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Autore: destiel87    28/08/2016    3 recensioni
"Io ho paura Spock... Mi aiuti a non averne..."
Quando me lo disse, qualcosa dentro di me si spezzò.
Non saprei dire cosa, non era un osso, o un organo. Era qualcosa di più profondo, radicato nella parte più umana di me stesso... Qualcosa, che nemmeno sapevo di avere.
"Come riesce a non provare niente?" Mi chiese, tremando per la sofferenza.
"Non so come faccio... - Gli risposi io con la voce incrinata dal dolore - E ora non ci sto riuscendo..."
Ed era vero... Ero sempre riuscito a mantenere il controllo delle mie emozioni, ma quel giorno... Quel giorno ogni fibra del mio corpo soffriva e si disperava, senza che io riuscissi a fare niente per impedirlo.
"Voglio che sappia perchè non l' ho lasciata morire... Perchè sono tornato per lei..."
Mi disse, con gli occhi lucidi e così pieni di amore, da non riuscire a trattenerlo.
Amore... Che strana parola.
Cinque lettere, usate per descrivere il sentimento più forte, più puro, più profondo dell' animo umano...
E al tempo stesso così fragile ed imperfetto.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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THE (IL)LOGICAL OF LOVE




 
 
 
La logica è l' essenza del mio mondo, la base della mia cultura, il retaggio dei miei antenati.
Fin da quando ero piccolo, mi è stato insegnato a prendere le mie decisioni in base alla logica. A studiare le argomentazioni che mi vengono date, ragionare su di esse, chiarire quali procedimenti di pensiero siano validi e quali non validi, ed infine, decidere autonomamente.
Tuttavia, a differenza degli altri studenti, io avevo qualcosa in più, o in meno, questo dipende dalle opinioni con cui si analizza la questione.
Obbiettivamente comunque, la mia metà umana è sempre stata d' intralcio al conseguimento di una logica perfetta, proprio per le emozioni che la caratterizzano.
Nonostante questo, sono sempre riuscito a mantenerla sotto controllo, reprimendo i sentimenti che avrebbero potuto indurmi a ragionamenti sbagliati o distorti.
Ho sempre ritenuto che in una situazione di estremo pericolo o difficoltà, non sia di alcun aiuto appoggiarsi alle emozioni umane, così volubili e travolgenti, sebbene ad una razionale logica di pensiero.
Giusto o sbagliato.
Morale o immorale.
Saggio o avventato.
Le leggi ci aiutano a capirne la differenza; Leggi, che nonostante i miei continui ammonimenti, il mio capitano si ostina ad ignorare.
Al contrario di me, lui segue il suo istinto, o come direbbe lui, il suo cuore.
Per lui non contano le leggi, o i divieti o gli avvertimenti, ciò che conta per lui, sono le persone.
Salvarle, perfino da loro stesse, sembra essere la cosa che più importante per lui.
Anche quando per farlo, mette a repentaglio la sua vita o quella di altri.
Quando mi ha salvato, ignorando i miei voleri e strappandomi da quel vulcano, non si è affidato alla logica, bensì alle sue emozioni.
Non ho mai capito il suo modo di prendere decisioni, anche se, sono certo che ogni sua azione è volta al bene altrui, mai al suo.
Questa è una delle cose che apprezzo di più nella sua persona, oltre al suo coraggio e alla sua dedizione alla causa per cui lottiamo.
Una parte di me vorrebbe aggiungere anche che è particolarmente piacevole vederlo sorridere, anche se l' altra lo ritiene un apprezzamento frivolo e superficiale.
Eppure, anche se è obbiettivamente così, è indubbio che sia per me un naturale calmante nelle situzioni difficili, così come la bellezza e la profondità dei suoi occhi azzurri.
"Ahh! - Esclamò nervosamente Spock, riponendo la penna sul diario di fronte a lui -  Senta dottor McCoy, le ripeto che questa sua terapia è completamente inutile e non ha nulla a che fare con i miei sintomi."
