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Autore: Watashiwa    18/08/2016    2 recensioni
'L'amore è sempre paziente e gentile, non è mai geloso. L'amore non è mai presuntuoso o pieno di sè, non è mai scortese o egoista, non si offende e non porta rancore.'
Raccolta sul pairing di Naruto NaruHina, personalmente il mio preferito da sempre (dal lontano 2006).
Possibile inserimento di momenti 'ipotetici/missing moment' ma per la maggior parte tratti dal manga/anime Naruto.
Dal principio fino alla fine, qualunque essa sia.
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki | Coppie: Hinata/Naruto
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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16. Perché si sono sposati e hanno creato una bellissima famiglia...problemi a parte.

Fu decisamente un attimo.
Il sorriso sornione di Madara, così prepotente da far gelare il sangue nelle vene di chiunque l'avrebbe osservato, non prometteva nulla di buono fin dal primo secondo.
Il problema maggiore non era per niente la caduta dei meteoriti che piovevano ininterrottamente a ore 4 dell'ampio campo di battaglia, creati per far fuori più gente possibile e sconfiggere ogni forma nemica di Madara e i suoi alleati.
Ma Naruto non comprese subito e cercò fin dal principio - forse anche troppo impulsivamente - di ridurli in brandelli e proteggere tutti i suoi amici e compagni, in quanto era di principio il suo obiettivo, il suo scopo da raggiungere in quel frangente così drammatico e per niente ilare.
Non poteva permettere al suo cuore di arrendersi e di perdere battiti alla visione di una nuova, sanguinolente carneficina da parte delle forze nemiche; le sue forze dovevano adempiere alla protezione di ogni essere vivente che lottava per il bene.
Ma Sasuke, da sempre più calcolatore ed analista del suo rivale, fece largo al suo Susanoo, lo parò di fronte alla sua squadra, scongiurando una parte dell'imminente catastrofe.
Fu decisamente un attimo e lo Tsukuyomi infinito invase ogni angolo del mondo, partendo dalla luce più prominente all'ombra più fastidiosa: per nessuno, a parte le persone protette dal tempestivo Susanoo del giovane Uchiha, c'era più scampo di sopravvivere.
Molti dei ninja amici ed alleati di Naruto erano ormai avvolti nell'infinita e subdola illusione del nemico e non c'era modo di cambiare tutto quel pasticcio.
Persino Hinata, così determinata a fare qualcosa di determinante per quella guerra e per i suoi amici, non poté sfuggirci e chiudere gli occhi, un secondo prima di pronunciare il nome di quella persona a lei fin troppo cara per ogni cosa, ogni respiro della sua vita.
E non poté che sognare la sua fantasia più prediletta e ottimista, in un parco qualunque del villaggio dove poteva stringere la mano e l'essenza di Naruto, al suo fianco con un'emozione leggera scoppiarle dentro il cuore.
Con Neji ed Hanabi ad osservarli di soppiatto, per evitare che quella testa matta di Naruto si azzardasse a fare qualcosa di particolarmente sconveniente e diabolico.
Naruto però non poteva permettere che quei sogni tristemente viscidi rimanessero per sempre per sodomizzare identità ad un volere non richiesto.
Avrebbe riportato la felicità e la verità nelle vite di tutti, poi concretizzare qualche suo sogno nella sua vita.
Per tutti e per quelle piccole grandi consapevolezze che era riuscito a condividere a tu per tu con Hinata.
La sua vita non era più una sola, ormai in ogni senso immaginabile.



