato di tornare. Ti consiglio di farlo.»

«Lo farò.»

«Bene. Il mio compito è dunque concluso. A presto, mia cara.»

«Grazie di essere venuto, Middle.»

Lui chinò il capo in segno di saluto, si voltò e se ne andò.

Lei riprese a guardare la luna. Prima le era sembrato che qualcuno la stesse osservando, ma ora non sentiva più nulla. Chissà. Voltò le spalle alla luna e si diresse nella direzione opposta da quella presa da Middle. Forse era ora di tornare a casa.

 

 

 

 

«Buonasera, signorina.»

«’Sera, Roger. Faber?»

«E’ nel suo studio, signorina. La attende.»

«Bene.»

Cominciò a salire le scale, ma al terzo pianerottolo si scontrò con un corpo perfetto e longilineo, e fu sorretta, prima di cadere, da due braccia forti, che per reggerla la avvicinarono al viso che le comandava.

Appena si rese conto a chi apparteneva quel viso, cercò di districarsi e allontanarsi dal ragazzo, che ridacchiò dei suoi tentativi, avvicinando ancora di più il viso a quello di lei.

«Emm, sempre la solita imbranata…»

«Levami le mani di dosso, Cal.»

«Oh, insomma, prima cadi ai miei piedi e ora ti lamenti pure..»

«Ti ho detto  mollami, Cal.»

«Lasciala.»

La voce forte non ammetteva repliche. Cal la lasciò andare all’istante e si inchinò davanti a colui che aveva parlato.

«Chiedo scusa, mio Signore. Non ti avevo sentito arrivare.»

«Sono…arrivato solo perché Roger mi ha avvertito che Emma era tornata, e visto che non si è presentata immediatamente di fronte a me, ho pensato che qualcosa l’avesse trattenuta.»

Cal non si mosse e continuò a tenere lo sguardo basso.

«Vai pure, ora, ragazzo. Lasciaci soli.»

«Certo, Signore.»

Cal scese al piano di sotto.

Solo allora Emm si sentì libera di parlare.

«Ti chiedo perdono per essere stata tanto tempo fuori casa, Faber. Non accadrà più.»

Faber scosse la testa.

«Non importa. Andiamo nel mio studio.»

Emm lo seguì mentre saliva quello che restava delle scale, lungo il corridoio dalle pareti blu, e infine della stanza nera, che era il suo studio.

Lui le fece cenno di accomodarsi davanti alla scrivania, mentre prendeva posto di fronte a lei.

Era stato difficile per Emm abituarsi all’aspetto del suo Signore. Era così incredibilmente… comune. Non aveva alcun tratto particolare che lo contraddistinguesse dalla massa: capelli castano scuro, occhi castani, labbra sottili, corporatura nella media. Eppure lui era tutto fuorché comune. Il suo potere era inimmaginabile per chiunque. Ed Emm aveva sempre trovato strano che un potere così straordinario fosse racchiuso da un corpo così comune. Ma alla fine ci si era abituata.

Faber la guardò a lungo prima di parlare.

«Non sapevamo dove fossi. Cal era preoccupato.»

«Ho saputo.»

«Ho mandato Middle a chiamarti.»

«Si, Signore, mi ha recapitato il tuo messaggio.»

«Mi ha detto qualcosa che non mi ha fatto molto piacere.»

Emm tacque, rimase a capo chino a fissarsi le ginocchia, indecisa su come giustificarsi.

«Lo hai quasi toccato. Hai quasi toccato Middle, Emma. Sai cosa significa?»

«Si, mio Signore.»

«Se un essere del Mezzo viene toccato da uno dei lati, l’Equilibrio si rovescia!»

«Ne sono consapevole, Signore.»

«Hai una giustificazione valida al tuo gesto?»

«Temo di no, Signore. E’ stato un  momento d’impulsività.»

«Dovrai essere punita.»

«Lo so, Signore.»

Faber rimase in silenzio, osservando la giovane pentita che aveva davanti.

«Mmh… No, non sarà necessario punirti. Hai capito la lezione.»

«Ho imparato, mio Signore.»

«Bene. Gli errori servono a questo. Ora vai. Cal era davvero preoccupato della tua assenza, e la tua reazione di poco fa lo ha turbato ancora di più.»

«Non è colpa mia se non riesce a controllare i suoi sentimenti, Signore.»

Faber ridacchiò.

«Certo che no. Ma non essere troppo dura, con lui. Ti ama come nessun altro.»

«Lo so» borbottò Emm, una volta uscita dallo studio.

Scese le scale lentamente, riflettendo. Lei e Cal stavano insieme da quanto, ormai, un anno? E lui non aveva ancora imparato che  non doveva entrare in camera sua. Ma magari… magari la stava solo cercando, e non trovandola in giro per casa aveva provato in camera sua… Magari era solo preoccupato per lei. E lei l’aveva trattato malissimo.

Aveva bisogno di parlargli.

 

 

 

«Cal?» chiamò Emm, entrando in sala da pranzo.

Lui era seduto al tavolo 3 con Martha e Boris. Si voltò appena la sentì arrivare, e le regalò il suo sorriso stupendo.

Cal era bellissimo. I capelli neri, gli occhi di ghiaccio, così simili a quelli di Emm, il fisico da modello e il sorriso, Cal aveva il sorriso più bello che Emm avesse mai visto.

Per lei fu quasi impossibile non rispondere a quel sorriso.

«Puoi venire un po’ di là? Ho bisogno di parlarti…»

«Certo!» Lui si alzò subito e la raggiunse.

Senza farsi notare Emm osservò Martha e Boris. Non aveva mai visto una coppia così male assortita. Erano l’uno l’opposto dell’altra, non avevano neanche una cosa in comune, litigavano in continuazione, e lei era convinta che non si amassero neanche. Lei e Cal non erano così. Avevano un sacco di interessi comuni e non litigavano quasi mai. E si amavano. Almeno, Cal la amava. Dei propri sentimenti non era certa.

Cal le prese la mano e insieme si diressero al salotto 2, il loro. Si accomodarono nel divano davanti al fuoco.

«Mi dispiace» dissero insieme.

Risero.

«Prima io» disse Emm «Mi dispiace di essermene andata di casa solo perché eri entrato in camera mia, mi dispiace averti fatto preoccupare e mi dispiace per come ti ho trattato poco fa sulle scale. Scusami.»

«Sei scusata…» disse lui, accarezzandole una guancia. «Ora tocca a me. Mi dispiace per essere entrato in camera tua senza il tuo permesso e mi dispiace per come ti ho trattata io prima sulle scale.»

«Scusato.» rispose Emm sorridendo.

Anche lui sorrise e la leggera tensione che si era creata scomparve.

Cal l’abbracciò e la strinse forte a sè.

«Non farmi mai più una cosa del genere. Ho passato tre giorni orribili.»

«Scusami» ripetè Emm sulla sua spalla. Cal prese il suo viso tra le mani e la guardò negli occhi. Quello che vedeva forse era bello, perché sorrise di  nuovo. Avvicinò il suo viso e la baciò a lungo. Ed Emm si sentì male con se stessa, perché le sembrava tutto tremendamente sbagliato, tutto tremendamente uguale.

  
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