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Autore: S h a d o w h u n t e r _    18/08/2016    10 recensioni
AU // Malec //
Pazzo, ecco come si definiva, un folle.
Si guardò la mano sporca di sangue secco, emettendo quello che alle sue orecchie giunse come uno strano verso strozzato.
Quel sangue non era affatto il suo, lo sapeva bene, ma era proprio quello il problema.
[...]
Alec non era mai stato il tipo di persona che si faceva coinvolgere, soprattutto in quel genere di situazioni, ma di fronte a quegli occhi verdi, non aveva avuto alternative.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Amor Vincit Omnia.

Capitolo #1


Il leggero ticchettare incessante dell'orologio era il solo e unico rumore che Alec percepiva, oltre ai suoi ingarbugliati pensieri.
Pazzo, ecco come si definiva, un folle.
Si guardò la mano sporca di sangue secco, emettendo quello che alle sue orecchie giunse come uno strano verso strozzato.
Quel sangue non era affatto il suo, lo sapeva bene, ma era proprio quello il problema.
Alexander Gideon Lightwood, il rampollo di una delle più note famiglie di Londra, era stato testimone di un qualcosa che nemmeno lui sapeva spiegarsi.
Al solo pensiero di ciò a cui aveva assistito, un brivido gli percorse la schiena, facendogli socchiudere gli occhi.
Lui non avrebbe mai dovuto fare quello che aveva fatto, ma non aveva avuto nessun'altra scelta; sorvolare sulla questione come se niente fosse era stato assolutamente impensabile.
Era risaputo che Alec necessitava di avere la situazione costantemente sotto controllo, e non sapere ciò che stava accadendo in zona con quello lì, lo mandava letteralmente fuori di testa.
Come aveva potuto non accorgersi di niente?
Riaprì gli occhi del colore dell’oceano, sbattendo piano le lunghe ciglia nere e folte.
La situazione, osservata da un punto di vista esterno, poteva sembrare alquanto insensata e pericolosa, ma nulla poteva distoglierlo dall'obbiettivo che si era ormai prefissato.
Voleva sapere.
Ed era per quello che, involontariamente, si era ritrovato immischiato in qualcosa da cui sapeva non sarebbe più potuto uscire.
Tutto stava solo a capire che cosa.
Riportò lentamente lo sguardo sul corpo febbricitante steso nel suo letto, le labbra tese in una smorfia, un sopracciglio leggermente inarcato.
Conosceva benissimo la sua identità: per quanto detestasse ammetterlo persino a sé stesso, una parte remota del suo cervello continuava a volerlo ricordare in maniera vivida.
Scosse la testa con veemenza, immaginando già cosa sarebbe successo quando quel ragazzo si fosse svegliato: il caos.
Sospirando al solo pensiero di vederselo inveire contro con quanti più improperi presenti nel suo vocabolario, prese la pezza bianca che aveva poggiato sulla fronte dell’altro, per poi bagnarla subito dopo nel piccolo recipiente posto affianco al letto riempito con dell’acqua fredda.
Si prese un lungo momento per studiare attentamente la sua figura: i capelli corvini striati di rosso sulle punte, erano sparsi sul cuscino in modo disordinato, mentre alcune ciocche più lunghe erano incollate sulle sue guance sudate; le labbra carnose erano appena socchiuse per via della difficoltà che aveva nel respirare. Gli occhi, che Alec sapeva essere di un verde intenso tendente quasi al giallo, erano stretti in una linea sofferente.
Anche in quelle condizioni però, non poteva non notare quanto fosse diverso rispetto a parecchi anni prima.
Scosse la testa energicamente, come a volere allontanare un pensiero decisamente troppo assurdo per essere concepito dalla sua testa.
Perché quel pensiero era assurdo.
E sbagliato.
Sentendosi improvvisamente in trappola e frustrato al tempo stesso, si alzò, aprendo con un movimento veloce le ante della piccola finestrella posta vicina la sua libreria, in modo tale da far arieggiare la stanza.
Il buio regnava sovrano ormai da ore, segno indiscusso che fosse già notte inoltrata e che, di conseguenza, la mattina dopo avrebbe avuto due simpatiche occhiaie a testimonianza di quella fantastica serata.
Si girò verso l’orologio per vedere quanto effettivamente fosse tardi; la lancetta delle ore segnava le tre.