Il dottore alzò per un attimo gli occhi dalla tabella del suo paziente, inclinando leggermente la testa di lato, spazientito dall' ennesima lamentela del suo paziente.
"E io le ripeto, per la quinta volta, che scrivere su quel maledetto diario è esattamente ciò che ha bisogno per alleviare il suo stress! Ora la smetta di irritarmi e faccia ciò che le dico!"
"Continuo a non capire in che modo la mia agitazione possa essere alleviata dal riporre i miei pensieri su carta. I miei sintomi sono fisici dottore, ed essendo fisici, non sarebbe logico darmi qualche medicinale?" Obbiettò nuovamente Spock.
"Oh maledizione... E va bene, senta signor Spock. - Disse McCoy, avvicinandosi a lui con tutta la pazienza che possedeva - E' vero, la sua agitazione è una questione fisica, così come il battito accelerato e il mal di testa. Ma questi sintomi derivano da una confusione mentale, ed entrambi sappiamo da cosa è stata provocata."
"La pregherei dottore, di non giungere a conclusioni affrettate. Se come dice lei i sintomi derivano da una confusione mentale, come può sapere da quali problemi è afflitta la mia mente, essendo la mia?"  
"Perchè io ero la, signor Spock. E so perfettamente quello che lei e il capitano avete fatto."
Spock distolse lo sguardo, evidentemente imbarazzato.
"Quella era... Una conversazione privata."
"Oh si, lo era. E anche quello che è avvenuto dopo lo era! Ma nessuno si è premurato di informarmi, così sono ingenuamente rientrato a controllare il mio paziente, quando vi ho trovati sul letto a..."
"Dottore! - Disse Spock, un po' troppo ad alta voce - La prego, è già abbastanza increscioso per me essere qui. Si limiti a darmi la sua opinione professionale."
Il dottore fece un gran sospiro e scosse la testa, cercando le parole giuste per il tipo di situazione, e per il tipo di paziente.
"La mia opinione professionale, signor Spock, è che i recenti e... Sconvolgenti eventi, le hanno causato un grande stress mentale, che il suo corpo sta gestendo in questo modo. Una volta alleviata la situazione mentale, il corpo risponderà di conseguenza. E visto che si rifiuta di parlarne con me, e supponendo che non voglia parlarne con il capitano, le suggerisco di scrivere tutti gli eventi che l' hanno portata a quel fatidico giorno, in questo modo, si schiarirà le idee sull' accaduto e si sentirà più rilassato e tranquillo."
Dopo qualche istante di silenzio, Spock riprese in mano la sua penna.
"Se avesse argomentato le due decisioni in maniera così logica prima, avrebbe evitato tutte le mie proteste. Ad ogni modo, mi affido al suo parere medico."
Il dottore sorrise e alzò gli occhi al cielo, prima di rimettersi a studiare la sua tabella compiuterizzata. "Dio sia lodato!" Sussurrò sollevato.
Dopo aver riletto parte del suo scritto, Spock pensò a come continuarlo, anche se l' agitazione di sapere che il dottore fosse a conoscenza del suo segreto, non lo aiutava a concentrare i suoi penseri.
Ritengo comunque - Continuò Spock - Che questa differenza di pensiero tra me e il capitano, sia di aiuto nelle nostre missioni, in quanto le nostre differenze, si completano a vicenda, creando così una sola mente in grado di valutare le situazioni sia dal punto di vista umano, sia da quello razionale.
E' forse per questo motivo, che siamo una squadra efficente e preparata ad ogni eventualità, capace di rispondere ad ogni attacco esterno.
Quasi ogni eventualità, dovrei dire, perchè nessuno dei due era preparato a quello che è accaduto quel giorno, ne capace di risponderne.
Anche se ritengo data la mia esperenza sul campo, che non tutte le situazioni possano essere risolte in maniera efficente.
