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Autore: MikaMika    27/08/2016    3 recensioni
Louis conosce il mondo del Sovrannaturale, Harry ne fa parte.
Louis lotta per distruggere il Male, Harry ne fa parte.
E' una Larry ispirata all'universo di Supernatural, dove una profezia incombe e il male è radicato ovunque e le alternative sembrano essere infelicità o morte. Ma davvero le cose andranno così?
Louis !Hunter; Harry !Vampire;
L'obiettivo è azione, mistero, pericolo e un po' di movimento!
Genere: Angst, Erotico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter XIV- Fragility

Non dormiva così bene da una vita. Forse non aveva mai dormito così bene. Certamente non durante la sua infanzia, quando l’incubo di non essere all’altezza delle aspettative degli altri non faceva che tormentarlo, diventando protagonista dei sogni più improbabili.  
Si lasciò trascinare dalla propria coscienza fuori da un sonno senza sogni, andando alla deriva e riconquistando, secondo dopo secondo, la consapevolezza di sé, del suo corpo un po’ dolorante ma riposato. Una sensazione di appagante benessere si irradiava dal cuore a tutte le terminazioni nervose.
Louis si stiracchiò, lasciando scivolare il piede oltre le lenzuola, godendo nel riprendere il controllo dei propri muscoli, mentre ancora non riusciva neanche a domandarsi dove fosse. Non era importante.
In quel momento, la consapevolezza dei ricordi della notte prima gli caracollò addosso senza preavviso. Harry sopra di lui. Harry dentro di lui. Harry vicino a lui.
Un vampiro lo aveva fottuto. In ogni senso possibile.
Più velocemente che poté, si voltò verso l’altro lato del letto, indeciso se sperasse di trovarci Harry o meno. I muscoli protestarono per lo scatto, e il cuore divenne un po’ pesante quando vide le lenzuola vuote. Era solo.
Onestamente, il cacciatore non sapeva cosa pensare. Soprattutto, non sapeva come giustificare l’asfissiante fastidio che stava provando. Non era come se volesse che Harry fosse ancora addormentato al suo fianco, anche perché era a conoscenza del fatto che i vampiri non dormissero, ma comunque non riusciva a non sentirsi irritato. Si sentiva un po’ sedotto e abbandonato, e quello davvero non era un ruolo nel quale si fosse mai riconosciuto. Ed era anche piuttosto consapevole della sua vocina interiore che gli suggeriva che era lui stesso a dare importanza alla cosa nel momento in cui se ne preoccupava, ma neanche quella certezza sembrava aiutarlo. Sembrava solamente sbagliato svegliarsi da solo. Ecco. Dopo un sonno come quello, mentre ogni parte del suo corpo urlava rilassatezza.
L’idea che il Vampiro potesse sentirsi compiaciuto di averlo scopato, di essersi tolto uno sfizio per poi andarsene in giro e continuare la sua vita come niente fosse, lo faceva arrabbiare. Anche se era quello che voleva in un certo senso, giusto? Era così che doveva essere, ed era così che era per lui. Solamente una questione di orgoglio. Erano sullo stesso piano. Uno sfizio l’uno per l’altro. Ora tutto sarebbe potuto tornare al giusto posto. Nemici. Giurati.
Abbassò la testa mentre stringeva con i pugni le lenzuola e si guardò un attimo  accorgendosi di essere un vero disastro, non aveva alcuna voglia di affrontare una discussione conciato in quel modo. Aveva bisogno di essere pulito e sistemato, prima di prendere quel succhiasangue per il collo, sbatterlo al muro e strillargli in faccia.
Passò circa mezz’ora nel bagno privato prima di decidere di uscire dalla camera da letto. Indossò solo un paio di boxer miracolosamente trovati in giro, considerato che non aveva con sé altri vestiti.  Benissimo, avrebbe aggiunto questo alla lista dei problemi che gli si prospettavano davanti. E se ne sarebbe lamentato. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per infastidire a morte i suoi “ospiti”, qualsiasi cosa fosse in suo potere.
Non appena scese le scale, stava cominciando a convincersi di fare colazione prima di mettersi a litigare, fino a quel momento non ci aveva fatto caso ma ora cominciava a sentirsi davvero affamato. Si guardò intorno, nel tentativo di trovare qualcosa che anche vagamente ricordasse una cucina ma un rumore che non riusciva a decifrare attirò la sua attenzione.
Oltrepassò il corridoio, fino a raggiungere una stanza luminosissima, in aperto contrasto con il resto dell’arredamento. Era ampia, completamente circondata da vetrate e con il parquet a terra. Ci mise una manciata di secondi a rendersi conto di dove si trovasse. Una palestra.  Era una fottuta palestra. Dentro una casa. Chi diavolo ha una palestra dentro casa? Spostò gli occhi verso la fonte del rumore che lo aveva attirato fin lì e quello che vide gli fece prudere le mani. Istintivamente, si passò la lingua sul labbro inferiore, mentre osservava Harry Styles sollevare un bilanciere enorme.
Ridicolo. Ridicolo. Oltremodo ridicolo. Da quando i vampiri facevano palestra? Perché?  Lo stava facendo apposta, solo per mettersi in mostra. Perché sapeva che Louis lo avrebbe visto. Sapeva che lo avrebbe voluto.
Si avvicinò, in religioso silenzio. Il fastidio per non averlo trovato accanto a sé al risveglio, era sempre lì, ma ogni passo che faceva, più il corpo di Harold era visibile, meno diventava importante. Il vampiro era a petto nudo, ed indossava un paio di pantaloncini che se non li avesse avuti sarebbe stato lo stesso.
“Buongiorno” non era affaticato, ovviamente, nonostante la pelle fosse lucida.
“Buongiorno” la voce di Louis era grave, e roca. Un po’ perché si era appena svegliato, molto di più perché Harry gli stava dando uno spettacolo senza precedenti.
“Come ti-“ prima che potesse terminare la frase, il cacciatore lo aveva raggiunto alle spalle, gli aveva fatto inclinare la testa e aveva raggiunto con la bocca la pelle salata del collo come se volesse divorarlo.
Non si sentì in colpa. Per niente. Soprattutto non quando Harry emise un mugugno porgendogli la gola, mordere la sua pelle dura fredda e liscia gli suonava strano. Immaginò come dovesse sentirsi Harry ad essere per una volta la preda e non la bestia feroce.
Lo fece voltare, maneggiandolo a suo piacere. Ma sapeva benissimo che ogni sua mossa fosse una concessione da parte del vampiro. Era più forte. E, in uno “scontro fisico” come quello, Louis non avrebbe mai potuto prevalere. Non avrebbe mai provato l’ebbrezza del piegarlo alla sua volontà.  Il che era sciocco. Harry era più che compiacente, e Louis sorrise soddisfatto mentre afferrava tra le mani i bicipiti gonfi e la sua arrendevolezza. Ma non era abbastanza. Voleva possederlo. Un qualcosa di animale, inspiegabile si faceva largo in lui. C’era una linea sottile tra il maneggiare Harry perché lui glielo lasciasse fare o perché non potesse opporsi. E Louis voleva oltrepassare quella linea.
