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Autore: Gwenlynn    28/04/2009    1 recensioni
In ospedale dopo una missione, Temari riflette sul rapporto che la lega ai suoi fratelli. Un rapporto insolito, mai scontato... e segnato dagli errori che tutti e tre hanno commesso.
"Mi basta lo sguardo omicida che mi lancia Kankuro quando Gaara non vede, o l’espressione scocciata di quest’ultimo, per capire cosa vorrebbero comunicarmi. [...]Non siamo grandi parlatori.[...]Ma, in fondo…le parole a noi non sono mai servite."
[Già pubblicata con il nick Cassie_chan]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kankuro, Sabaku no Gaara , Temari
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Rain Over Me

Hey, I wanna crawl out of my skin
Apologize for all my sins
All the things I should have said to you…

Hey, I can't make it go away
Over and over in my brain again
All the things I should have said to you…

Counting stars wishing I was okay
Crashing down was my biggest mistake
I never ever ever meant to hurt you
I only did what I had to
Counting stars again

[Counting Stars – Sugarcult]

Ploc.

Ploc.

Ploc.

Delle gocce di pioggia striano il vetro trasparente della finestra, e io non posso fare a meno di sorridere.

Come una stupida.

Può sembrare strano che a una come me possa piacere la pioggia, eppure è così.

A Suna non piove mai.

No, lì fa sempre un caldo torrido, anche in pieno inverno.

Non che mi dia fastidio, anzi.

Con il tempo volubile che c’è qui a Konoha non riuscirei mai a convivere.

Assolutamente no: un giorno si muore di freddo, quello dopo c’è un sole che spacca le pietre, il successivo piove… non è il mio stile.

Però, malgrado tutto… continua a piacermi, la pioggia.

Non so il perché.

È strano, ma…

… ma cosa sto dicendo.

Tanto non mi stanno ascoltando, vero?

Kankuro di sicuro no.

Non credo che potrebbe, neanche se volesse.

Cerco il suo viso con gli occhi: è steso sul letto dell’ospedale di Konoha, avvolto tra le coperte candide.

È privo di sensi da ore, ormai.

Ma Tsunade-sama assicura che non è nulla di grave, che dovrebbe riprendersi presto.

Stupido Kankuro… stupido lui e la sua impulsività.

Mi allontano dalla finestra per avvicinarmi a mio fratello.

Non ha più il solito cappuccio nero sul capo e i capelli scompigliati gli ricadono a ciuffi sugli occhi.

Forse dovrei toglierli da lì.

Ma non lo faccio.

Perché no?

In fondo, quello è mio fratello.

Il mio fratellino, con dei fastidiosissimi ciuffi sugli occhi.

Forse è una sorta di profondo orgoglio, il mio, che mi impedisce di fare un gesto di affetto così banale.

“-Non comportarti così, non sei mica la mamma, tu!-“

Però il trucco che ha sul viso è tutto rovinato.

È buffo, così, con le guance e il naso striate da scomposte linee violacee.

Mi viene quasi da sorridere, ma mi trattengo.

È il fratello del Kazekage, in fondo. E dovrebbe sembrare tutto all’infuori che buffo.

Immergo un panno in una tinozza piena d’acqua che le infermiere hanno usato per lavargli le ferite.

Devo cancellare quei segni, prima che qualcun altro lo veda… e prima che si svegli.

Adesso sì che mi scappa un sorriso.

Mi immagino come potrebbe reagire Kankuro se si svegliasse in quelle condizioni.

Sbraiterebbe di sicuro - ma tanto lui sbraita sempre - e si arrabbierebbe.

E io…

Io lo prenderei in giro, sicuro come l’oro.

E lui si infurierebbe e urlerebbe ancora di più.

Passo il panno umido sul viso di mio fratello, ripulendolo da quell’orrore che è diventato il suo trucco rovinato.

L’acqua cancella i segni.

…come la pioggia.

§

Quindici anni prima, Residenza del Kazekage, Suna.