Tutti i cimiteri hanno la caratteristica di trasudare di parole non dette, di emozioni che fanno brillare violentemente gli occhi, di scambi dolci e silenziosi tra le anime in vita e quelle dell'altra parte di un mondo oscuro e pauroso, forse puramente alieno.
Quello di Konoha aveva il grande pregio di risultare molto discreto ed accogliente, con una disposizione delle tombe e delle piante ordinata e molto precisa, come se fosse un progetto artistico da realizzare in maniera minuziosa, quasi schizofrenica nella sua bellezza educata e composta.
La tomba di Neji Hyuuga era una di quella che veniva visitata più spesso da amici, conoscenti e parenti, ancora profondamente increduli della sua scomparsa e del suo sacrificio valoroso ma al contempo emancipato, forse incompreso.
Ma se c'era qualcuno che desiderava ardentemente andare a trovarlo era senz'altro la piccola Himawari, la secondogenita di Hinata e Naruto.
Nonostante avesse solo cinque anni, alla bambina piaceva ascoltare le persone e conoscere nuove cose della vita, curiosare verso orizzonti che potesse aprirle nuove strade e consapevolezze inedite ma interessanti.
Passava la maggior parte del suo tempo con la madre per ovvie ragioni e la tempestava genuinamente di domande per parlare, scoprire ed affezionarsi al mondo; con quella vocina dolce, la tenerezza e un pizzico di estroversione spontanea, Hinata non riusciva a non rimanerne colpita e raccontarle per filo e per segno alcune cose, con la giusta moderazione del mondo.
"Mamma, perché nonno ha gli occhi un po' tristi quando andiamo a trovarlo?" aveva chiesto un giorno Himawari con fare spontaneo e particolarmente noncurante, con un tono tra il curioso e il preoccupato.
Fu allora che Hinata sentì l'esigenza di creare qualcosa di speciale con la sua bambina, di iniziare a parlare di quello che era stata la guerra, cosa era significata per i villaggi limitrofi e Konoha, chi era Neji, la sua storia, la sua maledizione...
La piccola non pianse e nemmeno sentì l'esigenza di rinchiudersi in se stessa, dopo la verità pacata che sua madre le raccontò con una calma disarmante ma comunque calorosa e sincera.
Se c'era qualcosa che lei poteva fare - da brava nipote - era portare un po' di allegria e sincerità nella nuova casa dello zio mai conosciuto ma al quale Himawari si sentì fin da subito attaccata e riconoscente per tutto ciò che aveva fatto in diciassette anni di vita.
"Mamma, pensi che zio Neji sarà felice di questo?" fece sorridente ed inginocchiata vicino al sepolcro, dopo aver appoggiato un vaso di girasoli accanto all'incisione.
"Ma certo. Dopotutto il suo cognome ha lo stesso significato dei girasoli*" rispose in maniera soffusa l'erede della casata, con gli occhi commossi e proiettati sul nome di Neji mentre il vento scompigliava i suoi lunghi e fluenti capelli.
Hinata era stupita dell'affetto che sua figlia riusciva a donare alle cose ma - soprattutto - alle persone.
La osservò con tutta la dolcezza del mondo e si perse per un attimo nei suoi piccoli e radiosi occhi azzurri, gli stessi dell'uomo del quale era innamorata da anni ma che preservavano amabilità ed interesse per tutto il mondo che la circondava.
Si compiaceva nel profondo che la sua infanzia stesse proseguendo con tutta la libertà del mondo, che fosse anche grazie alla sua presenza che tutto questo accadeva nel suo processo di crescita e di conseguente scoperta.
Le accarezzò con una mano i suoi capelli corti e bluastri continuando ad osservarla sorridente e improvvisamente confortata da quella realtà che le stava regalando uno scenario adorabile ma al contempo guadagnato con l'impegno e la determinazione.
Himawari sorrise, felice di vedere gli occhi della mamma dilatarsi di serenità e di una piacevole sensazione che però comprendeva a metà ma della quale si compiaceva pienamente.
"La prossima volta voglio venirci con mio fratello, però!" esclamò entusiasta la figlia di Naruto, desiderosa che fosse lui (più grande di lei di quasi sette anni) a farle un po' di compagnia, anche per vedere la sua reazione di fronte al tumulo di Neji.
Hinata sorrise gentile ma in realtà quell'affermazione la fece preoccupare per un attimo.
Boruto era esattamente la copia minuta e sputata di Naruto durante quei suoi anni difficili e da quando quest'ultimo era diventato il settimo Hokage, era solito fare qualcosa di tremendo e fastidioso per tutti gli abitanti del villaggio, comportandosi come un delinquente scapestrato in cerca di varie e costanti attenzioni.
Hinata sapeva benissimo perché si comportava in quel modo e qual era il motore che lo rendeva così apparentemente fastidioso ed infantile e sapeva che, nonostante tutte le raccomandazioni e le gentilezze, non avrebbe dato ascolto alle sue parole mature e sincere.
Scosse la testa, sperando che Boruto - almeno per quel giorno così particolare - non combinasse qualche guaio tremendo.
Prese per mano la figlia e si incamminò per la via di casa, confidando tutto quanto in Naruto e rivolgendogli tutto il bene che il suo cuore riservava per lui e per la loro vita insieme, così pacifica e così ben voluta da entrambi.



