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Autore: Pleurite98    19/08/2016    5 recensioni
|Con un fantastico sondaggio alla fine del capitolo 12|
Una casa da un pessimo arredamento finto moderno. Un solo ingresso. Nessuna finestra.
Quattordici concorrenti di un reality catapultati in un vortice di terrore, in un incubo da cui non possono fuggire.
Un gruppo di persone deciso a dimostrare quanto la società sia corrotta dai media e dalla televisione, pronto a smascherare l'ipocrisia e a mettere a nudo l'uomo nella sua brutalità con tutti i mezzi a disposizione.
Il pubblico da casa, il televisore fisso sul quinto canale giorno e notte.
Anziane, bambini, uomini d'affari incollati davanti allo schermo col cellulare nelle mani ed il cuore che batte a mille.
Quanto è realtà e quanto è finzione?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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https://www.youtube.com/watch?v=GalerMW63y8

Me misera, che ho visto quel che ho visto e che vedo quel che seguito vedere.”
 

Capitolo 11
 

Plic.
Il sangue di Gwen non aveva smesso di gocciolare dal soffitto.
Un dolciastro odore di morte si stava lentamente diffondendo fra le pareti della casa.
Nessuno aveva più osato parlare.
Plic.
Scott rifletteva su ciò che sarebbe successo.
Fuggire sembrava alquanto improbabile, magari una volta che li avessero fatti uscire nuovamente.
Plic.
Courtney si rigirava sotto le coperte.
Noah si era alzato in piena notte per picchiettare contro la parete murata.
Plic.
Scarlett aveva sentito la porta della stanza accanto aprirsi ed era andata a controllare, guardò l'indiano senza osare avvicinarsi. Che ci fosse un'uscita dietro quei mattoni?
Heather si era seduta nella doccia, sentiva l'acqua bollente scorrerle lungo la pelle.
Plic.
Duncan non riusciva a dormire.
Gwen era morta e la colpa era solo ed esclusivamente sua.
Sarebbe potuta scappare, almeno lei vivere felice, o almeno provarci.
Invece il suo corpo magrolino occupava un tunnel d'areazione.
Magari sarebbero morti tutti soffocati.
Chissà, sarebbe stata una beffa.
Plic.
Un rumore costante che gli ricordava quello che aveva fatto.
Ce le aveva nella testa tutte quelle goccioline, le sentiva scrosciare.
Stavano diventando un fiume, un lago, un mare tempestoso.
Plic.
Per quanto spingesse la testa nel cuscino il gocciolare non si affievoliva.
Plic.
Quando si alzò di scatto Duncan non aveva intenzione di fare quello che avrebbe fatto.
Voleva solamente mettere uno straccio sulla pozza, oppure una coperta, un guanciale, qualcosa che potesse attutire il rumore insomma.
Ma una volta arrivato in salotto vide l'uomo con la pistola. Quello che aveva sparato alla gotica.
Sdraiato sul divano a pancia in su con una mano che penzolava vicino alla moquette.
Stava dormendo.
Allora il plic non lo sentiva più.
Sgattaiolò fino alla porta della sala da pranzo ed entrò in cucina.
Non sapeva dove fossero gli altri uomini, però non gli importava.
Di sicuro non erano lì.
Aprì il primo cassetto, tovaglie, tovaglioli e tovagliette.
Il secondo, forchette, cucchiai, cucchiaini e coltelli.
Stupidi coltelli che a malapena tagliano una bistecca.
Il terzo, schiacciapatate, mezzaluna, mannaia, coltello per il pane.
Si disse che la mannaia sarebbe stata molto più poetica.
Richiuse il cassetto e nascose l'arma dietro la schiena.
In salotto l'addormentato respirava pesantemente.
Un passo, un altro ancora.
Duncan era a pochi metri da lui, ormai la mannaia era sollevata per aria, pronta a scagliarsi sul corpo della vittima.
Non vedeva la pistola, probabilmente doveva averla appoggiata da qualche parte.
Bene.
Non doveva pensarci troppo, un colpo secco poco sotto la nuca e sarebbe finita.
L'uomo farfugliò qualcosa e si mosse leggermente.
Il punk era pietrificato, ma l'altro non sembrava essersi svegliato.
Szack.
Guardò la lama conficcata nel collo dell'uomo che aveva davanti.
Quello strabuzzò gli occhi e si tastò la ferita.
Non riusciva a capire cosa stesse succedendo, vedeva Duncan sfuocato davanti a sé e sentiva la testa pulsargli.
Le mani gli si imbrattarono di sangue.
Morì nel momento esatto in cui si sfilò la mannaia dalla gola.
Duncan sentì come se un enorme macigno si fosse spostato dal suo corpo.
La donna con la felpa azzurra uscì dal bagno asciugandosi le mani sui pantaloni.
Subito incontrò lo sguardo del ragazzo.
Mentre lei schizzava verso una pistola che sporgeva da sotto il divano, probabilmente quella dell'uomo, il punk corse più veloce che poté verso l'ascensore.
Dling.
Era già lì, effettivamente nessuno era più salito.
Le porte si aprirono ed in un millisecondo lui vi era dentro.
Duncan premette 0.
La donna alzò la canna della pistola per fare fuoco.
Un ultimo contatto visivo fra i due.
Rabbia, dolore, disperazione.
Le porte si richiusero.

L'agente Troy MacGilliams aveva subito visto il pulsante dell'ascensore illuminarsi di giallo ed aveva chiamato due colleghi.
Tutti avevano le armi puntate.
Dling.
Era arrivato.
Dita sui grilletti, un respiro profondo.
Le porte si aprirono.
Pezzi di materia cerebrale colavano dallo specchio della cabina, macchiato da un enorme schizzo di sangue.
A terra, Duncan giaceva con un grande foro nell'occhio destro.

L'ultima cosa che Dante aveva visto prima di morire era il volto di Killian.
Lo sguardo terrorizzato, tremendamente impotente.
L'ultima cosa che gli aveva trasmesso era stata la sicurezza.
Killian si augurò che potesse ritrovare Luke, che esistesse davvero un dannato posto come il paradiso e che Dante lo stesse guardando in quel momento.
Un sorriso amore si dipinse sul volto del biondo.
Forse anche i fantasmi li guardavano, come gli spettatori a casa.
Li osservavano e dicevano “Io tifo per lui!” “Io per quell'altro.”
Magari sapevano già come sarebbe andata a finire e se lo dicevano lo stesso, come quando rivedi un film, ma pensi che qualcosa possa cambiare, un finale tragico può trasformarsi in uno a lieto fine.
E un po' rimani deluso quando ti rendi conto che non è così.
Come si fa a vivere con il pensiero che noi siamo sopravvissuti e qualcun altro no?
Perché Dante e non lui?
Votato dal pubblico.
Killian sollevò la bottiglia di Bourbon che si stava scolando seduto sul letto e la scagliò verso la telecamera, beccando solo la parete.
Almond aprì la porta proprio in quel momento e si accartocciò su se stessa spaventata dal rumore.
Una volta analizzata la situazione si sedette a gambe incrociate di fianco al ragazzo.
-Hai fatto bene a buttarla.- disse guardando la coperta.
-E' colpa loro.- sussurrò il biondo, lei lo guardò -Del pubblico. Votano. Ci uccidono uno alla volta.-
Almond non disse niente.
-E' questo quello che vogliono questi uomini e il mondo li asseconda.- continuò mentre la voce gli si strozzava in gola.
-Davvero non capisco chi sia più mostruoso.- il tono era sempre più basso, la gola gli raschiava, le parole uscivano come soffi.
Non riuscì ad evitare di scoppiare a piangere.
Almond fece per abbracciarlo, ma lui sollevò la testa.
La faccia rossa, gli occhi gonfi e le gote segnate dalle lacrime.
-E' colpa vostra!- gridò singhiozzando, mentre con il dito puntava la telecamera -E' solo colpa vostra.-

Una signora sulla sessantina pensò che non era affatto colpa sua, non era mica stata lei ad entrare nella casa con delle pistole.
E pensare che all'inizio Killian era il suo preferito.