- Non comportarti così, non sei mica la mamma, tu! -

- Lo so, Kankuro, lo so! Ma la mamma d’ora in poi non ci sarà più, quindi devi abituarti a ricevere gli ordini da me! -

- Non mi importa. C’è sempre papà. -

- Papà è una persona molto importante, e le persone importanti non hanno tempo da perdere con i bambini rompiscatole come te!-

- Non è vero, non è vero! Papà mi vuole bene! Baderà lui a noi! -

- Te l’ho già detto, papà ha cose più importanti da fare che occuparsi di te! -

- Che cosa ne sai, tu? -

- Sono grande, io, capisco le  cose. -

- Non è vero. Non avevi capito che la mamma se ne sarebbe andata. Mi avevi detto che sarebbe tornata subito! -

- L’ho detto solo per farti stare zitto! E comunque la mamma ora non c’è più, quindi devi starmi ad ascoltare, va bene?-

- No.-

- Kankuro! -

- No. Non voglio fare quello che dici tu. -

- Ma devi! Altrimenti chi si prenderà cura di te e Gaara? -

- Non lo so e non mi importa. -

- Non fare il bambino…! -

- …smettila! Tu non sei la mamma e non potrai mai esserlo! -

§

Ecco, così va molto meglio.

Finalmente riesco a riconoscere il volto di mio fratello.

Faccio ricadere lo straccio nella tinozza, creando un piccolo schizzo.

Ops.

Alzo lo sguardo oltre il letto di Kankuro, controllando se l’altro mio fratello è stato svegliato dal rumore. Macché.

Il quinto Kazekage, il nobile Sabaku no Gaara, dorme ancora profondamente sul materasso lì accanto.

Immagino che neanche lui sia stato a sentire i miei sproloqui di poco fa sulla pioggia.

Perché lui dorme, finalmente.

Da quando quelli dell’Akatsuki hanno prelevato la reliquia del Demone Tasso dal suo corpo, sembra molto più tranquillo.

Per fortuna.

§

Otto anni prima, Residenza del Kazekage, Suna.

- Gaara, mi stavo preoccupando! Che ci fai sul tetto a quest’ora? -

- …niente -

- Dovresti venire dentro, sai? È tardi e poi rischi di prendere freddo. -

- …non mi interessa. -

- …se vuoi, Kankuro ed io avevamo intenzione di giocare a qualcosa prima di andare a dormire. Vuoi venire anche tu?-

- No. -

- Ma perché no, Gaara? Vedrai che ci divertiamo. -

- Non è vero. -

- Ma cosa stai dicendo? -

- Noi non ci divertiremo. Ho capito che mi odiate, sai? -

- Non… non è assolutamente vero, sei nostro fratello e…! -

- Vedo con che sguardo mi guarda Kankuro. E vedo anche come mi guardi tu, Temari. -

- Gaara, non dire sciocchezze, scendiamo di qui, rischi di farti male e… -

- Qui l’unica che rischia sei tu.-

- G-Gaara…-

- Smettila. -

- M-ma… -

- Ti ho detto di smetterla. -

- L-la mamma non v-vorrebbe che…-

- Smettila! La mamma è morta per colpa mia, quindi finiscila di comportarti come se fossi lei! –

§

Ricordo alla perfezione quando era sotto l’influsso di Shukaku.

A quei tempi non lo avrei osato neppure sfiorare, altro che il ciuffo sugli occhi di Kankuro.

Ma ora è cambiato.

È il Kazekage, ora.

È diventato quello che mai nessuno si sarebbe aspettato.

La persona più importante di Suna.

Non più per la paura che suscita negli altri, ma per la protezione che offre al villaggio.

Lo osservo ancora. Certo che è piccolino.

Malgrado abbia ormai quindici anni, a me sembrerà sempre un bambino.

È minuto, mingherlino.

Non mi stupisco che, in passato, molti avversari ci abbiano rimesso le penne per averlo sottovalutato.

Certo che è tutto l’opposto di Kankuro.

Fisicamente, Gaara è la metà.

Non che Kankuro sia grasso o cose del genere, ma è, come dire…

…Kankuro è grande.

Credo che questa sia la parola giusta per descriverlo.

È sempre stato alto, anche più di me, che sono la maggiore.

Strano.

Gaara e io siamo minuti entrambi.

Non sembra neanche nostro fratello.

§

Sette ore prima, Foresta di Konoha.

