Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: formerly_known_as_A    25/08/2016    0 recensioni
Essere più malleabili, cedevoli, non significa rinunciare al proprio carattere e sottomettersi.
E desiderare la felicità di altri non significa sempre mettere a rischio la propria.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le ciglia di Kise sono davvero lunghe.

Aomine registra la familiarità di quel pensiero e ricorda di averlo formulato già in passato.

Ricorda se stesso a quattordici anni, un tempo che adesso gli sembra distante, coperto da una patina di polvere che lo fa apparire come qualcosa di irraggiungibile, un posto immaginario creato dalla sua testa. Gli sembra così reale, però, il se stesso di quattordici anni chiuso in un ripostiglio per gli attrezzi, in palestra, le risate soffocate dietro le mani dopo aver trovato un rifugio da Akashi solo un'eco, perso a contemplare gli occhi di Kise troppo vicini.

Allora le trovava buffe, quelle ciglia lunghissime che sembravano quelle di una ragazza, il contorno perfetto ad occhi di un oro che riusciva a distrarlo quando il ragazzo gli parlava. Buffe, eppure era senza fiato che le aveva osservate da troppo vicino, in quel luogo angusto.

Era confuso dal batticuore, allora, incapace di dare un nome a quelle fitte allo stomaco, a quel bisogno di stare vicino ad un compagno di squadra, un amico, nonostante la sua vicinanza, il suo profumo e persino la sua voce irritante gli provocassero un malessere che avrebbe volentieri scacciato con una sana e debita distanza.

Sbuffa, Daiki e Kise corruccia la faccia in un modo buffo che gli ricorda un bambino, alzando una mano verso il viso per spostare qualsiasi cosa gli sia caduta sul naso -sembra concentrarsi lì, alla cieca e ancora troppo addormentato- e Daiki si tende, lo stesso bisogno di osservarlo ancora e di scappare prima che si svegli che lo confonde e lo costringe a trattenersi anche dal respirare.

Kise finalmente smette di cercare alla cieca la fonte di disturbo e abbandona il braccio sul cuscino, il pugno chiuso e i tratti più distesi.

Daiki non dorme poi così tanto, durante la notte. Gli piace abbandonarsi a pisolini improvvisi sul tetto della scuola o dormire di più quando ha un impegno a cui rinuncerebbe volentieri, ma da quando non dorme più da solo è sveglio non appena apre gli occhi, pronto ad osservare l'altro occupante del letto, che dorme.

C'è da dire che il suo letto ad una piazza e mezzo non è comodo, con due giocatori di basket sotto le lenzuola, ma non è esattamente quello ad impedirgli di riaddormentarsi.

Kise emette una specie di gorgoglio che potrebbe essere una protesta per il sole che comincia ad illuminargli le palpebre abbassate e torna a spostare oggetti invisibili dal suo naso con il pugno chiuso, borbottando ulteriormente.

Daiki gli sposta una ciocca di capelli che gli tocca appena la radice del naso, soffermandosi più a lungo del dovuto tra i capelli biondi, con la punta delle dita. Sono impossibilmente morbidi e Daiki è costretto a trattenere una risatina nel ricordare la quantità di prodotti di bellezza che il ragazzo si porta dietro ogni volta che passa il weekend in casa sua. Una volta ha persino insistito per usarli su di lui, minacciando future rughe d'espressione e teste pelate -che male c'è ad usare solo un tipo di sapone per corpo e capelli?- e Daiki ha dovuto sopportare Momoi con le mani tra i suoi capelli per due giorni di fila.

Sorride, nonostante il primo istinto sia quello di corrucciarsi al ricordo, perché ha da tempo scoperto che scivolare con le dita tra i capelli di Kise è una delle sue attività preferite, anche se non disdegna quando questa diventa reciproca, perché è ciò che più di tutto riesce a conciliargli il sonno.

"...'cchi." borbotta Kise, corrucciando nuovamente le sopracciglia. Daiki riempe la distanza tra i loro corpi, facendo scivolare la mano non occupata a pettinargli le ciocche dorate oltre la sua schiena ed aggrappandosi al pigiama dell'altro.

"Dormi." mormora, anche se probabilmente non può sentirlo.

Fa caldo, in quella mattinata autunnale, tanto che ancora dorme senza la maglietta e il contatto con il tessuto gli dà fastidio, ma Kise poggia il pugno sul suo petto ed incastra la testa sotto al suo collo, respirandogli qualcos'altro sulla pelle. Anche quello è strano. Incastrarsi in quel modo nonostante ormai siano troppo grandi per quel letto, un intreccio scomodo di muscoli ed ossa appuntite. Eppure gli basta sentire il respiro di Kise farsi di nuovo regolare, finalmente schermato dalla luce, per dimenticarsene.

Distrattamente, Daiki si chiede quando abbia cominciato a cedere, a diventare morbido e plasmabile agli affetti del biondo, accettando abbracci e mani intrecciate solo con proteste espresse a mezza voce, cedendo all'entusiasmo che non riesce a nascondersi dietro l'oro puro dei suoi occhi.

Morbido, affettuoso, si ritrova a pensare alla prima volta che hanno dormito insieme, alla tensione delle spalle di Kise, al suo timore di perderlo ancora.

Ancora, quel piccolo ed insignificante dettaglio nel mezzo della frase che è riuscito a scuoterlo, a farlo cedere, pezzo dopo pezzo, ai desideri del biondo che in sé aveva nascosto. E allora dormire insieme, svegliarsi insieme, restare qualche minuto ad osservare il viso addormentato del modello, le righe del cuscino sulla guancia e lo sguardo ancora addormentato, cedergli una mano per permettergli di appoggiarsela sul viso, prima di cominciare la giornata, è diventato facile. Piacevole. Qualcosa che aspetta.

E davvero non importa se qualcuno commenta che si lascia plasmare con troppa facilità dal biondo, che mette a rischio la sua immagine, la sua stessa carriera, semplicemente esistendo e riservando l'entusiasmo meravigliato di un gesto d'affetto nei suoi confronti solo a Daiki. Daiki smette di pensare, smette di preoccuparsi e forse anche sbaglia, ma in fondo sa che quel bisogno di sentirsi causa di quella felicità di Ryouta è essenziale, soprattutto quando da essa sembra dipendere parte della propria, non è una questione di un mese o due di una relazione che non esita a definire d'amore.

E, quando Ryota nonostante tutto si sveglia e si allontana appena per guardarlo, le lunghe ciglia che pigramente scacciano via la stanchezza residua, gli occhi che si riempono di una luce di cui sa essere la causa, Daiki sa di essersi scoperto malleabile e innamorato ben prima, premuto contro la porta di uno stanzino un po' nascosto della palestra, a quattordici anni.

   
 
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