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Autore: LoryLex    20/08/2016    0 recensioni
Ritorno con un progetto che ritengo abbastanza folle.
Ho deciso di scrivere questa storia basandomi sul mio primo libro letto, che all'epoca, e anche adesso, mi fece sognare come non mai, trasportandomi nei suoi luoghi remoti.
Tratto dal testo:
-Sei... -balbettò Christal. -Sei forse...?
-Un fantasma? No.
-E allora chi sei?-. Le tremava la voce. Aveva dimenticato come ci si rivolgeva agli sconosciuti.
-Hai visto la donna sotto il ghiaccio, vero?
-Come lo sai?
Entrambi avevano fatto una domanda ed entrambi attendevano una risposta.
-Chi sei?- ripetè la ragazza.
Il giovane abbassò lo sguardo e sorrise. Si scostò una ciocca di capelli dalla fronte. -Sasuke- rispose.
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Caroline guardò fuori dalla finestra, nella notte buia. -Sei proprio sicura che questa sia la stanza della mamma?- chiese trasognata. -E' qui che dormiva?-. Si buttò sul letto, sopra il tappeto di foglie, e si raggomitolò.
-Dobbiamo andare- la incalzò Christal. -La troveremo, ne sono sicura. Anch'io voglio rivederla. Ritroveremo nostra madre Hinata, Caroline-.
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Volevo solo dirvi che i figli di Naruto e Hinata in questa storia non esistono, le due loro figlie sono due dei miei Ooc, ma spero che la storia vi piaccia lo stesso, vi aspetto numerosi!
Lorylex;
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sasuke Uchiha, Tsunade | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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Consumati dal Tempo
 
 
 
Capitolo 10;
 
Caroline, seduta nel vecchio salottino, giocherellava con un portauovo d’argento ossidato. Christal si sedette all’altro capo del tavolo.
Il salottino si era conservato meglio della sua camera. Era soltanto un po’ impolverato e in disordine. I mobili erano usurati dal tempo, ma nel complesso la stanza dava l’impressione di essere vissuta.
Un bel fuoco ardeva nel camino.
-Tutto lì quello che mangi?- chiese Christal.
Caroline scrollò le spalle. –Beh, tu non hai mangiato ancora niente- disse. Il suo abito era tutto macchiato, rappezzato e sdrucito come il suo.
-E’ buffo come si finisca per scambiarsi sempre le stesse battute, non trovi?- osservò la corvina.
-Già- rispose Caroline. –Eppure sembra che qualcosa stia cambiando. Non pare anche a te che i giorni non siano più tutti uguali?
Sua sorella si sporse in avanti e bisbigliò: -Ci sono tornata di nuovo… in quel posto nel passato. Adesso so che cosa fare. So chi è il fantasma nel lago.
-Chi è?
-Sakura- rivelò Christal in un sussurro. –La moglie di Sasuke. E il fantasma della ragazzina in corridoio è sua sorella Aoi, la mia migliore amica.
Christal non ebbe il tempo di aggiungere altro, perché Chiyo entrò nella stanza reggendo il vassoio con il pane tostato e le tazze di porcellana bianche decorata di rose azzurre.
Tsunade le raggiunse subito dopo la colazione, senza lasciare loro il tempo di parlare. Cominciarono subito la lezione di latino ma, del tutto inaspettatamente, comparve Naruto che propose a Christal di accompagnarlo a fare una passeggiata.
La ragazza arrossì. E la stessa Tsunade sembrò turbata.
Chiyo andò a prendere il cappotto e il cappello di Christal. Naruto aveva un aspetto diverso dal solito. Si era lavato e cambiato d’abito. In preda ad un profondo senso di colpa, la ragazza cercò di valutare lo stato d’animo del padre. Soltanto il giorno prima lui le aveva teso una mano e lei, in cambio, lo aveva tradito.
Naruto sembrava più stanco che arrabbiato.
Mentre attraversavano il prato, le fece notare lo scintillio dell’erba ghiacciata e la bellezza di Venere che risplendeva in cielo.
Quando Christal vide che si stavano dirigendo verso il lago, rallentò il passo, nel timore di quello che avrebbero potuto vedere, ma Naruto le fece cenno di proseguire.
Il lago era una distesa bianca e gelata.
