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Autore: Marilia__88    27/08/2016    2 recensioni
A volte la vita non va come vorremmo. A volte ci pone davanti ostacoli troppo difficili da superare. A volte, quando tutto sembra andare per il verso giusto, accade qualcosa che ci porta verso nuove strade, spesso troppo oscure.
Questo è ciò che è successo a Sherlock Holmes. Un uomo che amava la sua vita. Un uomo che da un giorno all'altro ha perso tutto, anche la voglia di andare avanti. Forse l'incontro con qualcuno di speciale può fargli capire che c'è ancora qualcosa di bello nella vita, che può ancora fare qualcosa di buono e lasciare un segno indelebile del suo passaggio su questa terra.
JOHNLOCK! - Ispirata al libro "IO PRIMA DI TE".
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta
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Nota iniziale: La storia si basa sul libro "Io prima di te" di cui da poco è uscito anche il film al cinema. La storia naturalmente non seguirà completamente quella del libro, ma verrà riadattata per non stravolgere troppo i personaggi di Sherlock (BBC). Il finale e il senso della storia, però, si atterranno al racconto originale. Vi avviso, inoltre, che qualche personaggio a volte potrebbe risultare un pò OOC, ma cercherò di limitarlo il più possibile.               



      
                   ME BEFORE YOU









                                                       Mishap




                                        

                                                                   GENNAIO 2014


      
221B di Baker Street. Un uomo stava suonando il suo violino rivolto verso la finestra, completamente perso in quell’intenso susseguirsi di note.

La sua vestaglia blu di seta svolazzava elegantemente, accompagnando ogni singolo movimento del suo corpo. La musica era il suo rifugio e, grazie ad essa, riusciva ad estraniarsi da quel mondo troppo lento, da quelle persone troppo insulse ed insignificanti.

Amava la solitudine. Amava ciò che era. Amava la sua vita, la sua mente, il suo lavoro. Amava essere Sherlock Holmes, l’unico consulente investigativo al mondo. Amava vedere la sorpresa negli occhi di chi aveva di fronte, mentre esponeva le sue geniali deduzioni. Amava essere ammirato. Come tutti i geni, in fondo, anche lui aveva bisogno di un pubblico, aveva bisogno di mettersi in mostra e di dimostrare la sua così evidente superiorità rispetto al resto del mondo. 

Fuori si stava abbattendo un violento temporale. Le strade completamente deserte ed allagate. I pochi passanti che correvano per strada nel tentativo di ripararsi dalla pioggia incessante. La circolazione dei mezzi pubblici che procedeva con estrema lentezza.

Tutta quella desolazione era snervante. La sua mente, sempre così attiva, sempre così irrefrenabile, era come un motore da corsa fuori controllo, come un razzo pronto ad andare in pezzi intrappolato nella sua rampa di lancio. Aveva bisogno di un caso, disperatamente.

Terminò la melodia accentuando le ultime note e chiudendo gli occhi, deliziandosi dell’ultimo intenso strascico di suono di quel meraviglioso strumento.

“Oh, Sherlock quella musica era meravigliosa!”. La padrona di casa, la signora Hudson, entrò nell’appartamento con un vassoio tra le mani. “Le ho portato una tazza di tè”.

“Lo poggi pure sul tavolino” rispose Sherlock con voce atona.

La donna poggiò il vassoio e riempì una tazza di tè. Poi afferrò il giornale e lesse con attenzione le notizie in prima pagina. “Che mi dice di questi suicidi, Sherlock? Pensavo che le interessassero. Tre perfettamente identici!”.

Sherlock si avvicinò alla finestra, attirato dal bagliore dei lampeggianti di una volante di polizia, parcheggiata davanti la porta del 221B. “Quattro. Ce n’è stato un quarto e c’è qualcosa di diverso stavolta”.

“Un quarto?” chiese la donna confusa.

L’ispettore Lestrade fece il suo ingresso nell’appartamento. Era bagnato fradicio a causa della pioggia che continuava a cadere in abbondanza.  Aveva salito di corsa le scale e dovette fermarsi un istante sulla soglia, nel tentativo di riprendere fiato.

“Dove?” lo anticipò il detective.

“A Brixton. Lauriston Gardens”.

“Qual è la novità? Non saresti venuto a cercarmi altrimenti”.

“Hanno mai lasciato un messaggio?”.

“No”.

“Questa volta si!” rispose Greg con il fiato ancora corto dallo sforzo. “Vieni con me?”.

“Chi c’è della scientifica?”.

“Anderson”.

