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Autore: Happy_Pumpkin    28/04/2009    5 recensioni
L'aspirazione verso la conoscenza assoluta al prezzo della morte: chi dei due lo avrebbe realmente pagato?
Un viaggio tra oppio, alchimia e i desideri oscuri dell'uomo.
Terza classificata al concorso "Orochimaru's Pairings" indetto da Compagniescu
Genere: Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Orochimaru, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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–    Nick Autore: Happy_Pumpkin
–    Titolo: Lazarus
–    Personaggi/Pairing: Orochimaru, Sasuke
–    Genere: Dark, introspettivo
–    Rating: Arancione
–    Avvertimenti: Shonen-ai, one-shot, Au, One-shot
–    Trama: L'aspirazione verso la conoscenza assoluta al prezzo della morte: chi dei due lo avrebbe realmente pagato?
       Un viaggio tra oppio, alchimia e i desideri oscuri dell'uomo.
–    NdA: Fiction Au ambientata in un ipotetico ambiente ottocentesco. Tutti i personaggi sono maggiorenni. Note canzone e traduzione al fondo.


Dedico interamente la fiction a Hiko_Chan, la mia compagna di mail che mi ha sostenuto e sopportato fino all'ultimo con una pazienza e una sincerità meravigliosi. Ringrazierò sempre di avere la possibilità di pubblicare storie: è per questo che ho conosciuto persone splendide come te, Ile!
    




LAZARUS




It's horrid to see you again
Now that you're back from the dead
It's horrid to see you again
So bored of being you





Sasuke impugnava il bisturi con la mano tremante.
Non era difficile tracciare quella linea invisibile, aprire l'addome e iniziare la vivisezione secondo il metodo accademico che insegnavano a medicina; nel frattempo i compagni di corso, rigorosamente in camice bianco, lo affiancavano circondando il cadavere dello sconosciuto.
L'ampio tavolo in legno però, in quel preciso momento, al giovane apprendista medico non sembrava saldo abbastanza o forse era più semplicemente la sua presa a non essere forte.
L'Uchiha faticò ad appoggiare la lama tagliente sulla pelle violacea a causa della vista non così netta come avrebbe voluto; allora respirò, ignorando il tanfo della morte e contenendo un conato di vomito.
Sentì infine una voce roca, probabilmente appartenente all'esimio dottore che li istruiva nel complicato percorso dell'esplorazione umana:
“Uchiha. Si sente poco bene?”
Non rispose, i tremiti alla mano si erano fatti più convulsi.
Sgranò gli occhi lasciando la presa sul bisturi che in un clangore sordo cadde sul pavimento in cotto, scintillando alla luce del grande lampadario posto sopra le loro teste. Si portò una mano alla bocca sentendosi mancare e, senza dire una parola, ignorando gli sguardi sbalorditi degli astanti si allontanò a grandi falcate che sembravano voler distruggere tutto ciò che vi era attorno.
Serrò la porta alle sue spalle per poi lasciarsi scivolare fino a non toccare il pavimento e, appoggiando la testa al pannello in legno, chiuse gli occhi sforzandosi di ignorare le mani che continuavano a tremare; cercò di inumidirsi le labbra ma inutilmente perché la salivazione era pressoché nulla, allora deglutendo si massaggiò le palpebre con le dita, provando a riprendere il controllo di sé stesso.
Era da parecchio tempo che non gli capitava di mostrarsi così debole... nessuno, tra tutti quegli aspiranti medici, aveva intuito i motivi della spossatezza fisica, delle occhiaie o anche solo del colorito spento mostrato dal loro compagno, per non parlare del continuo senso di sonnolenza.
Una parola: oppiomane.
Sasuke però non aveva mai tentato di smettere: l'oppio era la sua via di fuga, il blando tentativo di proiettarsi in un mondo ben più evoluto di quello nel quale viveva, pieno di tronfi professori in doppio petto e bottoni d'oro che parlavano di una medicina rigorosa e formale nella quale non si osava uscire fuori dalle regole accademiche.
Perché? Perché rimanere intrappolati in quelle concezioni racchiuse tra polverosi libri ingialliti?
Si alzò in piedi appoggiando una mano al muro intonacato per poi, traballante, incamminarsi lungo il corridoio in cerca d'aria e di un posto che lo potesse accogliere.