A volte, bisogna semplicemente accettare eventi che sono al di sopra delle nostre capacità, e di fronte ai quali siamo del tutto impotenti.
La distruzione del mio pianeta, è una di quelle.
Eppure, sebbene quell' evento mi abbia sconvolto a livello fisico e mentale, cambiando per sempre una parte di me, quello accaduto quel giorno, è stato se possibile ancora più estremo per me.
Non ero minimamente preparato a quello che accadde, come penso neppure il capitano... Mi chiedo se avendolo potuto sapere preventivamente, alla luce degli ultimi eventi, avrei cambiato qualcosa.
Se dovessi dare una risposta sincera, credo sarebbe no.
Perchè nonostante tutto il dolore provato nel dire addio al mio capitano, ritrovarlo ha provocato in me una tale gioia, da superare tutte le sofferenze.
Lo ricordo ancora come se fosse ieri, quel giorno. Quella chiamata.
Quando il signor Scott mi chiamò in plancia, dicendomi di raggiungerlo nella sala macchine con urgenza, qualcosa dentro di me, mi disse che era successo qualcosa al capitano. Qualcosa di grave.
Suppongo che potrei definirlo istinto.
Corsi per tutta la nave, e quando finalmente lo raggiunsi, sdraiato dietro quel vetro, sofferente e spaventato, mi sentì come se il mondo mi stesse crollando addosso.
So che la mia espressione è priva di senso, ma è quello che provai quel giorno.
Come se tutto ciò che avevo costruito, per cui avevo lottato e gioito, stesse crollando in mille pezzi.
Non appena lo vidi, il mio primo pensiero fu quello di tirarlo fuori da li, in qualunque modo.
Chiesi a Scott di aprirla, ma lui mi rispose che il processo di decontaminazione non era completo e che di conseguenza, la porta era bloccata.
Mi inginocchiai dall' altra parte del vetro, studiando i suoi occhi così intrisi di emozioni.
Ogni volta che si muoveva, avevo l' istinto di aiutarlo, di sorreggerlo, anche se la porta me lo impediva.
La prima cosa che mi chiese, era come stava la sua nave.
Era proprio tipico di lui, pensare agli altri prima che a se stesso.
Gli risposi che era fuori pericolo, che aveva salvato l' equipaggio.
Sapevo che in quel modo l' avrei sollevato dal grave peso che reggeva sulle spalle.
Con le poche energie che aveva, continuò a parlare.
La sua voce, prima così forte e piena di vita, ed ora così debole e incrinata, era per me una sofferenza impossibile da descrivere.
"Ha usato contro di lui quello che voleva... Gran bella mossa." Mi disse affaticato.
"E' quello che avrebbe fatto lei..." Gli risposi, con uno strano senso di orgoglio.
"E questo... è cio che avrebbe fatto lei."
Sapevo che era vero, al suo posto, avrei fatto la stessa cosa.
Eppure, dentro di me, desideravo solo che non l' avesse fatto.
"La cosa più logica..." Aggiunse.
Mai come in quel momento, odiai la mia logica.
"Io ho paura Spock... Mi aiuti a non averne..."
Quando me lo disse, qualcosa dentro di me si spezzò.
Non saprei dire cosa, non era un osso, o un organo. Era qualcosa di più profondo, radicato nella parte più umana di me stesso... Qualcosa, che nemmeno sapevo di avere.
"Come riesce a non provare niente?"  Mi chiese, tremando per la sofferenza.
"Non so come faccio... - Gli risposi io con la voce incrinata dal dolore - E ora non ci sto riuscendo..."
Ed era vero... Ero sempre riuscito a mantenere il controllo delle mie emozioni, ma quel giorno... Quel giorno ogni fibra del mio corpo soffriva e si disperava, senza che io riuscissi a fare niente per impedirlo.
"Voglio che sappia perchè non l' ho lasciata morire... Perchè sono tornato per lei..."
Mi disse, con gli occhi lucidi e così pieni di amore, da non riuscire a trattenerlo.
