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Autore: nikita82roma    27/08/2016    6 recensioni
Nuovo capitolo della serie di Always Together. Sono appena finite le feste di Natale ed il giorno del parto di Kate si avvicina. È sola al loft nella mattina di una giornata particolare di inizio gennaio che la porta a ricordare molte cose degli ultimi mesi trascorsi con Rick e della sua gravidanza. Le vite di Beckett e Castle stanno per cambiare, ancora una volta, ma per un evento bellissimo. Tempo di riflessioni ad un passo da una tappa fondamentale nella loro vita, la nascita della loro bambina. Storia breve di cinque capitoli.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Pioveva da tre giorni. Le temperature si erano alzate e quelle che erano state delle candide nevicate in concomitanza con le feste di Natale erano già state totalmente spazzate via. 
Kate si alzò molto lentamente. I dolori alla schiena erano sempre più insistenti e si sentiva rallentata in tutti i movimenti. Probabilmente era solo una sua sensazione quella di muoversi come se fosse la moviola di un evento sportivo qualsiasi, perché chiunque la vedesse le diceva che era in splendida forma, considerando che ormai mancavano veramente pochi giorni al parto. 
Non li contava nemmeno.
Non si era messa a fare count down aspettando la “presunta data” del parto.
Stava cercando di vivere la cosa al meglio, si era rilassata dopo la fatidica trentaseiesima settimana, quando le avevano detto che, se la bambina fosse nata da quel momento in poi, sarebbe stata bene. Era solo quella la cosa importante. Da lì in poi aveva deciso che avrebbe vissuto quell’ultimo mese, o quello che sarebbe stato, con tranquillità, per quanto si possa star tranquille con un Castle intorno che pretendeva di organizzare e prevenire qualsiasi casistica mondiale in caso di parto imminente.

Castle era arrivato anche a chiederle se preferisse passare gli ultimi tempi prima della nascita in hotel, perché era più vicino all’ospedale dove avrebbe partorito, ma era bastato un suo sguardo a fargli capire che quell’idea no, non le piaceva. Era stato inutile spiegargli che dal momento in cui le si rompevano le acque a quello del parto, non passavano cinque minuti e non avrebbe rischiato di partorire in macchina. “Puoi sempre essere un’eccezione Kate!” le aveva risposto Rick come se fosse la cosa più normale del mondo e lei per farlo smettere con le sue assurde teorie gli aveva promesso che, se proprio fosse stata un’eccezione ed avesse avuto bisogno di andare velocemente in ospedale, gli avrebbe fatto guidare la sua macchina di servizio ed accendere anche la sirena. Beckett vide Castle così eccitato all’idea che temette che lui sperasse veramente in un parto anticipato solo per poterlo fare, ma non ebbe il coraggio di chiederglielo, temendo la sua risposta affermativa. Rick aveva fatto giri su giri, dal loft in ospedale. A tutte le ore, per capire quanto ci avrebbe messo. Aveva provato strade diverse, scegliendo i percorsi migliori. Aveva anche fatto le tabelle divise per fascia oraria. Aveva visto che con la Ferrari sarebbe riuscito a metterci qualche secondo in meno, se non c’era traffico, ma Kate aveva provato a spiegargli, con molta calma, che lei nella Ferrari, adesso, non ci sarebbe andata perché il tempo che avrebbe impiegato per scendere era superiore a quello risparmiato. Castle si incupì per non aver pensato ad una tale banalità. Le chiese quindi se riteneva la Mercedes abbastanza comoda, altrimenti se voleva avrebbe noleggiato un’altra auto più adatta. “Come non detto” si rispose da solo dopo essere stato di nuovo fulminato dal suo sguardo.
Kate si era resa conto che adesso doveva stare attenta anche alle esclamazioni che faceva, perché Rick tendeva a prendere tutto troppo sul serio. Così quando esasperata dalle sue idee folli gli aveva detto “Se continui così partorirò a casa”, a lui era sembrata un’ottima idea e stava già pensando a dove e come allestire la stanza per farla partorire.
“Castle. Io. Non. Partorirò. A. Casa.”
Kate poté sentire chiaramente gli ingranaggi del cervello di Rick bloccarsi ed un triste “Ok” che rispecchiava i suoi sogni infranti: la piccola Castle che nasceva al loft gli era sembrata una cosa così romantica e importante che aveva già fin troppo fantasticato volando sulle ali della sua immaginazione e andando a scontrarsi con il muro della logica praticità di Kate. 