Era evidente che psicologicamente il vampiro fosse, completamente succube alle sue carezze, in quel momento. C’era una chiara ammissione nel gemito che si lasciò scappare quando le mani di Louis scivolarono dalle braccia, alla vita, ai fianchi, fino a stringere le natiche muscolose. Ma non era abbastanza. Louis voleva una resa incondizionata. Ma come?
“Mordimi” ordinò con la bocca sul suo collo. Harry strabuzzò gli occhi, tirato indietro dalla marea di piacere alla quale si era abbandonato.
“Co.. cosa?” in un primo momento non si era aspettato l’assalto di Louis. Ma subito dopo era stato più che felice di abbandonarsi a quelle sensazioni. Aveva sentito la soddisfazione per il fatto che il cacciatore avesse abbandonato ogni tentativo di resistere al desiderio che bruciava tra di loro, mischiarsi con l’eccitazione, sempre più calda, sempre più impellente. E si stava godendo ogni singola mossa dell’altro.
“Bevi il mio sangue Harold” spiegò mentre i denti stringevano il lobo dell’orecchio. Avvertiva, in quel sussurro roco e sporco, il sorriso compiaciuto dell’altro.  Ed Harry sospirò indeciso. Era quello il punto. Il controllo.
Non che gli dispiacesse, di tanto in tanto, abbandonare qualsiasi responsabilità e lasciare che qualcuno si occupasse del suo corpo. Ma qui la storia era un’altra. Fino a quel momento, Louis era come un bambino che voleva giocare a fare il capitano della nave, ed Harry glielo stava permettendo. Ma se avesse bevuto il suo sangue, lo sapevano entrambi, sarebbe stato perso, drogato, incapace di opporsi.
Ci voleva una massiccia dose di fiducia per acconsentire a quella richiesta. Fiducia che il riccio non era sicuro di riporre in Louis.
D’altra parte …
Non appena Louis lo aveva invitato a bere il suo sangue gli era venuta l’acquolina in bocca. I sensi si erano acuiti istantaneamente. Vedeva le vene in controluce, attraverso gli occhi offuscati di piacere, sentiva il giovane cuore pulsare, e il calore emanato dal corpo dell’altro. L’odore di Louis gli era entrato nel cervello. Gli stava fottendo il cervello. La capacità di pensare. La capacità di resistere.
Louis allontanò la testa inclinando il collo in una curva che sapeva di invito, il sopracciglio alzato in attesa e il labbro inferiore incastrato tra i denti. Quando mosse i fianchi, strusciandosi sul suo corpo, Harry non aveva ancora deciso cosa fare.
Non aveva deciso e non avrebbe mai deciso. Perché per fare una scelta devono esserci più alternative, e lui davvero non ne aveva. Non c’era altra strada al di fuori di Louis. Non c’era luce che permettesse di vedere meglio il mondo, se non quella generata dai suoi occhi; non c’era altro suono che non i sospiri e i gemiti finanche il suo silenzio che potesse riempire l’aria. Non c’era niente. Solo un assoluto. Un imperativo. Il suo. La sua volontà che non era neanche coerente a se stessa. Perché non si può chiamare volontà ciò che è semplicemente giusto. Ed in quel momento Harry capì dopo secoli di vita, il senso vero del concetto di perfezione.
Perfetto non era un aggettivo.
Perfetto è ciò che è come deve essere e non può essere altrimenti.
Perfetto è Louis.
Si piegò sulla gola dell’altro baciando il punto esatto dove avrebbe affondato le zanne. Cercò di dettarsi il tempo. Uno. Labbra, un sospiro di Louis. Due. Lingua, un gemito. Tre. Denti, un ruggito.
Dolce.
Dolce Louis.
Bevette come un assetato. Bevette con l’entusiasmo di un tossicodipendente che brama l’auto distruzione. Godendosi ogni singolo attimo della sua discesa versa l’incoscienza. Si staccò quando la testa prese a galleggiare. E non capiva. Non razionalizzava. Non pensava. Sentiva e basta.
Sentì le mani del cacciatore toccarlo e sdraiarlo a terra, per poi muoversi indisturbate sul suo corpo, indugiando con le dita sull’addome. Ed Harry era indeciso se volesse di più o di meno. Perché ovunque lo toccasse, qualsiasi cosa facesse Louis, c’era sempre un altro punto che bramava le sue attenzioni. Ma l’idea che il suo tocco svanisse da dove era in quel momento, era inaccettabile, dolorosa.
E Louis avrebbe voluto avere un milione di mani e un miliardo di labbra, mentre con i denti stringeva il capezzolo turgido dell’altro. Era affascinato, sedotto e ubriaco di onnipotenza. E l’arrendevolezza nei gemiti di Harry era così dolce che aveva voglia di piangere. Si incantò mentre le labbra gonfie e morbide dell’altro si aprivano arrossate dal suo sangue, mentre le mani enormi vagavano incoerenti sul suo corpo cercando di afferrarlo. Harry non pretendeva niente ma implorava tutto. Con il corpo e con la voce.
“Ti prego”
E Louis voleva davvero credere che fosse per la sua soddisfazione personale che stava scivolando in basso tra quelle cosce spogliandolo del tutto. Ci avrebbe creduto se l’esigenza di farlo stare bene non avesse urlato così forte dentro di lui, se il desiderio di sentire la sua soddisfazione non fosse stato così asfissiante.
Fece scivolare le dita nella bocca dell’altro che leccò ubbidiente.  Poteva una bocca essere così calda?
Quando ebbe finito Louis si tirò su per baciarlo.
“Ti prego” ripeté l’altro facendo mischiare le parole con i sospiri, lasciandole vibrare nelle loro bocche.
“Girati, Harry” e dovette mordersi il labbro e concentrarsi per non venire solo a causa della fretta con la quale Harry aveva voluto obbedire, nonostante i movimenti rallentati e scoordinati.
Una volta voltato, mani e ginocchia, Louis raggiunse la sua entrata. Fece scivolare due dita insieme, rudemente, nel tentativo di accorciare il tempo che lo divideva dal possederlo. Il grido di maschile soddisfazione che eruppe dalla bocca di Harry lo fece tremare. Sforbiciò, mentre l’altro si spingeva contro la sua mano chiedendo di più, e ci vollero solo pochi minuti affinché Louis infilasse il terzo dito per aprirlo ancora e meglio.
Lasciò che Harry urlasse di nuovo, e lo trattenne per la vita mentre quello stava per cadere, o stava per lasciarsi cadere volendosi strusciare sulle lenzuola. Poi, finalmente, lo penetrò.
E Louis vide le stelle.
Ed Harry vide il sole.
Si godette il rumore delle pelli che sbattevano l’una sull’altra, quasi osceno, ma roboante al punto tale che avrebbe messo a tacere il mondo. Era sublime. Primordiale.
Lo afferrò per i capelli tirandogli la testa all’indietro e gemette quando finalmente le sue dita tornarono al loro posto, tra i ricci spettinati e umidi dell’altro.
“Sto .. sono .. Louis” il cacciatore spinse più forte, lasciò scivolare la mano sulla lunghezza dell’altro, e prese a dare stoccate al ritmo delle proprie spinte. Veloce. Forte.
“Sì. Cazzo. Louis. Lou.”
Lou.
Louis venne così. Svuotandosi dentro di lui. Con un’ultima poderosa spinta.
 
