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Autore: AlnyFMillen    19/08/2016    1 recensioni
[vampire!AU]
Il corpo si irrigidì, le mani già alla fremente ricerca di un'arma che potesse difenderla. Le prime falangi, strette convulsamente attorno al manico metallico del candeliere, lo brandivano come fosse una spada.
Da qualche parte nell'ombra, dietro la spessa stoffa delle tende che incorniciavano la finestra, le era sembrato di veder apparire i lineamenti di un uomo. La corporatura snella e slanciata, la proiezione spezzata e rigida.
Restò ad osservarlo, il cuore martellante nel petto sembrava voler correre via a gambe levate.
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Chinò il viso verso la donna poco distante, il suo respiro bollente ad inondargli le guance, pochi centimetri da quel collo caldo. Sarebbe bastato un morso, un solo morso. Riusciva a percepire il pulsare del sangue che strisciava all'interno della vena giugulare, appena sotto la mandibola.
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Perchè diamine il Conte Glen Baskerville in persona si trovava nelle sue stanze, per di più, così vicino al suo collo?! Un attimo... Cosa?!
Tirò su un sorriso sghembo mentre chinava la testa per nasconderlo, una risata le riscosse le viscere. Beh, visto che già c'era, meglio sfruttare la situazione al meglio. Le risparmiava la fatica di andare a cercarlo.
Genere: Demenziale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Miranda Barma, Oswald Baskerville
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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❦Vampiri assetati e dame indifese❦
❦Vampiri indifesi e dame assetate❦

Perchè, se in una vita immortale come la vostra credevate di essere le creature più terribili di questo mondo, una donna ossessionata innamorata vi farà desiderare intensamente la morte






A questo mondo esistono creature più che particolari. Qualcuno non ha prove della loro esistenza. Nonostante noi non abbiamo assoluta certezza che queste possano effettivamente aggirarsi furtive nelle notti d'estate o, al contempo, nascondersi fra i simili nei giorni piovosi, la nostra triste esperienza, gli insegnamenti e le testimonianze del passato sono prova sufficiente per persone con occhi ben aperti. 
In fondo, però, sono pur sempre leggende, vi ci si può credere come no. Eppure, qualunque individuo con un briciolo di amor proprio non può far in modo di sottrarsi a pochi, semplici gesti salvifici.
Porre un crocifisso sul muro sopra il proprio letto, cospargere di sale i cornicioni o le ringhiere delle finestre e appendere un nodo di una rete da pesca sullo stipite; possedere piante simbolo di vita, quali rose, agrifoglio, biancospino; una boccetta d'acqua santa e qualche paletto di legno massello per le emergenze, certo, fa sempre comodo. Come si suol dire, meglio prevenire che curare, così, se mai la creatura dovesse passare dalle vostre parti, se mai le venisse la malsana idea di provare ad entrare, troverà sicuramente pane per i suoi denti e se ne tornerà a casa propria.
L'ignoranza, però, è un male molto esteso e tra la popolazione sono molti i non credenti, gli impreparati. Le giovani fanciulle, poi, sono le prede più ambite, un vero e proprio Santo Graal. Se gli uomini costituiscono solo un'esclusiva fonte di nutrimento, i freschi boccioli di donne appena in fiore sono bocconi troppo succulenti per essere lasciati alla deriva. Proprio sulla base di quanto detto, infatti, si preferisce conservarli con saggezza... In eterno.
❦❦❦

 
La ragazza lisciò con aria assente la lunga chioma, passando la spazzola attraverso i fili dalla tinta brillante. Finì di ravvivare i capelli al centesimo colpo di pettine, così come le aveva insegnato la madre molto tempo prima, e depositò con un rumore sordo l'oggetto sul proprio comodino, o almeno quello che a lume di naso le parve tale. Una buona tisana bollente, quel piacevole massaggio alla cute e si sarebbe rilassata in poco tempo.