Amore... Che strana parola.
Cinque lettere, usate per descrivere il sentimento più forte, più puro, più profondo dell' animo umano...
E al tempo stesso così fragile ed imperfetto.
"Perchè lei è mio amico..." Gli risposi, mentre una lacrima scendeva sul mio viso affranto.
Non avrei mai pensato, che un giorno avrei potuto piangere per quel ragazzo...
Il ragazzo più testardo, impulsivo e sconsiderato che avessi mai incontrato.
Eppure, era anche il ragazzo con il cuore più grande, che io avessi mai avuto la fortuna di incontrare... Ed ora, lo stavo perdendo.
Appoggiò la mano sul vetro, ed io, confuso e spaventato, la appoggiai sulla sua.
Le forze lo stavano abbandonando, eppure, continuava a sorridere, a guardarmi...
Non ricordo di aver mai provato un emozione così forte.
Quel contatto, seppur separato da un vetro, è stato il momento più meraviglioso e struggente che io abbia provato nella mia vita.
Le sue dita si muovevano su di esso, spingendosi verso le mie.
Avrei voluto romperlo, poter toccare quella mano così vicina e distante al tempo stesso...
Avrei voluto salvarlo... Ma non potevo.
Non potevo fare niente, se non soffrire, piangere, e guardarlo morire.
Lo guardai esalare i suoi ultimi respiri, finchè la sua mano scivolò lontano dalla mia.
La dove non potevo raggiungerla...
La rabbia, inondò tutto il mio essere.
La rabbia per averlo perso, per non essergli stato più vicino quando potevo.
La rabbia verso colui che me l' aveva portato via.
Urlai il suo nome, con tutta la forza che avevo.
Spock dovette fare una pausa, prendere un profondo respiro, chiudere gli occhi un istante, cercando di placare l' onda di emozioni che lo stavano travolgendo il quel momento.
La mano tremante lasciò cadere la penna, mentre il respiro diveniva irregolare.
Ricordare era troppo difficile, troppo doloroso, pensò Spock.
Il dottor McCoy si accorse di quella improvisa sofferenza, e si alzò preoccupato dalla sua sedia.
"Signor Spock... Si sente bene?"
"No dottore... Certi ricordi sono..." Ma non riuscì a finire la frase, perchè non c' era una parola adatta a descrivere quello che stava provando.
Il dottore sospirò, annuì, comprese.
"Certe ferite hanno bisogno di tempo per rimarginarsi Spock... "
Lui annuì, guardando le piccole gocce che avevano macchiato il suo diario.
Non si era nemmeno accorto di piangere, finchè non toccò incredulo le sue guance bagnate.
Non gli era mai capitato di piangere per un ricordo... Non aveva senso, pensava, piangere per qualcosa che è già accaduto. Eppure, non riusciva a fermarsi.
La mano del dottore sulla sua spalla, lo colse ancora più impreparato.
"Va tutto bene... E' normale, piangere per le persone care."
"Io... Io non sto..."
"Non si affanni a mentire Spock. Ho pianto anche io quel giorno, come tutti quelli che volevano bene al capitano. Si ricordi, che per metà è umano anche lei."
Spock annuì, cercando di calmarsi, mentre pensava a quella improvvisa confessione.
"Lo so. Vorrei solo riuscire a controllare le mie emozioni... "
"Non credo che possa, a questo punto. Ma si rassereni, il capitano sta bene, e sono sicuro che più tardi ci penserà lui a farla sentire meglio!"
"Dottore!" Esclamò Spock, a disagio.
Lui rispose con una sonora risata ed una pacca sulla spalla, lasciando al suo paziente il tempo per riprendersi.
Dopo qualche minuto di silenzio, Spock riprese in mano la penna, deciso a continuare il suo racconto.
Il mio unico pensiero dopo la morte di Jim, fu la vendetta.
Volevo uccidere quell' uomo, lo desideravo con tutto me stesso, e l' avrei fatto.