Boruto ne aveva combinato un'altra delle sue.
Rincorso dai Chunin e dai Jonin più valorosi di Konoha, si apprestava a svolgere in solitaria lo scherzo più collaudato e delinquente della sua vita, da solo.
Sebbene parlasse con i suoi compagni d'accademia, nessuno di loro si azzardava effettivamente ad accompagnarlo nelle sue scorribande per i più svariati motivi che lui trovava ridicoli e privi di fondamenta.
Come si permetteva Shikadai di dire che fare scherzi era profondamente fastidioso e che non era necessario farlo quel preciso giorno?
E perché Inojin si vergognava così tanto di fare qualcosa di trasgressivo per paura di essere sgridato da sua madre?
Certe volte non riusciva a capire quanto fossero individualisti e spocchiosi nel profondo!
Dipingere i volti degli Hokage e profanare la sacralità del loro nome era esattamente il modo più spocchioso e vincente per arrivare al suo obiettivo segreto, che si aspettava di portare a termine.
Quelle urla di rimprovero che provenivano perfino dal suo sensei, Konohamaru Sarutobi, erano esattamente ciò che gli serviva per attirare attenzione, la sua, la più importante.
Non fece in tempo a recitare la sua parte di stizzito nei riguardi di tutti gli Hokage con un sorriso beffardo che dietro di lui si parò esattamente il suo obiettivo, che gli bloccava la mano dove teneva uno shuriken che sventolava e - probabilmente - voleva lanciare per intimidire i passanti.
"Maledizione, Boruto! Quando la smetterai e ti deciderai a non darmi tormenti?" gridò spazientito l'Hokage in persona, stufo dei continui richiami che Moegi e Udon gli annunciavano d'improvviso.
"Non è giusto usare la tecnica del Trasferimento Istantan--" cercò di replicare a tono lamentoso il ragazzino, zittito però da un pugno secco ma non violento sulla testa.
Naruto si posizionò elegante di fronte al figlio per parlargli; ciò che gli faceva male era sapere esattamente perché il suo primogenito si comportava in quel modo così fastidioso ma non poter fare tanto durante la giornata, considerando la sua importante posizione.
Diventare Hokage era stato da sempre il suo sogno e dopo del tempo post-guerra, aveva continuato ad impegnarsi e a svolgere piccoli incarichi per Kakashi (Sesto Hokage) e per Konoha, in modo tale da mostrare la sua valenza anche nei processi più burocratici dell'incarico.
Aveva conosciuto meglio la famiglia Hyuuga, soprattutto Hiashi che malgrado lo vedesse sempre come una cocente testa dura e troppo diverso da sua figlia, lo aveva rivalutato come persona ed aveva acconsentito a frequentare e (successivamente) alla mano di sua figlia.
Aveva avuto modo di comprendere meglio i suoi sentimenti per Hinata, di stare più con lei, di perdersi nei suoi occhi e nei suoi aspetti che negli anni aveva ignorato bellamente per vari, troppi motivi.
Ed era bellissimo stare al suo fianco e capire quanto fosse buona, comprensiva e a lui complementare, una di quelle persone che non avrebbe incontrato neanche dopo cento anni.
I suoi bambini avevano i suoi stessi occhi, con la stessa energia e voglia di scoprire il mondo.
Era innamorato anche della piccola Himawari che lo adorava e lo accoglieva sempre con il giusto calore e clamore, così piccola ed innocente se trattata dolcemente...
Voleva tanto bene anche a Boruto perché parte di una famiglia che gli regalava affetto ed amore incondizionato espresso nelle maniere più eterogenee possibile ma era piuttosto evidente quanto il piccolo fosse problematico ed avesse dei problemi nei confronti di ciò che il padre stava diventando nella società.
Gli dispiaceva essere distante e più duro nei modi di porsi e parlargli ma si aspettava che il suo primogenito, nonostante la giovane età e quello che sapeva della sua vita passata, comprendesse e gli desse effettivamente spazio di dar vita al suo sogno.
"Ascolta, papà ha un importante incontro adesso. Quindi datti da fare e inizia a pulire questi scarabocchi che hai fatto, d'accordo?" esordì l'Hokage con voce decisa ma non scontrosa, osservando silente il volto del figlio, subito pentito del misfatto.