- Maledizione, sono troppi, troppi! -

- Lo sappiamo benissimo, sorella, grazie per avercelo ricordato! -

I ninja nemici spuntavano da tutte le parti. Dovevano aver ricevuto una soffiata, qualcuno doveva aver detto loro che il Kazekage si stava recando a Konoha, senza scorta. O meglio, che la sua unica scorta era costituita da Kankuro e me.

- Kamaitachi no Jutsu! –

Dall’aria smossa dal mio ventaglio si creò un ciclone che spazzò via buona parte dei nemici più vicini, mentre alla mia destra Kankuro con le sue marionette si sbarazzava di un paio che stavano cercando di arrivare a noi. Gaara era  pochi metri più in là, impegnato a combattere contro tre nemici alla volta.

Lo guardai di sfuggita e mi lasciai scappare un’imprecazione.

Come immaginavo: ancora non riusciva a battersi al cento per cento, dopo l’estrazione forzata di Shukaku.

Lo stavo guardando, senza accorgermi dello shinobi che aveva appena scagliato un kunai in direzione della mia schiena.

Un rumore sinistro mi arrivò alle spalle, facendomi voltare di scatto: tra me e il nemico c’era una grande figura scura con una lama infilzata all’altezza del petto. Subito riconobbi Kuroari, la marionetta di mio fratello.

Istintivamente mi voltai verso Kankuro, che aveva ancora il braccio teso in avanti nella mia direzione, mentre con le dita dell’altra mano comandava Karasu contro altri ninja avversari. Sul viso aveva il solito sorrisetto compiaciuto, che si spense nel giro di un secondo quando cadde a terra sotto i miei occhi. Nella sua schiena erano conficcati un paio di kunai… identici a quello che sarebbe stato destinato a me.

Reggere il corpo esamine del proprio fratello minore tra le braccia è un’esperienza che non auguro a nessuno. E avere la consapevolezza che se si trova in quella stato la colpa è solo tua e della tua distrazione, allora è, se possibile, ancora peggio.

- Kankuro! Idiota, rispondimi! –

Le mie urla rimbombavano per tutta la foresta, ormai costellata dai cadaveri dei nemici.

Dietro di me sentii i passi di Gaara.

- Come sta?- domandò, con voce un po’ affannata.

Io strinsi i denti per soffocare almeno un poco l’accenno di pianto.

- Non lo so. Ma respira.-

Gaara si chinò per controllare meglio lo stato di Kankuro e io non riuscii a fare a meno di tenergli gli occhi puntati addosso, pronta a cogliere ogni minimo segno di sofferenza, fatica o dolore.

- Tu stai bene, Gaara? – chiesi, con più apprensione di quanto avrei voluto.

Lui mi rivolse il suo sguardo insondabile e annuì.

- Hai eliminato i nemici praticamente da solo, non sei stanco? -

Gaara fece passare il braccio destro di Kankuro attorno alle proprie spalle e lo sollevò da terra.

- Kankuro è ferito. È meglio se lo portiamo alla svelta a Konoha. – disse.

Io annuii alla svelta, dandomi della stupida. Come potevo preoccuparmi di Gaara mentre era Kankuro quello in pericolo di vita?

Passai il braccio sotto la spalla sinistra di Kankuro e feci cenno a Gaara che ero pronta a partire.

Mentre sfrecciavamo tra gli alberi, mi tranquillizzai un poco. Sentire il cuore di Kankuro che pulsava debolmente sotto al mio braccio mi infuse la speranza che forse non sarebbe morto lì, in mezzo a quel bosco straniero, lontano da casa… ucciso per colpa mia.

Non lo avrei certo permesso, in ogni caso.

- Gaara… -

Mio fratello voltò appena il capo verso di me.

- Tu… sei sicuro di stare bene? -

Lui si lasciò scappare un breve sospiro, il massimo d’esasperazione che riuscisse a dimostrare.

- Hai… hai eliminato tutti i nemici da solo! – esclamai, per giustificare la mia improvvisa uscita da sorella maggiore protettiva.

- A dodici anni ne avrei uccisi il doppio senza avere nemmeno il fiatone. – mi fece notare lui - E all’epoca non ti saresti preoccupata tanto della mia condizione. -

Mentre pronunciava quest’ultima frase, la sua voce si abbassò, fino a spegnersi in un silenzio vagamente imbarazzato.

