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Autore: myqueasysmile    25/08/2016    3 recensioni
La scuola.
Il canto.
La musica.
La famiglia.
Queste sono le cose più importanti nella vita di Elisa, ragazza diciottenne dal carattere molto introverso e complicato.
Una ragazza che adora il fratello, che spera di conoscere il suo "eroe" e che ancora non ha idea di cosa sia l'amore.
Ma poi arriva lui, completamente inaspettato, che un po' alla volta le stravolge la vita.
Forse riuscirà a farsi avvicinare da lei, lei che tende ad allontanare tutti e starsene per conto suo. O forse no.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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La campanella della ricreazione era appena suonata.
Guardai i miei compagni uscire, aspettando di rimanere sola, poi presi le cuffie dallo zaino e le collegai al cellulare.
Lo tenevo sempre acceso in classe, tanto non c'era pericolo che suonasse, nessuno mi scriveva mai. Gli unici messaggi che ogni tanto ricevevo erano di mia cugina Marta, dei miei genitori o di mio fratello.

Marco era più grande, aveva 24 anni ed era un cantante. Aveva partecipato a x-factor qualche anno prima e con mia grande gioia aveva vinto. Ero immensamente felice per lui... ma d'altra parte mi dispiaceva averlo sempre così lontano da me.

Poi c'ero io, che di anni ne avevo 18. Facevo il liceo socio-psicopedagogico ed ero in quinta. L'ultimo anno finalmente. Odiavo la scuola e odiavo la mia classe. A nessuno importava niente di me, a meno che non ci fosse una verifica di matematica. In quel caso era tutto un "Elisa mi potresti aiutare??", "mi passi i risultati?" o "mi fai copiare i compiti??". Sì, ero brava in matematica. O almeno lo dicevano gli altri.

Da parte mia pensavo solo che ne ero portata, non ero certo un genio, ma me la cavavo abbastanza bene rispetto agli altri.
E comunque li aiutavo sempre. Non riuscivo a dire di no, e mi ritrovavo puntualmente a correggere esercizi sbagliati o a prestare il quaderno... ero fatta così.

Guardai fuori dalla finestra. C'erano ragazzi che parlavano in cortile, alcuni ridevano e altri fumavano credendosi chissà-chi.
Mi alzai dalla sedia e sgusciai fuori dal mio banco in seconda fila. Mi avvicinai alla finestra appoggiandomi al davanzale e guardai davanti a me.
In realtà non guardavo veramente, i miei occhi si erano fissati in un punto, ma la mia testa era altrove. E senza accorgermene davvero muovevo i fianchi a ritmo con la musica nelle mie orecchie, e il piede batteva il tempo.

Pensavo ad altro, pensavo a mio fratello che ora nemmeno sapevo dov'era, pensavo a quanto avrei voluto incontrare colui che stavo ascoltando e dirgli grazie, pensavo a come dovesse essere avere delle migliori amiche, a come dovesse essere avere un ragazzo...

Spesso mi chiedevo cosa avessi che non andava. Le ragazze non cercavano la mia compagnia e i ragazzi sembravano non vedermi nemmeno. Ok, forse non ero bella come le modelle che si vedono nelle pubblicità o come alcune ragazze della mia scuola, ma non mi sembrava di essere così brutta e nemmeno di avere un brutto carattere. Eppure nessuno voleva stare con me. Io avevo più volte cercato di parlare con le mie compagne, ma poi mi sentivo lontana comunque. Mi sentivo un po' esclusa, e non capivo perché.

Ero ancora persa nei miei pensieri quando qualcuno mi tolse una cuffia.
«Che cazzo...?» esclamai girandomi di scatto e bloccandomi di colpo.
«Oh, buongiorno prof. Scusi, non sapevo fosse lei!» dissi arrossendo per la figura di merda. Era il mio nuovo prof. di musica arrivato quest'anno. Era molto giovane, forse sui trent'anni o addirittura meno. Alto, occhi azzurri e capelli castani, spesso in disordine. Era davvero bello, dovevo ammetterlo, e anche molto gentile. Nonostante questo però riusciva a farsi ascoltare, forse perché eravamo una classe quasi tutta di femmine e almeno metà di loro gli facevano gli occhi dolci.
Appena era entrato dalla porta, la settimana prima, mi aveva colpita, non posso negarlo. Io mi aspettavo il solito prof. di musica di mezza età, quasi pelato e largo il doppio di me. Invece era entrato lui, il prof Milani.

«Ti ho salutata ma non mi hai sentito, ho pensato di fare così...» spiegò guardandomi.
Aveva gli occhi così azzurri, e io ogni volta mi perdevo a fissarli. Erano bellissimi, del colore del cielo e del mare che io adoravo.