Almond lo zittì.
-Non fare lo stupido.- gli sibilò nell'orecchio afferrandogli il capo.
-Stai soffrendo, lo so.- aggiunse -Ma non puoi permettere al dolore di prendere il sopravvento, no? Devi reagire.-
Il biondo la guardava.
-Tutti stiamo male. Nessuno escluso.- sentenziò la ragazza -Pensa che devi vivere per Dante. Solo questo.-
Killian voleva urlarle in faccia che non avevano appena ucciso il suo ragazzo, che lei non aveva vissuto neanche la metà del dolore che provava lui, ma si fermò.
Ricacciò le parole in gola.
Aveva ragione.
Dante non c'era più, ma lui c'era ancora.
Che cosa avrebbe voluto il moro?
Killian decise che sarebbe vissuto abbastanza a lungo per vedere quegli stronzi morire.
-Grazie.- sorrise ad Almond.
In un certo senso si sentiva debitore, come se avesse bisogno di ricambiare il gesto della ragazza.
-Sai Almond...- cominciò -Tu sei molto amica di Sophia, lo so.-
La mora sorrise.
-Ma ho visto come si comporta, tu sei buona, non dovresti lasciarti sfruttare.-
Almond cambiò subito espressione, corrucciò la fronte e strinse le labbra, in men che non si dica era balzata giù dal letto e si era diretta verso la porta.
-Che ti autorizza a sparare giudizi?- gridò -Non sono una stupida, nessuno mi sta sfruttando, ma anche se fosse non ci starei così male.-
Killian la guardò uscire.
La ragazza corse in bagno e si sciacquò la faccia. Si guardò allo specchio, sorrideva mostrando tutti i denti.
Almond era contenta.

“Cara Jenna...”
Seth non sapeva nemmeno a chi indirizzarla quella lettera.
Lui, Jenna e Light avevano unito i letti della stanza e avevano dormito tutti insieme.
Jenna stava in mezzo, appoggiata su un fianco, Light l'abbracciava tenendole una mano sul ventre.
Seth era solo, li sentiva respirare all'unisono e cercava di prendere sonno, senza riuscirci.
Non era tanto la sfida del giorno dopo a preoccuparlo, quanto un sentimento sconosciuto che gli si annidava nel petto.
Decise di alzarsi.
La biblioteca era illuminata di una luce calda e densa, familiare.
In un cassetto trovò della carta da lettere e svariate buste.
Forse avrebbe dovuto indirizzarla a se stesso.
Accartocciò il foglio.
“A Seth, a me. Questo sarà l'ultimo capitolo del tuo libro...”
No, sarebbe stata per Light, quasi come se avesse dovuto esorcizzare quello che provava.
Strappò anche il secondo pezzo di carta.
“Caro Light”
Quando finì di scrivere rilesse tutto dall'inizio, fece per ridurre anche il terzo tentativo a brandelli, ma si fermò.
Basta indecisioni.
Gli lasciò la busta sotto il cuscino, facendo attenzione a non svegliarlo e sperando sarebbe stato lui il primo ad alzarsi la mattina seguente.
Seth... odiava Light?
Odiare è un vocabolo così forte.
Il castano era confuso, un ronzio gli vibrava nella testa.
Era geloso di Jenna.
Nonostante la ragazza li amasse entrambi, sapeva che il sentimento che provava per lui era solo una briciola rispetto a quello che provava per Light.
A volte aveva l'impressione di fare pena a tutti e due.
Seth lo scribacchino sfigato che non sa come parlare ad una ragazza, che a malapena riesca a fare qualcosa senza combinare un disastro.

Angeline ripensava alle parole di Lukas.
“Un'amica.” così l'aveva chiamata, dopo tutto quello che aveva fatto per lui questa era la gratitudine.
Le doveva la vita.
Pensava che le bastasse essere “un'amica”? Beh, si sbagliava.
Quale fra le tre stupide puttanelle nella casa aveva avuto il coraggio di farlo invaghire?
L'avrebbe tolta di mezzo, con discrezione.
Sentì il moro alzarsi dal suo letto.
Chiuse gli occhi.
Il ragazzo controllò se stesse dormendo, sì, poteva uscire senza che si preoccupasse.
A volte gli stava davvero troppo col fiato sul collo.
Angel aprì prima un occhi, poi l'altro, era andato verso il salotto, fece scivolare i piedi fuori dal letto con assoluta calma e si infilò le ciabatte di pelo.
Camminò in punta di piedi.
Lukas voleva vedere la luna, o almeno averne l'illusione.
-Niente giardino stanotte.- lo fermò la donna.
-Come?- chiese il ragazzo.
-Vi stiamo preparando una sorpresa.- sorrise l'interpellata.
La bionda li guardava da dietro l'angolo.
Non poteva entrare, meglio così, non si sarebbe incontrato con chi doveva.
Almond uscì dal bagno.
-Ciao Angeline!- la salutò calorosamente.
Che si dovesse vedere con lei? Probabile, già una volta li aveva visti insieme.
La ragazza attirò l'attenzione di Lukas, che si voltò.
-Angeline?- la guardò perplesso -Sei sveglia?-
-Sì!-
rise imbarazzata la bionda mentre Almond andava nella sua stanza -Avevo sete e sono venuta a prendere un bicchiere d'acqua! Buonanotte Almond!-
-Beh, io torno a letto.-
le comunicò il ragazzo, lei annuì.
-Che coppia.- commentò la donna.
-Non siamo una coppia.- puntualizzò sorridendo Lukas, già svanito in corridoio.
-Già.- ridacchio nervosa Angel -Non siamo una coppia.-
La donna pensò che la bionda era proprio sprovveduta.
Angeline ruppe un bicchiere nel lavandino.
Lukas prese il quaderno delle poesie.
Non riusciva più a comporne.
Quando ci provava gli tornavano alla mente i folti capelli ricci del ragazzo con la balestra.
Poi la sorella, chissà dov'era.
Chissà se fuori la guerra continuava, se il mondo procedeva come prima.