Bene, non solo aveva quel tizio - che da quanto ne sapeva ultimamente poteva benissimo essere diventato uno psicopatico killer - nel suo letto, ma stava anche facendo le ore piccole per assisterlo.
Complimenti Alexander.
Ma sì, pensò, perché non aggiungere qualche altro problema a quelli che già aveva di suo?
Sospirando per l’ottocentesima volta da quando aveva messo piede nella stanza, tornò a sedersi sulla sua sedia girevole, osservando l’altro dormire tranquillamente, incurante di ciò che gli accadeva intorno.
Lo sguardo gli cadde sulla fasciatura leggermente impiastricciata di sangue, così storse la bocca in una smorfia.
Aveva cercato di curare bene la ferita alla spalla, disinfettandola e applicandogli sopra un qualche strano unguento, ma non era sicuro di essere riuscito in qualche modo ad attenuargli il dolore.
Anzi, era certo che nonostante tutti gli ottimi prodotti che si era premurato di utilizzare, il taglio gli facesse ancora molto male.
All’inizio, se doveva proprio essere sincero, era stato assalito dal panico più totale, non sapendo proprio cosa fare o dove mettere mano senza creare ulteriori casini; ma poi, a mente lucida, aveva preso i medicinali che aveva ritenuto più adatti - dopo aver letto prima attentamente le indicazioni sul bugiardino - e aveva fatto del suo meglio per migliorare la situazione.
Certo, l’idea di portarlo all’ospedale aveva fatto più volte capolino nella sua mente, ma era stato costretto a scacciarla via così come era arrivata per ovvi motivi: come poteva spiegare ai dottori il perché dello stato malconcio in cui versava il ragazzo?
Sbuffò ancora e ancora, scuotendo la testa in maniera stanca.
Sapeva che se si era risparmiato di dover raccontare ciò che era avvenuto, all’ospedale, la cosa non si sarebbe di certo ripetuta quando, al risveglio, quello lì avrebbe chiesto senza ombra di dubbio delle spiegazioni su tutta la faccenda.
In primis, il perché l’avesse aiutato.
E lui a quel punto cosa avrebbe dovuto dirgli? Che incurante della situazione di puro pericolo, aveva deciso di intromettersi in quello scontro senza pensare alle conseguenze?
Sì, ma perché?
Per la decima volta da quando aveva rimesso piede in casa con Magnus al seguito, ritornò a pensare a quello che era successo, cercando di dare un senso a quanto aveva visto.
Stava tornando a casa facendo lo stesso tragitto di sempre dopo aver lasciato Jace e Izzy alle prese con una delle loro solite serate alcoliche, - a cui lo avevano letteralmente obbligato a partecipare - quando aveva sentito diversi individui gridare in quella che sembrava una discussione decisamente accesa.
Spinto più dall'istinto che per altro, si era avvicinato al vicolo da cui provenivano le voci, sbirciando da dietro il muro e cercando di capire cosa stesse succedendo.
Aveva immediatamente scorto tre figure in piedi che si fronteggiavano; una di queste era girata di spalle, cosa che non gli permise di vederne il viso, almeno in un primo momento.
Ma in un certo senso aveva pensato fosse meglio così: gli altri due, con quei ghigni malefici e le cicatrici che spiccavano perfino a quella distanza, erano stati più che sufficienti per far sorgere un senso di profonda inquietudine in Alec.
« Avevamo un accordo, lo sai benissimo. Non permettiamo a nessuno di tirarsi indietro senza conseguenze. » stava in quel momento dicendo il più alto dei due, praticamente digrignando i denti.
Stava seriamente valutando la possibilità di filarsela da lì prima che si accorgessero di lui, quando il ragazzo voltato di spalle prese a parlare, ghiacciandogli il sangue nelle vene.
« L'accordo è cambiato, miei cari. Ma beh, non è certo colpa mia! Prendetevela con chi di dovere. » aveva risposto in tono mellifluo, facendo loro segno con una mano di tacere.
Alec si era pietrificato in un batter di ciglia sul posto; quella voce gli era giunta alle orecchie terribilmente familiare, così come l'accento strascicato carico d’ironia.
Non può essere lui, ti prego fa che non sia lui, aveva pensato, sentendosi improvvisamente stringere la gola in un nodo soffocante.