Erano già parecchi giorni che aleggiava in lei un'atmosfera inquieta. Un senso d'angoscia allo stomaco che le provocava poca voglia di dormire e tanti, tanti incubi. Sembravano aspettare solo lei, ogni qualvolta chiudeva gli occhi erano in agguato, pronti ad avventarsi sulla loro preda. 
Si sentiva come osservata. Succedeva la sera, quando si svegliava nel pieno della notte per quell'insistente campanello d'allarme sul fondo della mente; succedeva la mattina, mentre, di punto in bianco, scrutava i corridoi alla ricerca di un indizio qualunque; succedeva il pomeriggio, nel momento in cui discuteva animatamente di quell'o l'altro argomento ma veniva distratta da una vocina insistente.
Non era mai stata un tipo paranoico, nella peggior ipotesi, se si impegnava, poteva diventare ossessiva, ma mai gli era successo di doversi guardare così insistentemente le spalle, persino in casa propria. Tutta colpa di quei sogni, di quello sguardo che avvertiva addosso ogni singolo istante, quasi fosse una mosca dal ronzio perenne e fastidioso.
Soffiò sulla tazza per raffreddare l'acqua e far si che non le bruciasse la lingua, mentre lanciava un fugace sguardo al paesaggio notturno racchiuso fra le linee sottili della finestra della camera. La luna piena si specchiava sulle chiome degli abeti, flessi dalla leggera brezza serale. Poche nubi addensavano quel cielo nero e le miriadi di stelle visibili dalla posizione nella quale si trovava potevano liberamente danzare da una all'altra costellazione. Impossibile, si disse, che quella che stava osservano non fosse null'altro se non il riflesso della volta celeste di diversi anni addietro e non l'attuale.  Quando lo aveva letto ne "I segreti dell'universo", sottratto di nascosto dalla collezione privata, giù, in biblioteca, quasi non voleva crederci. La luce viaggiava a una velocità indescrivibile, nel vuoto un valore di circa 299 792 458 metri al secondo e... O forse era 299 279 548? Ah, quei dannati numeri! In ogni caso, approssimativamente 300.000 kilometri al secondo. Ma non pensava che questo potesse comportare, come conseguenza, la visione di stelle già esplose da tempo. E invece, beh, era proprio così. Lo si spiegava per filo e per segno proprio in quel tomo, nelle sei pagine seguenti alla prima in cui era accennato il fenomeno.
Passò qualche istante prima che si decidesse a muoversi. Scostò le lenzuola dalle gambe, poggiò la pianta dei piedi sul pavimento freddo, rabbrividendo al contatto. Allungò le mani davanti a sè e cercò, con il solo uso del tatto, il comò che si trovava di fianco al letto. Trovata la superficie legnosa, vi ci assicurò la tazzina, scese fino al pomello e tirò. I polpastrelli setacciarono la base in velluto, inciampando, con una punta di compiacimento, nella scatolina di cartoncino leggero che cercava. Chiuse nuovamente il cassetto e salì fin quando non trovò un oggetto metallico a tre braccia. Sfilò un fiammifero, lo sfregò e accese le candele, con calma. Posizionò poi il candelabro al suo posto. Quando voltò il capo nella direzione opposta, la parete piena rispetto a quella spoglia dove si trovava, notò che il piccolo chiarore aveva rischiarato sufficientemente l'ambiente, rendendo le forme, prima scure chiazze informi, più riconoscibili. 
Ma... Un secondo.
Il corpo si irrigidì, le mani già alla fremente ricerca di un'arma che potesse difenderla. Le prime falangi, strette convulsamente attorno al manico metallico del candeliere, lo brandivano come fosse una spada.
Da qualche parte nell'ombra, dietro la spessa stoffa delle tende che incorniciavano la finestra, le era sembrato di veder apparire i lineamenti di un uomo. La corporatura snella e slanciata, la proiezione spezzata e rigida.  