Il sonno di Jenna venne interrotto dal fastidioso rumore di una sveglia che riecheggiava per tutte le stanze.
Al suo fianco era rimasto solo Seth, Light doveva essersi già alzato.
La ragazza gli diede un bacio sulla fronte, si vestirono in fretta ed uscirono in corridoio.
Tutti gli altri erano già in salotto.
Jenna notò che l'uomo con la balestra teneva la testa bassa .
La sfida stava cominciando, non avrebbero fatto colazione nemmeno quel giorno.
Light si avvicinò a lei e le tirò una lieve gomitata sul fianco.
-Hey.- sussurrò la mora contenta di vederlo -Svegliato presto?-
-Non troppo.-
sorrise il ragazzo.
La ragazza ricambiò, lui le porse un pacchetto di biscotti.
-Prendi, mangia.- la invitò.
Lei gli diede un bacio a stampo e prese la confezione.
L'uomo con il fucile allargò le labbra.
-Ora che ci siamo tutti, possiamo cominciare!- annunciò -Seguitemi!-
Si avviò verso il corridoio che passava accanto alla sala da pranzo.
Sophia pensava che la sfida si sarebbe svolta nella sala svago, magari nella biblioteca, aveva escluso la palestra, c'erano appena stati.
La piscina era impraticabile.
Il solarium?
L'acre odore di decomposizione si stava diffondendo sempre di più.
Con la sorpresa di tutti l'uomo non aprì la porta di sinistra, ma quella di destra.
Quella della piscina.
Un tanfo atroce penetrò nei polmoni dei concorrenti.
Almond riuscì a trattenere un conato di vomito, Seth no e si schizzò sulle scarpe.
Non appena Lukas si rese conto di cosa accoglieva la stanza cadde per terra.
Persino Kyte rabbrividì.
La piscina era stata riempita nuovamente e naturalmente nessuno si era preoccupato di rimuovere i maiali, o i cadaveri.
Il moro vide chiaramente galleggiare quello che sembrava uno stomaco.
L'acqua non era trasparente, si era tinta di un rosso scuro e al contempo slavato.
Vedere il fondo era comunque impossibile.
Non gli ci volle molto prima di capire che ci sarebbe dovuto entrare.
La mano gli tremava fastidiosamente.
Lukas aveva gli occhi spalancati, girati così tanto all'indietro che era impossibile vedere la cornea.
Sbatteva le gambe, le mani, contorceva la testa, il busto.
Si irrigidiva completamente per qualche istante e poi ricadeva a terra.
Emetteva solo qualche mugugno.
Voleva smettere.
Nella testa diceva al corpo di fermarsi.
Fermati fermati fermati fermati fermati fermati fermati.
Il corpo si muoveva comunque.
Angeline non sapeva cosa fare, gli si era inginocchiata di fianco e cercava di tenerlo fermo.
Jenna non riusciva a muoversi, si copriva il volto con una mano e cercava di non esplodere.
Light si chinò accanto a Lukas e lo afferrò per le spalle.
-Lukas.- pronunciò -Lukas, ascolta la mia voce.-
Angel singhiozzava.
L'uomo con la balestra aveva ancora la testa bassa.
L'uomo col fucile sorrideva.
La donna alzava gli occhi al cielo.
Quello con l'uzi era rimasto a sorvegliare il salotto.
Ci volle qualche minuto prima che Lukas si calmasse.
Era finito nella gara sbagliata per poter aver paura del sangue, una paura morbosa.
-Benvenuti.- li accolse l'uomo con il fucile-Come potete vedere abbiamo riavuto indietro la nostra bella piscina.-
Kyte alzò un sopracciglio.
-Quella di oggi sarà una sfida nostalgica, ispirata a quelle vecchie ed emozionanti che Chris era solito inventarsi, pace all'anima sua.- proseguì.
-La prima ci riporta ad All- Stars! Sul fondo della piscina vi sono sei chiavi per sei di voi, chi rimane fuori sarà sicuramente a rischio. Le chiavi aprono le casse che vedete dalla parte opposta della sala ed ognuna avrà una differente ricompensa per la seconda parte della sfida, tutto chiaro?- concluse.
Sophia si schiarì la voce -E dovremmo farlo vestiti?- domandò.
Quasi più per sfida che per reale interesse, non riusciva a decidere quale fra le due opzioni potesse farle più senso.
Se sentirsi i la maglietta appiccicata alla pelle o se avere quest'ultima in diretto contatto col sangue e le membra dei maiali.
-Vestiti sarà più divertente.- sorrise l'uomo -Lì ci sono degli occhialini.- aggiunse indicando una scatola sul bordo della piscina.
Quella mattina Almond si era svegliata decisa a vincere, a non soccombere per l'ennesima volta e a dimostrare a tutti che anche lei c'era.
Che viveva e che era disposta a lottare per rimanere tale.
Così mentre gli altri si guardavano sconcertati e Angeline accarezzava Lukas nell'angolo della stanza lei si infilò gli occhialini e con nonchalance si tuffò nel sangue.
Sophia socchiuse leggermente le labbra, si sfilò le scarpe e seguì la compagna di stanza.
Doveva mettere in chiaro che si sarebbero aiutate.
Se Almond avesse trovato una chiave l'avrebbe data prima a lei, così le avrebbe dato una mano a cercarne un'altra.
La raggiunse qualche metro più in là e glielo comunicò.
L'acqua era tiepida, ma densa.
Sentiva l'intenso odore ferroso del sangue.
Doveva muoversi, non potevano resistere a lungo.

-Non ce la faccio.- sospirò Jenna.
-Non sei costretta.- chiarì Light.
Seth scosse la testa -No, hai bisogno dell'immunità.-
Il moro riconobbe che aveva ragione.
Darsi tutti e tre alla pazza gioia forse non era stata un'idea grandiosa.
Probabilmente era stata etichettata come troia, se non peggio, e non era giusto.
Perché solo lei, in quanto donna, avrebbe dovuto essere definita così?
Di certo non aveva fatto tutto da sola.
-Facciamo così.- disse -La cerco io per te.-
La ragazza scosse la testa.
-Non pensarci nemmeno. Lo faccio.- ribatté sentendosi quasi in colpa.
Light la prese per mano, entrò prima lui dalle scalette, poi l'aiutò a fare lo stesso.
Seth entrò da solo.
L'altro gli fece l'occhiolino -Sta tranquillo.- gli disse.
Jenna pensò che dovesse riguardare la sfida.

