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Autore: MyAceIsMe_    22/08/2016    0 recensioni
[Seventeen]
[ Jeongcheol :3 sorry Jihan shippers]
Sono felice.
No, non lo sei.
Sì, lo sono.
Ti aiuterò.
Perché non capisci, io non sono triste.
Io ti amo.
Finché saremo insieme non sarò mai triste.
Lo sto facendo per te.
Non sono triste, sono felice. Ma adesso non potrò essere più niente, perché mi hai cancellato...
Farei di tutto per te.
Genere: Drammatico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’unica cosa che voglio dire e che questa storia l’avevo scritta nell’era di ‘Mansae’, ma sono riuscita a pubblicarla solo adesso. Scusate se è troppo lunga!

p.s. W  Jeongcheol.

 

Jeongcheol, sì è così . Li shippo troppo :D

 

 

 

 

Era lì, Jeonghan era lì, tra le braccia di Seungcheol.

Si stringeva fortemente al suo ragazzo, mentre si lasciava sopraffare dal pianto.

Era da tanto che non si sfogava…

Seungcheol, non sapeva che fare, sapeva dei problemi dei problemi di Jeonghan , ma cosa poteva fare lui?

Era un semplice ragazzo che andava all’università come tutti gli altri, non aveva una vita perfetta, ma chi ne ha una? Anche lui aveva dei problemi, come tutti d’altronde.

L’unica cosa che poteva fare in quel momento era tranquillizzare Jeonghan  e non lasciarlo solo, aveva bisogno di lui in quel momento…

Aveva bisogno di un po’ di calore, in quel momento.

 


Ma cos’è successo precisamente? Torniamo un po' indietro… torniamo a quella mattina, dove il peggio per Jeonghan finì, ed il peggio per Seungcheol, doveva ancora iniziare…

 

Era una giornata di scuola come tutte le altre, Jeonghan adorava stare a scuola, poteva stare vicino al suo ragazzo tutto il tempo, perché non solo erano nella stessa classe, ma erano anche compagni di banco.

Jeonghan adorava quei piccoli momenti in cui univano le mani sotto al banco, oppure quando Seungcheol insisteva ad offrirgli il suo pranzo , perché riteneva che era troppo magro e doveva mangiare di più di quelle misere barrette integrali che si portava ogni giorno.

 

Seungcheol adorava Jeonghan, anzi, lo amava, avrebbe fatto di tutto per lui. Si sarebbe staccato anche un braccio se questo significasse la sua felicità.

 

Jeonghan non adorava la scuola solo per quei piccoli momenti, Jeonghan adorava la scuola per quei momenti. E basta. La sua felicità convive stretta stretta al fianco di Seungcheol.

 

Ed infatti Jeonghan, odiava casa sua.

Non solo perché al suo fianco Seungcheol non c’era, ma odiava quella casa in generale, e tutti i ricordi che ne susseguono.

La casa” non dovrebbe essere un posto sicuro dove puoi sentirti in famiglia? ... E allora perché la sua casa era ciò da cui doveva scappare per trovare sicurezza tra le braccia del suo fidanzato?

 

Le ore scolastiche erano finite, Jeonghan e Seungcheol erano uno di fianco all’altro pronti per andare a casa di quest’ultimo.

Molto spesso Jeonghan era rimasto da Seungcheol a dormire perché non c’è la faceva ad andare a casa. Ed in questo periodo, praticamente, viveva nel suo appartamento. A Seungcheol non dava fastidio. Anzi.

Jeonghan, più lontano da casa stava, più stava meglio.

 


Ma non si scappa dai problemi, giusto?

 


Il telefono di Jeonghan vibrò facendolo fermare per controllare il messaggio che gli era appena arrivato.

…Era suo padre. Si affrettò ad aprire il messaggio. Era solo un accozzaglia di lettere messe a caso, ed a prima occhiata senza senso.

Le altre persone potevano non capire ciò che c’era scritto, potevano pensare che forse, quello era una lingua segreta che solo padre e figlio potevano capire. Ed in effetti Jeonghan aveva capito quel messaggio, ma non perché era una loro lingua segreta. Era il modo di Jeonghan capire velocemente che suo padre aveva bevuto, di nuovo, e davvero tanto. Così tanto da non poter neanche riuscir a scrivere 4 semplici parole:

Torna a casa, adesso.”

Tsk, il classico. Sempre la stessa frase ogni volta.

 


Non si scappa dai problemi.

 


Nel frattempo Seungcheol, si era accorto della mancanza di Jeonghan dal suo fianco. Si girò, e lo vide lì fermo sul marciapiede, osservando con sguardo poco espressivo il  desktop del suo cellulare. Ed a Seungcheol preoccupava la cosa.

Il suo Jeonghan doveva sorridere, Non gli piaceva vederlo in quello stato.

Gli si parò affianco, mettendogli una mano sulla spalla in conforto, avvicinandolo poi a sé.

“Ch’è successo?” chiese tranquillo.

“Devo ritornare a casa…” rispose arreso, lasciandosi cadere lungo i fianchi le braccia.

Non voleva andare a casa, non ci teneva affatto, ma non poteva farci niente era comunque suo figlio… sinceramente, aveva paura di suo padre, se non fosse tornato a casa cosa sarebbe potuto accadere?

“Sicuro? Non vuoi che ti accompagni? Non ti lascio andare lì da solo.”

“No, stai tranquillo, ce la faccio…Più tardi verrò a casa tua, va bene?”

Seungcheol, non voleva farlo andare a da solo. Sapeva la situazione familiare di Jeonghan, ed è per questo che insisteva sempre chiedendogli di restare a casa sua, se avesse potuto, avrebbe messo Jeonghan in una scatolina per portarselo sempre in giro con se… ma non era una cosa fattibile.

 


Jeonghan non avrebbe accettato la richiesta di Seungcheol, non lo avrebbe fatto preoccupare troppo mostrandogli in che condizioni era la sua vita, era un ragazzo testardo.

Ed orgoglioso, odiava quella parte della sua vita, piena di problemi. Non gl’e l’avrebbe fatta vedere, se ne vergognava da morire, era penoso.

Tutto ciò che voleva, era essere un ragazzo normale… o almeno fingere di esserlo.

Anche se Seungcheol avesse insistito, la situazione non sarebbe cambiata.


“Ok, allora…vai. Ma se succede qualcosa chiamami.”

Jeonghan annuì, prima di dare un bacio sulla guancia al suo ragazzo. Appena in tempo, visto che il pullman che lo avrebbe portato a casa era arrivato.

Salì sul mezzo di trasporto, lasciando Seungcheol lì, a guardarlo andarsene con il suo amore dentro.

 

Inutile dire che era preoccupato.

Era già sul punto di crearsi tutti quei film mentali su cosa sarebbe potuto succedergli, così da farsi preoccupare ancora di più, ma i suoi piani masochisti non ebbero vita lunga.

“Aaah... la vita è proprio piena di problemi. Dico bene, Jihoon?”

“Già. Hai proprio ragione, Hansol.”

Due ragazzi si avvicinarono, affiancandolo.


Li conosceva, erano dei ragazzi molto strani. Giravano spesso in torno alla sua università, non si sapeva chi erano o perché continuavano a gironzolare da quelle parti. Non erano studenti, nessuno li ha mai visti a lezione. Si notavano perché i loro abbigliamenti erano sempre intonati l’uno all’altro, con colori pastello, e di solito abbinandoci anche qualche fascia e cappelli sfarzosi.

La cosa più strana e che Seungcheol e Jeonghan li stavano vedendo più frequentemente del solito.

Una volta erano usciti per un appuntamento al cinema e li videro, seduti un paio di file più dietro di loro, ok poteva anche essere che Seungcheol si stesse facendo delle paranoie non è che lui fosse l’unico che andava al cinema, anche gli altri lo fanno. Ma la stessa cosa successe al parco, al bar, in biblioteca, ovunque. Ogni volta che uscivano se li trovavano in giro. E per Seungcheol non era una coincidenza.