Sherlock alzò gli occhi al cielo, mostrando un’espressione schifata. “Non lavora bene con me!”.

“Lo so, ma non c’era nessun altro disponibile” rispose Lestrade leggermente mortificato “Vieni con me?” ripeté con urgenza.

“Si, ma non con l’auto della polizia!” esclamò il detective, spostando lo sguardo altrove e muovendosi con fare teatrale.

Sorrise con aria compiaciuta. Adorava quei momenti. Adorava lo sguardo implorante dell’ispettore che lo invitava a raggiungerlo sulle scene del crimine, quando la polizia brancolava nel buio. Adorava prenderlo in giro e farsi anche un po' desiderare, mostrando la sua solita aria di superiorità o, come lo definiva sua madre, il suo atteggiamento da drama queen.

Non appena Greg uscì dall’appartamento Sherlock lanciò un grido di esultazione. “Ottimo! Quattro suicidi uguali ed ora un biglietto! Sembra Natale!” esclamò entusiasta. “Signora Hudson, farò tardi. Mi prepari qualcosa”.

“Si ricordi che sono la padrona di casa, non la sua governante” ribatté la donna, mostrando un finto broncio.

“Basta qualcosa di freddo…” rispose Sherlock, avvicinandosi e dandole un affettuoso bacio sulla guancia.

La signora Hudson ridacchiò divertita. “Oh, Sherlock! Sono morte delle persone! Esserne così felici è indecente!”.

“Al diavolo la decenza, signora Hudson!” esclamò il detective, mentre indossava il cappotto con un’innata eleganza “Il gioco è cominciato!”.
 


 
Sherlock era davanti al 221B in attesa che passasse un taxi. La pioggia continuava a cadere, bagnando il suo cappotto e i suoi riccioli ribelli.

Si chiedeva dove fossero finiti tutti i taxi. Possibile che bastasse un intenso temporale per bloccare il sistema dei mezzi di trasporto della città? Eppure quel tempo, a Londra, era una consuetudine in quella stagione dell’anno.

Avrebbe potuto accettare il passaggio di Lestrade. A quest’ora sarebbe stato già sulla scena del crimine a vantarsi delle sue brillanti deduzioni.

“Taxi!” urlò, sporgendosi oltre il bordo del marciapiede. La vettura, però era già occupata da qualcun altro.

“Dannazione!” imprecò innervosito, mentre i vestiti si inzuppavano sempre di più.

Decise di incamminarsi a piedi. Avrebbe fermato un taxi per strada.

Dopo dieci minuti il suo cellulare squillò. “Sherlock Holmes”.

“Sherlock, ma dove diavolo sei?”. Dall’altro capo del telefono la voce di Greg risuonò con urgenza.

“Sto arrivando!” rispose il detective, iniziando a camminare a passo svelto. “Sembra che tutti i taxi della città siano spariti!”.

“Vengo a prenderti?”.

Sherlock si bloccò all’improvviso e non rispose. C’era un taxi fermo dall’altra parte della strada e sembrava libero. “Sto arrivando” disse semplicemente prima di chiudere la telefonata “Taxi!” urlò, iniziando ad attraversare la strada.

Non capì ciò che avvenne negli attimi successivi. Sentì il rombo di una moto che correva esattamente nella sua direzione ad una velocità folle. Era ormai già troppo vicina per evitarla. Il cellulare gli cadde dalle mani, infrangendosi sull’asfalto bagnato. Sentì un urlo, probabilmente il suo.

L’ultima cosa che vide fu un guanto di pelle nera, un volto sotto ad un casco e il suo stesso choc riflesso negli occhi di un uomo.

E poi più nulla.
 
 
 
 
 
 
 
                                           









                                                                                 MARZO 2016



 
Era una bellissima giornata. Il mal tempo dei giorni precedenti aveva ceduto finalmente il posto ad un principio di primavera.

John Watson era un medico militare rientrato a Londra dall’Afghanistan. Era stato congedato a causa di una ferita alla spalla e camminava stancamente per le vie di un parco. Credeva che una passeggiata gli avrebbe risollevato il morale, ma non era stato così. Si sentiva depresso. Si sentiva spesso fuori luogo.

La sua terapista, Ella, lo aveva avvisato il giorno del suo rientro. “John, lei è un soldato, sarà difficile per lei riadattarsi alla vita civile. Deve avere un po' di pazienza” aveva detto con convinzione.