Da un paio di ore Sasuke, chino su un lettino damascato, vedeva il fumo ondeggiare sopra di lui creando strani disegni contorti; disegni che sembravano voler vivere nel tentativo di districarsi aleggiando sopra la sala, quando invece cessavano la loro esistenza dissolvendosi nell'aria o nei polmoni dei fumatori.
Il ragazzo sbatté lentamente le palpebre, aprendo e chiudendo la bocca secca così da far uscire il fumo. Non gli interessava chi entrasse od uscisse da quel seminterrato intriso di odori nauseanti e tappezzato di ornamenti pacchiani: d'altronde a tutti gli astanti non importava nulla della propria vita, figurarsi di quella degli altri.
Dopo qualche minuto si alzò lentamente a sedere, passandosi una mano tra i capelli incollati dal sudore, per poi rimanere immobile. Con gli occhi appannati dal sonno fissò un cliente seduto su uno dei numerosi divanetti: era  collocato in un angolo piuttosto appartato, circondato da una lieve oscurità come se lui soltanto potesse dominare sugli altri.
Sasuke, rabbuiato, lo scorse prendere in mano la pipa con le dita asciutte mentre la propria pallina, fatta scaldare, produceva il tipico fumo dolciastro che impregnava l'ambiente; l'uomo aspirò con fare stranamente seducente dalla bocchetta e trattenne il fumo tra le labbra sottili fino a rilasciarlo qualche istante dopo, accennando appena ad un movimento della mascella.
I lisci capelli scuri gli ricadevano parzialmente davanti agli occhi che guardavano fisso davanti a sé mentre un sorrisetto appena accennato si dipingeva sul volto pallido; lentamente gli occhi penetranti si posarono su Sasuke che, metri più indietro, lo stava ancora scrutando.
I due incrociarono così i rispettivi sguardi, rimanendo per qualche istante immobili senza abbassare il volto o mostrarsi impressionati.
Il fumatore sorrise in un modo che, Sasuke lo avvertì a pelle, aveva qualcosa di crudele, infine si alzò in piedi con un movimento fluido, quasi serpentino, posando la pipa sull'apposito appoggio del basso tavolino. Un attendente inchinandosi gli si avvicinò, aiutandolo ad indossare un lungo mantello nero che arrivava fin quasi a toccare i tappeti orientali disposti sul pavimento.
Tenendo una mano appoggiata al mento mentre l'altra era occupata ad impugnare la pipa, Sasuke fissò lo sconosciuto avvicinarglisi, senza però palesare alcun disagio né tantomeno nascondere il fatto che lo stesse guardando; si studiavano entrambi ma nessuno dei due riusciva a comprendere l'altro.
L'uomo infine disse quasi in un bisbiglio:
“E' da un po' che ti osservo venire qui. Sera dopo sera.”
Sasuke espirò replicando freddo:
“Io invece non ti ho visto per niente.”
Per tutta risposta l'interlocutore accennò ad una risata quasi leziosa con un retrogusto stranamente sadico, infine commentò: “Il motivo è che non sai guardarti attorno, Sasuke.”
Questi aggrottò appena le sopracciglia siccome il suo nome, pronunciato quasi in un soffio, gli fece uno strano effetto.
“Chi sei?” chiese senza scomporsi, schermendosi con un tono piuttosto aggressivo.
“Se ti interessa scoprire qualcosa che i tuoi dottori non conoscono o i libri non saranno mai in grado di raccontare potrai trovarmi qui.”
Tenne per la punta delle dita un foglietto che, alla luce delle candele, sembrava essere di pregiata pergamena poi lasciò la presa e il quadratino cadde sul basso tavolo di legno dopo aver ondeggiato un istante roteando su sé stesso.
Sasuke non lo raccolse, guardandolo apparentemente disinteressato:
“Perché dovrei farlo?”
“Perché tu sei come me.” rispose l'uomo con fare ambiguo.
Senza dire altro gli diede le spalle incamminandosi verso il corridoio d'uscita finché, a metà strada, non si arrestò per tendere una mano verso una vasca contenente un pesce che, morto da ore, galleggiava senza che nessuno si curasse di lui. Sfiorò con le lunghe dita la superficie dell'acqua, increspandola, mentre Sasuke lo guardava perplesso compiere quel gesto all'apparenza superfluo.
Dopo un istante l'uomo ritrasse l'arto e riprese a camminare a passi silenziosi, talmente fermo da sembrare che persino i lunghi capelli fossero destinati a rimanere immobili.
Fu questione di pochi secondi che Sasuke, allibito, vide il pesce riprendere a muoversi; la creatura agitò la coda dimenandosi quasi con fare isterico, roteò un paio di volte girando su sé stessa per poi placarsi e tornare a nuotare tranquillamente tra le pareti di vetro, come se non fosse mai morta.
Il ragazzo tossì; l'ultima boccata di fumo, nell'assistere a quella scena, gli era rimasta come bloccata nella trachea rifiutando di proseguire verso i polmoni.
Si portò una mano alla gola ma nessuno, stordito dai fumi, fece caso a lui; allo stesso modo nessuno sembrò nemmeno rendersi conto che sotto i loro occhi era avvenuto un miracolo inspiegabile: quel tizio, come se nulla fosse, aveva ridato la vita ad un corpo che ormai da tempo ne era stato privato.
Sasuke, con una smorfia dipinta sulle labbra, guardò con la coda dell'occhio il foglietto lasciato cadere dall'uomo, scrutandolo come se potesse attaccarlo da un momento all'altro o, magicamente, riuscisse ad esplodere.
Socchiuse un istante gli occhi maledicendosi e alla fine, vinta ogni reticenza, tese il braccio in avanti: sentì quel pezzetto di pergamena stranamente freddo al tatto, infine lo girò leggendo l'indirizzo scritto sopra con un inchiostro viola scuro che emanava un lieve odore di zolfo. Si morse un labbro, accartocciando il frammento per poi gettarlo nel piccolo braciere contenente anche i residui di oppio.
Alzandosi in piedi vide le fiamme avviluppare quel misero lembo di pergamena, cingendolo con passione per poi, lentamente ma in maniera inesorabile, ridurlo ad un cumulo spento di ceneri.
Senza indugiare oltre afferrò il proprio cappotto evitando di abbottonarlo o di farsi aiutare da uno degli inservienti e, arrotolandosi malamente una sciarpa rosso carminio attorno al collo, uscì a grandi falcate dal locale dopo aver risalito le ripide scale che, nonostante i tappeti, erano impregnate di umidità.
Distante da lui il pesce redivivo continuava, ignaro di tutto o forse, chissà, pienamente consapevole, a nuotare nel suo piccolo mondo acquatico.
Una volta fuori Sasuke storse il naso nel sentire sulla pelle la fredda aria della notte, cercò allora di inspirare profondamente per poi allontanarsi lungo la strada. Rifletteva, chiuso nei suoi silenzi e nei suoi sguardi imbronciati: lo faceva sempre mentre camminava, con le spalle leggermente incurvate e gli occhi oscurati dai capelli che ricadevano disordinati sulla fronte.
Già, quella sera in particolar modo non poteva evitare di farlo.