 
 
 *
 
 
Passò  qualche  giorno ancora prima che Louis si obbligasse a tornare con la mente alla realtà. Doveva concentrarsi, capire, scoprire cosa stesse accadendo ed uscire da quella situazione prima che fosse troppo tardi. Prima che la gabbia dorata di quella prigionia legasse indissolubilmente la sua volontà al corpo caldo e sempre pronto del vampiro.
Perché, ovviamente, quello che doveva essere lo sfizio di una volta stava pericolosamente diventando un’abitudine.
Cominciava con Louis che lo cercava per lamentarsi, o Harry che lo raggiungeva per portargli cibo o vestiti. Inevitabilmente, finivano uno addosso all’altro.
Non che ne facessero un dramma ormai. Louis continuava a ripeterselo. Era lì, prigioniero, senza niente di meglio da fare. Il vampiro era affascinante, ormai lo aveva ammesso. Tanto valeva godersi tutto quello che la casa aveva da offrire. Ed Harry, dal canto suo, aveva accettato da tempo che ci fosse una certa chimica tra loro due. Negarlo o privarsi di qualcosa che evidentemente voleva, non avrebbe avuto senso.
Lasciò la stanza nella quale trascorreva la maggior parte del suo tempo e raggiunse Harry nella biblioteca. Lo spaventava il modo in cui già fosse a conoscenza dei luoghi favoriti dal vampiro, nonostante avesse trascorso in quella casa un periodo così breve. Rimase un attimo davanti alla porta, tentando di costringersi ad essere padrone di se stesso prima di trovarselo nuovamente davanti.
Dopo di che, entrò senza neanche bussare.
“Mi devi delle risposte” esordì mentre faceva il suo ingresso. Il Vampiro era seduto su una poltrona di velluto, ed aveva un libro tra le mani. Non alzò neanche lo sguardo su di lui mentre rispondeva.
“Maria Antonietta aveva davvero un deficit mentale, Hitler non era davvero ebreo e no, non ho ucciso io Marilyn!”
Louis storse la faccia in una smorfia “Sei simpatico come un dito nel culo!”
“E detto da te è un gran complimento..” il Vampiro sorrise, alzando finalmente gli occhi per guardarlo.
Okay, questa gliela aveva servita su un piatto d’argento. Mosse le mani per invitarlo a lasciar perdere prima di prendere posto davanti a lui.
“Mi avevi promesso delle risposte”
“Davvero?”
“Smettila Harold!”
“Okay, va bene!” il riccio posò il libro sul bracciolo della poltrona, accavallò le gambe ed incrociò le mani in grembo “Cosa vuoi sapere raggio di sole?”
Louis ignorò il soprannome, chinandosi in avanti.
“Cosa sono?”
“Un ragazzo irritante ma con un talento speciale tra le lenzuola..”
“Harry!” lo rimproverò “So che c’è qualcosa di strano in me, okay? L’ho capito. E so che tu sai qualsiasi cosa ci sia da sapere. Devi dirmelo, devo saperlo, io non posso continuare a stare qui senza fare niente, senza sapere niente..”
“Okay, okay va bene” si arrese, Louis aveva ragione. E in realtà non aveva bisogno di essere convinto. Il vampiro si stava solo divertendo a negargli qualcosa. Louis  doveva sapere. Era giusto che sapesse, che capisse. Soprattutto considerato il modo come stavano cambiando gli eventi e le intenzioni della sua famiglia. Ora che Harry era abbastanza certo di non voler vincere quella guerra, ora che aveva anche Gemma completamente dalla sua parte, aveva bisogno che Louis capisse quale fossero le sue possibilità, e come dovesse comportarsi in modo tale da venire a capo di tutta quella assurda situazione. Sapeva che sarebbe stato difficilissimo. Troppe variabili. Troppe difficoltà.
In primo luogo avrebbe dovuto convincere il ragazzo a fidarsi di lui, e non era certo che ci sarebbe mai riuscito, poi avrebbe dovuto portarlo ad accettare il suo destino e a credere di potercela fare a porre un freno a tutto quello che stava accadendo senza finire con il perdere se stesso.
Socchiuse gli occhi e si alzò dalla poltrone, raggiungendo la libreria in legno scuro. Louis non gli staccava gli occhi di dosso, in un’attesa bruciante. Aveva un’espressione curiosa, leggermente ansiosa. Gli occhi più grandi del solito ed i capelli spettinati. Sembrava più piccolo, più indifeso.
Harry afferrò il taccuino in pelle, lo guardò un attimo, gettando poi un’occhiata al cacciatore, prima di allungare la mano per offrirglielo sotto lo sguardo confuso dell’altro.