Padre e figlia si fermarono a guardarlo. Naruto aveva un’aria assorta e Christal sentiva freddo. Strofinò le mani una contro l’altra. L’aria frizzante le pizzicava le guance.
-Lo hai visto di nuovo- disse infine Naruto. –Disobbedendo ai miei ordini.
-Chi? Non ho visto nessuno- ribatté prontamente sua figlia.
-Christal, non mentire a tuo padre.
La ragazza non sapeva cosa dire. Non sapeva di chi fidarsi, né cosa credere. Voleva bene a suo padre, ma ripensò al profumo di caprifoglio e di rose, all’aria estiva e alle rondini. Rivide la sua stanza impolverata e gli abiti lasciati a marcire. Se Sasuke diceva la verità, era suo padre il responsabile di quella situazione.
-Non credo ad una parola di quello che dice Sasuke- affermò. –Le sue sono tutte assurdità.
Non era un granché come bugiarda, aveva le guance in fiamme.
-Christal,- continuò suo padre –sei stata nell’altro posto.
-Non è vero!
-Christal!-. Adesso era arrabbiato. –Cosa devo fare con te? Rinchiuderti? Dovrò farlo, se mi costringi!
Christal si morse il labbro.
-Te l’ha detto, vero? Del velo di oscurità sopra Hokage’s House e della nostra lunga esistenza?
La ragazza annuì.
-Possibile che tu non capisca?- continuò Naruto. –Non ci sei ancora arrivata? Ongi volta che tu ti muovi da un posto all’altro, le cose cominciano a sgretolarsi. All’inizio in maniera impercettibile, per poi peggiorare sempre più rapidamente, finché tutto sarà distrutto. Così funziona il mio incantesimo, Christal. L’ho realizzato grazie ai miei poteri e al mio ingegno. E ogni volta che tu attraversi le barriere da un luogo all’altro, metti in moto un processo di distruzione. Lo sento nelle ossa. Sasuke ha già causato un bel danno con le sue continue intromissioni e peregrinazioni. E adesso ti ci metti anche tu… Di questo passo l’intera casa finirà per crollare, rendendoci di nuovo visibili agli altri e vulnerabili. Io voglio proteggerti, Christal, ma tu sembri determinata ad aiutare Sasuke e a distruggerci tutti quanti!
La ragazza si sentì venire le lacrime agli occhi, ma si sforzò di ricacciarle indietro, tenendo lo sguardo fisso a terra.
-Non lo sapevo- mormorò. Ma in realtà aveva intuito qualcosa. Il tempo stava intaccando Hokage’s House. Tutti i piccoli cambiamenti, la polvere, le ragnatele e lo stato di disfacimento generale della casa non erano altro che il risultato di cent’anni di abbandono. Ora l’incantesimo cominciava a dissolversi, Christal poteva vedere per la prima volta come stavano le cose veramente. Il velo che aveva davanti agli occhi era finalmente caduto. Che cosa stava accadendo agli altri giorni indicati da Sasuke? Si sgretolavano anche quelli sempre più a ogni sua incursione?
-Sasuke ha detto che io ho ereditato i tuoi poteri- aggiunse con un filo di voce. –E’ vero?
-Credo di si, Christal, visto che hai il potere di vedere anche fuori dal tuo tempo- rispose suo padre in tono pacato. –E i fantasmi che vedi sono echi degli anni passati. Tu puoi vedere attraverso le barriere dei giorni.
-Voglio scoprire che cos’è successo alla mamma. Voglio trovarla. E non ho intenzione di rimanere rinchiusa qui dentro per sempre!- esclamò. –Voglio vedere l’estate e la luce del sole. Chi può nuocerci adesso, dopo cento anni? Qualsiasi cosa sia successa, le persone del mondo esterno avranno dimenticato tutto! Perché non vuoi dirmi chi siamo?
-Non è solo dagli eventi passati che dobbiamo proteggerci- disse suo padre. –Ci nascondiamo perché siamo diversi. Pensavo che avremmo potuto condurre un’esistenza normale, ma mi sbagliavo. Viviamo troppo a lungo, e questo cambia tutto. La nostra differenza è causa di disgrazie. Perciò, per il bene degli altri, dobbiamo vivere segregati. Proprio perché siamo diversi.