Restò ad osservarlo, il cuore martellante nel petto sembrava voler correre via a gambe levate.  La sua prima reazione fu quella di assecondarlo, più che volentieri avrebbe aggiunto, magari scappando assieme a lui il più lontano possibile. Purtroppo o perfortuna, però, non era tipa da fuggire davanti alle difficoltà. Se c'era qualcuno, lì, lo avrebbe affrontato. Sola o non, in camicia da notte o in pigiama. E poi, al massimo, poteva sempre urlare e sarebbe accorso uno dei suoi compagni di corridoio, avevano le camere proprio adiacenti alla sua. Nel peggiore dei casi, avrebbe svegliato il ragazzo della porta accanto e allora, altro che candelabri, sarebbero volate le sedie. In alternativa, a rincuorarla, c'era sempre una terza opzione, ma avrebbe preferito non sporcarsi troppo le mani.
"Chi c'è?" domandò cercando di sembrare decisa.
Non era il momento di concentrarsi sul fatto che finì solo con il risultare incerta e poco sicura. E si, nel suo tono c'era, forse, anche un pizzico di curiosità mista a terrore. Un mix micidiale. 
Non riusciva a distinguere molto, ma le sembrò che l'uomo- le spalle larghe e l'altezza facevano presagire che fosse tale- avesse volto il viso nella sua direzione e ora la stesse osservando con quei suoi occhi scuri e freddi. Riuscì a vederli, anche attraverso il tessuto, e ne fu paralizzata. 
Lei conosceva quegli occhi, li conosceva alla perfezione, così come il suo proprietario.
Trattenne il respiro, mentre il telo piegava e scalciava. Un battito d'ali, la parte dietro di esso venne portata allo scoperto. E... Niente, niente e nessuno, solo l'angolo più illuminato della stanza la osservava, vuoto e pacato. 
Rilasciò i muscoli in tensione, già pronti a scattare al minimo accenno di movimento o rumore sospetto. Probabilmente la totale assenza di sonno era arrivata a provocarle persino le allucinazioni. Dalla sua gola partì una risatina nervosa, sventolò una mano su e giù con noncuranza, maledicendo la sua mente per avergli fatto quel brutto scherzo. Pensare che lo credeva così reale.
Fece attenzione a non inciampare in qualsivogila ostacolo e giunse alla finestra. Accantonò la sua fonte di luce lì accanto: l'esterno era illuminato dalle lucciole che risplendevano in cielo. Poggiò gli avambracci sul cornicione e restò qualche istante a bearsi del profumo della notte, del suo silenzio, il soffio leggero del vento a sfiorarle le gote. Non seppe per quanto restò lì, semplicemente a guardar fuori il mondo che scorreva eppure sembrava rimanere fermo, non seppe nemmeno quante volte il suo occhio cadde furtivo su quell'angolo sospetto, ma quando quel tempo finì, emise un sospiro tremante, socchiuse le palpebre fredde e si allontanò. Le dita si strinsero su d'una delle due ante. Esitò, indecisa sul da farsi. Chiuderla oppure lasciare che rimanesse aperta? Oh insomma, era pur sempre Agosto, un po' d'aria non le avrebbe fatto male. 
Con quel pensiero, tornò sotto le coperte e cadde tra le braccia di Morfeo, un sonno stranamente senza sogni.
Le tende si gonfiarono sotto ordine del vento.
❦❦❦
Come avrete ben notato, la nostra protagonista non ha dato ascolto ai precedenti avvertimenti. Nessun crocifisso ("la parete piena rispetto a quella spoglia dove si trovava"), niente sale o nodi ("poggiò gli avambracci sul cornicione"). Le uniche piante che si notano sono gli abeti ("la luna piena si specchiava sulle chiome degli abeti"), che poco possono contro le creature; l'unica fonte d'acqua è una tisana e di paletti neanche l'ombra. Ciò la rende una potenziale vittima, ma non più di qualunque altro incosciente che vive in una delle case del paese lì vicino. Se solo non fosse per quel piccolo, minuscolo, ma importante particolare.
La finestra è lasciata aperta, così che tutto possa uscire e tutto possa entrare.
