Premetto subito che ho appena imparato ad usare l'HTML. Mi vergogno molto ad ammetterlo ma fino a questo momento non risucivo a trovare nvu nel desktop. E imbarazzante, ma è la verità. Ora finalmente posso inserire una storia! Si può dire che è la mia prima ff, le unice due storie che avevo già pubblicato ho preferito cancellarle, in quanto senza html.
Bene, non ho altro da dire, spero che vi piaccia. Ditemi voi se devo cancellarla o continuare. Ad ogni modo, l'ho scritta un po' di tempo fa, e così per la vostra felicità (?) la aggiornerò subito. Sempre se lo desiderate.
Esme
Anne Platt
Ciao. Mi
chiamo Esme e ho sedici anni. Vivo in una fattoria a Columbus con tutta
la mia
famiglia. E me la cavo per essere una ragazzina che vive con una decina
di
fratelli e sorelle. Voglio raccontarvi la mia Storia.
Era
estate, una bellissima mattina. Una di quelle dove preferiresti stare
da sola
all’ombra di un albero a leggere, farti un bagno o uscire di
casa a prendere
fresco. E tutto questo da “sola”. Voglio dire,
senza dover seguire tutto il
giorno quegli scalmanati dei tuoi fratelli e quelle civettuole delle
tue
sorelle. Invece eccomi inchiodata qui, a fissare Albert che cerca di
salire su
un albero.
-Guarda
che cadi stupido!- La solita Ellen. Deve sempre fare la pessimista,
anche
quando non c’è n’è bisogno.
Perché lo sanno tutti chiaramente che Albert sale
sugli alberi da quando era piccolo.
-Mai una
volta che mi auguri buona fortuna.- è vero però,
penso. -Sei l’unica che non si
ricorda quanto io sia bravo! Salgo sugli alberi da quando ero un
bambino
Ellen.- vero anche questo. Oggi le sto indovinando tutte. Poi mi
accorgo che in
realtà conosco i miei fratelli meglio di me stessa.
-Diciamo
pure da quando eri un poppante, eh Albert?- Lo sapevo che Jonathan
doveva dire
qualcosa del genere. E’ il tipo che ha sempre la risposta,
anzi la
“rispostaccia” pronta. E’ simpatico, un
buffone oserei. Ma lui è fatto così,
nemmeno se ne accorge. Ci sono persone che hanno un talento naturale,
diversamente da me che non so fare nulla di speciale. Albert si accorge
della
battuta e salta giù dall’albero, atterrando con un
tonfo proprio davanti alle
mie tre sorelle.
Partono
gridolini, seguiti dai soliti: ma che fai, ma dove hai la testa, ci
potevi fare
male e cose così. Tipico delle mie tre sorelle. Ellen, Anne
e Rosemary. Sono
sempre insieme, e appena possono parlano del giorno in cui si
sposeranno. Hanno
solamente questo nella testa. Mia madre ha già scelto i loro
fidanzati e ha
prontamente fatto loro il corredo. Sono più grandi di me di
un anno e già
badano alla casa. Io personalmente lascio fare a loro, ci tengono a far
vedere
a mia madre quanto sono brave a comportarsi da brave mogliettine. A me
lasciano
il compito di badare al mio fratellino Nicholas, e non mi lamento. Mi
piacciono
tantissimo i bambini infatti quando sarò abbastanza grande
per poter andarmene
da questo posto, mi trasferirò in paese e farò
l’insegnante. Mio padre dice che
sono nata per questo lavoro. Mi ha fatto seguire, senza dirlo a mia
madre un’
istruzione più intensa di quella dei miei fratelli. Qualche
volta scherza dicendo
che sono l’unica capace di sopportare Nicholas. Lui ha sei
anni ed è il bambino
più vivace che abbia mai visto. Nessuno dei miei fratelli
riesce a trattare con
lui, solo io. E poi io stessa mi considero ancora una bambina.
