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Autore: mido_ri    28/08/2016    1 recensioni
Due ragazzi completamente diversi entrano in contatto in un apparente contesto scolastico.
Alessio: il solito ragazzo disordinato e "piantagrane" che reputa la sua vita una noia, così come la scuola e qualsiasi tipo di legame con le altre persone.
Riccardo: un ragazzo, meglio definito "ragazzino", che sembra fin troppo piccolo per poter frequentare il secondo anno di liceo; al contrario del suo fisico, la sua mente è grande.
Così come ci si aspetterebbe da un ragazzo del genere, Riccardo nasconde a tutti, perfino alla sua famiglia, la vera vita che conduce ogni giorno, difficile e sconvolgente.
Un inaspettato incontro spingerà Alessio a porsi sempre più domande su quello strano ragazzo.
Come si svolgerà la storia dei due incompatibili compagni di banco?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lun, 8 ottobre, sera
- Ale! Ma che cazzo fai?! -
Strabuzzai gli occhi e deglutii, un nodo enorme parve andare giù per la mia gola.
"Capelli...sembrano capelli"
Un conato di vomito mi costrinse a piegarmi su me stesso, mi sentivo letteralmente uno schifo; la cosa peggiore era che non riuscivo a vedere assolutamente nulla: tutto bianco. 
Avevo incredibilmente caldo, com'era possibile? La maglia si era incollata al mio petto, mi sentivo stretto nella morsa di centinaia di serpenti orribilmente viscidi. 
Un rumore lontano squarciò i miei pensieri per un attimo, uno schiaffo? Sì, sul mio viso. Ne arrivò un altro subito dopo, cominciai a vedere offuscato. C'era una persona davanti a me.
- Ale...? -
Un altro schiaffo.
"Continua...è così piacevole..."
Chiusi gli occhi e gettai la testa all'indietro, non m'importava di nulla. 
- Ma sei idiota?! -
"Sì...sono il più grande idiota mai esistito, però adesso continua...per favore..."
Non credo stessi dicendo quelle cose sul serio, le mie labbra erano secche e sembravano due pezzi di marmo scolpiti erroneamente sul mio viso: non avevano la minima intenzione di rispondere agli impulsi nervosi.
"E questo cos'è?"
Qualcosa mi bagnò una guancia quasi impercettibilmente.
"Sto piangendo...no...non sono io..."
- Ale...-
- Forse sta morendo...-
- Eh?! Ma non dire stronzate -
Era la voce di Riccardo: leggermente acuta, dolce e calda. Mi raggiunse, ovunque mi trovassi.
- R...o...-
Finalmente riuscii ad aprire gli occhi, dovevo smetterla di giocare al ragazzo drogato. Era inginocchiato sull'erba secca e umida, lacrime infinite gli rigavano il viso arrossato dal pianto, il labbro inferiore era trattenuto dai denti, mentre le sue spalle erano visibilmente scosse da violenti singhiozzi. Mi abbracciò forte.
"È il nostro primo abbraccio...credo"
Appoggiò la testa sul mio petto e vi strofinò la faccia.
- Io...noi... pensavamo che fossi morto -
Avrei voluto ridere, ma dalla mia bocca uscì solo un suono rauco.
- Anche io credevo di essere morto...finché non mi hai preso a schiaffi -
Cercai la sua mano e la strinsi forte, tremava. 
- Alessio, sei un coglione -
Mi voltai, accanto a me c'era Matteo che puntava nel buio la luce di una torcia. 
- E quella? Dove l'hai presa? -
Guardò l'oggetto che teneva fieramente in mano e sorrise.
- Ne porto sempre una tascabile, per ogni evenienza -
Tentai di tirarmi su, ma Riccardo era ancora aggrappato al mio collo.
- Perché hai urlato in quel modo? Sei uno scemo -
Non avevo mai collezionato così tanti insulti in una giornata.
- Urlato? Io non ho fatto un bel...ah, sì...ecco...qualcuno mi ha sparato, io...-
Istintivamente mi portai una mano al ginocchio, ma non avvertii alcun dolore né rimase alcuna traccia di sangue. 
- Ma che dici? Non ti ha sparato proprio nessuno, sei diventato pazzo?! -
"Quindi vuol dire che mi sono messo a urlare senza motivo e sono caduto a terra come un sasso, poi, come se non bastasse, sono svenuto e ho fatto la figura del completo idiota...perfetto"
- Per caso ti ho vomitato addosso? -
Ispezionai velocemente il luogo circostante.
- No, però a un certo punto hai iniziato a tossire forte e ti si sono rovesciati gli occhi...-
Rabbrividì, lo stesso feci io a quel ricordo: ero certo di aver ingoiato un grande ammasso di capelli.
Finalmente Riccardo si tolse di dosso e l'enorme situazione d'imbarazzo ebbe fine.
- Mi dispiace se vi ho fatti preoccupare, io...credo di aver guardato troppi horror in questi giorni -
Speravo che l'avessero bevuta, anche se il più piccolo mi guardava con sospetto.
- Va be', io vado... stammi bene -
Matteo mi diede una pacca sulle spalle e si avviò verso la strada.
Riccardo tentò goffamente di tirarmi su, ma ero fin troppo pesante per lui. 
- Faccio io, nanerottolo -
Emise un gemito di disapprovazione e mi osservò con superiorità mentre cercavo invano di alzarmi; tirò con forza verso di sé finché non riuscì a mettermi in piedi, poi mi circondò la vita con un braccio.
- Nanerottolo a chi? -

Lun, 8 ottobre, sera

- Ale! Ma che cazzo fai?! -

Strabuzzai gli occhi e deglutii, un nodo enorme parve andare giù per la mia gola.