Angel fece sdraiare Lukas sulle panchine dello spogliatoio e si tuffò dal trampolino, poco dopo anche Killian si decise a entrare.
Kyte fissava la superficie dell'acqua aspettando che i tremori smettessero.
Doveva farlo per sua sorella, per Amy, per farla stare meglio.
Sapeva che in quel momento stava guardando la televisione, il suo fratellone.
L'eroina l'aveva rovinato.
-Amy.- bisbigliò guardando la telecamera e facendo un cenno di saluto con la mano.
Amy, violentata in casa mentre lui era strafatto.
Deglutì.
Nonostante tutti i problemi il suo progetto era quasi finito.
Presto l'avrebbe rivista, l'avrebbe abbracciata, accarezzato la folta chioma bionda e detto che le voleva bene.
Qualcosa sul fondo della vasca attirò la sua attenzione.
Una mano pallida sporgeva dall'acqua e si aggrappava sul bordo.
Sgranò la vista e guardò meglio.
Era ancora lì.
Ne emerse un'altra.
Entrambe facevano leva sulla riva.
Una figura di ragazza uscì gocciolante dall'acqua.
Magra, i capelli chiari impregnati dal rosso del liquame, di spalle.
Stava lì, ferma. Tutti gli altri si muovevano.
Lui non sentiva nulla.
Un brivido gli salì lungo la schiena.
-Kyte.- lo chiamò con un soffio.
Era così lontana e il suono gli era sembrato così vicino.
Aveva una gonnellina di pizzo.
Un rivolo rosso, ancora più scuro, le scese lungo le gambe.
-Kyte.- disse più forte.
-Amy.- tentò di dire lui, ma la voce gli usciva spezzata.
Era entrato con il passamontagna dalla porta a vetri della cucina.
Lei era sul divano a guardare un talent di modelle, si era addormentata.
La polizia disse che si trattava di un ladro.
Effettivamente era sparito qualche soldo e il servizio d'argento.
Kyte scosse la testa.
Amy era ancora lì, non si voltava.
Sentiva la mano tremargli sempre di più, la bocca era secca, non riusciva a deglutire, gli occhi gli facevano male, li sentiva impastati, le ciglia si chiudevano a malapena, raschiavano contro la pupilla.
-Guarda Kyte.- sussurrò con voce profonda.
Si stava voltando, lentamente.
Aveva messo un piede di traverso, stava torcendo il corpo.
Il volto era quasi visibile.
-Guarda Kyte...- ripeté fissandolo dritto negli occhi, le labbra livide, il petto insanguinato e le gote scavate -...che cosa mi hai fatto.-
Stringeva le gambe, ma da sotto la gonna il sangue continuava a scendere.
-Guardami Kyte!- gridò -Guarda quello che hai fatto!-
Il ragazzo chiuse gli occhi.
-Non è reale. Non è reale. Non è reale.- farfugliava nella sua testa.
-Cosa non è reale?- urlò ancora, la sentì nell'orecchio.
Aprì gli occhi.
Non era più davanti a lui.
Percepiva il suo fiato caldo sfiorargli il collo.
Era proprio dietro di lui.
Lo guardava con gli occhi lividi, spalancati.
-Va bene!- cedette il ragazzo in preda dai singhiozzi -Sono stato io Amy!- -Contenta!?- sbraitò -Sono stato io.- sputacchiò scosso dal pianto.
Amy, violentata in casa da lui mentre era strafatto.
L'argenteria l'aveva nascosta in una scatola nell'armadio.
La rivendette per un'altra dose.
Amy non era più lì.
Era a casa, stringeva gli antidepressivi fra le dita, aveva capito, doveva solo scegliere se prenderli tutti o meno.
Kyte si accorse che gli altri lo stavano fissando.
Ebbe una risatina.
La mano non gli tremava più, come avrebbe scoperto in seguito aveva smesso per sempre.
Entrò in acqua.

Killian cercava di andare il meno a fondo possibile, anche se gli era davvero difficile riuscire a vedere cosa ci fosse sul fondo.
Ogni tanto brandelli di carne gli finivano in faccia, gli si appiccicavano sulle guance.
Tratteneva il respiro per quanto poteva, cercava di respirare maggiormente con la bocca, anche se questo comportava bere un po' di quel liquido.
Killian poteva dire di sapere che sapore avesse il sangue, il sangue degli altri, non il suo.
Andò un po' più giù, la piscina doveva essere alta sui due metri e mezzo, forse tre.
Vide il corpo di Helen, le tasche dei pantaloni gonfie, dovevano averle riempite di sassi per farla rimanere sul fondo.
E poi lui.
Poco a fianco c'era Dante.
Gli occhi chiusi, la bocca semi aperta, il lobo destro sfondato dalla fuoriuscita del proiettile.
Tornò in superficie, una lacrima gli si fermò fastidiosamente negli occhialini.
E di nuovo giù.
Si avvicinò a pochi centimetri dal suo volto e lo accarezzò.
Notò che la mano sinistra era stretta in un pugno.
La prese fra le sue e l'aprì lentamente, una piccola chiave dorata scivolò fuori.
Avrebbe ucciso quei bastardi con le sue mani, doveva solo trovare il momento adatto.
Quando uscì dalla vasca gli altri lo seguirono con gli occhi.
Nella cassa trovò un mucchietto di terra.
Che ricompensa, wow.

Nella lettera per Light, Seth aveva scritto che voleva morire.

Che in un modo o nell'altro si sarebbe ucciso, non poteva sopportare l'idea di non avere Jenna.
Di vederla morire prima di lui.
Di vederla piangere per il moro.
Se la situazione non fosse stata quella si sarebbe rattristito e basta, avrebbe accettato che per l'ennesima volta una ragazza aveva preferito qualcun altro.
Invece ogni cosa era deformata dagli eventi che accadevano.
Ogni singola emozione si allargava, si espandeva, diventava invadente.
L'amore, la tristezza, la rabbia, la passione.
La paura.
La paura di morire.
Seth teneva la testa sotto la superficie dell'acqua.
In tutto quel rosso gli occhialini gli permettevano di intravedere qualcosa sul fondo, niente di che.
Le carcasse dei maiali.

Il corpo di Robert.
“Ti piace, vero?”
Robert pazzamente innamorato di Sabrina e della vita.
Il ragazzo che lo avrebbe aiutato a conquistare la sua dama come un fedele scudiero.
Un amico.
L'aria gli stava finendo.
Soffio fuori quel briciolo che gli era rimasto.
I polmoni si dilatavano senza risultato.
Non appena avesse aperto la bocca per respirare nuovamente avrebbe ingurgitato un misto di acqua e sangue.
L'idea gli fece venire un conato di vomito.
Riemerse appena in tempo e fece un lungo respiro.
-Tutto bene?- gli domandò Almond qualche metro più in là.
Si limitò ad annuire.
Light lo guardò preoccupato.
Prima che la sfida iniziasse gli aveva posato la mano sulla spalla, ma il gesto non lo aveva rassicurato o tranquillizzato, anzi gli aveva dato ancora più fastidio.
Seth girò la testa e si immerse.

Light e Jenna perlustravano zone differenti, avevano diviso la piscina in quadranti, se Lukas non partecipava allora sarebbero state due le persone nella piscina ad essere escluse dalla seconda parte della sfida.
Contava sul fatto di passare.
Lei, Light e Seth.
Magari poi avrebbero pareggiato e si sarebbero salvati tutti.
Tutti loro.
Jenna stava imparando ad essere egoista.
Si ritrovò obbligata a smuovere i corpi dei maiali, ogni volta l'acqua si faceva più scura.
La carneficina era stata abbastanza recente e fortunatamente i vermi non avevano ancora fatto il loro lavoro.
Se c'erano vermi poi, là sotto.

Almond si era abbastanza stancata, le braccia le facevano male, così come le gambe.
Si era abbandonata a peso morto sull'acqua.
Galleggiava.
Teneva i piedi piatti e ogni tanto si dava qualche spinta.
Sophia continuava a riaffiorare scocciata.
Non trovava nulla.
L'asiatica ripensò alle parole di Killian.
Fece roteare il corpo e cercò di squadrare il fondale.
Niente da fare.
Qualche spinta ed era lì.
Vide un maiale con la pancia aperta.
Non ci pensò due volte prima di infilarci dentro la mano.
Scoppiò a piangere.
Teneva la bocca serrata e singhiozzava.
Si muoveva a tentoni, percepiva solo il viscido.
Qualcosa di duro si scontrò con i suoi polpastrelli.
Sfilò una chiave dall'intestino dell'animale.
Quando Sophia sbucò nuovamente dall'acqua notò con sorpresa che Almond era fuori, davanti alle casse.
Aveva infilato una chiave nella serratura.
Un altro po' di terra.
-Almond.- chiamò perplessa.
L'altra si girò.
La guardò nervosa.
-Ti serve una mano?- sorrise imbarazzata.
-No.- rispose secca la riccia prima di reimmergersi.
Non guardava più nulla.
Si era distratta a pensare.
Almond cominciava a prendersi delle libertà.
Poteva diventare fastidiosa.
Quando si riprese scoprì che Angeline aveva scovato la terza chiave e trovato nella cassetta della cenere.
Polvere alla polvere, cenere alla cenere.
Terra.
Ripensò al funerale di suo nonno, a quanto aveva pianto.