«Cosa fai qui da sola comunque? Non dovresti essere assieme alle tue compagne o fuori con questo bel tempo?» chiese indicando fuori.
Io alzai le spalle. «Si vede che non mi conosce, mi piace stare per conto mio... e comunque non sono sola, lui mi tiene compagnia» dissi mostrandogli la cuffia che tenevo tra due dita.
«Posso sapere chi è questo lui?» chiese appoggiandosi anche lui al davanzale affianco a me.
«Mika» risposi tornando a guardare fuori.
«Mika, è un grande cantante» fece lui.
Io sorrisi «Sì. Lo adoro!».

Rimanemmo in silenzio per qualche minuto. Avevo spento la musica e tolto le cuffie appena avevamo iniziato a parlare.
«Ti piace molto la musica, vero?» chiese all'improvviso.
«Come fa a dirlo? Tutti ascoltano musica come stavo facendo io» replicai.
«È vero, ma il tuo corpo si muoveva come se la sentissi nella tua anima» disse lui riportando gli occhi su di me.

«Amo la musica» ribattei «mi fa pensare a cose belle, mi porta lontano da qui e mi fa sentire meglio».
«Non dirlo a me. La amo a tal punto che ho deciso di finire in un liceo pieno di ragazzi scalmanati a insegnarla» disse scuotendo la testa e facendo una smorfia.
«Si vede che è la sua passione prof» commentai sorridendo.

«Sai, stavo pensando di proporre una cosa. Vorrei creare un coro. Lo so che avete gli esami, ma ve lo chiederò lo stesso».
«Non mi parli di esami prof per favore. Altrimenti riattacco Mika a tutto volume» dissi facendo una smorfia. Lui rise.

«È una bella idea comunque, basta che non ci faccia fare canzoni deprimenti» aggiunsi.
«Spiegami cosa intendi per "canzoni deprimenti" però» disse corrugando la fronte.
«Sono quelle cose in latino, di ottocento anni fa...».
«Nah, pensavo più a canzoni di adesso. Anche di Mika, perché no?» disse lanciandomi un'occhiata.
«Lo ha detto apposta per avere il mio sì. Non vale prof» sbuffai.
«E comunque ascolto anche i Tokio Hotel, Avril Lavigne, i Simple Plan, eccetera».
«E mio fratello Marco» aggiunsi dopo qualche secondo.
«Tuo fratello canta?».
Io annuii «Ha vinto x-factor qualche anno fa, ho sempre saputo che avrebbe fatto strada».

In quell'istante però suonò la campanella.
Mi allontanai immediatamente da lui. Non volevo che gli altri pensassero che ci stessi provando con un professore, perché la gente giudica sempre in base a quello che vede. Che sia o meno la verità.

Infilai le cuffie nello zaino mentre lui tornava alla cattedra e sistemava le sue cose. Stavo prendendo il quaderno quando il resto della classe entrò salutando il prof.
Presero posto non senza fare rumore, noncuranti del fatto che il prof fosse in classe.
Ma dopo una decina di secondi lui si schiarì la voce facendo calare il silenzio in aula e guadagnandosi l'attenzione di 23 persone.

«Allora, oggi è la nostra terza lezione insieme. Come sapete abbiamo due ore alla settimana, una di teoria e una di storia della musica. Perciò, siccome ho bisogno di conoscere quello che avete studiato l'anno scorso e verificare il vostro livello, per oggi ho preparato un semplice test di teoria» disse alzandosi in piedi e prendendo una pila di fogli.

Tra sbuffi e lamenti vari consegnò i fogli girando tra i banchi. 
«Eddai ragazzi, è semplicemente un test, non metterò voti» aggiunse finendo il giro e risedendosi alla cattedra. «Ma guai a voi se copiate, allora in quel caso potrei anche cambiare idea».

Mi guardai intorno vedendo facce perplesse e fronti corrugate. Allora portai l'attenzione su quel foglio e lo lessi da cima a fondo.
Non mi sembrava per niente difficile, forse perché oltre alla matematica mi piaceva anche musica ed essendo sorella di un cantante ne sapevo qualcosa. Anche perché prendevo lezioni di canto da quando avevo 12 anni.

Mi guardai di nuovo intorno e sorrisi quando incontrai gli occhi di Milani. Poi mi fiondai sul foglio e in poco più di mezz'ora avevo finito. Mi alzai e andai a consegnargli il test, poi tornai al mio posto. Dopo qualche minuto Martina, la mia compagna di banco, mi chiese una risposta di quelle a crocette. Gliela suggerii e lei mi ringraziò.
Ma qualche secondo più tardi dovetti fare lo stesso anche con Francesca.
E cinque o sei persone stavano cercando di attirare la mia attenzione.

Diedi un'altra risposta, ma quando alzai gli occhi incontrai quelli del prof che mi fissavano. Cercai di mostrarmi innocente, ma lui alzò un sopracciglio guardandomi fisso.

«Cosa stavi facendo Elisa?» chiese con aria da "ti ho beccata!".
«Ehm, io... io stavo parlando da sola» dissi per non far finire nei guai nessuno.
«Ah capisco, allora vieni qui a parlare con me».

Sembrava più un ordine che un invito, perciò feci come diceva. Presi la sedia e andai a sedermi affianco alla cattedra.

  
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