“Lo aveva tua madre addosso quando è morta. Suppongo che volesse darlo a te” Louis deglutì, una maschera inespressiva sul volto “Suppongo che chiunque l’abbia uccisa, lo abbia fatto perché tu non venissi a sapere questo. C’è tutto la tua storia lì dentro” disse indicando il quaderno con la testa. Louis lasciò che le sue dita scorressero sulla pelle della copertina. Per un momento si sentì piccolo, non troppo sicuro di voler scoprire cosa ci fosse lì dentro, quali informazioni valessero la vita di sua madre. Si odiò per l’indecisione nel suo sguardo al vampiro. Si sentì debole. Ma quello non disse niente, nessuna battuta di spirito. Si sedette al suo fianco, in attesa che leggesse, lasciando che le loro braccia si sfiorassero in maniera affatto casuale. Un incoraggiamento muto, che non voleva metterlo a disagio, né mettergli fretta. E Louis non poteva impedirsi di averne bisogno. Qualcuno vicino. Sarebbe stato meglio Liam? O Mary? O Niall? Forse no. Forse, sarebbe stato più umiliante esporsi con loro, con persone di cui davvero ti importa. Come una sorta di paradosso per cui mostrarsi deboli con chi abbiamo più a cuore sembra doloroso il doppio. Perché non possiamo nascondere niente.
Aprì il quaderno in silenzio. E trascorsero ore senza che nessuno dei due emettesse un suono. Solo il fruscio delle pagine voltate. Louis leggeva. Harry guardava, sbirciando talvolta le parole sul diario.
Era buio quando il cacciatore posò il diario a terra. Non disse niente. Guardò Harry al suo fianco, con occhi enormi. Troppe informazioni. Non era possibile. Era come se qualcuno avesse preso il suo mondo e lo avesse capovolto. Come se fosse stato appena messo nella vita di qualcun altro. Non sapeva cosa avrebbe dovuto fare, non sapeva di cosa avesse bisogno. Non lo sapeva, fino a che le labbra di Harry non raggiunsero le sue. Poi si lasciò solo andare.
 
*
 
Mary era in pace con il mondo.
Sapeva che non avrebbe dovuto sentirsi così bene considerate le circostanze, ed in effetti, non riusciva ad impedirsi di trascorrere la maggior parte delle giornate a preoccuparsi, fare ricerche sulla missione che il vampiro aveva lasciato alle ragazze, e un milione di altre cose che la tenessero impegnata.
Ma la sera, fino alla mattina, spariva nella camera da letto, con Liam al fianco, e riusciva a dimenticarsi di tutto. C’era solo pelle, labbra e parole sussurrate. Era incredibile. Era come un altro mondo, un’altra vita. Al punto che, durante il giorno, nonostante le ore che avevano condiviso insieme in intimità così poco tempo prima, si scopriva ancora ad arrossire quando incrociava il suo sguardo. Si sentiva ancora impacciata nel sfiorarlo fuori da quelle lenzuola. Ma non era quello il momento di preoccuparsene. Era ancora nel letto, ancora tra le sue braccia. Le dita di lui ancora le accarezzavano la spalla delicate. E lei sorrise ad occhi chiusi, volendo protrarre quel sogno all’infinito. Forse lo avrebbe fatto.
Sicuramente lo avrebbe fatto se all’improvviso Liam non fosse scattato in piedi facendola scontrare bruscamente contro il materasso.
“Basta! Non ne posso più!” la ragazza strabuzzò gli occhi, ancora incapace di parlare. Questa davvero non se la aspettava. Sentì il sangue gelarsi ed il cuore iniziare a battere all’impazzata.
“E’ quasi una settimana e non l’ho ancora visto. Non ci ho parlato nemmeno. Io non ce la faccio” continuò a ripetere mentre si gettava alla rinfusa i vestiti addosso. Mary ci mise qualche secondo di troppo a realizzare che non fosse la loro situazione ad averlo mandato fuori di testa ma la prolungata assenza di Louis. Tirò un sospiro di sollievo ma prima che riuscisse a richiamarlo quello era già uscito dalla stanza.
Quando lo raggiunse in cucina, il cacciatore stava ancora sbraitando, mentre Niall inzuppava i biscotti nel latte con aria assente, Milly si teneva la testa ed Iola lo guardava annuendo. Di Lottie non c’era traccia.
“Quello viene qui e si mette a dare ordini come se fosse il Re. Avrei dovuto ucciderlo quando ne ho avuto l’occasione. E’ un mostro. E noi che facciamo? Quello che ci chiede! Mentre Louis –il nostro Louis- è suo prigioniero! Sapete cosa potrebbe fargli? Magari lo sta torturando! O peggio, potrebbe essere morto! E noi non facciamo niente per liberarlo. Che razza di amici siamo? Eh?”
“Non mi sembrava avesse cattive intenzioni…”
“Oh piantala Iola!” Milly abbaiò voltandosi verso Liam “Credo che tu stia esagerando, sono sicura che Louis stia bene. Nonostante ciò” lo interruppe prima che quello riprendesse ad urlare “forse sarebbe opportuno controllare!”
“Bene! Vado subito”
“Cerca di non combinare disastri Liam!” gli urlò dietro Mary, sconfitta.
“Farò del mio meglio”
 