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Un balzo, due. Silenzio. Nessun rumore. Il mantello gonfio sotto le ali del vento, il passo deciso. Fermo. Nessun movimento. 
Con un alzata di mento fece scivolare lo sguardo al di là dei tendaggi,il baldacchino che proteggeva il letto vero e proprio. Se solo avesse saputo quant'era grande la sua inutilità. Poteva anche proteggere dalle piccole zanzare succhia sangue, ma non poteva niente contro i pipistrelli, più grandi. Perfettamente calmo e composto, osservò prima una poi l'altra persiana, il vetro che non poteva rimandare indietro la sua immagine. 
Secondo la tradizione popolare, rompere uno specchio equivaleva a sette anni di sfortuna. Questo perchè, infrangerlo, avrebbe portato alla liberazione di più anime malvagie intrappolate al suo interno. Quella stretta lamina riflettente, risucchiava come un turbine chiunque osasse guardarvi all'interno, procreando così esseri vuoti e privi di una mente propria. Le creature senza anima, non avrebbero più potuto  riflettersi.
Ricordava vagamente la propria immagine imprigionata lì dentro, come un fotogramma troppo poco nitido che non gli riusciva di mettere a fuoco. Piuttosto alto per la sua età, doveva sfiorare il metro e ottantasei. Si sarebbe detto  venticinque, ventisette anni, se solo fosse stato possibile definirlo. Peccato che non si potesse: seppure all'apparenza ancora giovane, chiunque si sarebbe trovato davanti all'impossibilità di concepirne la vecchiaia. Il profilo ben definito, i lineamenti delicati, nonostante fosse un uomo. Eppure giusti, quasi ipnotici, affascinanti. Poche ciocche corvine adagiate sulla pelle chiara della fronte, neppure sfiorata, il colorito reso ancor più pallido dagli stessi capelli. La fina linea delle labbra, la mascella poco pronunciata, l'aspetto curato. Indosso, un elegante completo nero. Camicia bianca sistemata con accuratezza, giacca priva di pieghe, eleganti pantaloni neri. Il mantello, anch'esso di pece, sfumava in rosso scarlatto nella parte inferiore e proiettava giochi di luci spettrali sul corpo che avvolgeva. Appoggiato sulla spalla destra, il lato sinistro del drappo veniva lasciato scendere lungo la schiena. Il bavero rigido, tirato opportunamente in alto, come a creare uno scudo, nascondeva alla vista gran parte del volto. 
Per quanto potesse essere un personaggio singolare, più del resto, un'unico particolare lo rendeva tale: gli occhi. Non aveva occhi molto grandi, di quelli che si notavano subito perchè vivaci ed allegri. I suoi, erano sottili, perennemente socchiusi in un limbo di disinteresse verso il mondo circostante. Guardavano, ma era come se non stessero realmente vedendo, passavano attraverso i muri, le case, interi paesi. Registravano, freddi, analitici, ma erano persi in altre epoche, qualcosa di lontano e magnifico e felice e... Passato. L'esterno dell'iride di un viola intenso e compatto, sfumava poi nell'abisso più nero, in quel pozzo senza fondo che era la pupilla. Non v'era nulla, al di là. Nulla che potesse essere mostrato ad altri che non fosse lui stesso, almeno. A volte, quella scatola di giocattoli rotti senza fine si riempiva fino all'orlo, il livello si innalzava ed era possibile notare una piccola scintilla di quel che giaceva appena sopra in superficie.
Diede un'occhiata alla sua vittima per accertarsi che fosse dormiente e, non appena lo ebbe verificato, si diresse con passo elegante verso di lei. Scostò il tendaggio con un gesto veloce del polso, poi si concesse qualche istante per poter osservarla da vicino.
Nulla da dire, dovette ammettere, oggettivamente una bella ragazza. Al notare il viso stranamente familiare, un ondata di fastidio lo percorse da capo a piedi. Se la conosceva, cosa comunque molto improbabile, sembrava proprio non si fosse fatto una buona impressione sul suo conto ed anzi, quel che il suo inconscio pareva riportare a galla non era null'altro se non disgusto o, addirittura, odio.