Seduto presso la scrivania in legno Sasuke sfogliò irritato le ampie pagine di alcuni libri dalla legatura in pelle, tenendosi la testa con una mano mentre il piano veniva illuminato da una lucerna ad olio. Era inutile cercare di ripassare ciò che già sapeva: non riusciva a concentrarsi perché i suoi pensieri vagavano in direzione dell'uomo incrociato nel locale.
Poi, lentamente, qualcuno gli poggiò una mano sulla spalla andando a stringere la presa; Sasuke sussultò, voltandosi di scatto, suo malgrado però sospirò quando alla fine si rese conto di chi si trattasse:
“Sakura...”
Lei esitò un attimo per poi dire con un sorriso cortese: “Ho visto aperta la porta della tua stanza e ho pensato che stessi male.”
“Come vedi sono ancora vivo.” Rispose secco.
Le labbra della ragazza si corrucciarono appena in una smorfia che venne cancellata con la rapidità di una scritta sulla sabbia lambita dal mare.
“Beh, se hai bisogno di qualcosa sono nella stanza accanto. Gli altri studenti non ci sono quasi mai, quindi non farti scrupoli a chiedere...”
“Va bene, ho capito.” concluse lui anticipandola, già chino sulle pagine dei libri.
Sakura fece per dire qualcosa ma vi rinunciò, limitandosi a chiudere la porta dietro di sé e accennando un saluto che Sasuke, immerso nelle sue mille ipotesi, non colse.
Lo studente di medicina si chiedeva e richiedeva cosa avesse quell'uomo da offrirgli che gli altri non possedevano. Non la vita eterna, quella era irrilevante nel momento in cui si viveva nell'oscurità; però... poteva dargli la conoscenza.

