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Autore: iaia_86    29/04/2009    4 recensioni
Svegliarsi da un incubo che non è il proprio e ritrovarsi a pensare a colui che ne è proprietario, a cui si è pronti a donare tutto, anche se stessi.
Storia partecipante al contest "Orochimaru's Pairings" indetto da Compagnescu e Ainsel.
Genere: Triste, Dark, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kabuto Yakushi, Orochimaru
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Orochimaru's Pairings
Questa storia ha partecipato al contest "Orochimaru's pairing". Ringrazio chi ha indetto il contest per avermi permesso di cimentarmi in questa storia e faccio i miei complimenti a tutte le partecipanti, soprattutto alle podiste.

Nick Autore : iaia(13d08c81).
Titolo : Devotion.
Personaggi/Pairing : Orochimaru, Kabuto.
Genere : Dark, Introspettivo, Angst.
Rating : Giallo.
Avvertimenti : One-shot, Spoiler!, Shonen ai, Missing Moments.
Trama : Svegliarsi da un incubo che non è il proprio e ritrovarsi a pensare a colui che ne è proprietario, a cui si è pronti a donare tutto, anche se stessi.
NdA : E pensare che all'inizio doveva essere una flash-ficXD Quando mi sono resa conto che avevo già sforato ed ancora non ero entrata nel vivo della narrazione, mi sono dovuta convincere che forse una one-shot sarebbe stata più appropriataXD E' nata in una maniera strana, ma avevo l'idea iniziale già da un bel po' di tempo. Così non è stato difficile metterla su carta.
Come al solito faccio impaginazioni da pauraXD Quindi passo a spiegare: il primo font che appare sarà quello che rappresenta Orochimaru, i suoi pensieri e tutto ciò che lo riguarda; il secondo invece riguarda i pensieri di Kabuto e la sua introspezione; in corsivo ci sono delle scene ricordate (dal punto di vista di Orochimaru).
*Kotatsu: Tavolino basso giapponese, riscaldato e coperto di un tessuto isolante che mantiene il calore nella parte sottostante.
*Sensei: Maestro.





Devotion.







Buio.


Tutto intorno a lui, nient'altro che una coltre di oscurità infinita.

Aveva freddo, tanto freddo. Come se fosse stato nudo in una tempesta.

Quando la prima goccia di pioggia scivolò sulla sua guancia, alzò gli occhi al cielo, sussultando.

Nel momento in cui li riabbassò, si accorse di non indossare nulla. Solo i lunghi capelli a coprire quel corpo da bambino.

Muoveva incerto un passo dopo l'altro, incapace di riuscire ad orientarsi in quel mare scuro. Uno strano sentimento gli attanagliava il cuore.

Improvvisamente, una strana luce attirò la sua attenzione.

Senza realmente rendersene conto, iniziò a correre nella direzione da cui questa proveniva.

Tutto sembrava sbiadito, mentre sorpassava case e sentieri.

Un senso di familiarità lo fece sbandare, colto da una vertigine.

Quel posto lo conosceva fin troppo bene. Era Konoha.

La nota stridente in quel paesaggio era il rosso che affogava tutto.

Nessun'altra macchia visibile, quantomeno non da un occhio poco allenato.

E lì, in mezzo a quel colore così profondo e cupo, c'era la sua casa.

Si avvicinò titubante e, affacciandosi da una finestra, vide qualcosa che lo lasciò senza parole.

Sua madre, con una lunga ferita che le adornava il collo come una macabra collana, preparava la cena.

Suo padre, seduto a gambe incrociate davanti al kotatsu*, gli dava le spalle e poteva vedere rapito come un'enorme ferita fosse in bella mostra al centro della schiena.

Nascose la bocca tra le mani per evitarsi di gridare e si allontanò disperato.

Fu lì che incontrò il suo sensei*.

Sarutobi stava in piedi, con la tonaca da Hokage, e gli porgeva il suo cappello, quello su cui svettava il simbolo del Paese del Fuoco.

Vuoi il potere, Orochimaru? Vieni a prenderlo.

Il potere?

Iniziò a correre risoluto verso l'uomo. Era il potere, ciò che voleva.

Il potere che gli avrebbe permesso di evitare ancora che i suoi affetti venissero distrutti.

Ma era poi veramente questo il motivo per cui bramava la conoscenza suprema di tutte le tecniche ninja esistenti?

Cercava l'immortalità, solo per poter apprendere sempre di più.

Quando fu a soli pochi centimetri dal suo obiettivo, venne sbalzato in un altro luogo.

C'erano tanti corpi, la maggior parte dei quali in putrefazione.

Gli si avvicinavano minacciosi, quasi a volerlo inghiottire.

La paura lo assalì quando, riconoscendone uno, si rese conto che quelli erano i corpi di cui si era servito in tutti quegli anni per la sua sete di vita.

Ma lui era solo un bambino.

Non sarebbe riuscito a sopravvivere alla rabbia che leggeva nei loro occhi.

Non quando uno di loro lo stringeva ed iniziava a sentire la sua carne sprofondare e fondersi con quella putrida poltiglia.

Urlò invocando l'aiuto di qualcuno che, sapeva, non ci sarebbe più stato per lui.



Aprì di scatto gli occhi, rendendosi conto che era stato solo un sogno.

La parte sinistra del corpo gli doleva fastidiosamente, non permettendogli di regolarizzare il respiro.

Aveva avuto un altro incubo.