“Cosa volete?” chiese Seungcheol sbottandogli addosso.

“Noi? Hmmm, fammi pensare… no, non vogliamo niente. E tu? Che mi dici non vorresti qualcosa?” rispose il più alto dei due.

“Io vorrei che ve ne andaste. Aspetta, no, me ne vado io.” Cominciò ad avviarsi lasciandosi i due alle spalle.

Non poté, però, fare più di qualche passo che lo stesso ragazzo che aveva parlato prima, gli si pose d’avanti.

“Non te ne andare! Noi, vogliamo solo risolvere i tuoi problemi.” gli annunciò, come se fosse la cosa più normale del mondo.

“Io non ho problemi. Me ne vado.” rispose secco sorpassandolo, per poi ricominciare la sua strada verso casa, quei due tipi lo stavano infastidendo.

Quel ragazzo provò di nuovo a fermarlo, ma il ragazzo più basso che per il momento era rimasto in disparte lo fermò prima che potesse fare niente.

“Hansol, per adesso lascialo andare. Torneremo quando sarà il momento.”

“Ma…io-“

“No. Non è ancora il momento. Adesso andiamocene.” ordinò il ragazzo più basso.

“Ok, Jihoon, come vuoi tu…” si arrese alla fine.

E così come arrivarono, scomparirono.

 

La casa di Jeonghan era a sole tre fermate con il pullman dall’università quindi, infondo non era lontanissima.

Infatti, non ci mise molto a trovarsi davanti al grande palazzo dove abitava.

Entrò nel condominio, ed incominciò a salire le scale molto lentamente. Più saliva e più l’ansia gli riempiva il cuore.

Alla fine si ritrovò davanti alla porta di casa, si fermò davanti ad essa, rimanendo a guardare l’unica superficie che lo divideva da suo padre. Una misera porta verde pastello ormai quasi caduto a pezzi. Una volta era davvero bella, una volta…

Proprio lì, davanti a quella porta verde che adesso Jeonghan stava guardando, lì su quel pavimento che Jeonghan stava calpestando… lì in quel corridoio, tutto è incominciato a crollare, lentamente.

Come poteva non ricordarsi di quel giorno?


 

Era lì di nuovo davanti a quella porta verde, ma Jeonghan sta volta non era da solo, con lui c’erano i suoi genitori.

Suo padre era intento ad aiutare la mamma a reggersi su di lui, mentre percorreva il corridoio che lo avrebbe condotto verso la porta di casa. Sua madre non era stata molto bene, era rimasta in ospedale per molto tempo. Sicuramente era stanca adesso, e tutto ciò che avrebbe voluto fare era riposare. Ed è per questo che Jeonghan aveva preparato una sorpresa per la madre, e aspettava impazientemente davanti alla porta che suo padre si sbrigasse ad aprirla così da mostrare ciò che aveva preparato.

Aveva riordinato tutta la camera da letto dei suoi, preparato una bella cenetta che poi l’avrebbe portata lui stesso su un vassoio alla madre che si riposava sul letto, non voleva farla stancare. L’avrebbe trattata come una regina, perché per Jeonghan sua madre era una regina.

Suo padre non gli aveva detto che cosa avesse sua madre e lui non ha mai chiesto.

In realtà una volta osò chiederlo, ma suo padre gli rispose malamente.

Era ingiusto, aveva il diritto di saperlo, era suo figlio, se sua madre stava male doveva venirne a conoscenza!

Ma anche se suo padre era brusco, era comunque suo padre, e se non gl’e lo voleva dire, doveva rispettare la sua decisione.

 


“Tesoro, dovremmo riportarti all’ospedale. Non credo che sia il caso…” incominciò sussurrando suo padre, che si era fermato nel mezzo del corridoio, reggendo ancora la moglie.

“No, non m’importa. Se dovrò morire, morirò in casa mia e non una maledetta stanza d’ospedale… e poi guarda nostro figlio…” alzò lo sguardo, mentre un lieve sorriso si trapelava dalla sua faccia. “E’ … è così felice! Non lascerò che quel sorriso si spenga… che bel sorriso che ha il nostro Jeonghan…”

“Ti riporto in ospedale.” deciso, il padre di Jeonghan stava già incominciando a fare retromarcia e portare sua moglie fuori dal palazzo, ma la moglie non voleva. Provò disperatamente a far lasciare la presa di suo marito dal suo braccio, sfortunatamente non ci riusciva.

“Lasciami! Voglio restare qui!” incominciò ad agitarsi, e ad urlargli contro.

“Non permetterò di farti del male! Dobbiamo andare in ospedale!”

“Papà! Smettila! La mamma vuole rimanere! Lasciala stare!” Jeonghan, s’accorse di quel che stava accadendo, e ben presto si ritrovò affianco a sua madre cercando di liberarla dalla presa forte del padre.


Alla fine qualcosa riuscì a fare, perché poi suo padre lasciò la presa, ma la lasciò solo per poi piantare la sua mano sulla faccia di Jeonghan.

L’unico rumore presente adesso, in quel corridoio era solo l’echeggiare di quel potente schiaffo, tutti e tre erano completamente spiazzati, non era mai successo…

Istintivamente Jeonghan, si portò una mano sulla guancia colpita, bruciava.

All’improvviso, il riecheggiare dello schiaffo sparì, dando spazio a un altro rumore…quello di un tonfo.

“Tesoro! Svegliati!”


La madre di Jeonghan era stesa per terra, affianco a lei il padre di Jeonghan provava a scuoterla il più possibile per svegliarla. Jeonghan invece, ero ancora sconvolto, guardava la scena che si parava davanti a lui e non capiva. “Ma- mamma?...”

Si riprese dal suo stato di trans, e si avvicino subito a sua madre, che non si muoveva, ma prima che potesse controllare come stava, venne spinto da suo padre per terra ed allontanato così dal corpo di sua madre.

“Sei un figlio inutile! Inutile! E’ tutta colpa tua! Tua e solo tua! Perché sei così egoista?! Perché non potevi farla restare in ospedale?? Perché… perché invece di stare lì fermo non chiami qualcuno?! Ah, giusto, perché sei inutile!” continuava a piangere, e a piangere e Jeonghan non sapeva che fare, anzi… lo sapeva ma non ci riusciva. Che figlio inutile e soprattutto egoista, non dimentichiamocelo.

Pian, piano se n’era convinto.

 


Scrollò questi brutti ricordi dalla testa, non ci voleva pensare, non ci doveva pensare. Non gli faceva bene pensare al passato, doveva andare avanti, avrebbe aperto quella porta senza paura di cadere nel vuoto.

Ormai era lì, non ci si tira in dietro.

Pressò la mano sulla maniglia della porta, facendo aprire la porta che emise un rumore degno dei film di paura. Bè, è un buon inizio.

Entrò dentro piano, con passi incerti, chiuse la porta dietro di sé, anche se avrebbe voluto non toccarla e scapparsene via il più lontano possibile ed andare da Seungcheol, al sicuro.

Ma in quel momento Seungcheol non c’era, e Jeonghan si ritrovava solo, e poco al sicuro.


“Papà, sono a casa…” la sua voce uscì con più sicurezza di quella che si sarebbe aspettato. Si stupì da solo.

La sua sicurezza non durò molto, e se ne andò così com’era arrivata quando sentì un rumore di vetro rotto provenire dall’ultima stanza del corridoio… la camera dei suoi genitori.

Jeonghan non osò fare un passo in più in avanti, si fermò in soggiorno ma non così lontano dalla porta, non si sa mai.

Non c’era bisogno che andasse lui dal padre, sarebbe stato suo padre ad arrivare da lui.

Poteva sentire chiaramente i passi pesanti e traballanti di suo padre avvicinarsi.

