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Autore: Mirtillirossi    20/08/2016    0 recensioni
Non so dire, con precisione, a che età mi accorsi che noi non eravamo come gli altri. Forse l'ho sempre saputo.
Sapevo che tutti guardavano mamma e papà in modo quasi reverenziale, e sapevo che noi facevamo cose diverse dagl' altri ragazzi: Sia io che i miei fratelli siamo stati istruiti a casa, da mamma. Inoltre, ogni giorno, da marzo a ottobre i bambini del villaggio giocavano nei prati. A me e mio fratello non era permesso giovare con gli altri se con noi non c'era Arliss, la nostra sorella maggiore. Mamma e papà avevano paura che non ci comportassimo bene, che non custodissimo il segreto.
***
Vennero prima che facesse giorno.
Ancora non lo sapevamo, ma da li a poche ore non saremmo stati più gli stessi. le nostre vite sarebbero cambiate per sempre, nel bene e nel male.
Rimasii solo nella mia stanza e dopo qualche minuto cominciai a sentirla piena di vuoto, che mi schiacciava.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! quest storia nasce in un momento di profonda solitudine interiore, in cui mi sono sentita di dover riversare il mio dolore in qualcosa di creativo. I protagonisti sono lati del mio carattere, o persone care alle quali mi sono ispirata. spero che vi piaccia. gradirei davvero un recensione, anche breve, anche severa. Per il momento posso solo dirvi che la situazione del primo capitolo verrà molto presto interrotta. aspetterò almeno una recensione per aggiornare. 

un bacio ! 

 

 

 

Non so dire, con precisione, a che età mi accorsi che noi non eravamo come gli altri. Forse l'ho sempre saputo.  

Sapevo che tutti guardavano mamma e papà in modo quasi reverenziale, e sapevo che noi facevamo cose diverse dagl' altri ragazzi: Sia io che i miei fratelli siamo stati istruiti a casa, da mamma. Inoltre, ogni giorno, da marzo a ottobre i bambini del villaggio giocavano nei prati. A me e mio fratello non era permesso giovare con gli altri  se con noi non c'era Arliss, la nostra sorella maggiore. Mamma e papà avevano paura che non ci comportassimo bene, che non custodissimo il segreto. A noi però era permesso giocare fuori anche da ottobre a marzo, agl altri bambini no: I loro genitori temevano che si ammalassero; noi non ci eravamo mai ammalati. Quindi giocavamo soli. Ma non ne eravamo scontenti, al contrario: Negl ultimi giorni d'estate io e mio fratello kail non stavamo mai nella pelle. Era davvero difficile fingere con gli altri di essere tristi per l'arrivo Dell inverno: Quando eravamo soli, potevamo fare i tuffi dalla scogliera, correre veloce e arrampicarci sugl alberi più alti. soprattutto, non serviva che Arliss fosse con noi costantemente. Si rintanava a leggere da qualche parte, qualche libro noioso da persona noiosa, e noi ci facevamo i fatti nostri. Non eravamo diversi solo in questo: Agl' adulti non piacciono mai i bambini. Ma per noi sembrava essere diverso:  ci regalavano sempre dolci, ogni volta che entravamo in un negozio o in una casa.  

Anche agl altri bambini piacevamo. Ma il peso costante di doverci in qualche modo trattenere, e nascondere le nostre capacità ci impediva di legarci con loro a fondo.  

Fu nella primavera dei miei quattordici anni che iniziai a capire davvero chi ero. Successe che qualcuno mi pose le domande giuste, di quelle che non riesci a dimenticare e che ti tormentano e assillano finche non trovi risposta. Di quelle che non ti fanno dormire, perche sai che se saprai rispondere scoprirai davvero chi sei. E poi, inevitabilmente, quel qualcuno diventa importante, perche ti ha rivelato a te stesso. Fu il mio primo vero amico. 