Lo rincorsi per tutta la città, lo colpì più e più volte, lottammo furiosamente, fino a che non riuscì a gettarlo a terra, colpendolo con tutta la forza che avevo.
Per la prima volta in vita mia, avevo perso completamente la ragione.
Non esisteva più logica nella mia mente, solo una furia ceca dettata dalla disperazione.
Più lo guardavo, più ripensavo a Jim.
Ai suoi occhi pieni di paura, al suo sorriso, alla sua mano sulla mia.
Ad ogni pugno che davo, mi sentivo un po' meglio, eppure, il dolore non cessava mai. Per quanto forte lo colpissi, era sempre li.
Volevo ucciderlo, volevo porre fine alla sua vita, come lui aveva posto fine a quella di Jim.
Solo le parole di Uhura, mi fermarono.
"Lui è l' unica possibilità di salvare Kirk!" Mi disse.
Improvvisamente, mi fermai.
Passarono due settimane, prima che io potessi rivederlo.
Passai quei giorni in una specie di nebbia, incapace di pensare lucidamente, di agire come mi era sempre stato insegnato.
Restai a vegliare su di lui, a guardarlo dormire...
Era stranamente calmante, il silenzio, il suo viso sereno, il suo petto che si alzava e scendeva ritmicamente... La speranza di rivederlo.
Restai con lui tutto il tempo che mi era concesso, la notte mi addormentavo su una sedia, mentre contavo i suoi respiri.
Fino al giorno in cui, finalmente aprì gli occhi.
Io ero in fondo alla stanza, come sempre, mentre il dottore lo stava visitando.
Ricordo la prima volta che mi sorrise di nuovo, e a come mi sentissi felice.
"Mi ha salvato la vita..." Mi disse.
Era così bello sentirlo di nuovo parlare, che dovetti respirare a fondo, per cercare di mantenere quel poco controllo che ormai mi rimaneva.
"Lei l' ha salvata a me capitano, e a tutti coloro che..." Iniziai a dire, cercando di sembrare il solito me stesso.
"Spock... - Mi interruppe lui - Voglio solo dirle, grazie..."
Poi mi sorrise, ed io scoprii in quel sorriso, tutta la dolcezza di cui avevo sempre ignorato l' esistenza.
"E' stato un piacere Jim..."
Restammo qualche minuto in silenzio, a guardarci.
Poi il dottore uscì, e noi rimanemmo a fissarci, come se non esistesse nient' altro in quella stanza, in quella città, in quel mondo.
C' erano molte cose che avrei voluto dirgli, ma le parole erano come incastrate nella mia gola, e si rifiutavano di uscire.
Eppure, sembrava quasi che non ce ne fosse bisogno.
Lui mi guardava e sorrideva, felice, sereno.
"Come sta la mia nave?" Mi chiese dopo un po'.
"Sta bene capitano, come tutto l' equipaggio."
"E lei... Come sta?"
"Bene... Ora." Non so perchè aggiunsi quell' ultima parola, ma sentivo di poter essere sincero con lui.
"Mi fa piacere... Ero preoccupato per lei."
Quell' affermazione, era per me priva di senso.
"Lei era preoccupato? Ma sono io che ho vegliato sul suo corpo per settimane, senza sapere se si sarebbe risvegliato o no!"
Quell' improvvisa sincerità, stupì entrambi.
"E così ha vegliato su di me, Spock?"
Lui sorrideva, mentre io ero sempre più agitato.
"Lo faccio sempre. Del resto senza di me, chissà in quali guai si caccerebbe."
Lui rise. "Ha ragione Spock. Non so davvero che farei senza di lei."
I suoi occhi, erano di nuovo un turbinio di emozioni, proprio come lui.
"Ne io senza di lei."
"Allora le sono mancato?"
Rimasi per qualche momento a guardarlo, incerto su cosa dire.
