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Autore: i luv rainbow    25/08/2016    2 recensioni
La grotta finalmente si fa più affollata con l'aggiunta di Oliver al gruppo, anche se il giorno in cui saranno tutti riuniti è ancora lontano. Jason però, dopo essersi assicurato che tutti quanti stanno bene, cerca come sempre andarsene e sparire nella giungla. Le cose però andranno diversamente, visto che stavolta i suoi nemici sono stati più bravi del solito a cercare di ucciderlo...
FanFic incentrata sul rapporto d'amicizia tra Ollie e J, con contorno di Bromance tra fratelli Brody e quel pizzico di Vaas/Jason che ovviamente non guasta mai. Pubblicazione settimanale (possibilmente, altrimenti slitta a quella dopo...o a quella dopo ancora).
Max lunghezza tra i 5 o 6 capitoli (Forse anche 8 o 9).
[2° Parte The Warrior Inside Me - Tutti i missing moment del gioco parte 3]
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash | Personaggi: Jason Brody, Oliver Carswell, Vaas Montenegro
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Warrior Inside Me'
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I Got You

Author - I luv Rainbow
(I_luv_Rainbow_000)
EFP | AO3

*PTSD, “Post-Traumatic Stress Disorder”
(disturbo post-traumatico da stress)

PTSD

Oliver, appoggiato al bordo del ponte della barca, guardava distrattamente Daisy lavorare ancora al motore. Non era esattamente il suo campo e nemmeno il proprio, per questo ammirava molto la sua incorruttibile determinazione nel sistemare quel vecchio pezzo di ferraglia arrugginito. Se ci fosse stato Vincent ci avrebbero messo di meno; dopotutto di mestiere faceva il meccanico a Los Angeles.

Già, faceva…

Oliver aveva chiesto a Jason di lui come aveva chiesto di tutti gli altri e anche se infondo doveva aspettarselo, era rimasto parecchio atterrito nel sapere che non sarebbero tornati tutti quanti a casa. Poi aveva sorriso; per farsi forza, per non cedere alla tristezza e alla malinconia. Per essere il solito Ollie che vedeva il lato positivo di ogni cosa.

Cavolo, è proprio una situazione di merda amico. Ma c'è la caveremo, giusto?”gli avrebbe detto, mettendogli una mano sulla spalla e tirandolo un po' su di morale, anche se ormai il suo migliore amico non sembrava più tanto turbato da tutto quel sangue e dalla violenza.

Poi aveva saputo di Grant…

Jason era così concentrato, così immerso in questa sua nuova pelle da guerriero impavido – che in realtà Oliver, come prima di lui lo stesso Grant, sospettava esserci da sempre in realtà – quando gli comunicò la terribile notizia; ad Oliver il sorriso gli morì quasi in un attimo e il suo viso diventò la definizione stessa del dolore, dell'incredulità e della confusione, finendo a passare poi tutto quel tempo semplicemente a fissarlo in silenzio. Non più capace di aggiungere una sola parola.

La notizia l'aveva così sconvolto eppure non era nemmeno l'elemento che più l'aveva scioccato…

A turbarlo profondamente era stato lo stesso Jason; gli aveva dato quella notizia, così terribile e così crudele, con fare talmente distratto e quasi disinteressato. Con espressione monotona e continuando a guardare l'orizzonte, verso il posto sicuro in cui voleva condurlo e cambiando la direzione dello sguardo ogni tanto, solo per assicurarsi che non ci fossero pirati nei dintorni. Non guardò nemmeno l'amico negli occhi, non soffermandosi che il minimo necessario sulla notizia della morte di suo fratello maggiore, archiviandone subito l'argomento – Oliver sospettava che se di propria iniziativa non avesse chiesto, probabilmente J di suo non l'avrebbe mai informato di tutto questo.

Sembrava quasi apatia.

Sembrava come se non gliene importasse più nulla.

Peccato che il ragazzo biondo ormai lo conosceva così bene e da così tanto tempo, da sapere che era proprio il suo esatto contrario...

Ollie, da figlio unico qual'era, aveva passato molti, troppi anni ad osservare per bene quei tre fratelli così invidiabili per quanto fossero uniti tra loro da sapere con la certezza più assoluta che perderne uno, per i due rimasti, avrebbe significato perdere anche un pezzo del proprio cuore o della propria anima.