Poi Naruto voltò le spalle al lago e padre e figlia si incamminarono verso casa, costeggiando la gigantesca siepe che cingeva il prato. Scuro in volto, l’uomo colpiva le foglie secche e i ramoscelli scheletrici con il suo bastone nero. Christal gli camminava di fianco in silenzio, non osando fargli altre domande, sforzandosi di soffocare il senso di ingiustizia che la opprimeva. Una volta che ebbero raggiunto la porta di casa, suo padre le rivolse di nuovo la parole :-Non andare- disse. –Pensa a tua sorella. Non vuoi proteggerla?
Christal annuì. Era troppo turbata per parlare, così precedette suo padre ed entrò in cucina, dove Chiyo stava preparando il pane. Naruto si inoltrò nell’oscurità della casa, lasciando Christal in preda alla confusione più totale. Come aveva potuto insinuarle il dubbio di aver messo in pericolo sua sorella? Certo, lui era suo padre e Christal gli voleva bene, ma era irritata e rattristata dal suo atteggiamento. Si abbracciò stretta, come se così facendo potesse tenere insieme il mondo, e fissò, senza vederlo, il muro della cucina.
Chiyo le mise davanti una tazza di cioccolata.
-Grazie- disse meccanicamente la ragazza.
-Che begli orecchini!- esclamò la donna. –Non te li avevo mai visti addosso prima d’ora.
-Credo che andrò in camera mia- rispose bruscamente Christal, prendendo la tazza. –Sono stanca.
Chiuse a chiave la porta della sua stanza e tirò fuori il libro rosso dal nascondiglio. Si sedette alla scrivania e, aprendo i cassetti, scoprì un mucchietto di vecchie lettere e di taccuini, ricoperti di muffa e ormai quasi completamente illeggibili. Estrasse il suo diario, a cui aveva affidato le sue storie e le sue poesie. Era stato un piacevole passatempo ma adesso, rileggendo quei testi, le sembrò che non avessero alcun senso. Così lo rimise al suo posto.
Recuperò la penna, la intinse nell’inchiostro, fece un respiro profondo e aprì il libro rosso. Sulla prima pagina scrisse:
Christal Uzumaki
Hokage’s House
E aggiunse l’anno: !890.
Poi passò alla pagina successiva e scrisse il numero del capitolo. Quello non sarebbe un altro diario, ma un romanzo. Sasuke le aveva detto di scrivere la sua versione di Hokage’s House, il che significava riscrivere quella storia durata cent’anni e tutto ciò che era successo nella vecchia casa. Stavolta però, ci sarebbe stato il lieto fine.
Da dove cominciare? Christal non ebbe alcun dubbio e scrisse: Una donna sotto il ghiaccio.
Poi si fermò e guardò fuori dalla finestra. Era sicura di sapere quello che stava facendo? Poteva fidarsi di Sasuke? A dire il vero, non si fidava di lui. Ma su una cosa quell’uomo aveva sicuramente ragione: lei e Caroline erano sepolte vive e quell’esistenza infinita senza la speranza del più piccolo cambiamento era intollerabile. Naruto aveva costretto l’intera famiglia a vivere per sempre in una lunga notte piena di polvere, freddo e gelo. E non era forse un atto di estrema crudeltà quello?
Christal mordicchiò l’estremità della penna. Per essere completo, il libro aveva bisogno di illustrazioni. Avrebbe dovuto coinvolgere Caroline, se voleva che il suo incantesimo funzionasse. Doveva trovare il modo di convincerla a disegnare per lei.
La candela diffondeva una pozza di luce gialla sulla scrivania, sulle sue mani, sulla sua faccia. Aveva solo un’ora a disposizione. Riprese a scrivere.
Un fantasma. Christal poteva vedere i fantasmi…
 
 
Dopo pranzo Tsunade portò le due sorelle a fare una passeggiata. Si diressero verso il lago e camminarono lungo la riva. Christal era immersa nei suoi pensieri, concentrata sul seguito del suo libro. Perfino Caroline era insolitamente tranquilla. L’oscurità era opprimente. Il freddo insopportabile. Il luccichio del lago ghiacciato al chiaro di luna aveva perso il suo fascino.
Al rientro, Tsunade andò a parlare con Naruto.