Si era sporto di qualche centimetro per studiare la figura che aveva di fronte, cercando di ottenere una risposta ai suoi dubbi.
Purtroppo fu praticamente inutile dato che da quella prospettiva gli era decisamente impossibile distinguere qualcosa che non fosse il nero dei capelli.
E quella, non era di certo una prova schiacciante.
« Credi davvero che m’importi sapere di chi è la colpa? Se mi ostacolano li farò a pezzi. E tu, mi servirai a mandare loro questo messaggio da parte mia. » aveva replicato bruscamente l'energumeno, con un sorriso malefico che fece risaltare ancora di più l'orrendo solco che gli deturpava il lato destro del viso.
Immediatamente dopo, senza dare all'altro il tempo di reagire, l’aveva colpito con qualcosa che Alec non era riuscito a vedere in un primo momento, facendolo crollare rovinosamente a terra.
Non ci aveva poi impiegato un secondo di più per capire di cosa si trattasse: un coltello.
Quel delinquente aveva accoltellato un povero ragazzo disarmato, senza dargli neanche la possibilità di difendersi; e niente lo infastidiva di più di uno scontro disonesto.
Prima ancora di rendersene conto era entrato in azione, uscendo dal suo nascondiglio e piazzandosi davanti a quei due, in difesa del ferito.
Una mossa sciocca e imprudente, considerando che era da solo e per di più disarmato.
Questi ultimi, che non erano sembrati minimamente toccati da quell’improvvisa apparizione, erano avanzati verso di lui con aria minacciosa.
Alec ricordava chiaramente il sorriso carico di ironia che gli avevano rivolto, prima di sbeffeggiarlo a parole.
« Oh guarda che carino, un pivellino vuole giocare a fare l'eroe. Dagli una bella lezione, Russ. » aveva ghignato dunque il più tarchiato, scrocchiandosi le nocche.
Russ non se l’era di certo fatto ripetere due volte.
Scattando in direzione di Alec con il coltello ancora in mano, cercò di colpirlo dritto al collo, senza tuttavia riuscirci.
Con una prontezza di riflessi sorprendente, infatti, il moro riuscì a bloccare il braccio dell'individuo, torcendoglielo con tutta la forza che aveva e facendogli cadere l'arma a terra; poi, rifiutandosi di pensare al raccapricciante scricchiolio delle ossa dell'altro, lo aveva colpito con una gomitata in pieno viso, facendolo barcollare all'indietro.
Subito dopo, Alec si era accorto con un’occhiata di come l'altro uomo si fosse portato alle sue spalle con fare guardingo, pronto ad attaccarlo.
Come se glielo avesse permesso.
Sfruttando l'adrenalina che in quel momento gli scorreva nelle vene, aveva ruotato su se stesso, sferrando un micidiale calcio girato che fece finire il suo aggressore a terra in pochi istanti.
I due si erano tirati su a fatica, guardando con una malcelata ostilità il ragazzo che li aveva appena presi a calci senza tante cerimonie.
« Questa volta te la cavi, ma non finisce qui ragazzino! » gli aveva gridato contro Russ, dopodiché entrambi se ne erano andati, sparendo velocemente dalla sua visuale.
Alec era rimasto qualche istante immobile, cercando di rallentare i battiti ancora accelerati del suo cuore, poi si era ricordato del ragazzo a pochi passi da lui.
Voltandosi di scatto, si era inginocchiato velocemente al suo fianco, scostandogli delicatamente i capelli dal viso.
E per l'Angelo.
In quello stesso momento aveva confermato tutti i suoi dubbi: quello steso a terra nel suo stesso sangue privo di sensi, era.. Magnus Bane.
Senza fermarsi a riflettere e cercando di non peggiorare ulteriormente la ferita dell'altro, se l’era caricato in spalla, temendo che quei due potessero tornare indietro, magari insieme ai loro amichetti.
Spinto dall'ansia e dalla preoccupazione per le condizioni di Magnus, era quindi arrivato a casa in pochissimo tempo.

E ora eccolo lì, a spremersi le meningi e cercando in tutti i modi di capire in che razza di guaio si fosse cacciato quello stupido.
Si passò una mano tra i capelli arruffati e arricciati per via del sudore, poi sospirò ancora, in maniera piuttosto stanca.