Che un tempo non mi sarei preoccupata per lui era vero, pensai con rammarico.

Anzi… l’unica cosa di cui mi preoccupavo all’epoca era starmene a debita distanza quando Gaara perdeva il controllo.

Rialzai lo sguardo su mio fratello, ma lui non mi guardava più.

Forse era pentito delle parole che gli erano sfuggite di bocca.

- Gaara… - ripresi io, dopo un sospiro profondo - Tu, prima… durante l’attacco, sembravi arrabbiato. -

Lui sembrò rifletterci sopra, quindi annuì.

- Lo ero. -

Rimasi leggermente sorpresa: di solito Gaara non mostrava mai alcun sentimento, soprattutto sul campo di battaglia.

- E perché? -

- Perché mi stavano attaccando, no? -

- Non intendevo quello… Il punto è che… dopo che Kankuro è caduto, avevi un’espressione… è perché lo hanno ferito, vero?-

Gli occhi di Gaara ebbero un fremito e, per un istante, temetti che Shukaku avrebbe preso il controllo della sua mente, come spesso accadeva fino a pochi anni prima.

- G… Gaara…? –

Mio fratello alzò le iridi verdeacqua su di me, con un’espressione sfinita e malinconica.

- Credevo che fosse morto. -

§

Però c’è anche da dire che per certi versi siamo tutti e tre simili.

Siamo testardi.

Determinati.

Odiamo chi ci dice cosa fare.

E non ci facciamo mettere i piedi in testa da nessuno.

§

Un mese prima, Residenza del Kazekage, Suna.

- Sicuro di stare bene? – domandai per l’ennesima volta, quella sera.

Gaara, che sedeva accanto a me sul suo letto, non mi degnò nemmeno di uno sguardo, come se la domanda non fosse rivolta a lui.

Kankuro, che stava in piedi di fronte a noi, perse quel briciolo di pazienza che gli rimaneva e alzò gli occhi al cielo. 

- Temari, te lo ha detto un milione di volte: sta bene! -

Gli rivolsi un’occhiata irritata.

- Zitto tu, Kankuro! Non ho chiesto a te! -

- Se dovete urlare andata da un’altra parte. – ci ammonì con tono piatto Gaara.

- Dillo a lei! - mi incolpò subito Kankuro, puntandomi contro un dito ammonitore.

- Piantala! - esclamai al suo indirizzo, quindi abbassai il tono di voce e mi rivolsi a Gaara.

- Scusa, Gaara. Hai ragione tu. -

Un silenzio teso piombò tra di noi. Poi, come al solito, fu Kankuro a riprendere il discorso.

- Allora… questa è la tua prima sera senza Shukaku trai piedi, eh, fratellino? -

- Kankuro! - lo rimproverai io, arrabbiata. Come poteva tanta mancanza di tatto essere concentrata in un’unica persona?

Gaara, invece, sembrò non farci caso.

- E’ strano, sapete?-

- Che cosa? - domandammo in coro Kankuro ed io, per poi guardarci in cagnesco.

- Kankuro, ma non capisci mai nulla! - sbottai - Intende non avere Shukaku dentro, no?-

- Già…- Gaara tornò muto come poco prima, perso nei suoi pensieri.

- Quindi stanotte potrai dormire? - si incuriosì Kankuro.

- Tecnicamente dovrebbe… - mi misi a ragionare sulle possibili conseguenze della mancanza di Shukaku sul fragile organismo di mio fratello, ma senza venire a capo di nulla.

Gaara non rispose, anche perché immaginai che non lo sapesse neanche lui.

- Be’, tu intanto provaci, no? - suggerì Kankuro, come se un po’ di buona volontà potesse mettere fine ai problemi del mondo.

Io feci un sorriso di incoraggiamento a Gaara e mi alzai dal letto.

- Adesso noi andiamo, così puoi provare a dormire, ok? -

- Ci vediamo domani mattina, Kazekage! – salutò Kankuro, varcando la porta.

- Buonanotte, Gaara.-

Mentre stavo per varcare la soglia al seguito di Kankuro, sentii la mano fredda di Gaara afferrarmi il polso.

- …aspettate. - soffiò, in un sussurro, come se non fosse sicuro nemmeno lui della propria volontà.