Presto se lo trovò davanti, i vestiti erano vecchi e sporchi poteva sentirne la puzza da là, se le persone lo avessero visto per strada lo avrebbero scambiato per un barbone, lui non era così. E Jeonghan sa che è diventato così solo per colpa sua.

In una mano aveva una bottiglia rotta di birra, dev’essere stato quello il rumore che aveva sentito prima.

Era pietrificato, di nuovo non riusciva a fare niente.

Incominciò a muoversi solo per indietreggiare perché suo padre si stava avvicinando.

Si fermò di nuovo, ma non per sua volontà, non di certo, lui avrebbe continuato ad indietreggiare, ma il muro alle sue spalle fermò la sua lenta fuga, facendolo trovare faccia a faccia con suo padre.

L’odore di alcol era pungente e Jeonghan aveva di vomitare.


“Pa-papà, cosa vuoi fare con quella bottiglia rotta…?” quasi in un sussurrò, trovò il coraggio di chiedere quella domanda.

Sua padre ridacchiò prima di allontanarsi un po’ da lui prima di rispondere sarcasticamente.

“Davvero credi che ti ucciderei?”

Stanco si sedette sul divano continuando ad osservare suo figlio.

“Dimmi Jeonghan, quanto ti faccio schifo?” chiese all’improvviso.

“Papà…no-“

“No, Jeonghan, tu niente perché sei unitile”” urlò puntandogli contro la bottiglia rotta.

Passò un po’ prima che si decidesse ad alzarsi dal divano ed avviarsi in cucina finendo di dire ciò che stava cercando di dire prima.

“Quanto ti faccio schifo? No, perché… tu mi fai tanto schifo.”

Quelle parole facevano male, ma se le meritava tutte. Piano lo seguì in cucina standogli sempre abbastanza lontano.

“Ed è per questo che non ti ucciderei. E’ inutile uccidere una persona inutile. In vita o da morto… comunque non fai e non vali niente.” concluse aprendo il frigo per prendersi un’altra birra, buttando in fine quella rotta nella spazzatura.


Ormai quel frigo non era più un frigo, era un rifornimento di birra, e ormai suo padre non era neanche più suo padre, era un contenitore per la birra.

Un paio di lacrime incominciarono a scendergli dalle guance mentre teneva la testa bassa. Non c’è la faceva a guardarlo in faccia.

Lo sentì bersi con calma la sua birra, mentre gli continuava a parlare.


“Non solo ti pago la scuola, ti do i soldi per i tuoi vestitini del cavolo, e tu che fai non torni mai a casa. Perché mi stai usando? Non dovrei essere io quello arrabbiato con te?! Tu hai ucciso mia moglie e tua madre, ma continuo a darti soldi. E tu continui ad andartene… egoista, egoista! Sei solo un figlio egoista, inutile e approfittatore! Ti approfitti di me! Ti stai approfittando di tuo padre!”


Con foga finì di bere la birra, e prima che Jeonghan se ne accorgesse si ritrovò suo padre stringerlo per il colletto.

“Ho un figlio inutile, egoista, approfittatore che mi toglie i soldi da mano e li usa tutti per se, non tornando mai a casa! Sai che ti dico?” chiese.

Ma Jeonghan non riusciva a rispondere perché la stretta di suo padre non gl’e lo permetteva.

“Tu non sei più mio figlio!” finalmente lo lasciò facendolo cadere per terra.

Vide suo padre correre in camera sua prima di uscirsene con svariate banconote.

“Tieni! Prendi anche questi! E non farti mai più vedere in questa casa!” urlò lanciandogli addosso tutti soldi che aveva in mano.

“Prenditi le ultime cose che mi rimangono! E lasciami morire qui, da solo, senza che tu faccia niente per aiutarmi, proprio come hai fatto con tua madre! Vattene e non tornare più…”

“Papà, io davv-“ provò a dire mentre a fatica si alzava da terra.

“Vattene!” urlò una seconda volta il padre, prendendo la prima bottiglia di birra che aveva da terra prima di lanciarla verso la porta.

Jeonghan, era spaventato, confuso, e di nuovo nella sua vita non riuscire a fare nient’altro a parte scappare.

Corse via da quella casa, dai suoi problemi, oltrepassò quella porta verde non voltandosi neanche una volta.

Quell’incontro con il padre gli aveva fatto capire una cosa, che quando le cose incominciano ad andare male, lui scappa sempre, per andare a rifugiandosi nelle calde braccia di Seungcheol.

Ed era proprio da Seungcheol che sarebbe andato adesso.

 

Che figlio inutile…

 


Corse tanto, neanche in educazione fisica ha mai corso così veloce.

Le persone per strada lo guardavano male, ma per una volta a lui non importava, voleva solo andare da Seungcheol.

 

Eccoci ritrovati alla scena iniziale: abbiamo capito perché Jeonghan stava piangendo abbracciato a suo fidanzato. Ed ora credo che sia arrivato il momenti di continuare con la storia…

 

Seungcheol non sapeva come fare in queste situazioni, non era abituato a consolare le persone, ma con Jeonghan, era un’altra cosa. Gli veniva naturale accarezzargli la testa cercando di farlo calmare con belle parole, del tipo: “Andrà tutto bene” o “Stai tranquillo, ci sono qui io adesso.”


Di solito quelle tipo di frasi in situazioni come queste, a Seungcheol, veniva da dirle quasi in modo robotico. Le diceva non perchévoleva, ma perché doveva dirle.

Con Jeonghan diceva queste parole di conforto perché voleva e… forse le diceva anche un po’ perché doveva. Perché doveva riavere il sorriso del suo fidanzato in dietro. Avrebbe fatto di tutto per lui e quando diceva “tutto”, non era un modo di dire.

 

Passò molto tempo, prima che Jeonghan finisse di piangere e principalmente di bagnargli la maglietta, ma Seungcheol era più che felice di fare da fazzoletto per lui.

Fuori la notte si avvicinava e Seungcheol riuscì a calmare abbastanza Jeonghan, così da preparargli un bel tè alla pesca, il quale era il suo preferito e riusciva sempre a calmarlo nei momenti difficili.

Come quando il giorno in cui aveva un esame molto importante a cui s’era preparato tutta la settimana, ma purtroppo Jeonghan era ancora molto teso al riguardo, per fortuna c’era Seungcheol che in quelle mattina gli aveva fatto un bel tè alla pesca. Subito si lasciò trasportare da quel buon sapore.

Anche se a Seungcheol il tè non piaceva per niente, questo però non lo aveva fermato ad avere la dispensa piena di bustine di tè. Ce n’erano di tutti i tipi. Alla pesca, alla mela, al tè verde, al tè nero… ed era rimasto sorpresa quando in negozio trovò perfino quello al cocco. Era titubante a comprarlo, non sapendo se a Jeonghan sarebbe piaciuto, ma dopo averglielo fatto assaggiare, lo adorò.

Si sarebbe riempito tutta la casa di tè, se a Jeonghan avrebbe fatto piacere.

 

Dopo aver dato il tè a Jeonghan, così da farlo rilassare, si sedette sul divano affianco a lui, aspettando che si decidesse a parlare.

“Mi dispiace…” sussurrò.

“Perché dovresti essere dispiaciuto?”

“Perché…perché, sono un fidanzato inutile…?”

“Jeonghan, me lo stai chiedendo o la stai affermando? Perché se me lostai chiedendo tutto ciò che posso fare è dirti che non lo sei. Perché infatti tu NON lo sei! Chi ti ha detto che sei inutile?” chiese un poco alterato cercando di far posare la tazza dalle mani di Jeonghan per prenderle tra le sue.

“Mio padre…”

“Tuo padre è un ubriaco, Jeonghan! Non starlo a sentire, tu non sei inutile.”