Era improbabile che tizi come quelli facessero minacce a vuoto: era certo del fatto che, presto o tardi, avrebbe dovuto nuovamente avere a che fare con loro; dubitava però che sarebbe stato di nuovo così fortunato.
Già quella sera se non fosse stato per le lezioni che suo padre gli aveva impartito fin da piccolo, spronandolo a continuare anche quando lo pregava di smettere, probabilmente Russ e il suo compare lo avrebbero infilzato come un puntaspilli.
Nonostante ciò, chiedere aiuto a Jace era impensabile: non avrebbe mai messo suo fratello in pericolo per la sua incoscienza.
Se la doveva cavare da solo.
Anche se ad essere sincero, non era tanto per se stesso che aveva paura.
« Come hai fatto a ridurti così? » sussurrò a Magnus, come se sperasse che potesse in qualche modo rispondergli.
Figurarsi, molto probabilmente non lo avrebbe mai fatto nemmeno da sveglio, con il caratteraccio che si ritrovava.
Non aveva idea di come fosse finito ad avere a che fare con gentaccia del genere, ma di una cosa era certo: qualunque fosse il motivo, sarebbe rimasto al suo fianco.
Non lo avrebbe lasciato da solo, che Magnus fosse d'accordo o meno.
I suoi pensieri furono interrotti improvvisamente da un gemito soffocato, a pochi centimetri da lui.
Alzò la testa verso la fonte di quel suono, aspettandosi di trovare il ragazzo ancora profondamente addormentato; invece, si ritrovò a perdersi in due spettacolari occhi verdi che lo fissavano sconcertati.
« E tu chi sei? »
La voce era bassa, roca, quasi un sussurro, ma fu abbastanza chiara perché Alec la udisse come un rimbombo assordante nelle proprie orecchie.
Nelle poche ore passate al suo fianco, il ragazzo aveva pensato a tutte le possibili reazioni che l'altro avrebbe potuto avere al suo risveglio; una punta d’ansia ad attanagliargli lo stomaco in una morsa poco piacevole.
Nonostante però avesse già valutato più volte quell’alternativa, non riuscì a reprimere l’onda di delusione che lo attraversò, veloce e tagliente.
Ovvio che non si ricordava di lui.
In quel momento si sentì veramente stupido, e anche abbastanza patetico. Oltre che, seppur irrazionalmente, vagamente risentito.
« Davvero è questa la cosa che più ti preme sapere? »
Con uno sbuffo appena mascherato gli fece cenno di non muoversi, premurandosi di cambiargli la benda dalla fronte.
Le sue mani erano ferme e decise, eppure sentì l’ombra di un lieve formicolio danzargli lungo le dita quando queste sfiorarono la fronte calda dell’uomo.
Perché era un uomo adesso, Magnus. Per l’Angelo, gli sembrava tutto così assurdo.
L'altro sussultò in maniera quasi impercettibile, guardandosi intorno con aria confusa e spaesata.
Poi, come ricordandosi solo in quel momento della domanda che gli era stata posta, si decise a rispondere.
« Direi di sì. » disse, provando ad alzare una mano per toccarsi la spalla ferita; e l’avrebbe anche fatto, beccandosi l’ennesima fitta di dolore, se Alec non l’avesse fermato.
Magnus gli scoccò un’occhiataccia contrariata, ma lui fece finta di non vederla.
« Anche se, ripensandoci, mi piacerebbe sapere anche dove diavolo mi trovo in questo momento. »
Alec all'udire quel tono imperioso e scocciato, arricciò le labbra in una smorfia, assicurandosi di non farsi notare.
Per un attimo, ma solo per un attimo, si chiese se fosse il caso di rivalutare le proprie scelte: forse avrebbe fatto meglio a lasciarlo marcire lì nel vicolo, quel brutto ingrato.
Insomma, aveva rischiato di farsi ammazzare per salvarlo e come ringraziamento Magnus si comportava in quel modo?
« Ti trovi a casa mia. E forse dovresti essere un po' più cortese con chi ti ha appena salvato la vita, non credi? » ribatté poi, in maniera glaciale.
Ti prego, vedi di darti un contegno, pensò, dandosi mentalmente dello sciocco.
L'altro a quelle parole si tirò su di scatto, lamentandosi immediatamente dopo per il dolore che quell'improvviso movimento doveva avergli procurato.