Nuovamente, ricordi non suoi erano andati ad occupare la mente rilassata dal sonno, per insinuarsi nei suoi pensieri.

Gli succedeva spesso, da quando aveva iniettato quelle cellule nel suo corpo.

Osservò la mano, squamosa e cinerea, e la portò al viso carezzando quello zigomo pronunciato e ricalcando i contorni dell'occhio ambrato.

In alcuni momenti, si chiedeva se avesse fatto veramente bene a prendere una decisione del genere, ma immediatamente gli ritornava in mente lo sguardo sicuro del suo Maestro ed ogni dubbio svaniva.

Sapeva perfettamente che per Orochimaru non era stato altro che una pedina sacrificabile e un importante aiuto nelle sue ricerche.

Ma gli aveva donato una casa ed un'identità che aveva inesorabilmente perduto.

E questo per lui era più importante del semplice affetto.

Quando si era reso conto del tradimento dell'Uchiha e della morte dell'unica persona che ammirava, non aveva avuto tentennamenti.

Se quello era il solo modo per salvare anche una piccola parte dell'uomo che era tutto per lui, allora l'avrebbe fatto.

Aveva messo in conto le possibili ripercussioni che questo avrebbe potuto portare, e le avrebbe accettate senza esitazione.

Aveva volentieri donato il suo corpo ad Orochimaru, che rigenerandosi lo stava pian piano soppiantando.

Non aveva paura di concedersi al suo volere, gliene aveva già dato prova in precedenza.



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Si alzò repentinamente, sbarrando gli occhi nella penombra della camera buia. Un rumore alla sua sinistra lo fece allertare.

Non era in grado di utilizzare le mani, non dopo quello che Sarutobi gli aveva fatto, ma la sua lingua era ancora utile a qualcosa.

Sentì un gemito sommesso provenire dal punto che aveva appena colpito e Kabuto avvicinarsi turbato.

- Avete avuto un altro incubo, Orochimaru-sama? -

Solo un grugnito come risposta e l'odore del sangue che stillava dalla ferita che gli aveva inferto.

Ritornò a poggiare la testa sul guanciale e sperò che l'altro non cogliesse lo stato di profonda agitazione in cui quel sogno l'aveva condotto.

Non poteva permettere di farsi vedere debole, non da lui, non in quel momento.


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Quella era stata la prima volta in cui non era riuscito a capire cosa volesse il suo Maestro.

Voleva rimanere solo, perché i fantasmi del passato avevano fatto irruzione troppo violentemente nella sua mente e non era riuscito a contenerli.

Voleva...

Che ne sai tu di cosa volevo?

Di nuovo quella voce all'interno della sua testa.

Un dolore lancinante all'occhio, che si chiuse per riflesso, ed un urlo che si sperdeva nel vuoto della caverna in cui si era rifugiato.

Orochimaru era potente. Sentiva tutta la sua energia fluire all'interno del proprio corpo, portandolo lentamente ma inesorabilmente alla follia.

Si accasciò al suolo e gemette frustrato.

Lasciami il tuo corpo, Kabuto.

Un ordine.

La vista traballava, riproponendogli immagini che mai avrebbe voluto vedere.


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La lingua avviluppata intorno al collo del suo sottoposto, ad ostacolargli la respirazione.

Lo schiacciava con il suo corpo contro il materasso del letto dove aveva giaciuto fino a quel momento.

Mentre lo possedeva brutalmente, mentre sentiva il sapore di quel liquido rosso bagnare le labbra vogliose, lì dove lo aveva ferito solo pochi minuti prima, si rese finalmente conto della vera utilità che quel ragazzo avrebbe avuto per lui.

Lo fissò intensamente per alcuni istanti, prima di parlare con voce suadente.

- Saresti disposto a tutto per me, Kabuto? -

Lo aveva visto sgranare gli occhi, ora non più nascosti dalle spesse lenti degli occhiali, e poi annuire serio.

- Facciamo un patto? -

Di nuovo un movimento veloce della testa.

Adorava i suoi sottoposti, stupide piccole menti raggirate dalla sua potenza.

Quando lo morse, qualcosa di diverso dalle cellule del segno maledetto andò a nidificarsi nel corpo del ragazzo.

Se mai gli fosse successo qualcosa, sarebbe stato lui il prescelto ad ospitare il suo spirito.


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Era già stato prestabilito, per lui non c'era speranza.

Ma andava bene anche così, poiché almeno si era reso utile ad Orochimaru.

Involontarie ed inaspettate, calde lacrime gli rigarono la parte destra del volto, mentre la mano sinistra andava a raccoglierle con una dolcezza che non era propria di colui che vi albergava.

Perché aveva visto cose che mai avrebbe dovuto vedere.

Aveva scorto il vero volto del suo Maestro, quello che si nascondeva dietro la sua folle idea di perfezione.

Aveva sentito sulla pelle la paura...

Io non ho paura di niente!

...e la desolazione del suo animo.

Perché ora Orochimaru non gli appariva più così perfetto e potente come lo aveva sempre idealizzato.

Perché finalmente erano una cosa sola.

Si lasciò andare a quel pensiero, e sentì la vita scivolare lenta dal suo corpo sostituita da quella dell'altro.

Ma era contento. Sarebbero stati insieme per l'eternità.

Che sciocco! Pensava veramente che gli avrei lasciato scrutare cosa si nasconde nel mio animo? Povero illuso.

Ho già detto che adoro i miei sottoposti?
   
 
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