Boruto fece un broncio seccato e di resa, in quanto la sua maschera da duro era veramente facile da far crollare, specie con le persone con le quali aveva modo di rapportarsi con più profondità.
"E allora perché non li pulisci insieme a me?"
Quella frase era dettata più dal desiderio di un bambino ferito e che sentiva la mancanza di suo padre piuttosto che dalla maturità che cercava di ostentare per attenzione esagerata da parte di ogni abitante del villaggio.
Naruto gli si parò pericolosamente rannicchiandosi in avanti, mai smettendo di osservarlo negli occhi per creare un contatto profondo e di silenziosa ma presente intesa, gli mise poi una mano sulla testa in totale antitesi del gesto precedente e gli sorrise, addolcendo completamente la sua figura composta e vagamente austera.
"Boruto, con quello che faccio ora, tutti gli abitanti per me sono come una famiglia. E ci saranno molti momenti dove non sarò il padre più presente del mondo..." esordì mantenendo quella compostezza che gli donava rispetto ma cordialità nei riguardi di chiunque "...ma devi imparare ad essere energico e trarre forza da questo. Dopotutto, è anche per questo che sei un ninja!"
Boruto dilatò le pupille sorpreso, come se qualcuno gli avessero raccontato una delle più semplici soluzioni ad un problema che trovava insormontabile e irrisolvibile.
Sapeva in fondo che non avrebbe potuto fare in modo di portare suo padre a cambiare idea e fare il padre a tempo pieno come quelli dei suoi compagni, dopotutto lui era l'Hokage, la persona più importante del villaggio.
Però quel discorso era improvvisamente divenuto d'ispirazione, come se quelle parole avessero acceso in lui delle considerazioni e consapevolezze che ignorava bellamente per immaturità ed egoismo.
Suo padre era una buona guida ma al contempo si impegnava come un matto per essere presente per le persone alle quali teneva di più, nel suo cuore.
Gli sorrise incredibilmente timido, comprendendo un po' di più l'oneroso sacrificio che Naruto stava compiendo per essere la persona nella quale fare completo affidamento, senza nessun tipo di problema ed esitazione.
Avrebbe fatto il possibile per essere una persona meno avventata e immatura nonostante la dirompente impulsività e il suo essere principalmente istintivo, che gli aveva permesso di diventare un Genin senza alcun tipo di problema specifico, come era (invece) successo a suo padre.
Scesero dai volti, raggiungendo Konohamaru, divenuto il suo sensei da circa qualche mese (furente per l'atto sconsiderevole appena compiuto dall'allievo), lo "zio" Iruka che lo osservava con tutta la comprensione e simpatia di questo mondo e, distante dalla via cittadina, Sarada Uchiha, con uno sguardo indagatore e parecchio freddo, analizzatore.
Lo trovava così chiassoso e fastidioso la maggior parte delle volte ma non poteva fare a meno di sentirlo così simile a lui, per certi aspetti e per certe motivazioni che lei, nonostante stesse in silenzio, aveva già compreso nel profondo dell'animo.
Boruto si sentiva più sollevato dopo quel discorso.
Se c'era un modo per riuscire ad essere una persona valorosa era quello di impegnarsi e fare progressi come shinobi, mostrare la sua grandezza e crescere, fare un passo successivo verso la sua vita piena di un nuovo senso, significato.
Per dare orgoglio a sua madre, così buona e premurosa nei suoi confronti, per essere un esempio per sua sorellina e - non meno importante - onorare la via dello shinobi e quello che permetteva a tutti di essere in pace, in salute ma comunque in continuo progresso all'interno del villaggio, del mondo.
La sua famiglia era, è e sarà sempre il rifugio più sicuro e la forza più potente che nutriva il suo cuore ribelle ma comunque buono.
Boruto in fondo era una persona fortunata, così come tutta la sua famiglia, unita da un affetto incondizionato e invidiabile, unico.
L'amore vero e puro è esattamente così, senza macchia e senza paura.