« Ma io dico, sei pazzo per caso? Mettiti giù idiota, farai riaprire la ferita! » esclamò Alec esterrefatto, spingendolo con delicatezza per costringerlo a distendersi.
Magnus allontanò bruscamente le sue mani, vagamente seccato; era palese solo guardandolo che stesse facendo appello a tutta la sua testardaggine per non cedere all'impulso di accasciarsi di nuovo a peso morto sul letto, mordendosi impercettibilmente il labbro inferiore per trattenere una smorfia di dolore.
« Tu mi hai salvato la vita? Che cosa è successo? Ti ha visto qualcuno? » iniziò a chiedere a raffica, improvvisamente più loquace, con una strana urgenza nella voce.
Per un attimo Alec avrebbe anche potuto illudersi che fosse quasi.. preoccupato.
Immediatamente, però, scacciò quel pensiero come scottato.
Magnus non si ricordava più di lui.
Aprì la bocca per rispondergli, ma poi la richiuse.
Se gli avesse detto la verità, Magnus indubbiamente avrebbe voluto sapere le motivazioni che lo avevano spinto a quel gesto. Di conseguenza, avrebbe dovuto spiegargli almeno un paio di cosette che, ad essere sinceri, non sapeva spiegarsi nemmeno lui al momento.
Difatti, difficilmente qualcuno se ne andrebbe in giro a fare a botte con dei delinquenti armati in un vicolo buio solo per salvare la vita ad un perfetto sconosciuto.
Decise dunque di optare per la soluzione più semplice: mentire.
A quel punto, non aveva altra alternativa.
« Non lo so cosa è successo. Anzi, a voler essere precisi dovresti essere tu a dirlo a me. » annunciò poi, studiando la sua reazione.
Sei troppo puro per questo mondo, gli aveva detto una volta Jace sghignazzando, con quei grandi occhi azzurri che sembrano così ingenui, potresti fare fuori un uomo a tradimento e crederebbe ancora che sei innocente.
Il ragazzo sembrò analizzare le parole dell'altro con attenzione per alcuni istanti; subito dopo, si rilassò visibilmente.
« Se non hai visto niente, come avresti fatto a salvarmi? » parlò con calma ponderata, solo una punta di tagliente diffidenza ad accompagnare le sue parole.
Alec fissò i suoi occhi in quelli incredibilmente verdi di Magnus, cercando di elaborare nello stesso tempo una storia che potesse essere plausibile.
« Stavo tornando a casa, quando ho notato una figura accasciata in un vicolo. Mi sono avvicinato e ho trovato te, disteso in una pozza di sangue. Per un attimo sono stato tentato di portarti in un ospedale, viste le tue condizioni; ma avevo la netta sensazione che non avresti gradito. Quindi ti ho trascinato qui a casa mia e ho passato le ultime ore a prendermi cura della tua ferita. E comunque, non c'è di che. » esordì, con appena una lieve sfumatura di sarcasmo nella voce, in particolare su quell'ultima frase.
Era piuttosto soddisfatto di essere riuscito a mantenere la voce salda, senza balbettare o suonare incredibilmente falso.
Alec non sapeva dove giaceva il filo sottile che separava il Magnus che aveva conosciuto lui e quello dallo sguardo penetrante che ora aveva davanti.
Ma quando quest’ultimo alzò gli occhi al cielo, con il fantasma di un sorriso ironico ad ornargli la linea sinuosa delle labbra, Alec pensò a come, nonostante tutto, riuscisse sempre a coglierlo di sorpresa.
« Scusami. - gli disse, e non seppe decifrare fino a che punto lo stesse prendendo per i fondelli -  Grazie infinite per avermi salvato da una morte certa quando ero abbandonato e a rischio di aggressioni da topi di fogna assassini, in un malfamato vicoletto. Oh, mio prode cavaliere! » annunciò poi melodrammaticamente.
Alec si sentì stranamente rincuorato da quella sua uscita strampalata: l’ironia tagliente di Magnus era ancora lì per fortuna, e anzi, probabilmente col tempo aveva affinato ancora di più la sua arte del sarcasmo puntiglioso.
Forse non era troppo tardi per tirarlo fuori dalla situazione in cui si era cacciato, qualsiasi essa fosse.