Chiyo attizzò il fuoco nel camino e si mise a preparare delle torte di marmellata. Era particolarmente briosa e cercava di rallegrare le ragazze con le sue chiacchiere.
Christal si domandò quanti anni potesse avere. Anche lei era una loro parente, come anche Tsunade. Se Sasuke aveva ragione, anche lei poteva vivere per centinaia di anni. Christal sapeva però che non poteva chiederle aiuto: per quanto la governante le volesse molto bene, era assolutamente devota a Naruto e avrebbe obbedito ciecamente ai suoi ordini. Evidentemente, al contrario di Christal, Chiyo e Tsunade nutrivano una profonda fiducia nel loro padrone.
Christal tornò nella sua stanza ma, nel chiudere la porta, si accorse che mancava la chiave. La sua scrivania era tutta sottosopra, ma per fortuna il libro rosso era al sicuro nel nascondiglio sotto il letto.
Christal era infuriata, non sorpresa. Presubilmente, Tsunade o suo padre erano venuti a fregare nella sua stanza.
La ragazza tirò le tende e guardò fuori, verso i campi oltre il giardino. Per un attimo sentì venire meno la forza  e la determinazione ad andare avanti.
Scrutando nell’oscurità, si sentì sopraffatta da un senso di sconforto. Non sapeva che cosa fare. I problemi da affrontare le sembrarono terribilmente complessi e difficili da superare. Una parte di lei voleva raggomitolarsi sotto le coperte e rimettersi a dormire, ritornare alle infinite ripetizioni del sogno, perduto, di quell’unico, interminabile, giorno. Ma era troppo tardi, ormai aveva spezzato l’incantesimo e, come la principessa nella favola della Bella addormentata nel bosco, si era finalmente svegliata. Sasuke aveva abbattuto la barriera di rovi e l’aveva raggiunta nella torre.
Premette il viso contro il vetro freddo della finestra. Non aveva altra scelta che andare avanti. Doveva continuare a scrivere il libro, e Caroline, che aveva una mano più abile della sua, avrebbe fatto i disegni.
Christal chiuse la porta e la bloccò con il tappeto, per impedire l’ingresso ai ficcanaso. Estrasse il libro rosso dal suo nascondiglio e lo aprì alla pagina che aveva appena cominciato. Era difficile riprendere a scrivere. Mordicchiò l’estremità della penna, pensando a tutto quello che ancora le restava da scoprire per poter finire il libro. Per ricostruire l’intera storia avrebbe dovuto fare un altro viaggio nel passato, ancora più lungo dei precedenti. Intinse il pennino nell’inchiostro e cominciò a scrivere della festa di compleanno in una giornata estiva e dell’incontro con Sasuke e Sakura sull’isola. La scrittura catturò tutta la sua attenzione, assorbendola completamente.
Ad un tratto la porta si spalancò di colpo, sollevando il tappeto. Prima che Christal avesse il tempo di reagire, si sentì afferrare alla base del collo. Una stretta forte e decisa la immobilizzava come in una morsa.
-Che cosa stai facendo?- sibilò Tsunade.
La ragazza sentì l’alito dell’istitutrice all’altezza della guancia, un curioso misto di stantio e menta piperita.
-Non è stato abbastanza chiaro tuo padre, piccola disobbediente? Quando imparerai a rigare dritto? Hai proprio intenzione di condurci tutti alla rovina, eh?
L’istitutrice era livida di rabbia e il suo viso era contratto in una smorfia. Digrignando i denti, costrinse Christal a mettersi in piedi e la trascinò fuori dalla stanza, lungo il corridoio.
La ragazza strillò e si dimenò, cercando di opporre resistenza. –Caroline! Aiuto! Caroline! Lasciatemi andare!
Scalciò più che poteva, sollevando nuvole di polvere. Tsunade adesso la teneva stretta per i polsi; malgrado la sua figura esile, aveva una forza irresistibile.
-Caroline!- chiamò ancora Christal. –Papà! Basta! Lasciami andare!-. Mentre urlava, credette di sentire una porta aprirsi alle sue spalle. Si sforzò di guardarsi intorno, ma nessuno venne ad aiutarla.
Tsunade, insensibile alle sue suppliche, la trascinò su per un’altra rampa di scale, poi attraverso una porta nella parete rivestita di pannelli, per proseguire infine lungo una stretta scalinata che conduceva in soffitta. Dopodiché la gettò in una stanzetta buia e sbatté la porta.