Lui... Lui non era un essere che faceva spesso quel genere di cose, anzi. Non quel tipo. Raramente si era introdotto in appartamenti altrui, se non i primi tempi, per pura curiosità. Tanto meno, poi, in quelli di ragazze. Mai, mai si sarebbe permesso, mai. Poi la fame aveva iniziato a farsi sentire e non aveva potuto tenerla a bada per molto. Era debole. Debole ed egoista.
Il perfetto vampiro.
Era colpa sua se sua sorella era morta, quella maledetta sera. Lui era sopravvissuto, lui era diventato una creatura della notte. Lui era stato quello fortunato, lui era riuscito a scappare dalla morte. Sua sorella no. Eppure lo sapeva, Levi glielo aveva detto che, allo scadere di quel soggiorno gratuito, uno dei due si sarebbe dovuto sacrificare. Lui aveva temporeggiato, aveva detto si, una soluzione si sarebbe trovata. E di fatto quella era giunta, puntuale e precisa come le lancette di un orologio, il giorno in cui gli era stato comunicato lo scadere del tempo: si sarebbe offerto lui, pur di non lasciar morire l'altra. Sua sorella che era così giovane e così piena di vita, non meritava di essere punita per una decisione, uno sbaglio che aveva compiuto lui anni addietro. Ma no, lei si era intromessa, incapunita come suo solito, l'aveva fermato, era andata al suo posto senza dargli tempo di ragionare. Poi l'oblio, il dolore, il risveglio. 
Avrebbe dovuto esserci lei al suo posto, sicuramente sarebbe stata più indicata. Maledisse nuovamente il giorno in cui aveva accettato la proposta di quell'uomo, maledisse nuovamente se stesso. Ora però, per come si erano sviluppati i fatti, andava bene così,  gli era restituito quello che si meritava. Non avrebbe mai e poi mai permesso che lei diventasse un'assassina, mille volte meglio bruciare per l'eternità fra le fiamme del suo personale inferno in terra.
Chinò il viso verso la donna poco distante, il respiro bollente si infranse sul suo viso, pochi centimetri da quel collo caldo. Sarebbe bastato un morso, un solo morso. Riusciva a percepire il pulsare del sangue che strisciava all'interno della vena giugulare, appena sotto la mandibola.
 
"Lacie  non puoi restare lì tutto il giorno"
La ragazza gli lanciò uno dei suoi peggiori sguardi rossi e inquisitori. 
"Scommettiamo?"
Non sopportava minimamente quando suo fratello faceva così. O meglio, quando faceva la voce, quella voce che aveva usato proprio adesso. Un misto di esasperato, condiscendente e rassegnato, tutto inserito nel tono pacato e spesso incolore che usava abitualmente, neanche stesse trattando con una bambina di due anni. Per questo si era arrampicata sopra l'albero più grande dei giardini, per ripicca. Gli stava raccontando dell'ultimo libro che aveva letto e lui? Non l'ascoltava minimamente, continuava a mugugnare frasi sconnesse e senza senso, perso in chissà quali pensieri. Va bene, era un tipo di poche parole, ma discrezione e disinteresse erano due cose differenti. Lacie non era la pazienza nè la discrezione in persona, per cui c'era voluto davvero poco perchè puntasse i piedi e gli urlasse, senza troppi giri di parole, che era un ingrato. Aveva ben piazzato il bel romanzo sulla testa dell'altro e poi era corsa via.
Sentì un sospiro leggero arrivarle alle orecchie: proveniva da pochi metri sotto di lei.
"Va bene, scusa" cedette il ragazzo mentre si punzecchiava la base del naso.
Lacie lo guardò con una certa diffidenza, inarcando le sopracciglia fine.
"Ma se neanche sai per cosa ti stai scusando" lo accusò.