La carrozza si arrestò davanti alla cancellata che chiudeva alte pareti di mattoni rossicci lasciati a vista; la muratura, coperta a tratti d'edera, circondava una grande villa priva di illuminazione, simile ad una macchia nell'oscurità che si faticava a distinguere nella notte così come le erbacce alte che ricoprivano il terreno brullo.
Sasuke uscì dal mezzo scendendo le scalette in ferro per poi avvicinarsi al cancello già aperto, oltrepassando il vialetto immerso nel buio. Quando arrivò di fronte al grande portone in legno rimase un istante immobile infine, senza esitazione, diede due tocchi secchi: gli venne ad aprire un uomo dai capelli di un indefinito color grigio e indagatori occhi della stessa tonalità, contornati da un paio di occhiali tondi dal bordo nero.
“Devi essere Sasuke Uchiha suppongo.” disse con un accenno di sorriso ed un tono di voce mellifluo.
Sasuke si limitò ad annuire, tenendo le mani in tasca e la testa affondata nelle spalle, coperto dal bavero della giacca.
“Mi presento – si aggiustò gli occhiali con aria professionale – sono Kabuto.”
“Nessuno te lo ha chiesto.” ribatté freddo Sasuke entrando nella grande sala buia della casa.
L'uomo, anziché dimostrarsi offeso, osservò avanzando:
“Ero stato avvertito del tuo comportamento poco cordiale. Da questa parte.”
Nonostante l'impostazione neutra della voce il suo sguardo però aveva qualcosa di indecifrabile ed irritante, sguardo che in tutta franchezza Sasuke già detestava.
Questi si mosse con cautela nel seguire la figura che lo aveva accolto, muovendo ogni passo come se ci fossero trappole piazzate nel pavimento in legno che scricchiolava sotto il suo peso.
I due procedettero in silenzio scendendo le scale che portarono ad uno scantinato, oltrepassando porte chiuse per venire di tanto in tanto malamente illuminati da sbiaditi candelabri d'ottone appesi alle pareti; sotto i propri piedi Sasuke sentiva i gradini saturi d'acqua piegarsi per l'umidità, lamentandosi e ritraendosi ad ogni passo successivo.
C'era odore di vecchio tra quelle mura usurate, un odore che, proseguendo nella discesa, sapeva sempre più di marcio. Sasuke però non ci fece particolarmente caso in quanto la sua attenzione era unicamente rivolta all'uomo che si era incaricato di guidarlo tra quei corridoi oscuri, reggendo una candela apparentemente destinata a non doversi mai consumare.
Kabuto e il suo ospite giunsero infine in una soffocante stanza sotterranea priva di finestre, la fiamma stessa si era fatta più debole a causa della scarsa quantità d'ossigeno; oltretutto in quel luogo era a malapena possibile distinguere i numerosi scaffali pieni di libri, fogli e rotoli di pergamena ingialliti dalla polvere: un accumulo di conoscenze destinate all'oscurità ma che eppure, in un modo o nell'altro, sembravano essere già state assimilate da tanto tempo.

Chi era veramente l'uomo che stava per incontrare?