Un dolore così forte che il ragazzo biondo era consapevole di riuscire a malapena ad immaginare...

Quella di Jason era tutto ciò che ci fosse di più lontano dall'apatia e anche se l'amico indossava quella maschera ed evitava l'argomento, Oliver poteva benissimo vedere quel terribile strazio; come se J avesse ancora un grosso coltello piantato in pieno petto in quello stesso istante e che proprio, per quanto il ragazzo ci provasse, non riusciva mai ad estrarre. Soltanto a girare e ancora a rigirare, provocando solo più dolore facendolo sempre sanguinare e tutto questo gli diede da pensare...

Quanto si era perso di Jason dall'ultima volta che l'aveva visto? Che cosa aveva fatto di preciso in tutto questo tempo? Quante altre ne aveva già viste e subite? Quante ne aveva passate?

Quest'isola, splendida e bella quanto crudele e mortale, stava facendo appezzi il suo migliore amico.

«Ollie, mi passi quella chiave?» la voce di Daisy gli arrivo così distante e quasi improvvisa, visto come il ragazzo fosse perso nei propri pensieri. La ragazza era ancora inginocchiata a trafficare con il motore e dal basso gli indicava già da un pezzo la grossa chiave inglese che stava a terra a meno di un metro da lui.

«Oh, sì. Scusa, vado a prendertela» gli disse subito, sorridente e solare, abbassando dal proprio viso l'ennesimo spinello, voltandosi e guardando dove giaceva la chiave per poi andare a prenderla. Mettendo per un attimo da parte il turbine di pensieri che aveva in testa.

Poi lo vide...

Jason era sveglio e già fuori dalla tenda, Ollie sorrise praticamente per istinto e tutto contento che si fosse già ripreso, alzò una mano per attirare la sua attenzione ma non fece in tempo a chiamarlo; il suo migliore amico sembrava agitato, forse un po' scosso e prima ancora che potesse capirci qualcosa, lo vide muoversi a gran passi in direzione dell'uscita – come se volesse volatilizzarsi.

«Ollie, la chiave» lo richiamò Daisy, ricordandogli di nuovo di portargli l'oggetto in questione.

«Si certo. Ecco qui, tieni» gli disse prendendogliela e passandogliela subito.

La ragazza non tolse mai il naso da quel motore, Oliver invece alzò di nuovo lo sguardo e vide che Jason era praticamente sparito; perché se n'era andato?

«Senti Daisy, vado un attimo da Jason ok?» l'avviso, sempre con quella sua tipica calma.

«d'accordo, ma vedi di lasciarli anche un po' da soli quei due» commentò poi la ragazza senza mai alzarsi o distogliere lo sguardo dal proprio lavoro e di fatto, non solo non si accorse che Jason non era più con Liza, ma anche che Oliver si fosse già allontanato senza ascoltare le sue parole.

.... .... .... ....

Come tentai di alzarmi riuscii solo a sollevarmi debolmente su di un braccio, facendomi scappare un breve lamento di dolore che soffocai prima che Liza potesse udirmi. Solo poi, tenendomi una mano sul fianco bendato, finii di rimettermi in piedi e di uscire dalla tenda.

Erano tutti così presi…

Daisy con la barca e Oliver sembrava stargli dietro a dare una mano; li guardai un attimo da lontano e poi, senza di dire una sola parola, me ne andai. So che avrei dovuto avvisarli, che dovevano essere preoccupati per me e che volevano essere certi che per lo meno stessi bene ma ancora sentii solo l'impulso di andare via e di scappare fuori, quasi mi sentissi soffocare.

Scusatemi...

Non le gestivo proprio per niente bene le mie emozioni, eh?

Mi infilai subito nel cunicolo di roccia che mia avrebbe portato all'esterno a all'improvviso, invece che camminare in modo decente come una persona normale, mi ritrovai in una attimo ad accasciare contro la parete quasi privo di forze. Era decisamente troppo presto per alzarmi e farmi anche solo una banalissima passeggiata ma io, testardo come al solito, decisi di ignorare gli avvertimenti del mio stesso corpo.