Seth ci riprovò.
Annegarsi era quasi impossibile.
“Una disgrazia incalza alle calcagna di un'altra, tanto presto si succedono. Laerte, tua sorella si è annegata.”
Sorrise.
Passava decisamente troppo tempo nei libri, spesso si dimenticava di essere reale.
Vide qualcosa.
Un luccichio sfolgorante.
C'era qualcosa incastrato e nascosto fra i resti di due maiali.
Troppo grande per essere una chiave, luccicava come il metallo.
Gli sembrò di riconoscere dei dentelli.
Doveva essere un'arma usata per la prima sfida.
Invece no, capì.
Così come capì che non voleva morire, non voleva essere lui.
-Light!- chiamò il ragazzo -C'è qualcosa qui.-
Jenna nemmeno li vide.
Light fece qualche bracciata fino al castano e guardò sul fondo.
Non riusciva bene a distinguere le forme.
Si scambiarono uno sguardo d'intesa.
Seth era agitato.
Fece per fermarlo, ma la sua mente stava scrivendo troppi finali diversi.
Light vide quello che sembrava un dischetto di ferro.
Non capiva.
Ci poggiò sopra la mano.
Clac.

Anche Kyte e Sophia riuscirono a conquistare una tanto agognata chiave.
Kyte rinvenne un chiodo e Sophia una lampadina.
Nessuno dei due ci capiva nulla.
-Vado a vedere come sta Lukas.- comunicò Angeline.
Sophia e Almond non si guardavano, la seconda si mordicchiava il labbro.
Nessuno chiese al ragazzo cosa avesse fatto
La bionda percorse tutto il bordo della piscina.
Vide delle bolle scoppiettare fuori dall'acqua.
Entrò negli spogliatoi.
-Lukas...- sussurrò vedendolo con lo sguardo vuoto seduto su una delle panche.
Non rispose, lei si avvicinò un po'.
Il ragazzo la guardò.
C'era qualcuno dietro di lei.
L'avrebbe riconosciuto fra mille.
L'uomo con la balestra coprì la bocca di Angel con un panno bianco.
-Mi faccio una doccia.- disse Sophia.
-Vestita?- le domandò Killian.
-Sì.- confermò allontanandosi.
Jenna si aggrappò al bordo stringendo nella mano l'ultima chiave.
-Ce l'ho! L'ho trovata.- esultò.
Sophia entrò in corridoio facendo finta di non sentire.
Col cavolo che avrebbe affrontato subito la seconda parte della sfida.
L'ultima vincitrice infilò la chiave nella toppa.
Un'unghia finta?
Seth si avvicinò e si congratulò.
Non osò abbracciarla.
Lei sorrideva, poi se ne accorse.
-Dov'è Light?- chiese preoccupata.
Non c'era nessuno a parte gli uomini.
La piscina si era svuotata.
Gli altri si guardarono intorno.
-Ero convinto fosse ancora dentro...- balbettò Killian.
Silenzio di tomba.
-Light!- urlò la ragazza.
Seth chiuse gli occhi.
-Light!-
Verso il lato sinistro il sangue si stava facendo più scuro, molto più scuro.
Aveva un colore diverso, acceso, vivo.
Jenna cominciò a correre.
-Light!-
Si tuffò in acqua, gli occhialini li aveva già tolti.
Gli occhi le bruciavano, faceva fatica a tenerli aperti.
Lukas era uscito dallo spogliatoio.
Guardava la scena sul ciglio della porta, cercava di resistere alla visione del sangue.
Jenna incontrò gli occhi spalancati di Light.
Aveva la bocca aperta in un urlo.
Era il braccio a tenerlo verso il fondo.
Una tagliola aveva affondato i suoi denti nel polso del ragazzo.
Jenna fece fatica ad aprirla.
Killian sprofondò al suo fianco e trascinò fuori il corpo.
La ragazza gridava, gli altri le stavano intorno.
Premeva con forza le mani sul petto di Light.
Dell'acqua gli schizzò fuori dalla bocca.
Seth li vedeva, i suoi occhi.
Erano immobili, fissi.
Non c'era più niente da fare.
Jenna si sollevò in piedi.
Guardò l'uomo con il fucile.
-Mi sono dimenticato di avvisarvi che c'erano delle sorpresine.-
Urlò con tutta la rabbia che aveva in corpo.
Gli corse incontro, non appena si avvicinò l'uomo la colpì in testa con il manico del fucile.
I ragazzi uscirono in silenzio.
Seth non osò rimanere, una volta in salotto si accorse che la stavano trascinando nel giardino al coperto.


Angeline si risvegliò nel buio.
Alzò le braccia, ma subito vennero fermate da una superficie indeterminata, al tatto sembrava legno.
Era sdraiata.
Tastò tutt'intorno a sé.
Non c'era via d'uscita, dovevano averla chiusa da qualche parte, magari nel baule della sala svago.
Con la mano destra incontrò una piccola scatoletta di cartone, il dorso era liscio mentre i lati erano più ruvidi.
Ci mise poco a capire come aprirla, bastava spingere la parte interna per far scorrere fuori il contenuto.
Erano dei fiammiferi.
Ne prese uno e lo strofinò contro la striscia fino ad accenderlo.
Li contò velocemente, erano nove, più quello che aveva in mano dieci.
Capì cosa significava il legnetto bruciato che aveva trovato come ricompensa.
La fiamma si spense.
Ne prese un altro, ne rimasero otto.
In fondo intravide un contenitore di metallo, lo spinse a sé con i piedi, era un mangiacassette.
Premette il tasto “play”. Scosse il fiammifero per non bruciarsi.
Poteva ascoltare anche al buio.
-Carissimi concorrenti, sono lieto di annunciarvi la seconda parte della sfida di oggi.- Angel riconobbe la voce dell'uomo con il fucile -Sarà entusiasmante, vedrete! I tre di voi che hanno trovato un unghia, un bastoncino bruciato ed una lampadina, quindi anche tu all'ascolto, sono stati sepolti nel giardino al coperto, in qualche punto imprecisato.-
La bionda spalancò gli occhi, ma attorno a lei c'era solo il nero.
-Il primo degli altri tre vincitori che dissotterrerà qualcuno vincerà l'immunità, che spetterà anche a chiunque riesca ad uscirne da solo!
Come vi dicevo ci siamo ispirati alle vecchie stagioni del programma! Vi ricordate quando Gwen dovette affrontare la sua paura? Peccato che i miei colleghi mi abbiano riferito che sia morta ieri sera.-