Qui in Irlanda, la primavera arriva di notte, e il mattino seguente i prati sono fioriti, della neve non c'è traccia e tutti sono più allegri. Quasi come se il gelido inverno non ci fosse mai stato.  

Era giusto il primo giorno di primavera quando conobbi, Hugo.  

Ero nel bosco dietro alle stalle di mr finnigan.  Era mattina presto, mi ero arrampicato su un albero in alto per vedere sorgere il sole. Arliss e Kailiam avevano troppo sonno, quel giorno, per venire con me. Non riuscivo a  trovare un ramo abbastanza basso da non essere pericoloso che mi offrisse una buona vista. Mi guardai intorno, e pensai che In fondo, non correvo alcun pericolo perché a quell ora del mattino, nessuno mi avrebbe visto, stavano ancora tutti dormendo, al villaggio. Decisi di salire un paio di metri, tanto anche jeson, il ragazzo grosso che abitava infondo alla strada, diceva di essere stato su un albero di sette metri. Ovvio che non fosse vero, ma che importava? Non mi avrebbe comunque visto nessuno. I sette metri diventarono otto e poi nove e infine undici. Forse era perfino meglio, cosi in alto avrebbero potuto scambiarmi per un uccello.  

Non era la prima volta che vedevo sorgere il sole, ma ricordo ancora l'emozione e e la pace avvolgere il mio cuore mentre il calore del sole avvolgeva il mio corpo gracile di ragazzino.  

Le cose della natura mi hanno sempre fatto uno strano effetto: Mi ricaricano, mi danno sicurezza. Scesi dall albero con aria  sognante e iniziai a camminare allegro, mentre già mi pregustavo la soddisfazione di sbattere in faccia a quei pigroni dei miei fratelli la magnificenza a cui avevo assistito. Naturalmente avrei detto loro che il sole non era mai stato cosi rosso, e il cielo cosi rosa, e che gli animali erano ammutoliti, il mare impetuoso con onde altre almeno cinque metri.  

Il sorriso ebete mi si gelò sul volto: Davanti a me, stava un ragazzino rosso, avrà avuto circa la mia età. Non lo avevo mai visto prima, quindi non era del villaggio. Aveva il naso a punta, all insù, era più basso di me e aveva molte più lentiggini (quasi quasi sembravano lentiggini gli sprazzi di pelle normale) gli occhi marroni erano sgranati, la sua bocca formava una perfetta 'O' . La testa era reclinata verso sinistra e le braccia cadevano inerti lungo i fianchi.  

A distanza di tempo, parlandone, la trovammo entrambi una situazione estremamente comica, ma in quel frangente Ero troppo occupato a non farmi prendere dal panico. Volevo esordire con un discorso intelligente che dimostrasse che il mio passaggio di li era casuale, almeno quanto il suo, e che assolutamente doveva aver visto male, chi mai potrebbe saltare da un albero di undici metri e non farsi male? Si doveva essere sbagliato. Qualcosa, insomma, come "non sono stato io". 

Ma il ragazzo mi precedette, prese un gran respiro e urlò a pieni polmoni:  

 "FAN TAS TI CO" rimasi immobile, spiazzato 

"come DIAAAAVOLO ci sei riuscito?" Continuò.  

Davanti all suo entusiasmo, la voglia di negare svaniva poco a poco.  

Mi chiese, senza letteralmente prendere fiato, come mi chiamassi, quanti anni avevo. Lui si chiamava Hugo ed era felice di fare la mia conoscenza. Ma si sentiva sciocco, CHI non sarebbe stato felice di fare la mia conoscenza. Potevo insegnarli? No vero? Peccato, se lo immaginava, però potevo provare a portarlo con me! Nel villaggio erano tutti cosi? Non vedeva di conoscere gli altri! C'era qualcuno che sputava fuoco? Lui aveva sempre desiderato sputare fuoco!  