Continuai, iniziando a trascinarmi contro quella superficie umida e rocciosa fino a ritrovarmi finalmente fuori.

Feci ancora una decina di metri in avanti e poi, ora già più tranquillo, mi fermai; non c'era alcuna luce ad abbagliarmi, era già calata la notte. I grilli già frinivano nell'erba, l'aria veniva su dal mare ed era fresca al punto giusto. Io mi ritrovai a respirare a pieni polmoni.

Adoravo quando la temperatura si prendeva una pausa dall'afa tropicale per diventare non fredda, ma semplicemente calda al punto giusto.

Avevo ormai imparato a conoscere bene il clima di quest'isola e anche dei suoi rari ma improvvisi cambi di temperatura; di solito di giorno faceva un caldo terribile e sfiancante, un po' meno la notte anche se comunque le alte temperature mettevano a dura prova il sonno il più delle volte. Quando pioveva invece la temperatura crollava di colpo e diventava così fredda da far impallidire una tipica giornata di pioggia londinese. Ci si doveva coprire o altrimenti si rischiava seriamente l'ipotermia. quando finalmente poi la pioggia passava, lasciava sempre quella temperatura del tutto gradevole che attraverso l'aria ora mi accarezzava la pelle.

Avevo gli occhi chiusi ma poi istintivamente alzai lo sguardo verso il cielo e quando li riaprii trovai miliardi di stelle a illuminare l'infinito manto di tenebre che era il cielo.

Era uno spettacolo bellissimo.

Per colpa di Vaas e dei suoi maledetti pirati, per colpa di tutte le carogne prive di cuore che giravano sull'isola, a volte mi dimenticavo quanto potesse essere stupendo questo posto ma alla fine la natura tornava sempre a ricordarmelo; era una vista così splendida, così stupenda, che nemmeno mi accorsi che stavo già cercando la reflex con una mano.

Non era affatto inusuale per me, al contrario, era una delle cose che più volte al giorno mi teneva occupato. Sopratutto nei tempi morti; prendere la reflex, immortalare qualcosa di interessante e poi rivederlo e magari, ricatturare di nuovo la sua immagine anche se l'avevo già fatto un sacco di volte. Piante, animali, paesaggi, albe e tramonti, templi e baracche, Rakyat, semplici contadini, donne che andavano a prendere l'acqua al fiume, bambini che giovavano con la terra e con i bastoni, donne anziane addormentate su una sedia fuori dalla porta, uomini di malaffare e persino i maledetti pirati.

Era più forte di me; fermarmi e fotografare per il semplice piacere per farlo.

Gli uomini di Vaas che non avevano la minima idea di quante volte mi ero avvicinato a loro, solo per potergli scattare un'innocua fotografia e poi tornare a svanire nella giungla senza averli neanche toccati – mi capitava spesso anche quando mi appostavo solo per studiarmi uno dei loro avamposti e per questo semplice motivo, persino di Vaas ne avevo ormai tante.

L'avevo sempre beccato per caso, i suoi movimenti erano peggio di quelli di un gatto fantasma; non lasciavano mai tracce e non si capiva mai dove sarebbe andato o da dove diavolo fosse venuto fuori. Era l'unico che fotografavo solo ed esclusivamente per studiarlo meglio, solo per capire se da qualche parte avesse un maledetto punto debole da poter sfruttare...

Ora però non dovevo pensare a lui e rovinare questo momento.

Di nuovo mi concentrai solo su quel cielo e ancora continuai con la reflex, trovando strano che non l'avessi giù toccata dentro anche solo per sbaglio. Dopodiché compresi il perché e lentamente tutta la poca serenità che ero riuscito a conquistare svanì nel nulla, lasciando lo spazio solo all'orrore e alla paura…

All'improvviso la mia mano vagò con terrore sul mio fianco. Fu solo in quel momento che compresi veramente di non avere nulla addosso; macchina fotografica, machete, armi da fuoco...

Niente, a parte i miei vestiti.

Gli altri dovevano avermi tolto tutto prima di medicarmi e mettermi nella tenda, pensando che fosse una buona idea, ma tutto questo ora...faceva di me solamente un uomo ferito e completamente disarmato – su di un'isola piena zeppa di assassini squilibrati...