“Le persone quando sono ubriache non dicono la verità? Io…i-io non ho fatto niente per lui, sono inutile… sono-“

“No, Jeonghan! Tu non sei inutile e non osare più a dire una cosa del genere.

Dimmi Jeonghan, una persona inutile, riuscirebbe ad essere il mio tutto?

Una persona inutile, riuscirebbe a farmi sorridere solamente al suo pensiero?

Una persona inutile, riuscirebbe a farmi battere il cuore così forte in petto da farmi quasi male, oppure a farmi innamorare sempre di più di lui ogni giorno che passa?

Secondo te, Jeonghan? Una persona inutile riuscirebbe a farlo? Ti rispondo io, no, non riuscirebbe a farlo. Quindi se ti dico che non sei inutile, vuol dire che è la verità.”


Di nuovo gli occhi di Jeonghan si stavano facendo umidi, pronti per piangere di nuovo stavolta lacrime di gioia.

Non aspettò un secondo in più, per fiondarsi sul suo fidanzato per un lungo abbraccio.

“Seungcheol?”

“Sì, Jeonghan?”

“Ti amo. Lo sai, vero?”

“Certo che lo so! Infatti io ti amo di più!”

 


“Seungcheol dove stiamo andando?” chiese Jeonghan, vedendo che Seungcheol l’aveva trascinato fuori dal suo appartamento per portarlo chissà dove di notte.

“Ti vedo ancora abbattuto, ed io quando sono triste ed abbattuto vado sempre nel “mio posto speciale”. E cosa c’è di meglio se non portare nel mio posto speciale la “mia persona speciale” ?”


A quel punto Jeonghan arrossì, e si lasciò trascinare mano nella mano dal suo fidanzato.

Quando Seungcheol si fermò, i due si ritrovarono davanti ad una staccionata di legno, vecchio ed ammuffito.

Fu facile per Seungceol spostare una delle travi di legno marce per permettergli d’entrare.

Quando finalmente Jeonghan entrò, rimase a bocca aperta.

Un vasto giardino, con in mezzo un grande albero possente e robusto pieno di foglie verdi si poneva difronte a lui. Tra le vaste foglie e rami dell’albero si poteva intravedere una vecchia, ma ancora bellissima, casetta sull’albero.

Il grande giardino era collocato dietro ad una villetta che dalla vista era ormai in disusa, ma guardandola anche adesso si riusciva a percepire il fascino che doveva aver avuto una volta.

Anche se l’erba non era stata tagliata da tempo, e c’erano erbacce qua e là, a Jeonghan piaceva. Le cose sono belle anche per i loro difetti.


“Allora? Ti piace?” chiese emozionato ed impaziente di sentire la risposta dell’altro.

“Sì, mi piace… ma che cos’è? Aspetta, rettifico la domanda: Come mai siamo qui? Non è…come dire, contro la legge?”

“Jeonghan, stai tranquillo,” accennò ad un sorrisino schietto prima di arrendersi “…okay, foooooorse, è contro la legge, ma vengo qui da più di 6 anni! E non mi è mai successo niente!”

Incominciò, piano, ad avanzare verso i mattoni della villa accarezzandoli uno ad uno quasi come se fosse marmo pregiato.


“Sai Jeonghan, quando ero più piccolo, abitavo nella casa di fronte, ogni volta che mi affacciavo vedevo questa enorme villa con dei bambini su per giù vero la mia età che giocavano felici con una marea di giocattoli, tutti costosissimi e nuovissimi, che i genitori gli regalavano praticamente ogni giorno. Poi se ne stancavano subito e li buttavano…” un lieve sospiro lo fece fermare, e con calma finì di accarezzare i mattoni per poi guardare finalmente Jeonghan.

“… li buttavano e io li andavo a prendere dalla loro spazzatura, erano così belli! …ma loro li buttavano. E’ inutile dire che ero geloso di quei bambini.

La mia casa non aveva un giardino, non era una villa, ed i miei genitori non erano ricchi, mia madre si spaccava la schiena per portare da mangiare a casa, mentre loro potevano avere tutto, e anche più. Quindi sì, ero geloso, e non ne vado fiero.

Una volta, guardando quei bambini giocare, su questo prato verde, sotto a questa casa sull’albero, giurai a me stesso che un giorno avrei trovato un buon lavoro, avrei guadagnato abbastanza soldi per comprami questa villa, e poi… mi sarei sposato e avrei vissuto con la persona che amo qui. E così saremmo diventati una famiglia felice, la famiglia dei miei sogni.

E parte del mio segno si è già realizzato, ho incontrato la persona che amo con tutto me stesso e spero proprio che con quella persona riuscirò a completare il mio sogno.

Il punto è, che tu, Jeonghan, fai parte del mio sogno e questa è una delle tante prove del perché tu non sei inutile, anzi sei l’essenziale che mi serve.”


Mentre parlava, Seungcheol, continuava ad avvicinarsi a Jeonghan, ma quest’ultimo pendeva troppo da ciò che usciva dalla bocca del suo fidanzato per accorgersi che erano vicinissimi ormai.

Jeonghan era felice, felicissimo, Seungcheol lo faceva stare meglio, non lo faceva stare bene, ma Seungcheol lo stava aiutando e pian piano, forse, sarebbe riuscito a perdonare se stesso, e a risolvere la situazione con il padre, gli voleva solo tempo. E Seungcheol al suo fianco.

Come delle calamite le loro labbra si incontrarono cercandosi l’un l’altra per un tenero bacio.

Un tenero bacio che uccideva Jeonghan nel più profondo, sentiva l’amore di Seungcheol attraversarlo come elettricità. E questo era il tipo di bacio per cui Jeonghan viveva. Semplici ma mortali.

 


Nel frattempo da dietro le staccionate di legno Hansol e Jihoon li osservavano.

“Sono così carini insieme!” mugugnò Hansol, portandosi i palmi delle mani sulle guance, in stato di shock.

“Un vero peccato disturbare questo momento, aaaaaaah…” affermò sospirando con un espressione rassegnata e triste Hansol. “…vabbè! C’è ne faremo una ragione. Andiamo.” Finì, alzando le spalle per avviarsi verso i due amanti.

Ma Jihoon lo fermò ancora una volta dal compiere il suo intento.

“Mio caro Hansol, siamo in servizio da più di 10 anni ormai, e tu non hai ancora capito come funziona? Dobbiamo aspettare che sia da solo, è il protocollo.” gli ricordò scocciato il più basso, facendolo indietreggiare prima che i due si accorgano della loro presenza.

“Uffh, tu e quello stupido protocollo! Possiamo andare lì fare quello che dobbiamo fare, e cancellare la memoria all’altro come i Men in Black!”

“Lo so! io è il mio stupido protocollo! E per la cronaca, noi non siamo i Men in black! Okay? Quando imparerai ad usare il tuo cervello e a seguire le regole, Hansol?”

“Quando tu imparerai ad essere più gentile, Jihoon.”

 


Era tarda sera quando  Jeonghan e Seungcheol ritornarono a casa di quest’ultimo, e non avevano ancora cenato, la fame s’incominciava a sentire.

“Seungcheol, io ho fame… non c’è niente da mangiare?” chiese Jeonghan aprendo il frigo del suo fidanzato, trovandosi lì davanti la desolazione più inaudita.

“In questi giorni non ho avuto molto tempo per fare la spesa, quindiii… mi arrangiavo col kebab che vendono qui all’angolo.” si grattò la nuca imbarazzato, sapendo che Jeonghan odiava quando mangiava solo schifezze.

“Seungcheol! Quante volte te lo devo dire che fa male?! Non va bene! Su, su! Andiamo a fare la spesa! Sarà aperto a quest’ora il supermercato?” con la velocità della luce Jeonghan aveva già indossato il suo giubbino ed era pronto vicino alla porta aspettando per il suo fidanzato. Ma Seungcheol la pensava diversamente.