*
 
Gemma stava scrivendo il suo diario quando dei colpi forsennati alla porta la distrassero. Era tutta intenta ad elaborare le sue teorie sul perché i licantropi dovessero collocarsi sul gradino più basso della piramide del potere, quando il rumore ripetuto e assordante del batacchio sulla porta la costrinse ad abbandonare le sue riflessioni.
In meno di un secondo raggiunse l’ingresso  “Chi diav-“  non appena abbassò la maniglia, fu colta alla sprovvista mentre il cacciatore amico di Louis che aveva intravisto qualche volta spalancava la porta affrontandola impettito, brandendo una mannaia minacciosamente.
“Non osare fermarmi” tuonò Liam “Devo vederlo. Quindi, le cose sono due, o mi lasci entrare o ti taglio la testa!”
Onestamente, Gemma non era molto impressionata. Insomma, prima ancora che il cacciatore avesse finito il suo sproloquio, aveva già individuato tre o quattro modi per farlo fuori, ancora di più per metterlo semplicemente fuori combattimento.  Nonostante ciò, mantenne un’espressione neutra sul volto e lentamente si fece da parte.
“Non ho intenzione di fermarti. Sali le scale, terza porta a destra”
Liam le lanciò una rapida occhiata intrisa di sospetto prima di abbassare l’arma e superarla quasi correndo verso la scalinata. E Gemma non riuscì a impedirsi di ridacchiare.
 
 
Liam fece le scale a due a due. Non riusciva a perdonarsi il fatto di aver aspettato così tanto tempo per andare da Louis. Si era fatto fregare, come un idiota. Si era fidato per qualche assurda ragione di quel maledetto succhiasangue e aveva lasciato la vita di Louis nelle sue mani. Lo aveva abbandonato. Prigioniero. Nelle mani di un mostro. Dio, Louis non lo avrebbe mai perdonato. O, se anche lo avesse fatto, sarebbe stato lui stesso a non perdonarsi. Avrebbe continuato a rimproverarselo tutta la vita. Che razza di amico era? Più si avvicinava alla porta chiusa più gli venivano in mente immagini di Louis. Torturato. Deperito. Maltrattato. Disperato. E solo.
E tutto per colpa sua. Ma adesso sarebbe finita. A costo di morire lo avrebbe tirato fuori da lì. Louis non avrebbe sofferto un momento di più.  Lo giurò a se stesso mentre spalancava la porta.
“LOUIS” urlò.
Ma la scena che si trovò davanti, non era esattamente quella che si aspettava.
“Liam! Che ci fai qui?” Louis saltò sul letto, tirandosi il lenzuolo sotto il mento involontariamente. Accanto a lui, il suo rapitore era piuttosto rilassato, seminudo, il braccio ancora pigramente poggiato sulle spalle di Louis, appoggiato  alla spalliera del letto.
Liam sentiva la testa scoppiargli. Come se qualcosa nel suo cervello si fosse bloccato. Non riusciva a capire mentre spostava lo sguardo dai due sul letto alla stanza in generale. A terra quello che sembrava un paio di jeans.
“Che .. che .. che stai facendo?”
“Niente” 
“A te che sembra?”
“TACI” Louis si rivolse al vampiro che roteò gli occhi al cielo esasperando uno sbuffo.  Ma non si mosse. Nessuno dei due si muoveva. Erano entrambi a letto, Louis leggermente nel panico ma Liam ci mise poco a capire di essere lui quello che lo stava agitando e non il mostro che gli stava vicino. Al contrario. Louis sembrava a suo agio. Completamente rilassato, a una vicinanza praticamente inesistente.
“Oh mio … “
“Guarda ci è arrivato!”
“Ho detto taci!” ripeté Louis “Liam.. io ..”
Liam si voltò. Non riusciva neanche a capire come stava. Era sconvolto.
“Vestiti! Dobbiamo parlare ..”
 