Dopo l’ultimo controllo fatto, poco prima di Natale, quando lui aveva letteralmente tartassato il suo medico di domande, tanto da impedire di farle a lei perché l’aveva completamente stranita, Kate era stata costretta a prendere Castle in disparte, a casa, e parlarci. Seriamente. Non era stato facile spiegargli, con dolcezza, quanto lei apprezzasse che lui si preoccupasse così tanto per loro (ormai Kate parlava quasi sempre in prima persona plurale, anche quando non voleva) e che era così apprensivo e partecipe, però doveva rilassarsi. Era indispensabile che lo facesse ed era l’unica cosa che realmente l’avrebbe fatta stare meglio e l’avrebbe aiutata. Se avesse continuato così, avrebbe contribuito solo a stressarla di più.
Castle seduto sul letto mentre lei parlava si insaccò nelle sue stesse spalle diventando molto più piccolo di quello che la sua stazza non fosse e si sentiva mortificato. Kate scosse la testa, pensando che non ce l’avrebbe fatta a gestire una neonata con un bambino vicino che sembrava ancora più bisogno di attenzioni. Così Kate si era messa in ginocchio sul materasso dietro di lui ed aveva cominciato a massaggiargli dolcemente le spalle e lei si sciolse letteralmente quando lui sospirando sconsolato le disse che era un pessimo marito. 
Guardando fuori dalla finestra Kate pensò che quel ricordo si sposava perfettamente con il grigiore della giornata. Difficilmente aveva visto suo marito così giù di morale come in quel momento e anche a ripensarci se ne sentì in colpa.
Lo aveva chiamato dolcemente “Ehy Castle…” e poi aveva lasciato che quel massaggio diventasse un abbraccio, avvicinando quanto più possibile il suo corpo alla schiena di Rick. Gli aveva ripetuto più volte tra un bacio e l’altro sul suo collo che lui era il miglior marito che ogni donna potesse volere. Ma lui, entrato nella sua spirale di pessimismo, gli chiese come poteva dirlo se era stata sposata solo con lui, era lui quello che poteva fare i paragoni tra mogli, non lei con i mariti e a nulla era valso ricordargli che in realtà lui non era stato il suo primo marito, ma Castle non voleva nemmeno sentirlo quel discorso. Lui era il suo unico e solo marito, ci teneva.
Kate gli spiegò come lui era solamente troppo ansioso e che non doveva esserlo perché stavano bene sia lei che la bambina. Lo aveva potuto accertare personalmente visto che aveva monopolizzato il suo ginecologo ponendogli così tante domande che chiunque sarebbe inorridito pensando che tra i due quello incinto era lui. 
Parlando era venuto fuori che in realtà lui non sapeva come comportarsi. Kate aveva dato per scontato che Castle, avendo già avuto una figlia, aveva già vissuto tutto quello. Lei si era inconsciamente appoggiata alla sua esperienza, credendo che per lui fosse tutto un ripetere situazioni già vissute. Quando lui si sdraiò vicino a lei, accarezzandole la pancia formando piccoli centri concentrici, gli confessò che Meredith non lo aveva reso partecipe di nulla di quello che le accadeva durante il parto. Pensava solo alla sua ginnastica per non ingrassare più del dovuto e a leggere riviste stilando tabelle per come rientrare in forma subito dopo il parto. Castle comunque ci tenne a specificare che era ingrassata molto più di quanto non avesse fatto lei. Era sempre uno stupendo adulatore. 
Conquistata dalla sua dolcezza in quel momento e dai suoi occhi fin troppo tristi e malinconici, Kate gli ricordò che con lei sarebbe stato diverso, che lei lo voleva vicino in ogni momento, solo meno ansioso ed ogni volta che lei gli diceva che voleva che fosse con lei, sempre, il suo occhi brillavano dalla felicità, senza però dimenticarsi di chiederle se ne fosse veramente sicura e la risposta di Kate era sempre la stessa, ne era sicura, non glielo avrebbe mai negato.