“No, tu rimani qua! Andrò io, non voglio farti stancare dopo quel che è successo. Rimani qui e riposati devi essere stanco, guarda un po’ di tv e cerca di pensare a cose belle, okie?” cercò di convincerlo chiudendo la frase con una vocina adorabile che fece solamente ridacchiare Jeonghan.

Accettò la proposta del fidanzato, che lo porto a sedersi sul divano facendogli togliere il giubbino.

Gli diede un bacino sulla fronte, avviandosi poi verso la porta, non dimenticandosi però di prendere prima il portafoglio e la giacca.

Allora, io vado, qui vicino c’è un supermercato aperto 24/24. Provo a fare il più velocemente possibile, così da non lasciarti morire di fame per troppo tempo.” concluse uscendo dalla porta.

 

Jeonghan, a quel punto voleva rilassarsi e non pensare, ma come poteva non pensare?

La testa gli incominciava a girare per i troppi pensieri, stava anche per mettersi di nuovo a piangere, ma non lo fece.

Seungcheol gli aveva fatto capire che non era inutile.

Aveva sbagliato non sarebbe dovuto scappare da suo padre una volta che i problemi si stavano allargando. Adesso l’aveva capito.

Avrebbe risolto questa situazione in futuro, insieme a Seungcheol che lo aiutava a reggersi, questo per lui bastava. Seungcheol per lui bastava. Gli avrebbe dato la forza per risolvere questa situazione.

Per essere felice, Seungcheol era tutto ciò che gli bastava.

Domani, sarebbe stato un altro giorno, e aveva intenzione di non scappare dai suoi problemi. Non ‘sta volta.

 


Seungcheol era appena uscito dal suo condominio, e subito s’accorse d’esser un’idiota per non essersi messo qualcosa di più pesante addosso.

Si strinse tra la sua giacca, avanzando il passo.

Il supermercato raggiungere facilmente dall’appartamento di Seungcheol, ma sinceramente non aveva tempo e voglio di percorrere quel lungo stradone al freddo, per fortuna sapeva una scorciatoia.

C’era un piccolo vicolo tra due palazzi che spezzava la strada, e lo portava direttamente al retro del supermercato.

Lo usava spesso di giorno, troppo pigro per camminare, e sinceramente non pensava che usarlo di sera sarebbe stato un gran problema, quello era un quartiere tranquillo.

Decise quindi, di usare il piccolo vicolo, e sapeva che se l’avesse detto a Jeonghan gli urlerebbe contro che : “E’ pericoloso!”.

Ma non ci avrebbe messo molto a uscire di lì massimo 2/3 minuti, in sostanza.


“Ci rincontriamo, Seungcheol!” di nuovo si ritrovò quei due strani ragazzi davanti. Eh sì, era un po’ spaventato, li trovava genuinamente inquietanti.

Li incontrava ovunque, erano sempre insieme, vestiti uguali, sempre sorridenti, e quei loro bei faccini non lo rilassavano. Per niente.

“Adesso basta, mi sono stancato. Che cosa volete da me?” scocciato cacciò da fuori la tasca dei jeans il portafoglio, cacciando fuori tutti i soldi che aveva. “Tenete! Ho solo questi soldi con me!”

“Seungcheol, stai calmo. Non vogliamo derubarti.” lo rassicurò il più basso.

“Io sono Jihoon, mentre lui è Hansol.”

Seungcheol li ascoltò presentarsi, mettendo nel frattempo i soldi di nuovo nel portafoglio.

“Facciamo parte di un’organizzazione che aiuta le persone con problemi vari. Noi, facciamo parte della Revvers Corporation.”

D’altronde Seungcheol era ancora confuso.

“Non…non capisco. Che volete da me?”

“A noi serve sapere solo una cosa. Hai qualche problema che vorresti risolvere?” chiese calmo Jihoon.

“Sentite, non potete fermarmi in mezzo ad un vicolo, solo per chiedermi se ho qualche problema. Tutti hanno dei problemi, ed anch’io ovviamente ho dei problemi ma-“ non poté più dire niente, perché all’improvviso si sentì una botta dietro la testa, e crollò per terra.

“Non ci serve altro.” concluse Hansol, scrocchiandosi piacevolmente il colle e le dita, soddisfatto del suo lavoro.

“Dovevi per forza farlo svenire, eh?” chiese stufo Jihoon, al suo collega.

“Perché? Secondo te ci avrebbe seguito?”

“Alcune persone ci hanno seguito senza problemi in passato.”

“Certo, ci avevano seguiti senza problemi, perché erano disperati!”

Il più basso sospirò stanco di ribattere, Hansol sapeva come zittirlo.

“Va bene, comunque adesso come facciamo a portarlo?”

Sinceramente Hansol, si ritrovò sorpreso da quella domanda, non c’aveva pensato…

“Uhmm, forse potremmo riuscire a sollevarlo se-“

“No, no, Hansol. Niente “noi”, tu lo hai fatto svenire e adesso te ne occupi tu!” un sorrisetto sornione comparì sulla faccia di Jihoon, anche lui sapeva come tener accuccia il suo collega.

“N-nemmeno un aiutiiiiino, piccino, piccino?” chiese avvicinandosi e mostrando il suo miglior aegyo. Che per correttezza, non era per niente adorabile.

“No, nemmeno un po’.” rispose deciso, senza neanche guardarlo “Su! Andiamo alla base!” urlò, allungando un braccio davanti a sé a mo’ di supereroe, incitando così l’altro a muoversi.

“Ai suoi ordini capitano…” disse meno deciso, Hansol, che stava cercando di sollevare Seungcheol da terra per portarselo, o per lo meno, provare a portarselo in spalla.

Non so perché, ma Hansol sospettava che sarebbe arrivato alla base con la schiena spezzata in due o caso mai, mooooolto dolorante, e per questo doveva solo ringraziare il suo carissimo collega/amico, e vorrebbe aggiungere anche nemico, Jihoon.

 


“Guarda, si sta svegliando!”

“Lo so che si sta svegliando.”

“Come facevo io, a sapere che tu sapevi che si stava svegliando?!”

“Sono affianco a te, potevi benissimo vedere che io avevo visto che si stava svegliando!”

Seungcheol si svegliò piano ancora stordito, la testa gli faceva male e le luci forti di quel posto non aiutavano la situazione.

Le voci di quei due ragazzi riecheggiavano tra le pareti di quella stanza, dandogli ancora più fastidio.

Si fece forza, e si mise in una posizione sulla scomoda sedia su cui ci si trovava in quel momento. Strizzò, più volte gl’occhi abituandosi finalmente alla luce; si guardò intorno, era una stanza bianca con scaffali pieni di strani oggetti metallici. D’avanti a lui si estendeva un lunga scrivania bianca, che immaginava fosse la scrivania di quei due  idioti che litigavano rumorosamente, dietro ad essa.

 

“Al tuo compleanno ti regalerò degli occhiali!”

“E perché dovresti…?” chiese confuso Hansol.

“”Mi sembra ovvio, Watson! Perché non avevi visto che io avevo visto che Seungcheol si stava svegliando! Non solo sei cieco ma anche stupido!”

“Perché sei così acido? Eh?!” rispose lievemente offeso, mettendo infine un simpatico broncio.

“Io non sono acido! Sono solo-“

“Dove mi trovo?” La voce ancora impastata di Seungcheol, interruppe la litigata dei due, che subito si ricomposero ritornando seri.

“Seungcheol, ti abbiamo portato alla nostra base segreta per spiegarti un po’ il tutto.” disse serio Jihoon.

“Praticamente… mi avete rapito.”

“In…uhhm, in un certo senso sì. Ma! Lo abbiamo fatto per i tuo bene!” chiarì velocemente.

“Ah ah, questa è la stessa cosa che direbbe un serial killer alla propria vittima per farla calmare. Ed indovina un po’? Non ci riesce.”