*
 
Liam aspettò  nel giardino laterale al vialetto. Si era rifiutato di trascorrere anche solo un minuto in salotto, sotto lo sguardo divertito della vampira bionda. Era evidente che fosse fin troppo consapevole della scena alla quale aveva appena assistito e che trovasse la cosa esilarante. Non vi erano dubbi sul fatto che avesse orchestrato l’irruzione del cacciatore di proposito. La prova erano i risolini che lo avevano seguito lungo tutta l’anticamera.
Non sapeva bene come si sentisse al riguardo, o cosa avrebbe voluto fare o dire. Era in imbarazzo. Arrabbiato? Deluso? Non sapeva decifrarlo. Era praticamente sconvolto. E come ogni cacciatore sapeva benissimo come non affrontare le situazioni che implicassero raziocinio e sentimenti : fingere che niente fosse successo e mettere il pilota automatico. Per questo quando Louis apparve davanti a lui con lo sguardo basso e torturandosi  le mani non lo lasciò neanche iniziare a parlare.
“Stiamo seguendo il piano del vampiro ..” Louis annuì “Non sappiamo neanche cosa abbia in mente ma le ragazze stanno lavorando sull’incantesimo che ci ha chiesto. Conosci le sue intenzioni?”
Louis scosse la testa “Non mi ha detto molto”
Liam annuì. Evitò di indugiare sul pensiero di come avesse altrimenti impiegato il tempo. “Vorrei parlarci. Deve dirmi qualcosa se vuole che continui a lavorare per lui” di nuovo l’altro scosse la testa, più vigorosamente stavolta. Aveva riassunto la solita postura eretta decidendo evidentemente anche lui di ignorare l’incidente della camera da letto.
“Non puoi, è uscito”
“E ti ha lasciato solo? Senza sorveglianza?”
Louis inarcò le sopracciglia “Gemma” disse a mo’ di spiegazione “E prima che tu me lo chieda, sarebbe inutile parlare con lei. Non ti dirà niente senza prima aver consultato Harry”
“Non stavo pensando a questo..” Louis seguì gli occhi dell’amico che vagavano allusivi verso la sua macchina parcheggiata nel vialetto. In un’altra occasione sarebbe andato su tutte le furie per il fatto che avesse osato guidare la sua bambina. Ma non era quello il momento.
“Non sottovalutarla. Gemma non ci lascerebbe andare. E poi comunque è meglio che io resti. Questa cosa, quello che sta succedendo qui … è davvero grossa, Liam! Grossa tipo fine del mondo. Non possiamo farcela da soli .. “
Liam sbuffò portandosi una mano tra il ciuffo castano e sporgendo il labbro inferiore, in quel tic che ormai Louis conosceva a memoria. Lo faceva sempre quando qualcosa non andava come voleva lui.
“Ti fidi di lui?” il sì gli stava per sfuggire dalle labbra ma si costrinse ad ingoiarlo. Sarebbe stata una risposta stupida. Vera, forse, ma stupida. E spaventosa.  Aveva davvero bisogno di smetterla di ignorare il modo in cui la maniera di pensare al vampiro stesse cambiando, ma non in quel momento. Non con Liam davanti.
“Penso che sia la nostra migliore opzione” concesse.
“Ci manchi amico” il silenzio intorno a loro si fece pensante per un momento. Era carico di qualcosa misto ad ansia e onestà e voglia di lasciarsi andare e paura. Louis sorrise “Anche voi”  fissò per un momento l’espressione preoccupata del cacciatore “Non mi farà del male ..”
E Liam sorrise un po’ di più stavolta. Il sole illuminava il volto giovane di Louis, gli occhi onesti, quasi trasparenti “Sai .. sono corso qui stamattina convinto di doverti salvare il culo” arricciò la bocca e l’altro si irrigidì per un momento “Ma a quanto pare …”
“Taci idiota!” Louis gli diede una gomitata, sentendo la tensione lentamente sciogliersi. Poi scoppiò a ridere.
 