Kabuto si fermò presso l'unica porta presente e bussò una sola volta con discrezione, come se non volesse fare rumore o più semplicemente disturbare. Dopo un istante, senza aspettare segnali dalla parte opposta, il giovane aprì la porta rivolgendosi a Sasuke; quella volta però non assunse alcuna aria di finta disponibilità: aveva uno sguardo gelido come se, da un momento all'altro, potesse arrivare ad uccidere con assoluta indifferenza.
Scandendo le parole avvertì: “Il mio signore ti sta aspettando. Niente colpi di testa.”
I due astanti si fissarono a lungo. Poco dopo Sasuke oltrepassò silenzioso Kabuto che richiuse la porta restando fuori.
In un primo momento il ragazzo venne accolto da un'oscurità ancora più densa di quella che aveva lasciato, per quanto umanamente possibile; allora assottigliò gli occhi nel tentativo di intravedere qualcosa fino a  che una candela non venne in suo soccorso, illuminando parzialmente il profilo di un uomo seduto.
“Benvenuto. Ti stavo aspettando Sasuke.”
Parole sibilate con velata sensualità.
L'ospite non si mosse, rimanendo nel buio a fissare quella figura dal gomito mollemente appoggiato ad un bracciolo in legno e la mano che andava a sostenere il mento.
“Chi sei?” chiese con aperta diffidenza.
“Orochimaru.”
Non disse altro; lasciò che il suo nome riecheggiasse per quella stanza ampia, satura dell'odore di zolfo e altre sostanze difficilmente riconoscibili.
Sollevando appena la testa, come per assicurarsi di non perdere il controllo e mantenere una posizione di dominio, Sasuke chiese:
“Tu sei in grado di insegnarmi qualcosa che gli altri non sanno? Puoi essermi davvero utile?”
Le ultime parole erano contornate da una velata ironia.
Orochimaru fece un accenno di risata alzandosi lentamente in piedi, così che i fluenti capelli ricaddero sulle spalle, infine si spostò.
Per qualche istante Sasuke non riuscì più a distinguerne la sagoma, quasi come se il misterioso uomo fosse stato inghiottito dal buio, finché non vide la sua alta e flessuosa figura pararglisi improvvisamente davanti; non aspettandoselo l'Uchiha, suo malgrado, dovette stringere i denti per non dare prova di essere stato colto palesemente di sorpresa.
Scrutò Orochimaru i cui occhi avevano qualcosa di inumano, di malvagio, mentre i riflessi della candela ardevano sul manto oscuro dei capelli; la pelle, mortalmente pallida, ornava quel viso perfetto che appariva innaturale quando le labbra sottili si contraevano in un sorriso appena accennato.
Sasuke indietreggiò di un passo ma Orochimaru portò un indice sotto il mento del ragazzo, commentando in un sibilo seducente:
“Sei giovane. Eppure già vuoi lasciarti alle spalle le tue vecchie, stagnanti, conoscenze per aprire gli occhi.”
Sasuke si irrigidì e assottigliò le labbra, sussurrando con freddezza:
“Non mi toccare.”
Passarono diversi attimi senza che nessuno dei due si muovesse finché Orochimaru – abbassando gli occhi come a voler cogliere tutto del ragazzo con un solo sguardo – ritrasse lentamente la mano, portandola al suo fianco in uno svolazzo delle ampie maniche nere che arrivavano a coprirgli di tanto in tanto le dita.
Dandogli le spalle l'uomo chiese, assumendo un tono di voce provocatorio:
“E tu, Sasuke, cosa mi darai in cambio?”
“Diventerò tuo allievo.” rispose questi semplicemente.
Orochimaru si voltò appena, infine lo guardò sfoggiando sorrisetto crudele:
“Mi sembra un po' poco rispetto a quanto ti sto per offrire: ti do una foresta e tu in cambio mi cedi un giardino.”
“Sei tu ad avermi parlato. Credevo di interessarti.” rispose l'Uchiha con aria di sfida.
Orochimaru si inumidì con grazia un labbro:
“Non sai nemmeno quanto ma... – fece una pausa avvicinandosi al tavolo per poi aggiungere,  illuminato dalla candela – così come sei non mi servi a nulla.”
Sasuke incrociò le braccia e reclinò la testa ribattendo:
“Questo non è un problema mio.”
Anziché affrontare la questione Orochimaru prese in mano un libro poggiato sul tavolo in legno e lo aprì in un punto a caso:
“Conosci l'alchimia? Conosci le potenzialità degli elementi, delle fusioni, dell'arcano custodito in ogni formula? – richiuse improvvisamente le pagine in uno scatto secco per poi sgranare gli occhi velati dalla follia – Tu diventerai Dio, onnisciente e perfetto.”
Quelle parole riecheggiarono nella testa di Sasuke avvelenandolo, nutrendo il suo crescente desiderio di superare gli altri per fuggire dal modo banale di vivere dei comuni mortali; lo aveva sempre saputo: era destinato ad essere più di un semplice medico, al solo scopo di provare l'ebbrezza di vedere il mondo dall'alto con la superbia che gli era propria e il diritto che sapeva di avere.
“E tu? Non sei Dio?” chiese all'improvviso con tono disilluso.
“Io sto morendo – rispose semplicemente Orochimaru, appoggiando le dita al bordo del tavolo – e un Dio non può morire.”
Sasuke per qualche istante non disse nulla.
Aveva la conoscenza a portata di mano, gli veniva offerta dopo aver creduto che la vita non avesse più nulla da dargli... seppure in un modo sbagliato, forse addirittura malsano: ma d'altronde non si trattava che di una sfida alle regole, un modo per aggirare il sistema perfetto dell'esistenza così da condurla almeno una volta secondo la propria volontà.
L'Uchiha non si era mai tirato indietro; cercava sempre di superare quei limiti che gli altri si erano banalmente imposti nel timore di conseguenze terribili, quali la morte ad esempio.
Cos'era la morte?
Quali inaspettate delizie poteva offrire a chi rifuggiva la vita?
Era un evento improvviso, a volte atteso, a volte evitato, ma esisteva così come esistevano le stelle, i politici, le tempeste.
“Dammi il tuo sapere, Orochimaru.”
“Prima o poi dovrai pagare il prezzo, Sasuke, qualunque esso sia.” mormorò con una venatura malevola.
“Staremo a vedere.” rispose.
Orochimaru lo fissò un istante, mostrando un certo compiaciuto divertimento, per poi scorgerlo voltargli le spalle ed andarsene con i passi decisi che si dispersero nella casa; tornò infine a sedersi sulla sedia in legno, scrutando la luce della candela danzare davanti a lui.
Quel ragazzo freddo, superiore agli altri e sicuro di sé era ciò che cercava, il mezzo perfetto su cui trasferire le proprie conoscenze per poterle un giorno sfruttare a proprio piacimento. Sarebbe stato difficile da controllare: un soffio di vento, talmente forte da riuscire ad abbattere intere case, ma se domato poteva accarezzare l'erba senza sradicarla.
Si passò un dito sulle labbra, inspirando profondamente: ecco la sua piccola scommessa personale, sommata alla soddisfazione di vedere quell'orgoglioso studente stanco del mondo ai suoi piedi senza che dovesse incatenarlo per non farlo fuggire. Sapeva che, nonostante il rifiuto, prima o poi sarebbe giunto il momento per Sasuke di rendergli tutto.
Con gli interessi.