“Ciò che ci rende diversi da un serial killer è il fatto che non siamo serial killer.” s’intromise Hansol.

“Dei serial killer non ti avrebbero lasciato libero senza delle catene. Infatti, la porta è là quindi poi andartene quando vuoi. Ma noi ti consiglieremmo di ascoltarci prima di saltare a conclusioni affrettate. La decisione è tua.

Ah, però, se te ne vuoi andare devi farci il piacere di metterti questa benda.”

Uscì dal cassetto della scrivania una normale benda bianca che sventolava prorpio avanti alla faccia confusa del povero Seungcheol.

“E’ per motivi di sicurezza, non puoi sapere dove si trova questa base, sennò non sarebbe più una base segreta. Adesso, spetta a te decidere.”

 

In effetti, Seungcheol, non era legato, poteva muoversi liberamente in qualsiasi momento, quindi non doveva aver paura di loro alla fin fine, giusto? Erano un po’ inquietanti… ma avevano dei bei faccini! Si poteva fidare, no?

Però erano degli sconosciuti che lo avevano portato, appunto, in un posto sconosciuto. Potevano anche essere belli come Kim Woobin s’è per questo, ma rimanevano comunque degli estranei.

L’unica cosa che voleva fare in quel momento era andare da Jeonghan, gli aveva promesso di tornare a casa presto. Ed invece chissà da quanto era lì.

Allo stesso tempo, però voleva ascoltargli.

A parte essere curioso di sapere cosa vogliono, se gli volevano parlare così tanto, al punto di doverlo sequestrare vuol dire che c’è un motivo! Forse era una cosa di vita o di morte!

 

“D’accordo. Ma vi prego fate veloce, una persona mi sta aspettando.”

“Proveremo a farti una piccola sintesi.” disse Jihoon, schiarendosi la voce, non era bravo con le sintesi ma c’avrebbe provato.

“Come ti abbiamo già detto in precedenza, noi siamo la Revverse Corporation, un’organizzazione mondiale che aiuta le persone tramite diversi dispositivi inventati da i nostri più illustri scienziati nel corso del tempo.

In pratica ogni volta che una persona ha un problema ci arriva la segnalazione sul nostro computer centrale.

Noi siamo gli agenti addetti alla Corea del Sud, quindi quando una persona qui in Corea ha dei problemi, la segnalazione dal computer centrale, viene smistata tra i vari stati e inviata ad i nostri computer.  Poi in seguito noi li localizziamo e li aiutiamo, o almeno ci proviamo. E così funziona anche negli altri stati, come: l’America, il Canada, la Germania e così via.

In questa settimana ci è arrivata la tua segnalazione, Seungcheol.”

“Ma, io non ho nessun problema perché mi hanno segnalato?”

“Ed è lì che ti sbagli! Tu c’è l’hai un problema! I tuoi problemi, sono i problemi di Jeonghan.”

“Questo… tutto questo… non ha alcun senso!”

“Lo sappiamo, possiamo capire il tuo stupore. Anche noi eravamo sorpresi! Ma il nostro computer non sbaglia, ed ha rivelato che in un piccolo posto del tuo subconscio sei ossessionato con ciò che succede a Jeonghan, e se qualcosa non va bene, può darsi che tu non te ne accorgi in prima persona, ma riflessivamente fai di tutto per tenerlo al sicuro. Praticamente ti sei fai dei sui problema i tuoi.

E questa è una bella cosa, ma non è tanto bella quando è esagerata.

Il computer ha rilevato che da questo, in futuro, potrebbe causare al problema di diventare più grande e ingombrante causando molti altri problemi, non solo a te ma che comprenderanno anche Jeonghan. Quindi, è meglio eliminare questo problema dalla radice.”

“Uhmmm…” Seungcheol si fermò un attimo a riflettere, confuso, quando alla fine decise di chiedergli una cosa molto importante.

“Ma che razza di computer avete?! Il mio ci mette tre anni solo per accendersi!”

 

Tornando seri, Seungcheol, non era ossessionato da Jeonghan. Volere il meglio per la persona che si ama non è ossessione!

Avrebbe fatto di tutto per lui, al punto di tagliarsi una gamba, o buttarsi dal tetto se fosse stato Jeonghan stesso a chiederlo, avrebbe rubato una banca se questo significasse avere Jeonghan felice, ma questa non era ossessione!

Voleva solo che il suo fidanzato fosse felice, non vederlo sorridere gli spezzava il cuore, era come se una parte della sua anima se ne andasse per lasciare spazia al vuoto.

Ma quella non era ossessione! Aveva solo paura di perderlo, perché la sua felicità era la SUA felicità! Quando Jeonghan è triste, lui è triste il doppio, tutto qui.

 

“Il punto è che se ci darai il consenso, noi elimineremo per sempre i problemi di Jeonghan e di conseguenza i tuoi problemi.”

“Non potete direttamente cancellare la mia ossessione per lui?”

“No, perché l’ossessione è un sentimento naturale umano e noi non possiamo cancellarlo.” Rispose Jihoon

“Non abbiamo bisogno di soldi, non ci devi pagare, non deve uscire niente dalle tue tasche. Tutto quello che dovrà uscire è un ‘Sì’ o un ‘No’ dalla tua bocca.”

“Questo… significa, che… Jeonghan sarà per sempre felice?”

“Sì, proprio così. Per sempre.”

 

Erano degli estranei, lo avevano colpito in testa fatto svenire e portato chissà dove. Ma se questo stava a significare la felicità di Jeonghan non avrebbe sprecato un secondo a rispondergli.

Però una domanda, gli veniva in mente spontanea.

“In che senso eliminerete il problema?

Mi spiego: mica farete del male a Jeonghan o cose del genere? Non voglio che Jeonghan soffra.”

“No, non ti preoccupare, noi non risolviamo i problemi facendo del male alle persone.”

Seungcheol si rilassò sentendo quella risposta.

“Ah, è vero. Prima che tu risponda siamo obbligati a elencarti tutti gli effetti collaterali che potresti riscontrare nel caso in cui ci dai una risposta affermativa.”

Hansol incominciò a frugare frettolosamente nel cassetto della scrivania.

E alla fine ne tirò fuori un piccolo rotolo di carta, che una volta srotolato, non poteva più esser definito “piccolo”.

Il rotolo di carta a iniziò a srotolarsi per tutta la stanza, passando per la scrivania e fermandosi solo quando tocco la porta dall’altra parte della stanza.

Una scena degna da cartone animato, non è ch’era finito in uno di essi e non se n’era accorto?

“Perché è così lungo?” chiese sbalordito Seungcheol.

“Se non mi sbaglio può causare un 111.001 effetti collaterali, dico bene Jihoon?”

“Sbagliato. Per la precisione 111.011, ti eri dimenticato un 1.” corresse Jihoon.

“Ah, giusto… comunque stai tranquillo anche se sono tanti non ci vorrà molto.”

A quel punto Hansol, incominciò a elencare i vari effetti collaterali.

 

“Accettare questa proposta può causare: nausea, mal di testa, vomito, dolori muscolari (tempo imprecisato), dimenticanze momentanee, dimenticanze permanenti, calo di zucchero, bronchite, sonnolenza, freddolenza, raffreddore, sbalzi d’umore, contusioni lievi…”

“Accetto.”

“Accetti? Di già? Sei sicuro? Non ho ancora finito di leggere tutti gli effetti collaterali!”

“Non ci tengo a sentire 111.001 effetti collaterali-“

“111.011” corresse Jihoon di nuovo.

“…Sì, volevo dire 111.011 effetti collaterali.” ridisse alzando gli occhi in aria. “E poi, avevo deciso già prima. La felicità di Jeonghan per me è tutto non m’importa di quello che può accadere. Adesso voglio solamente tornare a casa, si starà preoccupando.”