« Molto divertente. - esordì, socchiudendo gli occhi - Ora, poiché sei in debito con me per averti coraggiosamente risparmiato un morso di topo, mi vuoi spiegare cosa ti è successo? E tanto per la cronaca, so riconoscere una ferita da coltello, per cui puoi risparmiarti le balle del "sono caduto mentre mi sistemavo il ciuffo" o "si è trattato solo di un incidente". » gli chiese subito dopo, notando quasi con piacere misto ad un pizzico di soddisfazione, Magnus dilatare gli occhi interdetto e, avrebbe detto, divertito.
Alec sapeva perfettamente cosa gli era capitato, visto e considerato che si trovava ad appena un paio di metri di distanza da lui quando era stato aggredito, ma voleva proprio vedere come gli avrebbe risposto.
« Se sei dotato di questa fenomenale abilità signor So-Tutto-Io, cosa me lo chiedi a fare? - sbuffò poi, una scintilla di scherno ad adornargli gli occhi, resi opachi dalla stanchezza - Sono stato accoltellato. Dei tizi mi hanno rapinato, e mentre cercavo di difendermi mi hanno ferito. » gli rispose, fissando gli occhi blu del ragazzo senza la minima esitazione.
Aveva parlato con una sicurezza tale che se Alec non fosse stato perfettamente a conoscenza di quello che era veramente successo, gli avrebbe creduto senza il minimo dubbio.
Magnus aveva sempre avuto una parlantina decisa, melliflua e serafica. Probabilmente era in grado di convincerti che il mare era asciutto, senza che uno si ponesse troppe domande.
Nonostante le impressionanti doti di attore di Magnus però, non aveva nessuna intenzione di lasciarsi abbindolare.
In qualche modo, sarebbe riuscito a farlo parlare.
« Ah sì? Ti hanno rapinato? Per caso avevi un diamante attaccato in fronte? » disse, alzando un sopracciglio ed intercettando l’espressione perplessa di Magnus.
« No, dico, considerando che il tuo cellulare e il portafogli con tanto di soldi dentro erano ancora nella tasca dei tuoi pantaloni, la tua squallida scusa non è molto credibile. Mi credi davvero così imbecille? »  
Magnus aggrottò le scure sopracciglia, formando una ruga verticale appena accennata, chiaramente preso in contropiede.
Boccheggiando, si portò una mano sulla tasca destra dei jeans, trovandola vuota.
Quel ragazzo si era davvero messo a perquisirlo mentre era svenuto? Era scioccato, questa di certo non se la sarebbe mai aspettata.
Fortunatamente non aveva niente di compromettente, come informazioni o indirizzi, quindi poteva almeno stare tranquillo sotto quel punto di vista.
« Ti dispiacerebbe ridarmi le mie cose, piccolo detective? » chiese poi con una cadenza ironica sulla punta delle parole, non riuscendo a trattenere nel mentre un sorrisetto divertito.
L'altro scosse vigorosamente la testa, guardandolo con una strana luce negli occhi.
« Non ci penso nemmeno. - proferì deciso, scuotendo la testa - Quelle cose sono la mia assicurazione: finché saranno in mano mia potrò stare tranquillo. Senza soldi o possibilità di chiamare qualcuno, nelle tue condizioni non potrai andare da nessuna parte. » affermò risoluto, incrociando le braccia sul petto.
Magnus si sforzò di ignorare il fisico statuario dell'altro che era stato messo spaventosamente in evidenza da quel gesto, concentrandosi piuttosto su quello che gli aveva appena detto.
« Cos'è, sono tuo prigioniero adesso? » esclamò costernato, cercando invano di trovare una sorta di equilibrio che gli permettesse di reggersi un minimo in piedi.
Ancora una volta due mani si posarono prontamente sulle sue spalle, impedendogli di scollarsi definitivamente da quel maledetto letto.
La situazione iniziava davvero a diventare ridicola, considerando il teatrino che stavano pian piano tirando su.
« Ho intenzione di dirti un paio di cosette, quindi apri bene le orecchie. - dichiarò, sperando di riuscire a trasmettere un po’ di severità nel tono - Punto numero uno: smettila di muoverti e di cercare di tirarti su; sei stato gravemente ferito e in questo modo rischi solo di peggiorare le cose. » prese una pausa, fissandolo intensamente negli occhi.