Se fosse stato un giorno normale, probabilmente avrei risposto che i vulcaniani non provano questo genere di sentimenti.
Ma quello era il giorno in cui si era appena risvegliato l' uomo che avevo creduto morto.
L' uomo che aveva appoggiato la mano sulla mia, negli ultimi istanti della sua vita.
Per questo, risposi di si.
Lui sorrise, con le labbra e con gli occhi. "Anche lei..." Aggiunse.
Non sapevo più come comportarmi... Cosa suggeriva la logica in quel caso?
Cosa avrei dovuto fare? Cosa era giusto e cosa sbagliato?
"Io... Non so davvero cosa dire."
"Lei? Quello che ha sempre una parola per ogni situazione?"
"Ho scoperto che non per tutte le situazioni ci sono parole appropriate..."
Lui annuì. "Non dica niente allora..."
"Venga qui, voglio ringraziarla ancora una volta." Aggiuse poco dopo.
"Ma lo ha già fatto..."
"Lo so, ma voglio farlo di nuovo... Si avvicini Spock, non la mangio mica!"
"Beh, questo sarebbe comunque impossibile, date le sue condizioni..."
Lui rise, e io mi avvicinai.
"Ancora un po, venga vicino a me."
Titubante, feci ancora un passo.
"Ancora un po'... " Mi disse, mentre tentava faticosamente di alzarsi un poco.
"Non capisco a cosa possa servire il mio avvicinamento, se lo scopo è quello di ringraziarmi, può farlo da li."
"Ci sono modi e modi per ringraziare, e ora si avvicini, è un ordine."
Confuso, mi avvicinai ancora, arrivando al bordo del suo letto.
"Si chini... Non ho molta voce, deve starmi più vicino."
"Ma se ha la voce per dirmi di avvicinarmi allora c'è l' ha anche per..."
"Ahh Spock, per una volta, potrebbe fare quello che le chiedo senza tormentarmi con le sue domande?"
Sapevo che quello che mi stava chidendo era privo di logica, eppure mi chinai.
"Ancora un po..." Mi chiese.
Ero arrivato quasi a metà della distanza che ci separava, quando lui mi chiese di chinarmi ancora un po'.
Non capivo il motivo, ma la verità, era che non mi importava.
Ero così felice di rivederlo, che avrei fatto qualsiasi cosa mi avesse chiesto.
Beh, quasi qualsiasi cosa.
Ma più mi avvicinavo a lui, più la mia parte umana scalpitava.
"Si avvicini ancora un po'..."
Lo guardai, sorrideva in modo così dolce, che non potei fare a meno di chinarmi, fino ad arrivare così vicino al suo viso, da poter sentire il suo respiro sulla mia pelle.
"Ora chiuda gli occhi."
"Capitano io..."
"Chiuda gli occhi, Spock."
"Perchè?"
"Perchè altrimenti non troverò il coraggio per ringraziarla..."
Restai in silenzio, perdendomi dentro quegli occhi vividi come il cielo che si intravedeva dalla finestra.
Poi chiusi gli occhi.
Lo sentì avvicinarsi a me, piano.
Sentì le sue labbra carnose e morbide sfiorare le mie, fino ad appoggiarsi completamente su di esse.
Fu la sensazione più intensa mai provata.
Restammo così, per un tempo incalcolabile.
Quando lui si stacco da me, istintivamente lo raggiunsi, ricambiando il suo bacio.
Lui lo accettò, premendo con forza le sue labbra sulle mie.
Quando mi scostai leggermente da lui, respirammo insieme la stessa aria, premendo la fronte una contro l' altra, in un lungo momento che mi riempì di pace e serenità.
"Devo ringraziarla più spesso, Spock." Disse lui, sfiorando la mia guancia con le dita.
"Si... dovrebbe farlo Jim." Risposi io, aprendo gli occhi.
Lui sorrise, poi mi chiese la cosa più strana che avessi mai sentito.
"Dormirebbe con me Spock? Mi sentirei più tranquillo, se avessi lei al mio fianco."