“Ah, ed inoltre com’è che riuscirete a risolvere questi problemi?”

“Bè, ci crederesti se ti dicessimo che i nostri scienziati hanno inventato una macchina che cancella i problemi?”

Senza aspettare una risposta, da un evidentemente stupito Seungcheol, Jihoon si portò avanti.

“Adesso, se non hai altre domande… te ne dovresti andare.”

Hansol aveva già in mano la benda e si stava avvicinando a Seungcheol per mettergliela.

Una volta messa, Seungcheol si sentì trasportare a lungo, e quando finalmente si fermarono, e lo avvisarono che si poteva togliere la benda, si ritrovò solo. Nessuna traccia di Jihoon e Hansol.

Un’altra cosa strana era che in cielo c’era il sole, ma quando era uscito di casa era notte.

Si guardò in torno, era nel giardino della villa ch aveva fatto vedere quella sera a Jeonghan, Come facevano a sapere di quel posto? Decise di non volerlo sapere.

La domanda principale adesso era un’atra.

Quanto tempo era stato con quei due? Era ormai giorno!

Jeonghan era rimasto solo tutta la notte, Seungcheol gli aveva promesso che sarebbe tornato a casa presto! Starà morendo di fame, e di paura probabilmente visto che non Seungcheol non è più tornato a casa.

Doveva correre subito da lui.

 


Hansol e Jihoon, osservavano nascosti dietro a una recinsione Seungcheol guardarsi intorno confuso.

“Hansol… secondo te, dovevamo dirglielo?”

“E’ stato lui che non mi ha fatto finire di elencare gli effetti collaterali. Lo hai sentito, ha detto che farebbe di tutto per Jeonghan e che non gl’e ne importa di ciò che potrebbe accadere. Adesso gli toccherà pagare le conseguenza del suo menefreghismo.”

“Ma-“

“Niente ‘ma’ Jihoon, noi facciamo solo quello che i clienti vogliono. E’ lui ha deciso così.”

Rimasero a guardare Seungcheol correre preoccupato verso casa.

Jihoon guardò triste quel ragazzo, ma forse Hansol aveva ragione, era stato troppo frettoloso e adesso ne pagherà le conseguenze.

Sospirò.

 


L’appartamento di Seungcheol non era lontanissimo, quindi una un paio di minuti ed era arrivato.

Una volta entrato, non trovò nessuno, né in cucina né in salone. Poteva però darsi che Jeonghan aspettando l’arrivo di Seungcheol si fosse appoggiato sul letto in camera sua e addormentato.

Andò, allora in camera sua, ma niente.

Cercò in bagno, nello sgabuzzino e perfino nel suo armadio, pensando che gli volesse fare uno scherzo, ma era da solo in quella casa.

Tornò in cucina, e guardò l’orologio appeso al muro, erano le 07:45, forse era già andato a lezione.

Si sbrigò ad uscire, lo cercherà all’università e gli chiederà scusa e gli prometterà che non si sarebbe allontanato da lui un’altra volta, che non sarebbe rimasto solo un’altra volta. Sì, farà così.

Prese velocemente il pullman. E sperò che Jeonghan non fosse davvero arrabbiato con lui.

 


Arrivato alla sua fermata scese.

Dalla fermata del pullman alla sua università non c’era molta distanza, anzi era sullo stesso marciapiede.

Si fermò davanti al cortile principale, le persone stavano già entrando per studiare.

C’era quindi una probabilità che anche Jeonghan fosse già dentro, ma Seungcheol conosceva il suo fidanzato e sapeva che faceva sempre un po’ di ritardo a lezione perché si fermava al bar più vicino per prendersi una bevanda o qualcosa con cui fare colazione.

Rimase quindi fuori, aspettando l’arrivo di Jeoghan.

 

Stava perdendo le speranze, forse era davvero già entrato. Oppure era così arrabbiato con lui che aveva saltato le lezioni.

Per fortuna le sue teorie erano sbagliate.

Jeonghan stava per entrare nel cortile principale accompagnato da un ragazzo.

Molto carino sinceramente, Seungcheol l’ammetteva: bel sorriso, sguardo dolce, ma non lo aveva mai visto prima, poteva però essere un amico di Jeonghan… anche s’era strano, Jeonghan non gl’e ne ha mai parlato.

Tutte e due avevano in mano dei caffè, e questo stava a significare che la teoria di Seungcheol sul fatto che molto probabilmente non era ancora entrato in classe per comprare la colazione, era giusta.

Corse verso i due, non fregandosene molto del ragazzo sconosciuto affianco al suo Jeonghan, era solo felice d’aver ritrovato il suo fidanzato.

 

“Jeonghan!” urlò buttandoglisi addosso per un caloroso e stretto abbraccio, facendo quasi rovesciare il caffè bollente che aveva in mano.

“Jeonghan, mi dispiace. Mi dispiace tanto di non esser tornato a casa dopo esser sceso per andare  a comprare la spesa! Giuro, c’è una spiegazione! Non essere arrabbiato con me…”

Si staccò quando notò che Jeonghan non stava ricambiando il suo abbraccio,

Era triste, davvero Jeonghan lo stava trattando così freddamente solo per quel piccolo incidente?

Si allontanò piano avendo paura di cosa sarebbe successo dopo.

L’espressione di Jeonghan non era decifrabile, mentre quella del suo amico esprimeva confusione, continuava a puntare lo sguardo su di me e poi di nuovo su Jeonghan, non capendo la situazione.

“Jeonghan…?”

Di tutto si sarebbe aspettato: uno schiaffo, brutte parole, perdono… ma mai si sarebbe aspettato ciò che venne dopo.

“Scusami, ma… io ti conosco? Mi dispiace, ma credo che lei abbia sbagliato persona…”

“Impossibile. Tu… tu sei Jeonghan, giusto?”

“Sì… sì, sono io. Ma non ti conosco.”

Per una buona manciata di secondi i due si guardarono negli occhi, prima che Jeonghan spezzasse lo scambio di sguardi a disagio.

Seungcheol non capiva. Davvero non capiva.

Lo guardava, e vedeva il suo fidanzato, la persona con cui ha passato i momenti più belli della sua vita.

Lo guarda e vede il giorno in cui lo aveva portato in un nuova gelateria aperta in centro, quel giorno Jeonghan si riempì di gelato fino a scoppiare, si sporco tutta la faccia, ma se n’accorse solo dopo un po’, perché era troppo impegnato ad avere la faccia immersa nella coppetta.

Le persone lo guardavano strano, ma Seungcheol pensò che fosse adorabile.

era sempre lì per dirgli che lo fissavano perché non avevano mai visto un angelo in terra e quello era un avvenimento raro che non potevano perdere.

Era una frase davvero troppo smielata e a Jeonghan dava fastidio gli diceva sempre di smetterla dandogli dei pugnetti sulla spalla, Seungcheol sapeva però che a lui piaceva quando gli diceva queste cose, vedeva il sorrisetto timido che appariva sulla sua faccia quando gl’e lo sussurrava, ed a quel punto si dimenticava completamente delle persone che lo guardavano.

Seungcheol stava guardando Jeonghan in quel momento e tutti questi ricordi insieme gli passavano davanti agli occhi come un film.

E Jeonghan? Jeonghan, cosa vedeva quando guardava Seungcheol?

Molto probabilmente niente, forse lo guardava e ci vedeva un pazzoide che diceva di conoscerlo, e questo, questo per Seungcheol era più doloroso di mille spille nel cuore.

Ed in quel momento le mille spille nel cuore le sentiva veramente, e facevano tremendamente male.

 

“Jeonghan, io incomincio ad entrare, ok?” lo avviso il ragazzo che  in quel momento si sentiva di terzo in comodo.

“Hmmm, certo. Non ti preoccupare, ti raggiungo presto, Josh.”

Quel ‘Josh’, se ne andò senza però dimenticarsi di guardare Seungcheol ancora confuso dalla situazione.