*°*°*°*



Kabuto, in un angolo della grande stanza usata dal suo padrone per compiere gli esperimenti alchemici, da mesi osservava in silenzio Orochimaru e Sasuke studiare. Li vedeva tracciare formule, dosare gli ingredienti per ampolle e beute, regolare il fuoco e trasmutare qualsiasi tipo di materia o sostanza; li vedeva ma non parlava.
Guardava Orochimaru, lui e lui soltanto: le forme sinuose, i capelli sensuali, gli occhi che dardeggiavano di tanto in tanto su Sasuke che eppure appariva indifferente ai suoi gesti espliciti, al modo unico di sfiorare quel corpo che un giorno, Kabuto lo sapeva, gli sarebbe appartenuto.
L'alchimista era un Dio ma pur sempre legato al concetto della mortalità... fallito, in quel senso.
Il fedele assistente, nascosto nell'oscurità, si chiedeva cosa provasse Sasuke, detestandolo, perché  stava vicino al proprio insegnante respirando in sintonia, veniva toccato da lui che con quel suo tono di voce profondo gli parlava bisbigliandogli segreti irraggiungibili per l'uomo comune. Poi, inevitabilmente, Kabuto cercava di capire anche cosa pensasse Orochimaru dell'allievo a cui sembrava iniziare ad affezionarsi, quasi come se tentasse di infondergli ogni giorno conoscenze sempre nuove così da evitare che Sasuke, una volta compreso che il maestro non aveva più nulla da spiegarli, lo abbandonasse.
Ma così non poteva andare, non dopo un anno di studi.
Orochimaru stava morendo per colpa di un cuore instabile e di una pelle fotosensibile che lo costringeva a nascondersi nel buio; viveva di oscurità e del suo stesso desiderio di immortalità.
Allora perché, si domandava ogni volta Kabuto senza trovare risposte, perdeva tutto quel tempo dietro ad un ragazzo?
Mese dopo mese si consumava mentre Sasuke, splendente di luce propria, arrivava a conoscere ciò che a molti per secoli e secoli era stato precluso; stava tornando a nuova vita lasciando morire chi lo aveva resuscitato senza che gli importasse qualcosa del proprio benefattore.
Infatti il ragazzo astutamente si limitava, attraverso qualche velata osservazione ed uno studiato gioco di sguardi, a compiacere il maestro per domarlo a sua volta: cercavano entrambi di prevalere l'uno sull'altro ma mai Kabuto avrebbe potuto pensare che, nel giro di poco tempo, proprio l'Uchiha riuscisse ad uscirne vincente.
Senza preavviso Orochimaru, interrompendo ogni altro gesto, disse con un tono di voce che non ammetteva repliche:
“Kabuto esci.”
Questi interpellato mosse un passo replicando: “Ma mio signore...”
“Non esiste il ma. Dovresti saperlo.” ribatté con fredda ironia.
Kabuto si morse un labbro e lanciò un'occhiata di puro odio a Sasuke che, per contro, lo osservò non celando un certo divertimento sprezzante, infine con un inchino se ne andò.
Orochimaru guardò un istante il proprio allievo intento a girare un fluido viscoso. Accennò ad un sorriso per poi avvicinarglisi da dietro e portare una mano sulla sua, accostando le labbra violacee alle orecchie del ragazzo che, rigido, non si era mosso.
“Gira con più forza.”
Lo guidò nei movimenti mentre i capelli scuri fluivano sulle spalle contratte di Sasuke il quale tuttavia non si sbilanciò, concentrandosi su ciò che doveva fare indipendentemente dalla mano gelida del maestro, divenuta una sorta di presenza inopportuna inspiegabilmente fastidiosa.
“Riesco a farlo da solo.” replicò impassibile.
“Ne sei davvero convinto?” chiese Orochimaru non muovendosi. Il suo respiro, privo di calore, solleticava il collo scoperto di Sasuke scuotendogli appena qualche ciocca di capelli.
“Cos'altro avrai ancora da mostrarmi, Orochimaru?”
Improvvisamente questi portò una mano sul ventre dell'Uchiha ma lo cinse senza forza, come se fosse stato un velo invisibile.
“No, Sasuke. Ora non tocca più a te fare domande, sono io ad esigere una risposta e... sai già quello che mi devi.”
Il ragazzo smise di muoversi.
“Togliti.”
“Il tuo tono arrogante mi infastidisce.” replicò soffiandogli sempre in un orecchio, così da accarezzarlo con il suo respiro misurato, poi lentamente le sue mani scivolarono oltre Sasuke, lasciandolo libero da quella presa leggera eppure senza possibilità di fuga.
L'allievo si voltò a guardare il proprio interlocutore con aria di sfida, infine replicò dando prova di cinica freddezza:
“Tu vuoi il mio corpo, lo sapevo sin dal primo giorno nel quale mi sono avvicinato a te. Perché sei vecchio, stai marcendo e ben presto tutto ciò che saprai altro non sarà che un cumulo di macerie.  Sei un illuso, Orochimaru. Morirai e io invece vivrò, resuscitato da te; ironico, non è vero?”