A quel punto, venni assalito dal panico: Realizzai che qiel mucchietto di pelle e Ossa era la più grade minaccia che mi fossi mai trovato ad affrontare: Mi ero fatto scoprire, rivelato.  Anche se dentro di me tremavo di paura, gonfiai il petto e mi ersi in tutta la mia (patetica) altezza di quattordicenne. Pensai a quanto fa paura mia sorella quando si arrabbia e cercai di imitarla: Strinsi gli occhi, ma li fissai dritti nei suoi, e dissi tra i denti: "Io sono Micheal. 14." Iniziai ad avazare verso di lui: Mi stava simpatico, ma dovevo riuscire a terrorizzarlo: "Nessuno lo sa e  Nessuno deve sapere. Non devi dire niente di quello che hai visto ad anima viva" 

Non sembrava affatto intimorito. Mentre pensavo che avrei dovuto affinare la tecnica provai a cambiare approccio: "io... In cambio ti porterò sull albero con me la prossima volta. Anzi, tutte le volte che vuoi ma devi giurarmi, GIURARMI che non ne farai parola con nessuno." 

Mi fissò prima entusiasta e poi deluso e rispose "quindi nessuno sputa fuoco?" . 

Gli dirti appuntamento il giorno seguente alla stessa ora nello stesso posto, e gli raccontai di mamma e papà, che erano le persone piu buone del mondo e di Arliss che sapeva convincere le persone ed era amata da tutti per la sua dolcezza, e che alle volte quando si arrabbiava era davvero terrificante. Gli dissi di kailiam, il mio fratellino e compagno di malefatte e gli mostrai i rifugi che avevamo costruito sottoterra e sugl' alberi. Aspettai di capire che Hugo era molto più pazzo di Kail, per rivelargli il suo bizzarro rapporto con gli animali. Fu li, nel rispondere alle sue domande mi resi conto della diversità mia e della mia famiglia e soprattutto della nostra unicità. Iniziai a chiedermi da dove venissero le nostre capacità. Se erano gli altri, ad esserne privi oppure noi ad avere un dono. Soprattutto, mi chiedevo PERCHÉ e perché, e se, fossimo soli.  

Hugo mi disse che si era appena trasferito, Aveva cinque fratelli maggiori che lo prendevano in giro. mi disse che non vedeva bene e che sapeva i nomi e le proprietà di tutte le piante, grazie ad un libro che gli aveva lasciato suo nonno. Era povero, mi spiegò, e la sua famiglia si spostava spesso. Con il tempo scoprii che sapeva molto di più che le proprietà delle piante. Sembrava ricordare benissimo ogni dettaglio, o particolare che qualcuno gli dicesse. Era un pozzi di scienza.  

Dissi ai miei genitori che Hugo sapeva il nostro segreto solo dopo aver convinto Arliss e Kail che di lui si potevano fidare. Dopo che mamma e papà conobbero Hugo, si informarono sulla sua famiglia e mi dissero che il padre era solito picchiare i suoi figli. Hugo e io diventammo amici prima, fratelli poi. Anche a Arliss piaceva Hugo, ma io lui e kail eravamo inseparabili. Lo portavamo con noi ovunque il suo corpo gracile gli permettesse. Camminava sempre leggermente storto. Mi confidò che era a causa di una brutta ferita di un cane che lo aveva morso da piccolo. lui ci insegnava un sacco di cose, sulle piante, sui fenomeni atmosferici, su come non prendere botte dai fratelli maggiori. Per fortuna non ne avevo, perché non doveva riuscirgli molto bene la pratica di questa particolare disciplina. Un giorno venne da noi cosi mal ridotto che papà e mamma ebbero una delle loro conversazioni con gli occhi: Mio padre la guardò, adirato. Mamma lo guardò, comprensiva ma ferma. E alla fine papà annuí. Magari stavano solo sgranchendo le sopracciglia ma ricordo di aver avuto l'impressione che per un attimo papà volesse andarne a dirne quattro alla famiglia di Hugo. Mi dispiaceva per lui, davvero. A volte avevo voglia di andare io stesso a picchiare quegli stupidi orsi dei suoi fratelli, gli e le avrei date di santa ragione, se avessi potuto. Ma ovviamente non potevo farlo, il segreto. Fu Arliss, appena quattro giorni dopo, ad esibire un sorriso trionfante e a raccontarci che li aveva "sistemati". Non ci disse Altro, ma conosco mia sorella, e so che se fa qualcosa ci pensa su molto bene. Insomma, sembra dolce e carina, con quegl occhioni azzurri, i capelli morbidi e le labbra rosa, ma é una vera arpia quando ci si mette.  