Christal sentì una chiave girare nella toppa e lo sferragliare di due chiavistelli, uno in alto e uno in basso. Il rumore dei passi di Tsunade si affievolì man mano che scendeva lentamente giù per la scaletta.
Christal si sedette sul pavimento di legno grezzo per alcuni minuti, a riprendere fiato. Si asciugò le lacrime passandosi una manica sugli occhi. Era sconvolta. Come poteva esserle accaduta una cosa simile? Era prigioniera! Si torse le mani, mentre calde lacrime continuavano a rigarle il viso. E adesso cosa sarebbe successo?
I minuti passarono. La corvina si aspettava di veder spuntare Tsunade o suo padre da un momento all’altro. Si rifiutava di credere che l’avrebbero lasciata rinchiusa a lungo, anche se suo padre l’aveva avvertita e lei gli aveva disobbedito.
Ma il tempo passava senza che nessuno si facesse vivo. Christal tenne gli occhi fissi sulla porta, in attesa di essere liberata.
Esasperata, balzò in piedi e prese a tempestare la porta di pugni.
-Aiuto!- gridò. –Fatemi uscire!
Il frastuono riecheggiò in tutta la casa, ma nessuno venne a liberarla.
In preda all’indignazione, strattonò violentemente la maniglia e sferrò un paio di calci alla porta. I colpi sordi dei suoi stivali contro il legno massiccio servirono a ben poco.
Poi la rabbia sfumò, sostituita da un crescente senso di impotenza. Christal  si lasciò cadere in ginocchio e nascose il volto tra le mani.
Era passata forse un’ora, difficile dirlo con precisione, e nessuno era venuto in suo soccorso. Christal si mise a sedere e si guardò attentamente intorno.
Una volta quello doveva essere stato l’alloggio della servitù. Due lettini, occupati da un mucchio di scatoloni, erano allineati lungo la parete. La stanzetta era completamente priva di luce, fatta eccezione per due anguste finestrelle che lasciavano filtrare un riverbero di chiaro di luna.
L’ambiente era stipato di cassette di legno ammassate alla rinfusa. Probabilmente, dopo la partenza della servitù, era stato trasformato in uno sgabuzzino.
Christal si alzò in piedi e cercò invano di aprire la porta.
Le finestre erano piccole e chiuse da due sbarre di metallo: impossibile pensare di usarle come via di fuga. E poi, in ogni caso, erano troppo alte. Inoltre la porta era sprangata con due chiavistelli. Una prigione perfetta.
Tolse gli scatoloni da uno dei letti e si accoccolò sul pagliericcio duro. Faceva molto freddo. Dalle finestre entravano spifferi gelidi e si sentivano i topi raspare il pavimento.
La ragazza mise le mani dentro alle maniche per cercare di scardarsele un po’. Che cosa ne avrebbe fatto Tsunade del libro rosso? Probabilmente lo avrebbe portato direttamente  a Naruto e lui lo avrebbe gettato nel fuoco, togliendole l’unica possibilità di fuggire da quella lunga notte invernale. E lei sarebbe rimasta intrappolata per sempre in quel posto, senza poter vedere la luce del sole e il passare delle stagioni.
Ricominciò a piangere, a piccoli singhiozzi, le lacrime salate che le rigavano le guance. Voleva stare al caldo. Voleva che sua madre la stringesse tra le braccia e la riempisse di baci. Ripensò al picnic sull’erba e alla piccola Christal che correva incontro a sua madre per farsi coccolare. Richiamò alla mente il profumo del caprifoglio e il canto dell’usignolo.
Lentamente si abbandonò alla dolcezza di quelle immagini e scivolò in un sogno gelido, rannicchiata sullo scomodo lettuccio.




Angolo Lory:

Ciao a tutti miei cari, ecco a voi il capitolo 10!!
Purtroppo non ho molto tempo e quindi non posso scrivere chissà che cosa in questo angolo autrice, per cui spero soltanto che il capitolo vi sia piaciuto, inoltre l'undicesimo è già sotto le mie mani ^^
Un bacio enorme a tutti voi e un grazie infinito a quelli che continuano a seguirmi <3
Alla prossima!!!

 
   
 
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