"Scusa se prima non ti stavo ascoltando, prometto che se scendi da quel ramo presterò attenzione" concluse sempre calmo. 
Omise il fatto che non si era trovato precedentemente interessato perchè perso nel pensare a tutte le responsabilità di cui si sarebbe dovuto far carico una volta divenuto successore del suo maestro, Levi. Perchè, si, quell'uomo li aveva accolti in casa propria, sebbene fossero orfani e sebbene uno di loro due fosse una bambina della sfortuna, figlia del diavolo, ma voleva pur sempre qualcosa in cambio. E quel qualcosa era proprio lui, un'erede. Peccato che non avesse ben chiaro il come avrebbe fatto a diventarlo.
La ragazza scese con un balzo felino dal tronco su cui si era rifugiata ed al povero fratello per poco non venne un'infarto, preoccupato nonostante fossero ormai diventate abituali le bravate della mora. 
"Allora, non avevo un libro da raccontare?" disse Lacie, l'angolo destro della bocca ebbe un guizzo verso l'alto.
Anche Oswald accennò un sorriso, mentre si incamminava verso la villa pronto ad affrontare il mare di racconti che stava per travolgerlo.
 
❦❦❦
Se non altro, il nostro secondo personaggio si attiene alle regole fondamentali per essere una creatura della notte. Nessuno specchio lo riflette ("il vetro che non poteva rimandare indietro la sua immagine"), abiti neri e carnagione spettrale ("il colorito reso ancor più pallido"), una storia tragica alle spalle ("lui era riuscito a scappare, sua sorella no"), occhi profondi ed imperscrutabili ("l'esterno dell'iride di un viola intenso e compatto, sfumava poi nell'abisso più nero"). Ebbene, per testuali parole, il perfetto vampiro. Ma, ovviamente, nulla è così facile come sembra e le cose stanno per complicarsi ulteriormente.
Troppo tempo ha passato perduto nei propri ricordi, è ora di svegliarsi.
❦❦❦
 
Un piccolo spostamento d'aria in più e il respiro si spezzò. 
La giovane donna cercò con tutte le sue forze di sprofondare nuovamente nell'incoscienza, ma c'era qualcosa, la solita vocetta, che sussurrava di svegliarsi. Decise di assecondarla, decise di assecondare la paranoia, solo per controllare, confermare che non ci fosse assolutamente nulla da vedere per poter tornare a sfruttare quelle poche ore di sonno che gli restavano. Schiuse lentamente le palpebre. Solo un capriccio, una paura infondata, poi sarebbe tornata a dormire. Ne era così convinta che quasi non svenne quando si ritrovò davanti due ametiste brillanti, le stesse che aveva sorpreso poche ore prima a nascondersi tra le pieghe della tenda.
"Ma  lei è... !?"
Non capiva, il suo cervello si spense, black out totale.
Agì d'impulso, allungò la mano verso il mobiletto alla sua destra e quando la presa si strinse sull'oggetto metallico, lo scagliò con tutta la forza che aveva in corpo sulla nuca dell'aggressore. Questo rimase stordito per qualche istante e diede la possibilità di sguisciare fuori dal suo letto e posizionarsi qualche metro dietro l'uomo. Sapeva di non essere pazza, se lo sentiva. C'era davvero qualcuno che la stava spiando. 
Colui che gli stava davanti si voltò nella sua direzione.  Qualunque essere umano sarebbe svenuto ad un colpo forte come quello, ma lui era ancora in piedi e sembrava non essersi fatto granchè. Aspettò che il suo volto fosse completamente visibile prima di trarre conclusioni affrettate ma quello che aveva davanti assomigliava spaventosamente a...
Il Conte Glen
Perchè diamine il Conte Glen Baskerville in persona si trovava nelle sue stanze, per di più, così vicino al suo collo?! Un attimo... Cosa?! 
Tirò su un sorriso sghembo mentre chinava la testa per nasconderlo, una risata le riscosse le viscere. Mh, visto che già c'era, meglio sfruttare la situazione al meglio. Le risparmiava la fatica di andare a cercarlo.