*
 
Passarono ore ed ore a chiacchierare. Louis gli raccontò tutto. La prigionia, Zayn, quello che gli era successo, quello che aveva scoperto. E poi venne il turno di Liam di raccontare come andavano le cose. Come stessero Niall e Mary e a Louis non sfuggì il modo in cui lui sorrise nel nominarla. Avrebbe potuto prenderlo in giro fino alla morte, ma Louis sapeva quando non gli convenisse iniziare una battaglia, e doveva arrendersi all’evidenza che iniziare a sfottere Liam per i suoi sentimenti nei confronti della letterata avrebbe solo dato vita ad una battaglia che non avrebbe potuto terminare in altro modo se non con la sua sconfitta. Colpa di Styles. Ovviamente.
Il cielo iniziava già ad imbrunirsi, Harry non era ancora tornato, Gemma, Louis ne era certo, li controllava di tanto in tanto da dietro le tende della villa. Probabilmente aveva ascoltato tutto quello che si erano detti. A Louis non importava davvero, non voleva pensarci. Infondo, assurdamente, quella era la giornata più normale che trascorresse da tempo. Voleva abbandonarsi all’illusione che fossero solo lui e Liam. Cercò di convincersi che fosse una giornata qualunque, una pausa durante una caccia come le altre.  Spostava il terriccio pigramente con il piede, ridendo delle immagini domestiche che l’altro gli stava regalando.
“Anche Lottie è con noi” disse all’improvviso. Lo aveva quasi dimenticato talmente era preso dalla conversazione,  Louis annuì. Il pensiero della sorella chiamò immediatamente quello di sua madre. E il dolore sordo al petto riprese a farsi sentire al punto che, per un secondo, dovette chiudere gli occhi e concentrarsi su quello che aveva intorno.
“Come sta?” disse secco.
“E’ forte” lo rassicurò “si sta impegnando in tutto e cerca di tenersi in piedi. Credo che abbia bisogno di te, Lou” cercò di mandare giù il groppo che aveva in gola e di scrollarsi quella ormai familiare sensazione. Aveva trascorso la vita a desiderare di stare accanto alla sorella, di essergli utile, ma non aveva mai potuto. Lei, tra tutte, era quella che aveva amato di più. Soprattutto nei momenti più bui si era trovato spesso ad immaginare che un giorno avrebbe potuto starle davvero accanto. Avrebbe potuto condividere con lei quella vita assurda che si era costruito. Vagare per il mondo sentendosi comunque sempre a casa. Essere se stesso perché quello era un amore dovuto. Qualcosa di profondo, indistruttibile. Ma, ancora una volta, sembrava che la vita si prendesse gioco di lui. Mai come allora avrebbe dovuto starle accanto, ma non poteva. Ed infondo, non avrebbe saputo casa dirle, come consolarla, ma sapeva che non sarebbe stato importante. Era quella l’occasione per condividere. Per sentirsi vicini, partecipi di un dolore che nessun altro avrebbe mai potuto comprendere o sentire allo stesso identico modo. Se avesse potuto stringere Lottie sapeva che, finalmente, si sarebbe sentito compreso come mai nella vita. E si sarebbe sentito utile. Per una volta, al posto giusto nel momento giusto.
“Se la caverà. E’ una persona speciale ..” Liam annuì  “Ha detto una cosa quando è venuta da noi ..” il cambio di note nella voce era evidente. Louis si irrigidì, mentre l’altro sembrava imbarazzato, nuovamente teso come all’inizio della loro conversazione, come se non avessero appena trascorso ore serene. “Cosa?” chiese piatto.
“Era sconvolta, Lou..”
“Cosa Liam .. “ lo incitò. Una sensazione spiacevole iniziò a impadronirsi di lui. Sapeva che quali che fossero state le verità di  Liam  non gli sarebbero piaciute, probabilmente le avrebbe odiate.
“Ha detto che potrebbe essere stata Fizzie” non lo guardò neanche negli occhi mentre quelle parole scivolavano fuori dalla sua bocca raggiungendo il cervello di Louis come una doccia gelata. Non ebbe bisogno di chiedere a fare cosa.
Fizzie. Quella sorella che aveva conosciuto così poco. Quella bambina sorridente e sempre dolce che rubava il latte per sfamare tutti i gatti della zona. Sua sorella. Sua sorella aveva ucciso sua madre.
Louis deglutì. Lo sguardo fisso innanzi a sé e la postura immobile, saldamente piantata a terra.
“Louis …”
“Ho bisogno di stare solo, Liam..”
“Louis ..”
“Lasciami solo per favore..”
Rimase immobile a fissarlo mentre si arrendeva e gli voltava le spalle. Aspettò che la macchina sparisse oltre il cancello. Aspettò di non sentire più in lontananza il rombo del motore che aveva sempre cantato per lui una musica dolce durante gli interminabili viaggi che avevano fatto insieme.
Poi iniziò a urlare.
 
*
 
Se ne era andato leggermente innervosito dalla presenza dell’altro cacciatore nella sua casa. Quando Gemma lo aveva chiamato ordinandogli di tornare immediatamente a casa aveva pensato che Louis era fuggito o che almeno ci avesse provato. Si era aspettato di trovare la sorella ferita o Louis legato come un salame, ma non la scena che vide non appena varcò i confini della proprietà.
 Louis stava distruggendo tutto. Il corpo si muoveva senza una logica, ora strappando manciate di verde dai cespugli, ora prendendo a calci la staccionata. Le urla e i singhiozzi scomposti erano insopportabili. Come il lamento di un animale morente. Se il suo corpo glielo avesse permesso, probabilmente, Harry avrebbe vomitato. Rimase a guardarlo per un momento prima di raggiungerlo e bloccarlo per le spalle. Lui si divincolava come impazzito, nello stesso modo di poco prima, come se neanche si fosse accorto della presenza di Harry, del fatto che lo stesse toccando.
“Louis!” lo chiamò inutilmente “Louis calmati!” urlò più forte, mettendoci tutta la forza per tenerlo fermo, più stretto al suo corpo in modo tale da bloccargli qualsiasi movimento.
Dov’eri?” e quella domanda non aveva senso, e non voleva neanche una risposta. Ma ebbe l’effetto sconcertante di stringergli il cuore nella morsa del senso di colpa perché l’unica risposta possibile era che non era dove avrebbe dovuto essere, che non stava facendo quello che avrebbe dovuto fare : evitare che lui si riducesse in quello stato. Evitare che le grida ormai spente lasciassero il posto ai singhiozzi affannati e disperati, in qualche modo ancora più sordi e rumorosi delle urla.
Harry ignorò i suoi stessi pensieri.
“Perché stai distruggendo tutto?”  Louis si agitò di nuovo riuscendo ad approfittare della presa meno solida del vampiro. Si voltò su se stesso iniziando a prendere a pugni il petto ampio.
“Mia sorella! E’ stata mia sorella!” non c’era bisogno di chiedere. Harry capì subito di cosa stesse parlando. Sentì la pena rendere la sua gola arsa. Avrebbe voluto chiedere tante cose, ma le domande non riuscivano a venire fuori.
“Come lo sai?”
“Liam .. Dov’eri? Dov’eri tu?” pianse di nuovo più forte, colpendolo ancora.
Aveva i capelli sparati in ogni direzione. Gli occhi lucidi e le guance rigate. Il naso arrossato e le labbra spaccate come se avesse deciso di morderle a sangue. Era disperato. E piccolo. Ed indifeso. Ed Harry era preparato a tutto ma non all’ondata di tenerezza che lo colse in quel momento. Sentiva il bisogno di farlo stare bene. Doveva farlo.  Qualsiasi cosa. Avrebbe fatto qualsiasi cosa. Avrebbe strappato il cuore dal petto di chiunque se questo fosse servito a qualcosa. Gli fermò i polsi con le mani, riportandoselo vicino. Louis affondò il viso sul suo petto, continuando a singhiozzare mentre lui parlò con le labbra appoggiate ai suoi capelli, come fosse il fantasma di un bacio.
“Sono qui. Sono qui, Louis. Non me ne vado ..”
“Sono costretto qui, la mia famiglia è distrutta, mia madre è morta, Zayn mi ha morso, il mio patrigno vuole uccidermi. Cosa devo fare..”
E Harry avrebbe voluto dargli una risposta. Ma non poteva. Gli sollevò il mento, costringendolo a guardarlo negli occhi, ed era doloroso. Gli mancò terribilmente la parlantina petulante e l’aria da uomo duro e vissuto.  Non aveva idea di come gestire quella versione di Louis. Non era capace ad avere a che fare con qualcuno di così fragile e sapeva perfettamente che non sarebbe mai stato capace di non romperlo. Questo lo terrorizzava al punto tale da rischiare di paralizzarlo, e probabilmente lo avrebbe fatto se solo l’esigenza di calmare Louis non fosse stata così impellente  “Andrà tutto bene” .
 
