“Di pelle calda e sorrisi furtivi”.
L’autunno sta arrivando, e
con esso la voglia di maglioni, foglie ingiallite e lunghe passeggiate.
Arriva anche la voglia,
prepotente, come ogni maledetta sera, quando fuori è gia buio ed il silenzio
sovrasta i rumori ed i dubbi dentro alla mia testa, di vedere quella maledetta lucina verde,
intermittente, sullo schermo del mio cellulare.
Ogni sera pensi che sia
quella buona, ma non lo è mai.
Attendo.
Attendo qualcosa, senza
nemmeno sapere cosa, anzi, senza ricordartelo più: ormai c’ho fatto
l’abitudine.
Ogni volta mi ripeto che è
l’ultima, che non ci cascherò di nuovo, ma, già nel preciso istante in cui
formulo quella promessa, so già che non la manterrò.
Non lo faccio mai.
Perché probabilmente nemmeno
lo voglio, non davvero.
La notte, a letto, penso
sempre che forse sto sbagliando qualcosa.
E questa cosa, francamente,
non mi stupirebbe.
Eppure erano mesi, ormai,
mesi, che sapevo che in quel groviglio melmoso di vita e sentimenti, avevo
perso me stessa.
In lui.
E, sì, forse avevo sbagliato
tutto, come al solito.
Ma, ancora, non potevo dirlo.
Forse, per una volta, il
brusio incessante che avevo in testa avrebbe avuto ragione.
Fisso il posacenere di
terracotta bianca, alla mia destra: sto fumando troppo, decisamente troppo.
Fisso anche il quaderno,
aperto davanti a me, la copertina azzurra, e la mia calligrafia “tutta tonda” a
riempirlo: dovrei studiare.
Sento il cellulare vibrare,
ma lo ignoro: un brivido, ansia e piacere che si mescolano tra loro.
Ascolto, penso, medito, ma
non ma non mi decido mai.
Andrà a finire come al
solito, già lo so: ore a mangiarsi le mani, ansia ed indecisioni, desiderio e
stizza.
Tutto, poi, annullato da un
solo, singolo, semplice sorriso.
Avete presente uno di quei
sorrisi che ti attraversa tutto il corpo, dagli occhi sino alle punte dei
piedi?
Uno di quei sorrisi sbiechi
ma dolcissimi, che passano inosservati a chiunque, ma non a me.
Ecco, uno di quelli.
Già sapevo anche questo,
tanto.
Ormai è tutto abbastanza
prevedibile.
Tranne che la cosa più
importante: ci sarà, questa sera, quella lucina verde?
Non mi pongo domande
ulteriori: già in troppe mi affollano la mente.
Una cosa sola è sicura: mi
manca l’autunno, coi suoi colori, le sue corse dietro al treno, il suo profumo
di pioggia ed i suoi tramonti.
Chiudo il libro che sto
sfogliando, la copertina rossa e nera – sangue ed inchiostro –, con un’ultima domanda in testa: sarà un
autunno diverso, quest’anno?
N.d.A: Il titolo di questo…
delirio… è lo stesso di una nota canzone della PFM, “Storia di un minuto” (1972).