« Punto numero due: io non sono un idiota. So benissimo che non sono stati dei rapinatori a conciarti così, ma piuttosto qualcuno che ha cercato seriamente di farti fuori. E visto che per quanto ne so, non c'è nulla che impedisca loro di riprovarci, resterai qui finché non ti sarai ripreso del tutto. Non mi sono preso la briga di curarti affinché tu possa cercare di farti ammazzare un’altra volta, sono stato chiaro? » annunciò Alec, scandendo ogni singola parola con decisione, in modo tale che per l'altro fosse completamente impossibile fraintendere o, tantomeno, opporsi in qualche modo.
Si sentiva molto come un carceriere in quel momento, ma non poteva permettere che quell’idiota rovinasse tutto con il suo caratteraccio irruente.
Magnus guardò a bocca aperta il bel ragazzo dagli occhi blu di fronte a lui, sconvolto dal quel suo discorso.
« Oh io non credo proprio, perchè ho tutte le intenzioni di andarmene. » replicò acido, più per ripicca che per altro.
Non era uno sciocco, si rendeva perfettamente conto che in quel momento sarebbe stato a malapena in grado di muovere qualche passo da solo, figurarsi se poteva anche solo sperare di riuscire ad allontanarsi da lì.
Per non parlare del fatto che vi era la minima possibilità che trovasse quel modo di parlare così imperioso, dannatamente affascinante.
Ma non per questo gli avrebbe dato soddisfazione così facilmente; aveva ancora una reputazione da difendere.
Alec prese un lungo respiro, in un tentativo disperato di richiamare a sé tutta la sua pazienza.
« Tu non andrai da nessuna parte, non in queste condizioni. Il discorso è chiuso. » asserì perentorio, in un tono di comando che avrebbe reso sicuramente fiero suo padre.
Magnus si lasciò ricadere all'indietro, con un borbottio indistinto.
« Come hai detto scusa? » gli domandò il moro, inarcando le sopracciglia scure in un’espressione confusa.
Magnus riportò lentamente lo sguardo sul suo volto leggermente sconvolto dalla stanchezza, abbozzando un minuscolo sorriso.
« Ho detto che mi piacerebbe almeno sapere il nome del mio cavaliere, visto che sono bloccato qui con lui. » disse con appena un pizzico di divertimento nella voce.
Il ragazzo dovette ignorare l'ennesima fitta di delusione a quella domanda, stando ben attento a non far trasparire nulla dal suo viso.
« Alexander. - gli uscì un verso strozzato contro la sua volontà, perciò cercò di ricomporsi, schiarendosi la voce - Ma preferisco Alec. » continuò poi, riuscendo egregiamente a mostrarsi impassibile.
Magnus sembrò lanciargli uno sguardo pensieroso, come se qualcosa lo stesse disturbando. Per un attimo, Alec si concesse il lusso di pensare che forse, forse sentire il suo nome avrebbe potuto far scattare qualcosa dentro di lui, anche solo un vago e sfumato ricordo.
Ma non successe, ovvio che non successe.
« Alexander.. » ripetè Magnus lentamente.
Se qualcosa si contorse dentro il moro in una morsa nostalgica, la scacciò velocemente.
« Io sono Magnus. » esordì l'altro in tono mellifluo, mentre una strana ombra passava nello sguardo del moro senza che se ne rendesse conto.
Oh, so bene come ti chiami.
Alec per un attimo fu tentato di dar voce ai suoi pensieri, ma sarebbe stato un gesto controproducente, nonché incredibilmente stupido.
« Bene, Magnus. Benvenuto nella mia umile dimora. Ti consiglio di metterti comodo, potresti rimanerci per un po'. » annunciò risoluto.
Magnus tentò di ribattere che era davvero incivile da parte sua decidere al suo posto, ma un capogiro lo costrinse a distendersi immediatamente.
Si portò una mano alla fronte, sentendola ancora lievemente fresca per via della pezza che vi appoggiava sopra fino a poco prima.
« Stai bene? » gli chiese il moro apprensivo, poggiandogli due dita sul collo per sentirne il battito.
Magnus sentì un brivido attraversargli la spina dorsale e Alec pensò fosse dovuto al fatto che avesse ancora qualche lineetta di febbre.
Probabilmente, avrebbe dovuto dargli qualcosa che gli facesse scendere la temperatura, ma in casa non aveva praticamente niente.