Hugo mi racconto il giorno dopo, che i suoi fratelli facevano a gara ad essere gentili con lui, e sembravamo improvvisamente tutti innamorati di Arliss.  

 

Da quando conoscemmo Hugo smettemmo di giocare con gli altri bambini. Con lui non serviva nasconderci, e ogni volta che usavamo (ormai quasi senza accorgercene) le nostre capacità al massimo, lui le definiva "STRA OR DI NA RIEE".  Un giorno in cui Arliss si era unita a noi, avevamo fatto la lotta. A quel tempo ancora non ne capivamo il motivo, ma papà diceva che dovevamo sempre allenarci a combattere. Io ero il più veloce, schivavo i colpi molto meglio degl' altri.  Kail ha molta più resistenza, é quasi impossibile indurlo ad arrendersi. E arliss bara. Sempre! Poi ha questa cosa che riesce a confonderti.. non so come faccia, é sempre stata cosi. Di solito se sei abituato a lei (tipo se sei suo fratello e ci vivi insieme da 14 anni) e non la guard negl' occhi riesci a resisterle. A quel tempo, come forza ci Equivalevamo.  Hugo era il giudice ovviamente. Giudice e cronista. Ci Faceva cosi ridere alle volte, che dovevamo fermarci per riprendere fiato, e a noi non capitava mai di rimanere senza fiato. Hugo invece era sempre esausto. Faceva fatica a reggere il nostro ritmo. 

 Un giorno, insomma, come tanti altri, finse di andare a dormire e dopo qualche ora lo andammo a prendere per portarlo fuori con noi nel bosco: Ci teneva particolarmente a vederci cacciare di notte. quando io e Kaily lo riaccompagnammo a casa e entrando dalla finestra, lo mettemmo sul letto era davvero a pezzi e aveva ancora la ridarella. Metà sveglio metà dormiente, con gli occhi già chiusi e la voce ridotta quasi ad un sussurro ci disse che eravamo degl amici PAZZZ ESCHI.  

Era raro che lottassimo (anche se Hugo lo proponeva sempre, tanto non era lui a fare il lavoro sporco) di solito, giocavamo alla guerra o simili: Io e kail eravamo mercenari, o guardie del re, e Hugo era sempre il re. O il figlio del re. A volte entrambi. Sapeva parlare e comportarsi davvero come un nobile. Era cosi credibile che quando finivano di giocare a volte kail si sbagliava e continuava a chiamarlo maestà. Hugo stava al gioco e per sdrammatizzare con lo sguardo altezzoso gli porgeva un mano con un brillante anello invisibile, da baciare, mentre le guance di kail si imporporavano. 

In tutti i nostri giochi alla fine dovevamo sempre fuggire e/o trarre in salvo il re, e ci ritrovavamo a correre a perdifiato giù dalle colline o nel bosco. Io davanti perche ero più veloce, kail appena un metro dietro di me e Hugo a cavalluccio sulla mia schiena, allacciato con le gambe intorno alla mia vita e  con le braccia strette al mio collo, facendomi rischiare il soffocamento ogni qualvolta ci spronava, urlando, ad una fuga più rapida ("piu RA PI DAAAA") e accompagnava l'incitamento, con una entusiasta stritolata del mio esofago.  

   
 
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