Qualche metro più in su l'uomo stava tenendo lo stesso discorso.
A Kyte, che aveva trovato un chiodo, spettò un metal detector come ricompensa, a Killian ed Almond, nella cui scatola c'era invece un mucchietto di terra, spettarono rispettivamente una vanga ed una pala.
Almond si sentiva in colpa.
Aveva tradito Sophia, la sua compagna di stanza.
Seth invece no, cercava di convincersi di non aver riconosciuto la tagliola e che quindi la morte di Light fosse stata un incidente.
Era al contempo contento di non dover partecipare, ma preoccupato per Jenna.
Non temeva l'eliminazione, d'altronde nessuno spettatore poteva saperlo.
Nessuno poteva averlo visto scrutare la trappola per orsi adagiata sul fondo della piscina.
Il sangue aveva coperto la visuale.
Lukas era ancora parecchio scosso per la prima parte della sfida e si accucciò subito sotto il solito albero.
Tutta la terra del giardino al coperto era stata smossa, in modo da rendere impossibile capire dove si trovassero le buche.
Fosse stato per Kyte Angeline e Sophia sarebbero potute marcire là sotto.
Nel caso fossero riusciti a fuggire non voleva portarsele dietro, erano troppo pericolose.
Però voleva l'immunità e doveva azzardare, magari avrebbe salvato Angel, o magari Jenna, non c'era modo di saperlo.
Si augurò che le bare fossero state chiuse con dei chiodi, il metal detector avrebbe sicuramente suonato.
-Le vostre amiche hanno cinque ore di ossigeno, un tempo più che abbondante direi. E non preoccupatevi, sono rinchiuse nel compensato. Certo, la terra pesa, ma con un po' di costanza dovrebbe spezzarsi!- aggiunse l'uomo.
Bip. Bip. Bip.
Kyte sorrise.
Peccato che non avesse nulla con cui scavare.
Si tirò su le maniche, avrebbe dovuto fare a mani nude.
Seth andò a sedersi di fianco a Lukas.
Killian camminava avanti e indietro sulla terra.
Dove c'era la fossa sarebbe dovuto sprofondare di più.
Credette di aver individuato il punto giusto e cominciò a scavare.
Guardò il more fare la stessa cosa con le mani.
Certo, un metal detector era utile, ma a confronto di una pala o una vanga non poteva competere.
Almond era spiazzata, poggiava la testa al suolo cercando di percepire qualche suono.
Nulla.
Pregò che Sophia facesse un po' di rumore.
La terra si infilava fastidiosamente sotto le unghie di Kyte.
Detestava quella sensazione, doversi abbassare ad un tale livello.
Avrebbe capovolto Seth e l'avrebbe usato come paletta.
L'uomo con il fucile ridacchiò.
-Tieni, sei patetico.- sorrise lanciandogli qualcosa.
Una paletta da spiaggia gialla atterrò a venti centimetri dal ragazzo.
-Grazie.- rispose ironico.
Cominciò ad usarla imbronciato.
L'uomo col la balestra era sul ciglio della porta.
Lukas lo stava guardando.
Il ragazzo appoggiò l'arma e gli fece cenno di raggiungerlo.
Seth lo guardò alzarsi.

Jenna impiegò più tempo per trovare il mangiacassette, ma appena ascoltò la registrazione il sangue le si gelò nelle vene.
Voleva muoversi e non ci riusciva.
Era stretta.
Sentiva l'odore penetrante della terra.
Aveva freddo.
Il fiato le si faceva sempre più veloce.
Pensò che girandosi su un fianco sarebbe riuscita a calmarsi, eppure non fu così, era solo più scomoda.
Avrebbe voluto addormentarsi.
Si sarebbe svegliata quando l'avrebbero ritrovata, oppure sarebbe morta nel sonno.
Sempre meglio che essere coscienti di aver finito l'ossigeno.
Come Light.
Una lacrima le rigò il viso.
Non era giusto, non meritava di morire così.
Era buono, era il suo eroe.
Qualcosa le grattò il gomito su cui si appoggiava.
Una limetta per le unghie.
Che beffa.
Cosa se ne sarebbe dovuta fare?

 

Lukas guardava l'uomo con la balestra.
Erano entrambi seduti sul divano del salotto, nessuno dei due riusciva a parlare.
Gli occhi del moro erano rossi, gonfi.
-Hai capito perché l'ho detto?- gli chiese l'uomo.
-Sì.- bisbigliò Lukas guardando in basso.
Dal giardino si sentiva Killian scavare con foga.
Il ragazzo si voltò per vedere.
Seth lo stava osservando nascosto, appena si accorse di essere stato scoperto si volatilizzò.
-Non voglio che ti accada niente di brutto.- confessò.
Lukas trattenne una smorfia.
Gli stava già accadendo qualcosa di brutto.
-Hai ragione.- ammise l'altro che sembrò leggergli nella mente -E' tutto brutto.-
Il moro si alzò in piedi seguito dall'altro, lo prese per la mano.
-Aiutami allora.- lo supplicò -Aiutaci.-
L'uomo con la balestra si morse il labbro.
Che cosa stava facendo?
Che cosa doveva fare?
Sperò di morire in quell'istante.
Voleva avere un telecomando e riavvolgere il nastro, tornare a quando era bambino, ma non poteva.
-Domani.- disse serio -Prima dell'eliminazione.-

Kyte trovò una moneta.
Una maledettissima moneta.
Altro che bara ed immunità.
Per lo meno aveva scavato solo pochi centimetri.
Riprese il metal detector e si rimise al lavoro.
Killian ci stava dando dentro, era andato in basso di almeno un metro e si era tolto la maglietta.
Almond era vicino all'albero di Seth, quando finalmente sentì un tonfo sottoterra.
Aveva trovato qualcuno.

Angeline non smetteva di sbattere i palmi contro il legno, una scheggia fastidiosa le si infilò fra l'indice e il pollice.
Urlava più forte che poteva.
Dalle giunture entrava qualche granello di terra ed un po' di polvere.
Andando avanti così avrebbe sprecato tutta l'aria a sua disposizione nella metà del tempo, ma non le importava particolarmente.
Magari era quello che si meritava.
Una donna segnata da due grandi borse sotto gli occhi e col volto incorniciato da sporchi capelli ricci la spinse per terra. Sua madre.
Angel gridò nuovamente.
-Sarai la mia bimba perfetta.- biascicò appoggiata allo stipite della porta.
Aveva bevuto, ancora.

Le immagini le scorrevano davanti agli occhi senza che potesse fare nulla per impedirlo.
Uno schiaffo. Un altro. Il piatto contro il muro. L'odore acre del latte scaduto.
Le stava rovesciando la bottiglia di Whisky dentro al lavandino.
La donna piangeva.
La strattonò per la spalla. Le disse che era una puttana, che non era sua figlia.
Non era la bambina che aveva cresciuto.
Angeline le ruppe la bottiglia in testa.