Essendo un tipo che difficilmente si ammalava, il suo scaffale medicinali era costituito solamente da garze, pomate, cerotti e antidolorifici.
Cose che gli erano molto utili dopo le sue spericolate missioni.
« Sto bene infermiera, grazie. » ribatté l’altro ironico, scostandosi da lui in maniera quasi involontaria.
Il moro trattenne una risatina, poi si alzò, deciso a prendere della nuova acqua fresca: quella che aveva lì aveva finito con lo scaldarsi un po’, vista la temperatura elevata della stanza.
Prese la bacinella con mani ferme, lanciandogli solo un breve sguardo, poi con passi decisi si diresse in bagno.
Magnus sentì l’acqua scorrere nel lavandino e sospirò: quella situazione non andava per niente bene.
Doveva trovare un modo per filarsela da lì il più velocemente possibile, senza che l’altro potesse in qualche modo accorgersene.
Apprezzava davvero quello che stava facendo per lui, ma non poteva rischiare di coinvolgere quel ragazzo nei suoi affari.
Il suo mondo era un qualcosa di decisamente devastante, che portava persino alla distruzione di stessi.
E lui, di certo non meritava di finirci dentro.
Animandosi con tutta la poca forza che ancora aveva, fece leva sulle braccia, sollevandosi il giusto per poggiare i piedi a terra.
La ferita gli bruciava terribilmente, ma non gli importava se nel tentativo di scappare da Alec si fosse riaperta.
Aveva smesso di preoccuparsi per se stesso molto tempo fa, quando vivere o morire non faceva più alcuna differenza per lui.
Con un po’ di fatica riuscì a mettersi in piedi, sentendo però le gambe molli sotto il suo peso. Poi si guardò intorno, sperando di trovare il suo portafogli o il suo cellulare.
Magari, se fosse riuscito a chiamare Braxton, non avrebbe nemmeno dovuto faticare per uscire; sarebbe semplicemente venuto lui a prenderlo.
E proprio mentre stava muovendo qualche passo, Alec rientrò in stanza, il contenitore stretto tra le mani.
Magnus notò quanto fosse alto rispetto a lui, quasi dieci centimetri in più.
Gli occhi blu erano spalancati per la sorpresa, e le labbra stavano per proferire qualcosa che sicuramente non gli sarebbe piaciuto.
Ma non riuscì mai a capire cosa.
Magnus sentì il suo corpo formicolare e, improvvisamente, quasi senza rendersene conto, il buio lo avvolse.
L’unica cosa che riuscì a percepire dell’ambiente circostante prima di perdere i sensi, fu il rumore dell’acqua che si  rovesciava accompagnata da un tonfo, e due braccia forti che lo avvolgevano con una strana dolcezza.
Poi, il nulla.



Saaalve a tutte! :D
Prima di dire qualsiasi cosa, voglio, anzi, vogliamo informarvi che questa è una storia a quattro mani, e che quindi è stata partorita da ben due menti malate xD
(Come la precendente storia a dire il vero, solo che per dei motivi che non stiamo a spiegarvi per non annoiarvi - a meno che non vogliate saperlo, in quel caso saremmo ben disposte a dirvelo -, avevamo deciso di non dirlo. Ma anyway, ora le carte sono state scoperte! xD)
Ma tralasciando questa cosa di cui sicuramente non vi importa minimamente ahahah, eccoci qui con una nuova trama un po' particolare. >_<
Innanzitutto ci teniamo a dirvi che sarà abbastanza lunghetta come storia, ben 18 capitoli abbastanza sostanziosi, quindi speriamo con tutto il cuore che vi possa piacere <3
In questo capitolo abbiamo pensato di introdurvi un po' i loro personaggi e, probabilmente in alcune scene Alec sarà un po' OCC, al fine di non forzare la trama >_< speriamo che questo non vi crei alcun tipo di disturbo :D
Non vogliamo annoiarvi ulteriormente, speriamo solo che la lettura sia stata di vostro gradimento! Ci farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate, quindi se volete, ve ne saremo grate<3 (anche perchè, essendo il primo capitolo non sappiamo se potrebbe incuriosirvi o meno come cosa xD)
Naturalemente, gli aggiornamenti avverranno una volta alla settimana :D
Vi invitiamo anche ad iscrivervi al gruppo facebook, se vi fa piacere <3
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Bye! <3

   
 
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