Ne avevano parlato molto di quello nelle settimane precedenti. Era una domanda che Castle aveva timore di fare a Beckett. Aveva approfittato per chiederglielo indirettamente, un giorno quando lei gli aveva manifestato le sue normali paure per quello che sarebbe accaduto. “Ti starò vicino Kate, fino alla fine se vuoi” e lei gli aveva detto di sì, dettata più da un sentimento istintivo che ragionato e lo aveva visto illuminarsi letteralmente forse nemmeno lui si aspettava che lei fosse favorevole. Quando ci aveva pensato nei giorni seguenti, infatti, Kate si era interrogata più volte su quel consenso dato così in fretta. Non perchè non lo volesse vicino, certo che lo voleva, ma perchè aveva paura che la sua agitazione ed il suo essere perennemente ansioso avrebbero reso quel momento ancora più complicato. Ma principalmente il suo problema era un altro: non voleva che Castle la vedesse in un momento in cui sarebbe stata completamente vulnerabile e priva di razionalità, almeno nella sua mente aveva costruito così l’idea del parto. Voleva quasi dirgli che ci aveva ripensato che forse era meglio che in quel momento fosse stata sola, quando lui le confessò che quando era nata Alexis, Meredith aveva scelto di fare il cesareo così si era potuta programmare il ritorno sulle scene e in quel momento si convinse che non glielo avrebbe mai negato e glielo aveva ripetuto più volte. Non voleva privare Rick di quella gioia, aveva capito bene quanto fosse importante per lui assistere al parto. Alla fine anche per lei era importante che lui ci fosse, pensando che magari se lui si fosse comportato come sempre quando era agitato, parlando troppo e fuori contesto, l’avrebbe fatta, come sempre, arrabbiare e così poteva distogliere i suoi pensieri dai dolori del parto: poteva essere una tattica anche quella. Così quando Castle aveva avuto la certezza che Kate gli avrebbe permesso di assistere al parto, aveva cominciato a documentarsi. Beckett Pensava che lui avesse letto le esperienze pubblicate su internet di tutti i padri degli Stati Uniti, aveva comprato libri, imparato a memoria tutto quello che doveva accadere e quello che dovevano fare i medici e l’ostetrica. “Non mi devi far partorire tu” gli disse un giorno vedendolo estremamente concentrato nel studiare tecniche e casistiche, ma lui non se ne curava e continuava ad informarsi, come diceva lui. Aveva visto tutti i video sui parti che aveva trovato e ogni volta che si dimenticava di togliere o abbassare l’audio e Kate sentiva le urla di quelle donne, si chiedeva, tra se e se, se lei ce l’avrebbe mai fatta: poi, però, faceva un rapido check di tutte le volte che si era trovata in situazioni a dir poco complicate e pensò che in fondo aveva sopportato di peggio, almeno lo sperava, fino a quando delle nuove grida non le facevano cambiare idea ed urlava a Castle di smettere di vedere quella roba e lui, beccato in flagrante, chiudeva rapido il portatile. Gli aveva chiesto più volte se volesse cambiare lavoro e fare l’ostetrico e Rick la guardava serio e più lui era serio più lei rideva ed allora anche lui si scioglieva e le sorrideva innamorato. Follemente innamorato. Adorava vedere Kate ridere e sembrava che in quell’ultimo periodo prima del parto ridesse ancora di più. Si era lasciata alle spalle quasi del tutto le crisi di pianto e i dubbie le paure che l’avevano assillata dall’inizio, come se, una volta che le era ritornata la memoria, avesse cominciato ad acquisire di nuovo piano piano la consapevolezza che quella bambina l’avrebbe voluta da prima di sapere che era già dentro di lei e questo le donava tranquillità. Non era più la ragazza impaurita che si era scoperta incinta di un uomo che nemmeno conosceva e che aveva il terrore di quello che sarebbe stato. Era una donna pienamente consapevole delle proprie scelte e di quello che voleva dalla sua vita. Un figlio, con Castle, era la cosa che voleva di più in quel momento. Tutto il resto era secondario e irrilevante. Certo, anche lei continuava a porsi le normali domande che tutti i futuri genitori si facevano, chiedendosi se sarebbe stata all’altezza o se sarebbe riuscita ad entrare in sintonia subito con la sua bambina, che era in realtà la cosa che la preoccupava di più. Aveva più volte chiesto a Castle “Le piacerò?” e tutte le volte lo faceva mordendosi il labbro e poi andando a stuzzicare l’unghia del pollice con i denti, per nascondere, male, il nervosismo, perché Castle sapeva esattamente che quelli erano i primi segnali che era insicura. Rick ogni volta che sentiva quella domanda si divertiva a stuzzicarla “Di solito alle Beckett piaccio io, però sono sicura che a MiniBeckett piacerai anche tu” e puntualmente se erano a letto si beccava un cuscino in faccia che male attutiva le sue risate. Poi le ricordava che MiniBeckett aveva il 50% del suo patrimonio genetico, quindi se le sarebbe piaciuta anche solo la metà di quanto piaceva a lui, sua figlia l’avrebbe semplicemente adorata e lei tutte le volte a sentire quella frase si scioglieva letteralmente ed andava a rifugiarsi tra le sue braccia.