Adesso piangeva.
Tre metri sotto terra, come sua madre.
Quanta fatica che aveva fatto per trascinarla in cantina.
Non sapeva se fosse morta o meno, non le importava più di tanto.
La mise nel baule dei travestimenti, quello con cui giocava durante l'infanzia.
Ci entrava dentro e usciva vestita di principessa. O da strega.
Angel si sentiva entrambe le cose, poi non si sentiva più nulla.
Tirò fuori le parrucche e gli stracci e ce la infilò dentro.
Per fortuna non pesava troppo, nemmeno lei era troppo alta.
Una settimana prima l'idraulico aveva scavato per trovare le tubature, si erano otturate.
Nessuno aveva mai messo a posto.
Spinse il baule, ci mise all'incirca mezz'ora.
Lo ricoprì di terra, prese il cemento e riposizionò le piastrelle.
Senti qualcosa battere, ma fece finta di nulla.
Vuota.
Era vuota.
Sua madre, viva, si era consumata le dita contro il cemento ormai solido.
Non aveva più un lavoro. Non aveva più amici. Non sarebbe mancata a nessuno.
Poi Angel incontrò lui.

Lukas rientrò nel giardino al coperto, nessuno sembrava essersi accorto della sua assenza tranne che...
-Si può sapere che problema hai?- Seth alzò la voce richiamando l'attenzione di tutti.
-Ragazzi...- balbettò Almond.
-Non ora, Almond.- la interruppe brusco il castano -Perché diavolo parli con quegli uomini?-
Lukas rimase interdetto, anche l'uomo col fucile e la donna erano sorpresi, ma per altri motivi.
-Di che stai parlando?- fu tutto ciò che riuscì a dire.
-Di che sto parlando?! Di te che chiacchieri come se nulla fosse col tipo con la balestra, si può sapere da che parte stai?- Seth faceva fatica a ragionare.
Aveva bisogno di dormire, solo un'ora di sonno tranquillo, un'ora gli bastava.
Gesticolava freneticamente e nemmeno se ne accorgeva.
Si era buttato in una piscina di sangue:
Aveva ucciso un suo amico.
Aveva perso la verginità in un rapporto a tre.
Ogni momento gli sfrecciava davanti agli occhi.
-E' vero, Lukas?- chiese Killian.
Il moro abbassò la testa.
Il biondo fece per dire qualcosa.
-Ragazzi.- riprese Almond -Qua sotto c'è Angeline.-
Kyte finalmente pensava in modo lucido.
-Ho sentito la sua voce, molto ovattata, ma credo sia lei!- esclamò contenta.
-Io direi di lasciarla lì sotto.- disse Kyte.
-Come?- l'asiatica non era sicura di aver sentito bene.
-L'abbiamo vista tutti, non ha le rotelle a posto.- spiegò -E' pazza, è pericolosa, lasciamola soffocare nella bara.-
Lukas non riuscì a dire nulla, era ancora distratto da Seth che lo guardava in cagnesco.
Almond scosse la testa e cominciò a scavare.
Kyte alzò gli occhi al cielo.
Killian pensò che forse non era poi una così brutta idea.

Sophia aveva trovato una torcia elettrica ed era abbastanza soddisfatta.
Aveva perso la sfida precedente e le era costato il rischio di eliminazione, come se le avessero sparato e la pallottola le fosse passata a due centimetri dalla testa.
Era proprio quella la sensazione che aveva provato, non era intenzionata a riviverla un'altra volta.
Light era morto.
Colui che aveva puntato dall'inizio della gara, poteva toglierlo dalla lista.
Alla fine c'aveva pensato da solo ad ammazzarsi.
Notò nell'angolo una piccola webcam.
Sorrise al pubblico.
Sembrava al contempo una star e una diva ferita, quasi volesse dire “Sono io, Sophia, la migliore.” e aggiungere “Mi avete quasi uccisa e non ne avrete ancora l'occasione.”
Pensò rapidamente a chi altro volesse far fuori.
Angeline.
Decisamente Angeline.
Almond l'aveva tradita, vero, ma riteneva di poterla considerare ancora sua alleata.
Le avrebbe detto che la perdonava e che anzi, era soddisfatta di come aveva agito, che era orgogliosa come una madre o come una maestra il cui alunno prediletto svolge un compito perfetto.
Sophia aveva risparmiato abbastanza fiato e decise di smettere di pensare.
La stancava.
Il suo cervello lavorava troppo velocemente e non le lasciava un attimo di riposo.
Voleva smettere.
Voleva svegliarsi la mattina, a casa della nonna, e trovare il caffè latte pronto sul tavolo.
Ma se davvero lo voleva allora doveva conquistarselo.
La vita è qualcosa per cui lottiamo ogni giorno, lei non si sarebbe mai arresa, come un maratoneta che spossato dalla gara riesce comunque a fare uno sprint verso il traguardo.
Si sfilò a fatica la maglietta e se l'avvolse intorno alla mano.
Tump.
Un pugno.
Tump.
Un altro, poi un altro ed un altro ancora.
Le nocche le facevano male, si stavano sbucciando lo stesso.

Gli infissi si stavano allentando e il compensato si era crepato.
Tump.
Della terra umida le cadde in faccia, poteva sentirne il sapore.
Le unghie dell'indice e dell'anulare le si spezzarono.
Tump.

 

Kyte non riusciva più a vedere Killian, aveva scavato così in profondità da essere scomparso dentro la fossa stessa.
Se là sotto c'era una bara mancava poco prima che la trovasse, sperava solo avesse fatto un clamoroso buco nell'acqua.
Jenna graffiava il compensato con la limetta, cercava di usarla come fosse un coltello, ma senza successo.
Il suo cervello cominciava ad accettare il fatto che Light fosse morto, capì che era inevitabile.
Che solo uno di loro sarebbe uscito vivo da quella casa, se era fortunato.
Con ogni probabilità sarebbero morti tutti, uno dopo l'altro.
La cosa che le fece più dolore era non avergli potuto dire addio.
Il metal detector suonò di nuovo.
Kyte si fermò a scavare con la paletta.
Almond aveva raggiunto un livello di cinquanta centimetri, sperava di essere almeno a metà dell'opera.
Nuotare le aveva stancato le braccia e scavare non era una passeggiata.
Stava a piedi nudi, come amava fare.
Il fresco del suolo le ricordò di essere sulla Terra, che c'era un mondo là fuori.
Tump.
Fece la pala di Killian.
Si chinò immediatamente poggiandola contro le pareti scavate.
Spostò un po' di terra con le mani.
Legno.
-Hey!- gridò sollevata una voce dall'interno.
-Jenna!- esclamò contento il ragazzo
-Tirami fuori!- singhiozzò l'altra.
-Subito, arrivo.- rise Killian.
Pulì tutta la tavola superiore e colpì gli angoli inchiodati con la pala, scardinandoli.
Non ci volle molto.
Jenna era sdraiata con una limetta fra le mani.
Piangeva e rideva.
L'aiutò ad alzarsi e si abbracciarono.
-E così Killian vince l'immunità!- si congratulò l'uomo col fucile -Cosa ne sarà di Sophia e Angel?-
Almond lasciò cadere la vanga.
Ormai l'immunità era andata, avrebbe voluto trovare Sophia, per chiederle scusa, ma forse era il momento di giocare per sé.
-Ve l'ho detto.- ribadì Kyte -Lasciamole sotto.-
Jenna non ci mise molto a capire di cosa parlavano, si arrampicò fuori dalla buca e abbracciò Seth.
-Per me va bene.- disse il ragazzo baciandole la guancia.
Killian si morse un labbro, si avvicinò ai due..
-Anche per me.- ammise sospirando.
Sarebbero morte comunque pensò, meglio velocizzare il processo.
E Sophia avrebbe sofferto, per Dante.
Lukas spalancò la bocca.
-Come?!- balbettò -State scherzando?-
Kyte fece segno di no.
Almond scoppiò in lacrime.
-Siete dei mostri.- sputò -Io non mi macchierò le mani di sangue.-
Prese la pala di Almond e continuò a scavare.
-Come vuoi.- lo sfidò Kyte uscendo seguito dagli altri.
Lukas era rimasto solo, piangeva e le sue lacrime si mescolavano alla terra.
Passo un'ora quando arrivò finalmente alla cassa di Angeline.
Quando l'aprì lei sorrise estenuata.
Ne uscirono insieme.
L'aveva salvata, se non era amore quello.
Angeline pensò che quello fosse il giorno migliore della sua vita.
Lukas temeva la bionda, ma non avrebbe lasciato morire nessuno, così come lei non aveva lasciato morire lui.
E' questo che fanno gli amici, si aiutano.
E' questo che dovrebbe fare ogni essere umano.
-C'è ancora Sophia.- disse esausto.
-E' tardi ormai.- rispose lei celando un sorriso.
Era così stanco, non sapeva nemmeno quanto tempo fosse passato.
Uscirono dal giardino.
Tutti si erano già lavati e si erano seduti in salotto, li guardarono.
Almond piangeva ancora.
-Sophia?- domandò Killian.
-E' morta.- mentì Angel, del resto era una mezza verità.
Sarebbe morta se l'avessero lasciata tre metri sotto terra.
I due ragazzi si avvicinarono agli altri.
-Non credo proprio.-