“Davvero, davvero non ti ricordi di me? Non ti ricordi di tutte le notti passate insieme, di tutti i bei ricordi, le risate ed i pianti che ci siamo fatti insieme? Davvero non ricordi Jeonghan, davvero?”

I suoi occhi pizzicavano, voleva piangere, ma non l’avrebbe fatto o Jeonghan avrebbe davvero incominciato a pensare che fosse pazzo e si sarebbe spaventato. Che cosa stava succedendo?

“No, mi dispiace, davvero non mi ricordo…scusa.”

Il castello di sogni che si era costruito con Jeonghan, era appena stato assediato e crollato in pochi secondi.

“Mi dispiace, adesso devo andare. Io non sono la persona che cerchi, ma non ti perder d’animo, ok?”

Jeonghan lo oltrepasso dandogli una pacca sulla spalla, cercando con quel gesto lieve di confortare il ragazzo a lui sconosciuto.

Ma prima che si allontanasse del tutto Seungcheol lo fermò.

“Dimmi solo una cosa. Come sta tuo padre?

Jeonghan rimase un po’ sconvolto da tale domanda, come faceva a conoscere suo padre? Decise di rispondergli lo stesso non sembrava n cattivo ragazzo.

“Mio padre? Hmm… mio padre sta bene, come al solito. Questo fine settimana andrà a fare una piccola vacanza in montagna con mia madre.”

Si intravide un  piccolo sorrisino comparire sul suo volto… Jeonghan era felice.

“Per caso lei, è un suo amico? Lo conosce?”

“Io? No… non direi. E solo che… assomigli molto ad una persona a me cara, e questa persona… aveva dei problemi con il padre. Quindi volevo solo sapere… scusa se ti ho disturbato.”

“No, non ti preoccupare, non c’è nessun problema. Adesso devo proprio andare, ci vediamo.”

Jeonghan si allontanò e sta volta per davvero.

 


Quel ragazzo era Jeonghan, su questo era sicuro, anche se suo padre non era un ubriacone e la madre era ancora viva.

Forse Hansol e Jihoon erano riusciti veramente a risolvere i suoi problemi.

E adesso però, che avrebbe fatto?

Si sentiva vuoto, Jeonghan era la sua vita, ma lui non si ricordava di niente.

Si appoggiò alle grate che circondavano l’università oggi non sarebbe andato a lezione, come poteva andarci?

Abbassò la testa, e permise ad alcune lacrime di scendere, ma il sorriso di Jeonghan lo consolava. Jeonghan era felice, veramente felice, e questo dettaglio alleggeriva almeno un po’ il cuore di Seungcheol.

Adesso, sarebbe andato a casa e avrebbe dormito tutto il giorno, sperando che tutto ciò sia solo un brutto sogno.

Si staccò da quelle grate ed incominciò a camminare.

Camminava piano godendosi ciò che lo circondava, non si era mai accorto di quanto fosse bello il cielo, troppo di fretta per guardare in alto.

Non aveva mai notato che difronte alla sua università c’era un piccolo parco in cui al centro spunta questo enorme albero rigoglioso pieno di foglie verdi davvero lucenti, troppo distratto per accorgersene.

Adesso però non era distratto e se ne accorse, e si accorse anche che dietro ad esso si nascondevano due visi molto familiari.

Velocemente, si ripresa da questo suo stato quasi vegetativo e attraverso la strada, assicurandosi di non essere investito da un’auto.

Non gli sarebbero scappati. Ed in un batter d’occhio si ritrovarono di nuovo gl’uni avanti all’altro.

 

“Spiegatemi cosa sta succedendo.”

“Ci dispiace Ser, ma in questo momento stiamo lavorando. E ci piacerebbe non essere disturbati. Vedi quella ragazza laggiù?” Hansol indicò una ragazza, che camminava con le cuffie nelle orecchie a un paio di metri lontano da loro.

“Lei è stata segnalata dalla nostra agenzia. Quindi…noi dovremmo lavorare.”

“Il lavoro può aspettare, dovete solo dirmi se voi c’entrate qualcosa col fatto che Jeonghan non si ricorda di me.”

I due si guardarono per un breve momento, le loro facce erano impassibili, ma era come se loro si capissero anche solo guardandosi negli occhi.

A quel punto Jihoon rispose.

“Sì.” risposta secca e coincisa.

“E perché… perché lo avete fatto?

“Se tu avessi ascoltato Hansol fino alla fine lo avresti saputo. Nella norma dei casi i problemi che noi cancelliamo sono della persona che abbiamo invitato nella nostra base segreta. Solo di quella persona. Ed è a quella persona che noi cancelliamo anche i ricordi e ne rimettiamo di nuovi.

Mentre il tuo problema conteneva una seconda persona, Jeonghan, e per risolvere il tuo problema abbiamo dovuto cancellare i suoi problemi, e quindi di conseguenza abbiamo dovuto, come dire… ‘ripristinare’  la sua memoria.”

Seungcheol rimase a bocca aperta.

“Ma se ci creerai dei problemi saremmo costretti a ripristinare anche i tuoi ricordi.”

“E quindi…Jeonghan…”

“Sì, alla fine non ti ricorderesti più di Jeonghan.”

“Non si può fare niente per cambiare la situazione?”

“No.”

“Voi mi avevate detto che avreste risolto i miei problemi, sapevate benissimo che Jeonghan era la cosa più importante per me, e voi me l’avete tolta.

Facendo così non mi avete aiutato, avete solo creato un altro problema!”

Era furioso, però forse non doveva incolpare Jihoon e Hansol è stato lui che aveva accettato senza lasciarli finire di parlare… E poi la felicità di Jeonghan, non era la cosa più importante?

“Non dare la colpa a noi, Seungcheol. Sei tu che hai accettato, sei tu che non mi ha fatto finire di parlare, è colpa tua.

Non avevi detto che lo amavi e che avresti fatto di tutto per lui? Dimostralo.”

Seungcheol si doveva calmare, era vero, era sua la colpa.

Si era per caso dimenticato che la sua felicità era la felicità di Jeonghan? No, mai.

Si calmò, aveva sbagliato a dire quelle cose, era stata la rabbia del momento a parlare.

“Avete ragione, mi dispiace.”

Tutti i momenti che ha vissuto con Jeonghan li avrebbe conservati per sempre, li avrebbe custoditi come un gran tesoro nell’oscurità della sua mente.

Jeonghan era felice, e solo il ricordo del sorriso che gli avevo mostrato prima, gli dava la forza. Aveva fatto bene a fare ciò che ha fatto. Non se ne pente, e non se ne pentirà.

Ma questo non significa che si sarebbe arreso.

“Lo sai che vi dico?, Io Jeonghan lo amavo, lo amo e lo amerò. Fino alla fine dei miei giorni.

Ricordo ancora il giorno in cui ci siamo visti per la prima volta. Ci è bastato uno sguardo, uno! Solo uno. E in quel momento entrambi avevamo capito che eravamo fatti per stare insieme.

Ma non pensate che sia stato facile conquistarlo, anche se a lui piacevo non mi ha mai lasciato carta bianca, mi metteva alla prova, ma non perché era cattivo, voleva sapere se si poteva fidare di me e che lo avrei sempre protetto.

Aveva paura che lo abbandonassi, inutile dire che non l’ho mai fatto e mai lo farò. Neanche ora.

Se sono riuscito a far innamorare di me Jeonghan una volta, ci riuscirò anche una seconda.”

 


 


 

Seungcheol non aveva il permesso di decidere per Jeonghan, di fargli perdere i suoi ricordi in questo modo.

Il vecchio Jeonghan non avrebbe accettato. Il vecchio Jeonghan è morto. Il Jeonghan di adesso è solamente fasullo.

 

 

“Io ero felice… con te ero felice.”

   
 
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