* 
Il cognome Hyuuga è scritto (in giapponese) come la parola "girasole".
Il cognome significa "oltre il sole" e l'unico fiore che ha il "coraggio" di osservare in faccia il sole ed è proprio quello che Himawari mette vicino alla tomba di Neji (ndA)


 
The End


 


note conclusive
Ebbene sì, siamo giunti alla conclusione di questa raccolta, con un bel finale lieto che da tifoso del pairing non può che avermi fatto piacere, molto ma molto meno tutto il trascorso per la realizzazione e per la storia, divenuta molto mediocre e veramente noiosa, portando lo Shippuden ad essere aria fritta piuttosto che qualcosa di solido com'era la prima serie.
Sono quasi cinque anni che ho iniziato e tante, troppe cose sono cambiate... come tutti alcune in meglio, altre decisamente in peggio.
Questo ultimo capitolo è anche l'addio definitivo che do al mio tempo da autore di fanfiction su Naruto, in quanto ho perso totalmente la voglia e l'interesse verso la stesura e la creatività di questo manga, mi spiace.
Sono cresciuto e mi piacerebbe dedicare il mio tempo ad altre passioni che ora mi rappresentano di più; con questo non rinnego assolutamente quanto fatto dal 2011 fino ad oggi ed è per questo che non ho cancellato una singola storia della categoria (a parte una long del 2012 che poi non ho più ripreso in seguito) e ognuno può liberamente leggere e recensire, in quanto mi ricordano il passato e quanta strada io abbia fatto.
Non sono purtroppo più intenzionato a scrivere su momenti extra (filler, momenti anime particolarmente interessanti, The Last) proprio per questo, ho deciso di rendere la mia raccolta una serie di momenti manga (quindi più canon di così) che poi hanno portato i due ad essere due amici, poi complici, poi anche una coppia, amanti, genitori, guide.
Naruto e Hinata sono stati una delle prime coppie che io abbia mai supportato dal principio e una delle fedi più sicure e salde di ogni opera fumettistica che abbia mai avuto il piacere di leggere... non smetterò mai di dire quanto entrambi siano speciali e dei buoni personaggi che possono insegnare tante cose intrinseche a molte persone con delle infanzie non prettamente felici.
Ricorderò sempre con molto piacere Naruto (in ogni caso) in quanto è stato il manga che mi ha spinto verso questo bellissimo mondo culturale e tutto nipponico e mi ha appassionato fortemente allo shonen e insomma, è una pietra miliare che conserverò sempre nel mio cuore con affetto, nonostante tutto.
Grazie mille per ogni lettura, per ogni parere e per ogni messaggio, è stato un percorso meraviglioso e molto carino che non dimenticherò mai.
Un abbraccione a tutti quanti,

 
Watashiwa
 
   
 
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