Non hai più niente da darmi.

“Hai appreso ciò che volevo insegnarti.” rispose Orochimaru passandosi la lingua sulle labbra, fissandolo con quegli occhi crudeli che Sasuke aveva imparato a ignorare.
Eccetto quella volta; già... quella volta un brivido gli percorse la schiena.
“Tu menti. Speri di sussurrarmi altri segreti credendo che un giorno io possa essere così vulnerabile da offrirmi a te. Ti ho semplicemente preso in giro, illudendoti che un giorno io possa essere tuo.”
Si fissarono un istante, avvolti dall'odore di zolfo, di chiuso e circondati dalla luce delle candele disposte in modo da illuminare i piani di lavoro.
Orochimaru aveva le mani lungo i fianchi e il volto parzialmente coperto dai lunghi capelli neri.
“Vattene allora. Non c'è più niente qui – infine aggiunse, increspando le labbra in un accenno di sorriso minaccioso – Presto o tardi, Sasuke, tornerai da me.”
Questi però lo guardò impassibile per poi dirgli:
“Addio.”
Orochimaru non parlò, finendo per seguire con gli occhi quel giovane corpo allontanarsi.
Era scritto nel destino di tutti morire; lui infatti negli anni aveva vissuto agganciato alla vita degli altri, affannandosi nelle ricerche con il semplice scopo di conquistare frammento dopo frammento l'agognata immortalità.
Perché, sopra ogni altra cosa, detestava aver sprecato la sua vita intera per delle conoscenze che da morto non avrebbe più posseduto; allo stesso modo il tempo mortale era troppo breve affinché l'uomo potesse pretendere di conoscere tutto lo scibile. Così si saziava di eternità per compensare gli anni passati nel buio a causa di una salute cagionevole che nessuna alchimia avrebbe potuto mutare.
Si guardò un istante le mani quasi con una venatura di disprezzo, inarcando appena in una smorfia la bocca sottile.
Vi vide il potere strettamente accompagnato però dall'imbattibile morte: il suo corpo era soggiogato a tali regole impossibili da cambiare, per questo sarebbe stato sufficiente riuscire ad aggirarle. Ma Sasuke, novello Lazzaro, resuscitato ed annoiato della vita era fuggito non appena la morsa del suo maestro si era fatta più stretta. Se ne era andato e lui stava morendo.

Sasuke camminò per strada con il solito passo deciso, inspirando l'aria della prima mattinata.
Riconobbe in lontananza il locale nel quale era solito passare le proprie serate prima di aver conosciuto Orochimaru: fumava oppio accontentandosi di sognare la vita. Doveva riconoscerlo; il suo maestro, nel corso dei mesi di insegnamento, gli aveva aperto gli occhi mostrandogli un mondo di arcani segreti alchemici.
La presenza di quell'uomo ambiguo tutto sommato non lo disgustava e nemmeno gli dava fastidio, nonostante a volte provasse disagio per quello sguardo folle, tipico di una persona che sembrava in grado di poter colpire  proprio quando meno ci si aspettava una sua mossa.
Sasuke però in breve aveva capito come muoversi con lui: teneva lo stesso atteggiamento imperscrutabile e accoglieva la sua sfida, imparando a sostenere quegli occhi freddi accompagnati da un sorriso malvagio. A volte addirittura, nonostante sapesse quanto Orochimaru potesse essere potente, lo guardava quasi con cinica compassione; alla fine egli altro non era che un misero mortale come tutti gli altri, anche lui destinato a marcire divorato dal tempo, mentre l'allievo rappresentava ciò che il maestro non sarebbe mai più stato: giovane.
L'aspirazione mancata di un genio, il successo, la vittoria e si sa quanto il sapore di vincere possa essere delizioso dopo aver bevuto il succo amaro della sconfitta; un sapore che Orochimaru nella presunzione delle sue convinzioni non avrebbe mai assaggiato.
Sasuke sorrise, alzando le spalle: non aveva più bisogno né di lui né dell'oppio, finalmente possedeva la forza per spiccare il volo. Tutto ciò che gli serviva era nelle sue mani e quanto ancora doveva prendere sarebbe stato ad un passo da lui; questa volta, consapevole, avrebbe potuto afferrarlo con un solo gesto.
Potere, soldi, gloria... non gli importava: a cosa servivano quando sapeva già di essere superiore agli altri?
Attraversò la strada.
Avrebbe detto addio a quell'appartamento per studenti e abbandonato medicina, iniziando così a viaggiare per il mondo che impaziente lo aspettava: si sentiva felice perché aveva raggiunto il suo traguardo.
Ma improvvisamente, a metà della carreggiata, un cavallo imbizzarrito si impennò nitrendo furioso; fu questione di un attimo: con uno strattone violento l'equino si liberò delle imbracature che lo tenevano agganciato alla carrozza. La trascinò con sé per qualche metro, facendo poi perdere l'equilibrio al mezzo che si inclinò fino a non cadere sull'acciottolato; l'animale quindi colse l'occasione, si liberò del peso e corse affannato per la strada, sbuffando aria calda dalle narici dilatate.
Sasuke lo vide arrivare.
Per diversi istanti non si mosse poi – in un attimo di lucidità – si lanciò di lato, evitando così di finire schiacciato sotto gli zoccoli del quadrupede che impazzito proseguì al galoppo.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli, mantenendo il suo sangue freddo, quindi emise un sospiro per poi socchiudere un istante gli occhi e rialzarsi in piedi anche se a fatica.
Era ancora vivo.
“Attento!”
Una voce, un grido terrorizzato che a Sasuke parve stupido.
L'Uchiha si girò e, in quel preciso istante, quasi per scherzo del destino venne colpito in pieno dalla carrozza rovesciata che raspava sul lastricato, mentre le ruote giravano senza più strada da percorrere.