*
 
Avevano fatto l’amore di nuovo quella notte.
Era stato diverso. Molto più calmo. Molto meno frenetico. Louis si era abbandonato, non aveva lottato come faceva i solito per stabilire chi avrebbe preso l’altro. Non che a nessuno dei due importasse davvero. Era piuttosto un gioco.
Ma quella volta no. Era stato silenzioso. Non aveva detto una parola, limitandosi a sospirare di tanto in tanto, ed Harry non riusciva a capire se fosse piacere, sollievo o stesse ancora piangendo. Non voleva fermarsi però, non poteva perché quel corpo continuava a tremare sotto il suo e gli occhi lo pregavano di continuare.  
Così aveva lasciato che le sue labbra scorressero lungo tutto il corpo abbronzato, dalla mascella al torace, al ventre, lasciando poi che la lingua accarezzasse le cosce sode e i polpacci e le caviglie. Aveva portato le dita ad accarezzare ogni parte di lui, lasciandosi guidare dall’intensità degli spasmi di quel corpo caldo e sconvolto. Poi si era perso nel suo corpo, spingendo ad un ritmo regolare e dolce. Lento e profondo. Mentre le labbra raggiungevano quelle di lui pigre e languide.
Quando Louis aveva raggiunto il piacere, Harry si era immediatamente sfilato da lui, dimentico di ricercare il proprio. Non gli importava. Lo prese tra le braccia e cullandolo se lo strinse al petto, mentre le mani gli accarezzavano i capelli morbidi e spettinati.
“Grazie” era appena un sussurro e, probabilmente, se non fosse stato per il superudito non lo avrebbe sentito. Sorrise stringendolo un po’ di più. Era una cosa che Louis faceva spesso quella di parlare a voce bassissima quando si vergognava di quello che stava per dire. Ed era inutile perché i sensi da vampiro rendevano ad  Harry impossibile non sentirlo comunque,  aveva il sospetto che cercasse di non ascoltarsi lui stesso e sorrise appena a questo pensiero mentre ormai Louis si era addormentato.
Restò a guardarlo per qualche ora prima di decidere di alzarsi. Raggiunse il salotto sentendosi irrimediabilmente stanco, negli occhi aveva ancora l’immagine di Louis sconvolto e addosso la necessità impellente di scacciarla. Si versò da bere deciso a spicciarsi il prima possibile per tornare indietro. Non era certo che Louis sarebbe stato contento di trovarselo tra i piedi una volta sveglio. Anzi era abbastanza certo che si sarebbe odiato a morte per quella debolezza, e sicuro come le pulci dei licantropi, se la sarebbe presa con lui. Poteva già sentire la voce fastidiosa nelle orecchie e vedere lo sguardo di sufficienza che gli avrebbe riservato, ma comunque non se la sentiva di lasciarlo da solo.
“Il tuo fidanzato dorme?” la voce di Gemma lo riportò alla realtà.
“Non è il mio fidanzato, Gems …” sbuffò senza guardarla.
“Ancora in fase di negazione? Non sono stupida fratello. Lo vedo come vi guardate ..”
“Facciamo solo sesso …” il fatto che suonasse poco credibile anche a lui non aiutava affatto.
“Oh ne fate un sacco. Ma quello non è sesso, Haz …”
Il riccio finalmente si voltò verso di lei. Non voleva affrontare quella conversazione, si sentiva esausto. Voleva solo bere e tornarsene in camera a cercare di non pensare a niente “Gems!”
Lei roteò gli occhi esasperata “Finiscila Harold! Per favore! Sorridi come un idiota senza motivo; non riesci a dire una sola frase senza infilarci il suo nome almeno tre volte; ti brillano gli occhi .. tu sei innamorato, Styles. Gli graviti attorno. E non farmi neanche iniziare a parlare di lui! Era come impazzito e gli è bastato che tu lo toccassi per darsi una calmata, ti cerca senza neanche rendersene conto …”
Strinse la presa sul bicchiere talmente forte da mandarlo in frantumi facendola tacere. Tutto ciò era spaventoso. E sbagliato. E pericoloso. Non poteva essere. Non doveva essere. Poco importava se lui si fosse o meno attaccato al ragazzo. Harry sapeva che non era così, era certo che avrebbe saputo gestirlo. Ma Louis …  Louis non doveva innamorarsi o sarebbe stata la fine.
“No” non aggiunse altro e lasciò la stanza.


Angolo di Mika
Chiaramente sono una persona bruttissima :D
Cosa dovrei dire adesso? Niente, solo che è quello che è, arriva quando arriva e sentitevi liberi di ignorarmi bellamente perché me lo merito.
Nel caso non mi abbiate ignorata, sentitevi liberi di insultarmi.
Ad ispirarmi, tre persone meravigliose.
All the love.
  
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