- Temari, non vieni? - domandò Kankuro, facendo capolino dalla porta. Poi si accorse del gesto di nostro fratello minore.

– Cosa c’è? -

- Qualche problema? – mi preoccupai subito io, chinandomi su Gaara.

Lui apparve confuso e iniziò a balbettare. – N-no…solo… restate con me. -

Kankuro rimase interdetto sulla porta, mentre io portai rapida una mano sulla fronte di Gaara, alla ricerca di qualunque segno di febbre.

- Gaara, sei sicuro di stare bene? -

- Sì. Per favore, per questa notte… restate con me.-

Il suo tono era quasi implorante. Io e Kankuro ci guardammo, basiti, quindi tornammo a osservare nostro fratello.

Con le labbra strette, gli occhi verdeacqua spalancati e l’aria imbarazzata, Gaara per un istante sembrò il bambino che non era mai potuto essere.

- Io…non penso di potermi addormentare, da solo. – spiegò, come se si sentisse in dovere di motivare la sua richiesta.

Prima che io facessi in tempo a riprendermi dalla sorpresa, Kankuro fece un paio di passi avanti e si lasciò cadere su una sedia nella stanza.

- Va bene, Gaara. Come vuoi tu. Resteremo qui finché non ti addormenti- disse, come se fosse la cosa più naturale del mondo… anzi, magari lo era pure, ma non certo nella nostra famiglia. Poi Kankuro mi guardò, in attesa del mio parere.

Per un attimo temetti che sarei scoppiata a piangere per la commozione. Però ricordai di essere una kunoichi della Sabbia e, inoltre, la sorella del Kazekage. Quindi ricacciai indietro le lacrime e sorrisi a Gaara.

- Certo. In fondo siamo qui per questo, no? -

§

-…Temari?-

Gaara si è appena svegliato.

- Sono qui, Gaara. Come stai? -

Si tira a sedere sul lettino.

- …bene. Kankuro? -

Lancio un’occhiata a nostro fratello.

- Credo che si riprenderà presto. Tsunade-sama passerà fra un’oretta a controllare. -

Annuisce.

Sul suo volto sempre impassibile cerco di leggere il suo stato d’animo.

Sollevato.

Sì, Gaara mi pare decisamente sollevato.

È piuttosto difficile a dirsi, ma io ormai lo conosco da tempo.

Fin da bambino, capire cosa gli passava per la testa era un mistero.

Aggiungendo a questo tratto del suo carattere l’influenza del demone Shukaku sulla sua personalità, Gaara era praticamente un’incontrollabile bomba ad orologeria.

…pronta ad esplodere da un momento all’altro.

§

Sette anni prima, Residenza del Kazekage, Suna.

- Gaara! Gaara, calmati! -

La creatura davanti a me sbatte rumorosamente la coda di sabbia.

La creatura, sì… perché quello non è mio fratello.

- Temari, che cosa facciamo, cosa facciamo?! -

Questa è la voce di mio fratello. Una voce impaurita, disperata, singhiozzante… ma anche terribilmente umana. Non come quella cosa lì.

- Stai calmo, Kankuro. Calmo. Papà arriverà a momenti. -

- Ma papà…! -

- Stai calmo, ho detto! – rispondo, brusca.

Sento la mano di mio fratello tra le mie che inizia a tremare. Ecco, sono riuscita a farlo piangere.

Io, non il demone-tasso. Io.

Ma ora il mio problema è un altro.

- Gaara, ti prego, torna in te! -

Lui, anzi, quella cosa che si è impossessata di lui si volta verso di me.

- Decifra il suo volto, decifra, decifra… - mi ripeto sottovoce.

È così che ho sempre fatto, per prevenire gli scatti di rabbia di mio fratello.

Ma questa volta non c’è nulla da decifrare.

Il viso di Gaara è dispiegato in un sorriso maligno.

Quello non è mio fratello!, urla una voce nella mia testa.

Dalla base della sua schiena scende un enorme ammasso di sabbia.

Quello non è mio fratello!

L’unica coda di Shukaku si abatte violentemente contro i mobili e le pareti, mandando in frantumi le finestre.

Quello non è mio fratello!