All'improvviso il sangue mi schizzò di colpo alla testa stordendomi mentre il terrore e l'agitazione che seguirono, in un primo momento, mi paralizzarono completamente. Prima di iniziare a farmi tremare in modo quasi incontrollato. Avevo visto molto, decisamente troppo di tutto lo schifo che accadeva qui per non impedire alla mia immaginazione di tormentarmi e ricordarmi come le cose, per la più minima disattenzione – per la più minima stronzata – potessero andare veramente male

Per un attimo credetti di svenire come iniziai a vedere tutto nero e invece di pensare solo a sedermi, nella mia testa comincia a ripetere ossessivamente solo una cosa e una soltanto.

Mi serve un'arma

«Hey J!» mi sentii improvvisamente dire da Oliver alle spalle mentre una sua mano, incautamente, si posò sulla mia schiena.

Mossa sbagliata.

Avevo la mente completamente vuota, bloccata, ma non importava. In meno di un secondo il mio corpo si mosse da solo, reagendo praticamente d'istinto – per difendersi – e prima ancora di capire quello che stavo facendo, Ollie ne subì le conseguenze; fu un attimo, per come mi girai di colpo per afferrare il suo braccio, quello con cui mi aveva toccato, per torcerglielo dietro alla schiena e poi sbatterlo faccia contro la parete di roccia al nostro fianco, continuando solo a forzare finché non avrei sentito il suo osso spezzarsi sotto la pressione delle mia mano.

Furono solo le sue urla a fermarmi.

Fortunatamente, prima che potessi per davvero fratturargli l'avambraccio, la sua voce singhiozzante e intrisa di dolore mi arrivò alle orecchie, facendosi strada a forza verso quella piccola zona remota e ancora cosciente del mio cervello.

Piano piano incominciai a capire che quella voce così sofferente non era quella di un pirata, non era quella di qualcuno che avrebbe voluto farmi del male. No. Quella voce era di Oliver..

Avevo gli occhi aperti ma finalmente tornai a guardare per davvero e in un attimo, non fui più cieco.

La mia forza lentamente venne a mancare, il mio volto si riempì di dolore e di orrore come inizia a rendermi conto di quello che stavo facendo e a chi, lo stavo facendo...

Lo mollai, indietreggiando scioccato, abbassando lo sguardo sulle mie mani tremanti.

Come aveva potuto?

É Ollie, dannazione! Ollie...

Intanto Oliver si voltò verso di me massaggiandosi distrattamente il braccio dolente. Io non avevo il coraggio di guardarlo in faccia; stavo male, così tanto da sentirmi soffocare mentre per il dolore infilai le mie mani tra i capelli, stringendoli, con già le lacrime agli occhi.

Mio Dio, che cosa sono diventato?

«Mi dispiace. Perdonami, io non...» cercai di spiegargli in preda alle lacrime e singhiozzante, non riuscendo nemmeno a finire la mia stessa frase.

Non volevo fargli del male, non ne sarei mai stato capace eppure…

Eppure…

Io stavo per rompere un braccio al mio migliore amico, uno come pochi sulla faccia della terra. Un ragazzo splendido; senza di lui nella mia vita molte cose sarebbero state diverse...

«J...» mi sentii chiamare da lui quasi esitante ma indubbiamente preoccupato: «Tranquillo amico» aggiunse poi con tono tranquillo e così amichevole. Troppo amichevole.

Alzai lo sguardo, il mio pietoso volto pieno di sofferenza e lacrime giusto per vedere in tempo il suo sorriso solare mentre mi veniva incontro e mi metteva le mani sulle spalle, solamente per potermi calmare e consolare: «non è successo niente»

Che idiota che ero; così schiacciato dal peso insopportabile di una simile colpa che per un breve attimo mi ero completamente dimenticato di chi avevo veramente di fronte...

«E poi è stata colpa mia, giusto? Mai sorprendere un Ninja alle spalle» aggiunse poi scherzoso e ridente, irradiandomi come sempre con la sua positività. Io risi a mia volta alla sua battuta, anche se tra alcuni profondi singhiozzi ma sentendomi già il cuore più leggero.

Era incredibile come riuscisse sempre a sollevarmi, con il suo modo semplice e genuino di essere e non appena tornai abbastanza calmo per riuscire a parlare gli chiesi, giusto per sicurezza.: «Sei...sei davvero sicuro che non ti ho fatto niente? Ti prego, dimmelo se senti male da qualche parte e io...»