"Ma che incantevole sorpresa Conte" iniziò, strascicando l'ultima parola della frase come se l'accento fosse marcato sulla "e". 
Gli occhi affilati come quelli di un gatto che punta la preda, ma no,vuole giocarci ancora un po' prima di farlo cadere in trappola. Il sorriso andò ad allargarsi, gli angoli della bocca tirata e stretta raggrinziti. 
Fece avanzare la punta del piede destro, con lentezza, poggiò poi il tallone. Replicò le stesse azioni col sinistro, fin quando non compì sei passi precisi. Avrebbe potuto benissimo coprire la distanza che li separava con quelle poche falcate, ma aveva preferito aggirarsi attorno a lui in un percorso circolare. Ora si trovava solo a qualche centimetro di vantaggio rispetto a prima.
"Qual buon vento?" scandì con lentezza, quasi volesse assaggiare le parole mentre la lingua entrava in contatto col palato.
Intendeva gustare ogni secondo di quell'inaspettata sorpresa.
L'altro, dal canto suo, non aveva avuto il tempo di riprendersi. Era una cosa che non si sarebbe nemmeno lontanamente immaginato, l'essere preso con le mani nel sacco a quel modo. Certo, era già capitato che i ricordi lo assalissero nei momenti più impensati, ma mai avrebbe pensato di compiere un errore tanto fatale. Sentir pronunciare il suo nome da quelle spesse labbra rosse gli provocò un moto di stizza interiore ma, mentre una parte della sua mente era occupata a rabbrividire, l'altra non potè non domandarsi come facesse quella donna a conoscere addirittura il suo intero titolo nobiliare. Tutto lasciava presagire che si fossero già incontrati, ma come, dove, quando, in quale circostanza? 
Fece per voltarsi verso la finestra e sparire nel buio della notte. Chiunque fosse quella donna, non lo metteva certo a suo agio. La normalità sarebbe stata quella di cominciare ad urlare, inveire contro un intruso  dall'apparenza pericoloso che si aggirava furtivo nella propria camera da letto. Lei era perfettamente distaccata da quella versione, sembrava quasi si stesse divertendo. 
Solo un individuo deviato può reagire in modo così improbabile riflettè.
"Uh ma quanta fretta Oswalduccio, sei appena arrivato" lo bloccò.
La testa della creatura scattò indietro come una molla. Oswald, l'aveva chiamato. Lo conosceva davvero. Sapeva. Passò lo sguardo sulla  figura snella della donna, passando in rassegna i tratti del viso alla ricerca di un qualche indizio significativo. Di colpo, s'irrigidì. 
Lunga chioma cremisi, ondulata sulle punte, all'altezza dei fianchi; piccolo naso sottile dalla struttura lineare e dritta; sopracciglia fine, tinte di un colore poco più scuro rispetto ai capelli, ora arcuate verso il basso; labbra disgustosamente ampie, perennemente dipinte di rosso e quei sottili, affilati occhi grigi da felino. Stessa camminata provocante, ugual tono acuto e petulante. Si chiese come avesse fatto a non riconoscerla prima, a non collegare la scintilla che brillava nel suo sguardo ad un volto fin troppo conosciuto. Forse perchè credeva che fosse ormai morta o, in alternativa, emigrata in paesi lontani assieme alla propria Casata Ducale. Eppure davanti a lui, pochi metri di distanza, Miranda Barma lo osservava ridente. La cacciatrice di vampiri.
Ella lasciò ondeggiare impercettibilmente le pieghe della camicia da notte, raggiunse con estrema lentezza il proprio giaciglio e sedette sul bordo.
"E' da tanto che non ci vediamo..." constatò con fare casuale, lisciando le coperte senza distogliere, tuttavia, l'attenzione dal suo ospite.
Fu un attimo, il tempo di un battito di ciglia, che questa insinuò una mano sotto al letto e ne estrasse una cassapanca in legno. Lasciò scattare le serrature.