E i suoi occhi… non avevo mai compreso così chiaramente il suo sguardo, prima d’ora.

Lui vuole la morte.

La morte mia e di Kankuro.

§

-…mmm…-

Un mugugno dall’altro lato della stanza richiama la mia attenzione.

- …Kankuro? Ti sei svegliato? -

Quello mugugna ancora, distorcendo il viso e provando a issarsi sui gomiti.

- Non dovresti alzarti di già, sei… -

Troppo tardi.

Il mio adorabile fratellino caccia alcune delle imprecazioni più colorite che gli abbia mai sentito sbraitare, prima di lasciarsi ricadere sul fianco.

- Che male cane! - urla, stringendo i denti.

E io, inevitabilmente, senza riuscire a trattenermi, sorrido.

- Che ridi, Temari? Tuo fratello è qui in agonia e tu…-

- …non sei per nulla in agonia, scemo. – ribatto io, sorvolando sullo spavento che mi ero presa vendendolo esanime tra le mie braccia. 

- …ma stai zitta. Aiutami ad alzarmi, almeno.-

Lo squadro con sguardo di rimprovero.

-…per favore. - sbotta trai denti alla fine.

Con uno sbuffo ironico, mi avvicino a Kankuro e gli passo un braccio dietro alle spalle.

- Ce la fai? -

- Certo che ce la faccio, strega! -

Riesce a mettersi in piedi, massaggiandosi la schiena ferita.

- Sei ingrassato ancora, Kankuro? - domando sorridendo, sedendomi accanto a Gaara sul suo letto.

Nessuno può darmi della strega e passare impunito.

- Io.non.sono.grasso! - sbraita lui, lanciandomi uno sguardo di fuoco.

Lo so perfettamente.

Ma è il suo punto debole, quello in cui si tocca il suo orgoglio.

E io ne approfitto sempre.

- La finite, voi due? - ci ammonisce con tono piatto Gaara, stufo di sentire me ridacchiare e Kankuro urlare come un matto.

- Scusami, Gaara. - mi affretto a dire io.

- E con me non ti scusi?! - questo è Kankuro.

- Dovrei? - ribatto divertita.

È così bello vedere che sta bene… che stiamo tutti bene.

- Finitela! - per la seconda volta, il nostro fratellino più piccolo ci mette a tacere.

Restiamo in silenzio.

Non abbiamo mai avuto molto bisogno di parlare, noi tre.

Mi basta lo sguardo omicida che mi lancia Kankuro quando Gaara non vede, o l’espressione scocciata di quest’ultimo, per capire cosa vorrebbero comunicarmi.

Non siamo grandi parlatori.

Solo Kankuro a volte ci prova, ma finisce sempre per dire un mucchio di cavolate.

Questo perché s’impappina da solo.

Non è molto bravo ad esternare i suoi sentimenti.

Nessuno glielo ha mai insegnato. E nemmeno a me. E tanto meno a Gaara, figurarsi.

Ma, in fondo…le parole a noi non sono mai servite.

Ci capiamo bene lo stesso.

§

Il giorno prima, Residenza del Kazekage, Suna.

- Ottima cena, Temari! - esclama soddisfatto Kankuro, poggiando il piatto sul tavolo.

- Sarebbe forse un complimento, questo ?- indago io, guardandolo di sottecchi.

- Prendilo come vuoi. Comunque sei migliorata sul serio. Non è vero, Gaara? -

Il diretto interessato alza lo sguardo. Non gli piace essere preso in mezzo.

- Sì, era buono.- conferma - Per una volta, mi trovo d’accordo con Kankuro.-

Ora sono io, quella soddisfatta.

Mi alzo, raccogliendo tutti i piatti, per portarli in cucina.

- E’ tua, la ricetta? - chiede Kankuro, dalla sala da pranzo.

Rimango interdetta per un istante. Che ci sia arrivato?

Scuoto la testa tra me e me, domandandomi per quale motivo abbia deciso di tirare fuori quella ricetta in un momento del genere, quindi faccio scorrere l’acqua del rubinetto sulle stoviglie sporche.

- No… - ammetto.

- Come immaginavo…- sospira lui.

- Perché? - ora è Gaara a essere curioso - Anche se non è una sua ricetta, non mi sembra che ci sia niente di male.-

Cerco di trattenermi in cucina il più possibile.