«Tranquillo J, sono apposto. Lo giuro, non sto mentendo» mi consolò, muovendo anche il braccio per mostrarmi che fosse del tutto in salute, così calmo e rilassato; invece io ancora sudavo e quasi mi sentii svenire per la seconda volta.

Mi ero indubbiamente alzato troppo presto...

«Tu piuttosto...» mi disse Ollie con tono incerto, vedendolo poi viaggiare con gli occhi sul mio fianco fasciato e come lo capii, d'istinto sentii l'impulso di coprirmelo.

«Sto, sto bene Ollie. Davvero; ho solo...ho solo bisogno di un po’ d’aria, sul serio. Poi torno dentro» mentii. Perché mentii? Perché dovevo sempre fare così con loro? Perché dovevo far finta che non ci fosse nulla che potesse abbattermi?

Oliver mi guardo incerto alle mie parole. Non capì il mio bluff, ma lo lasciò piuttosto perplesso il tono esausto che usai per rifilargli quella miserabile bugia. Non lo feci apposta; ero sempre stanco, stressato, agitato, in costante allarme e la verità ora, era che volevo solamente andarmene – senza però farlo neanche preoccupare.

«Quindi...torna da Daisy, ok? Io vado solo a farmi un giro. Solo un giro» gli mentii ancora.

Che cosa avevo che non andava?

Perché nonostante sentissi il bisogno di averlo vicino, continuavo solo a respingerlo?

Poi capii...

Ti prego, torna dentro Ollie; ti prego.

Avevo paura ma non per me stavolta, per loro. A quanto pare c'era solo una cosa che mi terrorizzava di più dell'essere solo e completamente disarmato, ovvero l'essere completamente disarmato ma in compagnia di qualcuno che amavo e che temevo di non riuscire a proteggere.

La grotta era un nascondiglio sicuro ma i pirati ogni tanto venivano a trovare il Dr. Earnhardt e non osavo immaginare cosa sarebbe successo se avessero beccato uno dei miei amici lì fuori. Perché mi era andata bene una volta ma chi poteva assicurarmi, che se fossero stati ricatturati, sarei stato poi in grado di salvarli una seconda volta? Di impedire che fossero uccisi o venduti come schiavi...

Dio, no…

Non lo volevo dannazione e avrei fatto di tutto perché non accadesse ma nonostante le mie parole, Oliver era ancora lì, di fronte a me, che continuava a guardarmi con sguardo poco convinto…

Dovevo agire, fare qualcosa che gli facesse capire che le nostre strade si dovevano dividere. Che lui doveva rientrare nella grotta e rimanere lì fino al mio ritorno, anche se sarebbero voluti dire giorni o anche di più. Ma non si muoveva, così a quel punto fui io il primo a farlo e prima che Ollie potesse protestare o dire anche solo una parola, di scatto gli diedi le spalle e tentai di andarmene.

Cercai di non guardare indietro, di ignorare il suo sguardo che doveva essere del tutto perplesso e confuso nel vedermi reagire a quel modo. Anche se era per il suo bene…

Riuscii solo a fare un paio di passi e poi crollai.

Le gambe di colpo cedettero sotto il mio stesso peso e se non fosse stato per lui, che subito mi corse incontro mettendosi in un attimo sotto il mio braccio per sorreggermi, sarei finito faccia a terra.

«Hey, hey. Con calma, ti accompagno io. Posso?» mi chiese, praticamente supplicandomi con quel suo sguardo e con quel suo sorriso così solare e ottimista a cui sapeva facevo fatica a dire di no.

Semplicemente felice di poter darmi una mano e come sempre ne rimasi commosso.

Oliver era la persona più schifosamente ricca che io abbia mai conosciuto nella mia vita eppure, era anche la più buona, gentile e altruista, sulla faccia della terra. Come fosse possibile che queste due cose andassero così d'accordo tra loro non ne avevo idea. Sapevo solo che di persone come lui ne nascevano una su un milione.

Io gli sorrisi a mia volta, ancora colpito dal suo gesto. Poi gli annui: «sì, grazie Ollie»

   
 
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