"Dammi almeno la possibilità di fare gli onori di casa"
Oswald rimase immobile, l'unico segno di sorpresa palesatosi sul volto fu dato dal leggero dilatarsi delle orbite. Se possibile, la sua carnagione pallida divenne ancor più cereo, la mano che teneva stretto un lembo del mantello ebbe un leggero fremito al notare con orrore che l'oggetto sfoderato dalla Barma era, almeno all'apparenza, un'imponente scure di ferro.
Lei se la poggiò in grembo, distolse per la prima volta lo sguardo da quella che riteneva la sua vittima e incominciò a tracciare i contorni dell'arma seguendone il profilo tagliente. 
"Ti piace?" domandò probabilmente retorica "L'ho conservata per un'occasione speciale, sai? Tutti questi anni, tutti questi anni persi nel dare la caccia a esseri di così poco calibro. Sono stati tanti davvero, mi hanno tenuta occupata e, pensa, dato persino filo da torcere, quel che bastava perchè non mi annoiassi"
Una pausa, intrappolò distrattamente la lama tra pollice e indice.
"Eppure c'era qualcosa che mi mancava, per quanti paletti utilizzassi, nessuno poteva prendere il posto dell'ascia, non so se mi spiego.  Così ho cominciato la ricerca. E già, non è stato facile, devo dire che sei stato bravo a nasconderti, ma ops..."
Un'altra pausa, questa volta più breve. Spalancò gli occhi in un'espressione incredula e poggiò una mano sulla propria guancia come a rafforzare il concetto.
"...Ti ho trovato mio bel Conte ed ora più niente potrà impedirmi di farti mio!"
L'aria venne tagliata, si udì un urlo.



















*Prima che  mi dimentichi,è presente una citazione di Bram Stoker verso le prime righe.

A(l)n(y)golino:Buondì^^Sopra qualunque cosa, chiedo veniaaaa!So che ho una raccolta in corso(pardonnnn),so che ci sono molte storielle su Oswalduccio e che questa è una demenzialata(?) ma...Dai,ditelo che ci avete pensato anche voi!No?Nemmeno una volta?Beh,ci state riflettendo ora,ammettetelo.Immortalità,carnagione cadaverica,espressione imperscrutabile,occhi profondi,casa lugubre,decapitazione e vestiti neri:è un'insegna che ti grida<< VAMPIRE >>Hahaha,non so davvero come è uscita fuori questa roba.L'altro giorno ho beccato Twilight su sky e mi è venuta voglia di vedere film su veri vampiri-tanto love ai Cullen ma Drack è Drack.Così ho riesumato delle casette vecchie quanto solo dio lo sa di mia madre e ta-dan!ho trovato Dracula.Per farvela breve,ad un certo punto mia sorella se ne esce con un"Uhm,strano che questo vampiro non suona il piano,lo fanno tutti!" e io,completamente a caso"Secondo te perchè Oswald lo suon--OMG FERMI TUTTI!IDEA GENIALE!"E...Si,non vi interessa la storiella però scialla,è finita e ci siamo levati il dente.Ammetto che all'inzio volevo mettere Lottie al posto di Miranda,dato che la seconda mi urta abbastanza,poi però...Era più divertente con lei>:)E poi me la immagino tipo che parla alla Smaug di Lo Hobbit.Insomma,grazie a tutti per aver letto,apprezzerei molto se deste un morsino alla pagina delle recensioni.Va bene,la finisco con queste battute squallide che non fanno ridere.Ed il riso,si sa,fa buon sangue.Non sto scherzando,sono sana come un pesce,buon sangue non mente.Ok ok questa ha fatto male.Persino Oswald ne sarebbe distrutto,come dire,a pezzi.Portatemi una barella
Scusate per eventuali errori e le freddure;-;
AlnyFMillen
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Dracula e Frankestein giocano a carte,chi vince?Dracula.Perchè?Ma perchè bara!
Ho capito,sparisco XD
   
 
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