Avrei tanto sperato che non se ne accorgesse…

- Non c’è niente di male, infatti…-

La voce di Kankuro è tranquilla.

Be’, anche il cielo prima della tempesta sembra tranquillo, eppure…

Mentre infilo un piatto sull’altro, mi pento totalmente di essermi messa in testa di cucinare quella roba… e di cucinarla ai miei fratelli, soprattutto a Kankuro.

Non voglio affrontarlo.

Non ora.

Non oggi.

Non su questo argomento.

-…Temari?- la voce di Kankuro, lontana, mi risveglia dai miei pensieri.

- …sì? -

- Di chi era, questa ricetta? -

“Era”, non “è”. Ha capito tutto.

Alzo la leva del rubinetto, in modo da ampliare il getto d’acqua.

Così fa più rumore e non dovrò sentire il suo tono di rimprovero.

- Indovina.-

Silenzio.

Dalla sala da pranzo non giunge un rumore.

- Era della mamma. – dice infine Kankuro.

Rimprovero?

Disprezzo?

Disapprovazione?

Tristezza?

Se c’era anche uno solo di questi sentimenti nella sua voce, io non l’ho colto.

Ora sono io a non rispondere.

La sua, in fondo, non è una domanda.

È un’affermazione.

Che stupida sono stata… egoista.

Non ho pensato a come si sarebbe potuto sentire Gaara, che la mamma non l’ha neppure conosciuta.

Non ho pensato neppure a Kankuro, anche se so benissimo  che sente la mancanza di nostra madre, almeno quanto la sento io, se non di più.

Ormai ho finito di lavare i piatti.

Devo andare ad affrontarli.

Appena arrivo in sala da pranzo, i miei due fratelli non stanno parlando.

Mi siedo al mio posto, davanti a Kankuro e affianco a Gaara, a capotavola.

- Temari…-

- Sì, Gaara? -

- Era…era davvero di… nostra madre? -

Annuisco.

- Quando torniamo dalla missione a Konoha, tu… potresti farla ancora? -

Lo guardo, un po’ sorpresa.

- Certo. -

Ora c’è solo Kankuro da affrontare.

- Kankuro… scusa se… - inizio io, ma lui subito mi interrompe.

- ...quando torniamo fanne anche per me, perché… era davvero buona, Temari. -

§

- Vedo che ora stai meglio, Kankuro - dice Gaara, dopo un po’.

- Già. Quand’è che torniamo a Suna? -

- Non possiamo ancora! – esclamo io – Tu sei ancora convalescente!-

- Uffa!- sbotta - E che ci sto a fare chiuso in ospedale, io?-

- Guarisci - ribatte in tono piatto Gaara - Mentre Temari e io andiamo a sbrigare le faccende burocratiche. -

Kankuro sbuffa ancora.

- E va bene… - dice alla fine, arrendendosi.

- Aspetta, prima di andare ti aiuto a sdraiarti di nuovo… magari se dormi un po’ ti fa bene… - suggerisco io.

- Che noiosa che sei, Temari! – si ferma un attimo, prima di continuare - …sembri quasi mia madre.-

Cerco il suo sguardo, stupita, ma lui evita i miei occhi.

- Allora, Temari? - chiede Gaara - Andiamo? -

Annuisco.

- Ci vediamo dopo, allora, Kankuro. - saluta mio fratello - Vedi di farti trovare in forma, perché ho intenzione di tornare a casa il prima possibile. -

- Contaci! - ribatte quello.

Io seguo Gaara, chiudendomi alle spalle la porta della stanza.

E, prima di uscire, lancio un’ultimo sguardo alle finestre striate dalle gocce di pioggia.

La pioggia è in grado di lavare via tutto.

Ricordi, memorie, avvenimenti… e anche i sensi di colpa.

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Un tributo ai fratelli di Suna, uno dei miei team preferiti, ci voleva.

Avevo già pubblicato questa one-shot sotto il nick di Cassie_chan qualche tempo fa, però l'ho rivista un poco e cambiato alcune parti perchè, diciamocelo, prima era totalmente sconclusionata e non si capiva nulla.

Comunque... spero che vi sia piaciuta!

 

  
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