Non pensai alla mia risposta, finchè non la diedi. "Si." Dissi.
Mi spostai lentamente e con cautela, per timore di fargli male.
Mi sistemai al suo fianco, girandomi di lato, poi lui appoggiò la testa sul mio braccio, ed io la poggiai delicatamente sulla sua.
Inspirai il suo profumo, mi beai del suo calore, accarezzai i suoi capelli, mentre scivolava in un sonno profondo e tranquillo.
Rimasi così per ore, accarezzando i suoi capelli biondi, ascoltandolo respirare...
Finchè anche io mi addormentai, esausto, confuso, felice.
Un sorriso sereno apparve sul viso di Spock, mentre riponeva la penna sulla scrivania e chiudeva il diario.
Ripensò a come si era sentito, e improvvisamente, tutta la agitazione che lo aveva tormentato in quegli ultimi giorni, svanì, come la sabbia che scivola via sotto la pioggia.
"Si sente meglio?" Chiese McCoy, osservando il suo sorriso.
"Si, molto meglio." Rispose Spock, facendo un profondo respiro.
Si alzò dalla sedia, tenendo in mano il prezioso diario, e ripensando a tutte le intense emozioni che lo avevano travolto, e che in qualche modo, lo avevano lasciato.
"Grazie, dottore." Aggiunse.
McCoy sorrise, "Forse la prossima volta che le dirò qualcosa, mi ascolterà allora!"
"Forse..." Rispose Spock, incamminandosi verso la porta.
Fu allora che essa si aprì, lasciando che il ragazzo biondo si affacciasse alla porta con un gran sorriso.
"Signor Spock, la stavo cercando!"
"Sono qui, capitano." Rispose lui, contraccambiando il sorriso.
"Ci stanno aspettando in plancia, ci hanno affidato una nuova missione!"
"E così è finita la pace... Un' altra volta!" Esclamò il dottor McCoy, alzandosi e prendendo le sue cose di malavoglia.
"Oh andiamo Bones! - Lo richiamò Jim - Sono sicuro che questa volta andrà tutto bene!"
"Certo! Sono sicuro che non ci saranno mostri, virus, criminali o pazzi ad attenderci, come tutte le altre volte!" Rispose McCoy, con il suo solito sorriso di scherno.
Poco dopo sparì dietro una porta, lasciando i due da soli.
"Andiamo allora?" Chiese il giovane capitano al suo primo ufficiale.
"Si." Gli rispose lui.
Mentre Jim si voltava, sentì una mano afferrarlo per il braccio.
"Ah capitano, ancora una cosa."
"Mi dica, Spock!"
Spock sorrise, poi si avvicinò a lui e lo baciò, con calma e sicurezza, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Jim ricambiò il bacio, accarezzando il fianco del suo primo ufficiale.
"E questo per cos' era?" Gli chiese lui, quando si staccarono.
"E' solo bello averla di nuovo qui..."
Jim sorrise, guardandolo pieno di gioia.
"Devo morire più spesso allora!" Disse scherzando.
"Non si azzardi a farlo!" Lo rimproverò con voce severa Spock, che come spesso accadeva, non capiva li scherzi del suo capitano.
Jim rise, poi gli mise un braccio intorno al collo, incamminandosi verso la plancia.
"Dovrà vegliare su di me allora, prima che mi cacci in un altro guaio!"
"Conoscendola accadrà sicuramente! Ma non si preoccupi, veglierò su di lei..."
"E io su di lei..." Sussurrò il capitano, respirando a pieni polmoni il suo odore preferito, quello dell' Enterprise.


 
 
"Spazio, ultima frontiera.
Questi sono i viaggi della nave stellare Enterprise. Nella sua missione quinquennale diretta all' esplorazione di strani nuovi mondi, alla ricerca di nuove forme di vita e di nuove civiltà, per arrivare là dove nessuno è mai giunto prima."


 
  
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