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Autore: DAlessiana    17/08/2016    4 recensioni
Edward fissava la foto, che conservava nel portafoglio, con sguardo perso e la mente affollata di ricordi.
"Parlami di lei..." la voce di Bella fu una dolce melodia che interruppe il filo di pensieri del ragazzo, che per qualche minuto si era dimenticato della presenza della sua fidanzata.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Cullen, Carlisle Cullen, Edward Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Jasper e Edward tornarono a casa in perfetto orario scolastico, trovando il padre ancora lì.
Quella mattina aveva deciso di non andare a lavoro, prendendosi un giorno libero, perché gli ultimi mesi erano stati un po' più stressanti del solito. Ovviamente, per il dottor Cullen, giorno libero equivaleva a stare nel suo studio sempre con le cartelle dei suoi pazienti in mano. In pratica il suo senso del dovere non riposava mai.
Jasper si distese sul divano per vedere un po' di sana televisione, almeno si sarebbe distratto da tutto ciò che stava succedendo, mentre Edward aveva preso un succo dal frigo ed era salito in camera.
Carlisle aveva notato che qualcosa non andava per il verso giusto, ma, come al solito, aveva deciso di lasciar correre, ricordandosi che neanche lui raccontava tutto ai genitori.
Durante la cena, passata a parlare del più e del meno e, poiché Jasper sobbalzava dal divano ogni volta che il telefono del padre squillava, quest'ultimo decise di porre la tanto ambita domanda.
“Jasper, c'è qualcosa che ti preoccupa?” chiese, sminuendo la situazione, in modo tale che il figlio non si sentisse in imbarazzo.

“Niente papà. Oggi abbiamo avuto un test di matematica particolarmente difficile e non so se è andato tutto bene” mentì spudoratamente Jasper, quella forse era la quinta o sesta menzogna che rifilava al padre nelle ultime settimane. In realtà il test lo aveva direttamente saltato.
“Beh, almeno sai per certo di aver dato tutto se stesso. Se va male, vorrà dire che doveva andare così, non tormentarti. Sicuro che non c'è dell'altro?” replicò Carlisle e il giovane Cullen si sentì ancora più male, come faceva a non farsi tormentare dai sensi di colpa? La maggior parte dei suoi amici avrebbe pagato per avere un padre come il suo e lui non stava facendo altro che riempirlo di bugie.
“Sicuro” disse, sfoggiando il suo miglior sorriso convinto, fissando il piatto. Improvvisamente tutta la fame che sentiva gli era passata.

Jasper uscì, facendo il minimo rumore, quella notte come le altre, dalla porta sul retro, con la mente ancora alla discussione avuta con Edward.

 

Non puoi andarci, Jazz! Dobbiamo chiedere aiuto, questa storia sta diventando troppo grande per poterla gestire da soli!” aveva urlato il maggiore, dopo che Jasper era andato nella sua stanza per dirgli della chiamata di Emily.
“Io ci vado, Ed. Non ti chiedo di venire con me, almeno coprimi con papà, ti prego” aveva replicato, seppur a voce bassa, Jasper.
“Lo sai che lo avrei fatto comunque, ti prego fa attenzione e se la situazione precipita, chiamami” aveva detto, una volta rassegnato al fatto che sarebbe stato impossibile fargli cambiare idea, Edward.
“Grazie, fratello!” aveva esclamato Jasper e, preso il giubbino, scese furtivamente le scale.


Sfortuna, o fortuna, dipende dai punti di vista, volle che Carlisle, non avendo sonno, era sceso in cucina per prepararsi una camomilla e aveva sentito la conservazione tra i due figli, quando era passato per la camera di Edward, Jasper non l'aveva notato solo perché era sceso di corsa e il padre lo aveva lasciato fare. Non entrò neanche in camera del figlio Edward, per interrogarlo su dove si potesse essere cacciato Jasper a quell'ora, semplicemente scese in cucina e decise di prepararsi la sua camomilla, avrebbe atteso il rientro del figlio in silenzio. Stavolta era arrivato il momento delle spiegazioni e Jasper non l'avrebbe scampata.

Ignaro di tutto, il giovane Cullen, era arrivato al locale, poco fuori dalla cittadina, che Emily gli aveva detto al telefono, quando lo aveva chiamato in cerca d'aiuto. Era uno di quei locali a cui loro non dovevano assolutamente avvicinarsi secondo Carlisle, anche perché potevano entrare solo chi aveva ventuno anni compiuti.
Scese dall'auto ed entrò, mostrando al buttafuori un documento falso, cosa che a quell'omone vestito di nero non destò sospetti, se dei ragazzini stupidi volevano rovinarsi la vita di certo non era sua la colpa.
Cercò Emily tra i mille ragazzi, la maggior parte sotto i ventuno anni, sparsi nel locale e la trovò, seduta al bar, che a malapena si reggeva in piedi.
“Emily!” la chiamò, andandole incontro, in tempo per sorreggerla, stava per cadere dalle sgabello. La ragazza si buttò tra le sue braccia e iniziò a piangere sussurrando frasi senza un vero e proprio senso logico, ma che davano l'idea di scuse.
“Ehi. Ti porto a casa, vieni” le disse, cercando di sovrastare il rumore della musica, lei annuì piano, lasciandosi completamente andare tra le sue braccia.
“Ehi, ragazzino! Non se ne può andare senza pagarmi e bere ciò che mi ha chiesto di servirle!” gridò il barman e, vedendo la stazza di quell'uomo, Jasper si disse che avrebbe perso in partenza qualsiasi scontro fisico. Guardò Emily, in quello stato non avrebbe sopportato nemmeno un'altra goccia dall'alcool e decise che un bicchiere di birra di certo non lo avrebbe mandato in ospedale.
“Faccio io” rispose e porse alcuni soldi che il barman prese con poca grazia dal bancone, dopo aver incassato il denaro gli indicò il bicchiere con il liquido che Emily gli aveva ordinato. Jasper lo prese tra le mani e, sotto lo sguardo indagatore dell'uomo, lo bevve tutto. Il barman sorrise soddisfatto e lui poté scortare Emily fuori da quell'orrendo locale.

Erano già arrivati accanto alla macchina di Jasper, quando quest'ultimo iniziò a sentirsi male. La testa gli girava e non riusciva più a reggere Emily, aprì la portiera dietro per farla distendere e lui si sedette, con non poca fatica, al lato del guidatore. Stava sudando freddo e il pensiero che in quel bicchiere non ci fosse solo birra iniziava a farsi spazio nella sua mente. Guardò Emily e notò che faceva fatica a respirare, così prese il cellulare in mano e compose il numero dell'unica persona che avrebbe potuto aiutarlo. Suo padre.
“Jasper! Si può sapere dove sei?” quasi urlò il dottor Cullen, con tono severo e autoritario, al quale il ragazzo non fece caso.
“Ho bisogno di te, papà!” sussurrò al telefono, quando la voce, piena di rabbia e preoccupazione, del padre gli arrivò all'orecchio. Fu un attimo e tutto divenne nero. 



-Salve! :)
Spero che abbiate trascorso delle ottime vacanze e che siate carichi per darmi la vostra opinione su questo capitolo.
Non so esattamente cos'altro dire se non un immenso grazie a tutto coloro che continuano a sostenere questa storia. È solo merito vostro se questa storia continua ad andare avanti, ormai fanno tutto i personaggi io non decido più nulla! Ahahah

Alla prossima! Un bacio <3

  
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