Sophia si aggrappò allo stipite ricoperta di terra.
La polvere la scuriva spaventosamente, solo gli occhi era chiaramente visibili.
Kyte le guardò le mani impregnate di sangue, terriccio e sassolini.
Si era scavata una via di fuga da sola, a mani nude.
Ed ora era lì a fissarli.
-Sono colpito.- affermò l'uomo con il fucile -Ma quel che è detto è detto, Sophia godi anche tu dell'immunità.-
Sophia si scrollò i vestiti.
Rise per liberarsi di tutto.
L'indicò con l'indice sporco e senza unghia.
-State attenti...- faceva fatica a parlare, il fiatone la costrinse a fermarsi -...mentre dormite.-
E più che una minaccia suonava come una promessa.

Payton sorrise.
Era giorno di paga, quello.
L'interessante nella casa era terminato, a breve sarebbe andato in onda il commento degli eventi, sul sesto canale visto che le trasmissioni sul quinto non potevano essere interrotte.
In ogni modo, una volta finito anche il talk show Jessica avrebbe lasciato una busta contenente il denaro che le aveva chiesto nella sala relax, nascosta dietro il dispensatore dell'acqua.
Clac.
Qualcosa cigolava fastidiosamente.
Si limò l'anulare della mano sinistra.
Le unghie vere erano così fastidiose, d'ora in poi le avrebbe avute sempre finte.
Per festeggiare sarebbe andata a farsi fare la manicure.
C'era un negozietto di cinesi sottopagate estremamente costoso che aveva attirato la sua attenzione qualche settimana prima.
Poi se ne sarebbe andata a mangiare sushi con Danielle, le aveva detto che aveva qualcosa di importante da raccontarle, un nuovo uomo con ogni probabilità.
E lei doveva dirle che ora era ricca sfondata e che le avrebbe offerto la cena.
Non in uno di quei ristoranti con la formula “all you can eat” dove avrebbero potuto spendere relativamente poco, sarebbero andate in uno di quelli “à la carte”. Come suonava bene il francese nella sua testa. Era così chic.
Cory stava discutendo con Etienne, alcuni manovali stavano finendo di allestire il set.
Quella sera avrebbero avuto Brody come ospite, un amico di Geoff.
Etienne fece qualche gesto con la mano e si allontanò dal co-produttore.
Jessica gli fece un fischio e gli indicò l'orologio.
-Non metterci troppo.- disse.
Samuel dava un'ultima ritoccatina ai capelli di Blainely.
La bionda non sembrava troppo a suo agio, la pressione la stava logorando.
-Payton.-
La ragazza alzò lo sguardo, era stata Jessica a chiamarla.
-Non è che potresti fare qualche passo indietro? Per il tecnico luci.-
Sorrise, certo che poteva farlo, per cinquecentomila dollari avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Si sarebbe licenziata la mattina dopo.
O forse era meglio non dare nell'occhio?
Jessica si sarebbe sicuramente insospettita.
Avrebbe aspettato che finisse tutta la storia dell'attentato e se ne sarebbe andata alle Hawaii, non sembrava male.
Smise di arretrare.
-Qui?- domandò.
-Ancora trenta centimetri.-
La donna stava controllando la posizione dei fari.
A Payton non sembrava di vedere il tecnico.
-Perfetto.- sorrise Jessica.
Fu allora che se ne accorse.
Paul, colui che gestiva l'illuminazione, era intento a riavvolgere un cavo sul fondo della stanza.
Era girato di spalle.
Clac.
Fece il faro sopra la sua testa prima di staccarsi.
Una goccia di sangue schizzò fino al volto di un'atterrita Blaineley.

 

Angolo dell'autore
Capitolo 11 finito, ebbene sì.

Avevo chiesto pareri a qualcuno e molti si sono avvicinati a quello che è successo, chi da un lato, chi dall'altro.
Light era un combattente, un buono.
Era semplice, lo adoravo.
Spero che l'autrice continui a seguire la storia, ormai siamo agli sgoccioli.
Io non so se ho il coraggio di scrivere il prossimo capitolo.
A settembre mi sa che mi toccherà fare i compiti e poi andrò in stage a Parigi.
Non so davvero quando potrò aggiornare, la quinta un po' mi spaventa e dovrò scrivere la tesina.
Vi prometto che i prossimi capitoli arriveranno prima della fine dell'anno, prendete questo come summer finale.
Vi chiedo di fare un nome per l'eliminazione e la solita tabella di gradimento, per chi si sia perso questa modalità consiste nel dare un voto da 1 a 5 ad ogni personaggio.

Le storyline si stanno chiudendo.
Ero indeciso se raccontare o meno il passato di Kyte ed Angel, troppo forte a parer mio.
Ma ho sentito che dovevo, perché questi personaggi sono più completi così e perché lo dovevo alle autrici.
Ogni tanto mi chiedo perché scrivo reality, mi spossa, mi stanca, non mi sembra sia costruttivo per me.
Ho scritto il pezzo di Kyte di notte e poi ho avuto gli incubi.
Non so se avrò altre storie dopo questa, non credo.
Questo capitolo era lunghissimo, I know.
Ho capito che lo scrivo per voi, anche se forse sono fan anche io.
Per questo penso che la gente che dice “Non si scrive per le recensioni xdxd” menta, perché su efp si scrive per gli altri e fa piacere sapere ciò che gli altri pensano.
Il mio sogno nel cassetto è trasformare il concept di Reality in qualcosa di più grande e spero di riuscirci, ma già sono entusiasta di voi lettori e in fondo in fondo penso che facciamo un piccolo fandom a parte.
Vi adoro e già mi mancate.
L'avventura sta finendo.
A presto.

PS. Come al solito segnalatemi gli errori che nella foga di pubblicare non rileggo.



 

  
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