Kate nei giorni prima di Natale si era preoccupata solo quando aveva cominciato a sentire la bimba muoversi sempre meno, ma il suo ginecologo l’aveva subito rassicurata, spiegandole che era solo questione di spazio. Andava tutto bene. I movimenti di sua figlia l’avevano sempre tenuta in ansia più del normale. Ma lei era una abituata ad avere sempre le situazioni sotto controllo e quella, invece, non poteva avercela: sentirla muoversi era il suo unico parametro per capire che stava bene.
Proprio come le aveva detto Castle, una sera mentre scherzavano, quando comincerà a muoversi avrebbe rimpianto i momenti di tranquillità. Non che li aveva rimpianti, però Lily veramente aveva problemi a stare ferma, soprattutto la sera, quando le sarebbe veramente piaciuto rilassarsi un po’ di più, e quando sentiva la voce di Castle. Sembrava che la voce del padre la risvegliasse e la convincesse a fare capriole dentro di lei in continuazione. Lui era entusiasta di questa cosa, Kate molto di meno. “Vedi, un’altra Beckett che mi adora” le ripeteva tutto orgoglioso quando passava le ore accucciato vicino alla sua pancia, con le mani sopra parlando in continuazione per sentirla muoversi di più, scatenando le ire di Kate che minacciava di rendere sua figlia orfana prima ancora che nascesse se non la finiva di parlare a vanvera. Così Castle smetteva, per qualche minuto, e la osservava con gli occhi sognanti mentre lei lo squadrava con il suo sguardo severo che però non riusciva a mantenere a lungo e gli diceva di avvicinarsi e lui già sapeva, in quel momento, cosa sarebbe successo. Non avrebbe parlato per un po’, occupato a baciarla e poi solo a sussurrare il suo nome e quanto l’amava, quando l’amava.

Kate andò pigramente verso le ampie vetrate del loft. Erano parecchi giorni che non usciva di casa, prima per la neve con Castle che aveva paura che potesse scivolare e farsi male e in pochi secondi le aveva prospettato uno scenario post apocalittico di reazioni a catena che poteva provocare un suo passo sulla neve: pur di farlo smettere di parlare aveva acconsentito a starsene a casa. Con lui, però, aveva specificato. Perché già non poter uscire e non poter far niente le pesava, però non avrebbe tollerato la sua non presenza. Con lui tutto diventava sopportabile. Avrebbe potuto passarci anche altri nove mesi interi chiusi in quella casa, se c’era anche lui. Guardò il suo riflesso nel vetro e fece una smorfia. Era veramente diventata così… così… così terribilmente sdolcinata? Sì, lo era. Diede la colpa, come sempre, alla gravidanza, ma non si voleva illudere, non era solo quello. Tutto quello che gli era accaduto nell’ultimo anno o poco più le aveva fatto capire quanto dovesse apprezzare tutto quello che aveva, dove tutto, ancora per pochi giorni, si chiamava Castle e quello che lui rappresentava per lei. Il suo mondo, solo quello. 
Fuori era grigio. Tutto grigio. Tutto ingrigito dalla pioggia. Era una di quelle giornate da piumone, cioccolata calda e coccole. E una maratona di film in tv, che se c’era Castle non avrebbe sicuramente seguito, perché lui l’avrebbe distratta a modo suo e lei si sarebbe fatta distrarre con molta gioia.
La pioggia lavava via l’aria di feste ed anche la gioia. Kate vedeva dall’alto della sua posizione qualche rimasuglio di carta da pacchi, buttata in un angolo, forse sfuggita a qualche bambino, sicuramente a chi doveva preoccuparsi di pulire le strade, sciogliersi pian piano goccia dopo goccia. Sospirò un po’ di più con il naso appoggiato sul vetro che si appannò, togliendo per qualche istante tutto dalla sua vista, per poi riapparire sfuocato prima di tornare limpido. 

 



NOTA: Nelle prossime settimane sarò fuori, quindi non so con quanta regolarità riuscirò a pubblicare i suoi pochi capitoli. Vi lascio con l'inizio, prima di partire, sperando che vi piaccia questa tappa di avvicinamento all'arrivo di Lily :)

   
 
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