Era passata una settimana, eppure non aveva riscontrato ancora alcun miglioramento. Gli incubi della guerra lo tormentavano tutte le notti. Morti, sangue, esplosioni, grida. Sentiva il rumore dello sparo e il dolore lancinante alla spalla. Poi si svegliava di soprassalto, madido di sudore e con il respiro affannato. In quei momenti aveva voglia di piangere, aveva voglia di urlare.

Zoppicava dalla gamba destra ed era costretto a camminare con un fastidioso bastone, probabilmente a causa di un disturbo da stress post-traumatico, o almeno questo era ciò che diceva Ella. Lo odiava con tutto sé stesso.

“John Watson!” esclamò una voce familiare alle sue spalle.

Il medico si voltò e vide un uomo che correva nella sua direzione. Aveva un volto conosciuto, ma non riusciva a ricordare chi fosse.

“Mike Stamford, ti ricordi? Abbiamo studiato insieme alla Barts” disse porgendogli la mano.

John lo salutò e sforzò un sorriso. “Oh, sì…Mike!”.

“Mi hanno detto che ti sei fatto sparare. Cos’è successo?”.

Il medico abbassò lo sguardo e temporeggiò un momento “Mi hanno sparato” tagliò corto.

“Beh, cosa mi dici? Rimarrai a Londra fino a completa guarigione?”.

“Mi piacerebbe, ma non posso permettermelo con la mia pensione. Sono alla ricerca di un lavoro, qualcosa di non molto impegnativo, considerata la mia…” rispose John, ma si bloccò a guardare la gamba “…considerata la mia…condizione…”.

Mike sorrise. “Sai, dove lavoro io cercano proprio qualcuno. Me l’hanno detto stamattina. Purtroppo soltanto per un anno, ma almeno puoi cominciare da qualcosa”.

“Davvero? E dove, alla Barts?”.

“No, no. Lavoro privatamente. Faccio assistenza medica a domicilio. Mi sono specializzato in tetraplegia e seguo alcuni pazienti. Sai gente facoltosa che non ha molta voglia di avere a che fare con le strutture pubbliche”.

John si mostrò turbato e si massaggiò la gamba in un gesto nervoso. “Non vedo come possa essere d’aiuto, Mike. Sono solo un medico generico e non ho nessuna esperienza in questo campo”.

Stamford mise una mano sulla sua spalla in un gesto amichevole. “Ma non cercano un medico specializzato. Per quello ci sono già io. Hanno bisogno di qualcuno che lo tenga d’occhio durante la giornata, che lo aiuti a prendere le medicine e che lo tiri un po' su di morale”.

“Credimi, Mike, non sono proprio la persona più adatta a tirare qualcuno su di morale” esclamò il medico con sconforto.

“Cosa ti costa provare!” esclamò Mike, intensificando la stretta “Pagano molto bene ed offrono anche vitto e alloggio nella villa. Sbaglio o mi hai appena detto che non puoi permetterti più neanche un appartamento?”.

John sospirò con sconforto ed annuì. In fondo cosa aveva da perdere? E poi era soltanto per un anno. Avrebbe potuto mettere da parte un po' di soldi in modo da potersi permettere un appartamento ed una vita quantomeno decente. “Va bene”.

“Bene! Io sto andando giusto lì per la mia visita giornaliera. Puoi venire con me, così ti presento alla famiglia. Il signore e la signora Holmes sono davvero delle brave persone. Ti piaceranno.”.
















Angolo dell'autrice: Salve! Non chiedetemi come mi è venuta questa assurda idea, perchè non lo so (sarà il caldo! Ahahahahah). 
Non avevo letto il libro "Io prima di te" anche se ne avevo sentito parlare. Quando ho visto l'uscita del film al cinema, ho deciso di leggerlo e devo dire che mi è piaciuto molto. Anche il film non è poi tanto male, anche se io preferisco di gran lunga i libri, perchè ti danno dettagli, emozioni e sfumature dei personaggi che nel film non riesci a cogliere. 
Se non avete letto il libro o visto almeno il film vi consiglio di farlo, perchè il finale seguirà la stessa linea. Quindi vi anticipo che non ci sarà un Happy Ending anche se cercherò di lasciarvi con una nota di positività che vi farà sorridere tra le lacrime. 
Spero che la storia vi piaccia. Grazie a chi vorrà seguirla e a chi vorrà commentarla.
Per chi sta già seguendo l'altra mia storia "I hate u, i love u" non preoccupatevi, a breve pubblicherò anche il prossimo capitolo. Cercherò di aggiornare le due storie quasi in parallelo e di non rallentarmi troppo. 
Alla prossima ;)
 

 
   
 
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