*°*°*°*


Si guardò il volto allo specchio appeso malamente sopra al catino di ceramica contenente dell'acqua fredda e passò un dito sulla pelle, notando che gli ultimi lividi dell'incidente erano ormai spariti, così accennò ad un sorriso soddisfatto.
Uscendo dall'appartamento afferrò il cappotto per poi scendere le scale a passo lento, come a voler contare ogni singolo gradino, ritrovandosi in strada. Alzò gli occhi al cielo e si portò un avambraccio davanti al volto, schermendosi dai raggi primaverili del sole.
“Sasuke!”
Si voltò sentendo una ragazza dai capelli rosa chiamarlo ma non disse nulla, rimanendo a guardarla senza mostrare alcuna reazione.
“Non devi affaticarti troppo! – esclamò lei una volta che lo raggiunse con il fiatone – Lo sai che ti sei ripreso da poco dall'incidente.”
“Perché dovrebbe interessarti?” chiese all'improvviso dopo averla fissata un istante.
Sakura roteò gli occhi per poi incrociare le braccia e ribadire:
“Perché sei tu Sasuke – anche se non avrebbe voluto le sue parole risultarono troppo pregne di dolcezza sofferta – nonostante da quando sei stato investito sembri così...”
“Diverso?” la anticipò, inarcando un sopracciglio.
“Sì.” confermò nella speranza di capirlo.
Il moro alzò le spalle e si limitò a dire con fare quasi compiaciuto:
“Ora devo andare.”
“Dove?”
Ma non la ascoltò. Sakura, con un groppo in gola, lo vide girare le spalle e allontanarsi senza degnarla di una risposta; non volle insistere, sentendo un dolore troppo grande al petto, come se con tutta la brutalità possibile il cuore le fosse stato strappato via.
Assieme a Sasuke.
Questi girò l'angolo e dopo qualche metro Kabuto gli si affiancò, tirandosi su gli occhiali; i due camminarono in silenzio per diversi attimi, senza nemmeno degnarsi di uno sguardo, finché improvvisamente l'uomo dai capelli grigi non osservò:
“Alla fine è morto.”
Il ragazzo si voltò verso di lui, guardandolo quasi con magnanimità, e rispose leccandosi le labbra soddisfatto:
“Lo avevo detto, Kabuto, che prima o poi sarebbe tornato da me.”




It's horrid to see you again
Now that you're back from the dead
It's horrid to see you again
So bored of being.... alive




Piccola noticina: Avrei voluto sottotitolare la fiction “La rivincita di Orochimaru!” XD
Finalmente è riuscito ad avere il corpo di Sasuke... era ora che venisse degnamente ricompensato.

Traduzione e note canzone:

Lazarus dei Placebo.

E' orrido vederti di nuovo
ora che sei tornato dalla morte.
E' orrido vederti di nuovo
così annoiato di essere te.

E' orrido vederti di nuovo
ora che sei tornato dalla morte.
E' orrido vederti di nuovo
così annoiato di essere... vivo.


Commenti da zucca post-traumatizzata

Terza classificata! *_* Giuoia e gaudio!!
Continuerò a dire per tutta la vita che non sono assolutamente soddisfatta di questa fiction, semplicemente perché non riuscivo a dar libero sfogo alla mia fantasia con il pairing Orochimaru-Sasuke; quindi l'originalità ne ha risentito, cosa per la quale io mi aspettavo un'espulsione diretta dal concorso XD
Un giorno, quando sarò più ispirata su tale coppia, scriverò un bel raccontino questa volta con rating realmente Profondo Rosso =ç=
Grazie a Compagniescu, della quale ho apprezzato i lucidi commenti, talmente perfetti da farmi rimanere a bocca aperta.
Grazie a chiunque recensirà quest'opera un po' malsana e senza alcuna pretesa.
   
 
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