Adesso
vanno via tutti: Albert è alle calcagna di John che
è sempre più lontano da
lui. Anne e Ellen corrono ridendo, Rosemary cammina. Probabilmente non
vuole
rovinarsi il vestito nuovo. Lo guardo attentamente uno ad uno, e mi
chiedo
quale di loro sia più simile a me. Perdo questo pensiero
subito dopo, pensando
che forse nessuno mi somiglia, che i miei strani fratelli siano, come
dire,
unici. Attribuisco a ciascuno le sue manie: alle mie sorelle la
passione per
gli uomini, soprattutto Anne che ha già dei rapporti con il
suo ragazzo in
paese. Non è quello che ha scelto mia madre per lei, ma Anne
è convinta che al
momento saprà lasciarlo perdere. Dubito fortemente di questa
cosa. Mio fratello
John le burle, come avete già capito. Riesce a organizzare
scherzi che fanno
ridere persino Albert. Quest’ ultimo è infatti il
più “serio” della famiglia,
anche se salire sugli alberi non
rappresenta un problema, ne morale ne fisico, per lui. Poi
c’è il
piccolo Nik, che ha una mania per i cappelli. Lo faccio giocare sempre
con
quelli. Infine c’è l’ultimo e
più grande dei miei fratelli...
-Stephan!-
E’ Albert. Mi volto e vedo che lo scenario è
cambiato. John e Albert, che prima
erano sull’orlo di una lite, adesso si danno pacche sulle
spalle e camminano
verso mio fratello Stephan. Le mie sorelle stavolta corrono, tutte
quante e si
sbracciano gridando il suo nome. Che faccio? Vado anch’ io?
Ma sì, in fondo non
è la prima volta che Stephan torna così presto
dal lavoro. Ne fa molti, uno
dietro l’altro, non so se per guadagnare soldi o
perché non ha ancora deciso
quale scegliere. Oggi è venerdì, il giorno in cui
fa il garzone. Di solito
finisce sempre tardi, invece adesso che è mattina presto
è venuto. Mi chiedo
perché. I miei fratelli non se ne curano e corrono verso di
lui a braccia
aperte. Stephan è il più grande della famiglia,
tutti i miei fratelli, comprese
le tre comari lo rispettano e gli vogliono bene. Direi quasi che lo
adorano. Io
non capisco il perché di tanta devozione. E solo
più grande di noi. E’ solo maledettamente
più grande di me. -Esme!- grida Anne. -Esme vieni! Vieni ad
abbracciare nostro
fratello!- Detto questo si attacca a Stephan e mi rivolge un sorriso da
ebete.
Rosemary ed Ellen fanno la stessa cosa, solo che il sorriso non lo
danno a me,
ma a quel bellimbusto a cui stanno appiccicate.
Ellen e
Rosemary vogliono molto bene a Stephan.
Dicono che è impossibile non essere attratte da
lui. Io non credo molto
a questa storia ma Stephan , che nel suo piccolo ha infranto i cuori di
molte
ragazze del paese, esercita il suo fascino con una naturalezza
impressionante.
E’ un ragazzo alto, dal fisico scolpito per vi del lavoro nei
campi, con gli
occhi verdi e i capelli bruni e corti, e una frangia che gli
dà tutta l’aria di
essere ancora un ragazzo spensierato. Non nego che sia bello. Ma la
devozione
che quelle due hanno per lui è insensata.
Sono a
circa tre metri da loro, i miei fratelli che gongolano attorno a
Stephan e lui
che mi guarda. Perché lo fa? Devo distogliere lo sguardo.
Devo farlo. Ci ho
provato molte volte a non fissarlo,
ma è
impossibile. Soprattutto perché
mi piace
tantissimo guardare la gente, vedere tutti i particolari del loro
aspetto. Lo
faccio sempre con tutti, tanto che alcuni amici dei mie genitori mi
considerano
una sfacciata. Non abbasso mai gli occhi. Mai, tranne quando mi fissa
Stephan.
-Esme-
è
lui. Gli sono ormai davanti e tutti i miei fratelli si sono staccati da
lui. Mi
fissa. Mi stanno fissando tutti. Meglio dire qualcosa. Prima che possa
farlo
però Stephan mi rivolge un sorriso:
-Esme! Non vieni a saulutare tuo fratello?- No che non ci vengo, vorrei rispondere. Invece mi esce un confuso “Non ne vedo il motivo” Tutti mi guardano con rimprovero. Abbasso la testa.
Allora? Come vi sembra??? Continuo oppure no? Qualcuno si prodigherà a scrivere una recensione per questo racconto? Oh, ma adesso basta con le domande, quelle dovete farlmele voi.A presto e grazie!
Lucr3z14