"Capelli...sembrano capelli"

Un conato di vomito mi costrinse a piegarmi su me stesso, mi sentivo letteralmente uno schifo; la cosa peggiore era che non riuscivo a vedere assolutamente nulla: tutto bianco. Avevo incredibilmente caldo, com'era possibile? La maglia si era incollata al mio petto, mi sentivo stretto nella morsa di centinaia di serpenti orribilmente viscidi. 

Un rumore lontano squarciò i miei pensieri per un attimo, uno schiaffo? Sì, sul mio viso. Ne arrivò un altro subito dopo, cominciai a vedere offuscato. C'era una persona davanti a me.

- Ale...? -

Un altro schiaffo.

"Continua...è così piacevole..."

Chiusi gli occhi e gettai la testa all'indietro, non m'importava di nulla.

 - Ma sei idiota?! -

"Sì...sono il più grande idiota mai esistito, però adesso continua...per favore..."

Non credo stessi dicendo quelle cose sul serio, le mie labbra erano secche e sembravano due pezzi di marmo scolpiti erroneamente sul mio viso: non avevano la minima intenzione di rispondere agli impulsi nervosi.

"E questo cos'è?"

Qualcosa mi bagnò una guancia quasi impercettibilmente.

"Sto piangendo...no...non sono io..."

- Ale...-

- Forse sta morendo...-

- Eh?! Ma non dire stronzate -

Era la voce di Riccardo: leggermente acuta, dolce e calda. Mi raggiunse, ovunque mi trovassi.

- R...o...-

Finalmente riuscii ad aprire gli occhi, dovevo smetterla di giocare al ragazzo drogato. Riccardo era inginocchiato sull'erba secca e umida, grandi lacrime gli rigavano il viso arrossato dal pianto, il labbro inferiore era trattenuto dai denti, mentre le sue spalle erano visibilmente scosse da violenti singhiozzi. Mi abbracciò forte.

"È il nostro primo abbraccio...credo"

Appoggiò la testa sul mio petto e vi strofinò la faccia.

- Io...noi... pensavamo che ti fosse successo qualcosa di grave, un infarto...non so...-

Avrei voluto ridere, ma dalla mia bocca uscì solo un suono rauco.

- Be', io credevo di essere morto...finché non mi hai preso a schiaffi -

Cercai la sua mano e la strinsi forte, tremava. 

- Alessio, sei un coglione -

Mi voltai, accanto a me c'era Matteo che puntava nel buio la luce di una torcia. 

- E quella? Dove l'hai presa? -

Guardò l'oggetto che teneva fieramente in mano e sorrise.

- Ne porto sempre una tascabile, per ogni evenienza -

Tentai di tirarmi su, ma Riccardo era ancora aggrappato al mio collo.

- Perché hai urlato in quel modo? Sei uno scemo -

Non avevo mai collezionato così tanti insulti in una sola giornata.

- Urlato? Io non ho fatto un bel...ah, sì...ecco...qualcuno mi ha sparato, io...-

Istintivamente mi portai una mano al ginocchio, ma non avvertii alcun dolore né rimase alcuna traccia di sangue.

 - Ma che dici? Non ti ha sparato proprio nessuno, sei diventato pazzo?! -

"Quindi vuol dire che mi sono messo a urlare senza motivo e sono caduto a terra come un sasso, poi, come se non bastasse, sono svenuto e ho fatto la figura del completo idiota? Perfetto..."

- Per caso ti ho vomitato addosso?-

Ispezionai velocemente il luogo circostante.

- No, però a un certo punto hai iniziato a tossire forte e ti si sono rovesciati gli occhi...-

Rabbrividì, lo stesso feci io a quel ricordo: ero certo di aver ingoiato un grande ammasso di capelli.

Finalmente Riccardo si tolse di dosso e l'enorme situazione d'imbarazzo ebbe fine.

- Mi dispiace se vi ho fatti preoccupare, io...credo di aver guardato troppi horror in questi giorni -

Speravo che l'avessero bevuta, anche se il più piccolo mi guardava con sospetto, mentre l'altro pareva alquanto turbato.

- Va be', io vado... stammi bene -

Matteo mi diede una pacca sulle spalle e si avviò verso la strada, senza neanche darmi il tempo di formulare un misero "ciao" o un "grazie".

Riccardo tentò goffamente di tirarmi su, ma ero fin troppo pesante per lui. 

- Faccio io, nanerottolo -

Emise un verso di disapprovazione e mi osservò con superiorità mentre cercavo invano di alzarmi; mi afferrò un braccio e tirò con forza verso di sé finché non riuscì a mettermi in piedi, poi mi circondò la vita con un braccio.

- Nanerottolo a chi? - 

Sorrisi e mi lasciai trascinare in casa, la porta era rimasta spalancata e di tanto in tanto tremava sotto la pressione del vento. Mi sedetti sulla poltrona, la stessa su cui poco prima Matteo aveva provato a fare chissà cosa, arrossii vistosamente. 


Mar, 9 ottobre, notte

Riccardo si sedette sul divano e appoggiò la testa allo schienale sbuffando sonoramente, poi mi lanciò addosso uno sguardo indagatore.

- Che ci faceva quel tizio a casa tua?-

- Siamo usciti insieme -

Mi stropicciai gli occhi stanchi.

- Ah, quindi ogni volta che esci con qualcuno te lo porti a casa? -

- N-no...ma che dici, si è messo a piovere e siamo corsi qua-

Annuì con fare insicuro.

- Avevi una faccia strana quando mi hai aperto la porta -

- Sì... è che non mi aspettavo una tua visita, tutto qui...ma perché adesso mi stai facendo il terzo grado? -

Si limitò a posare lo sguardo su una formica che percorreva gloriosamente il pavimento trasportando una briciola. 

- Ale -

- Mh...-

- Prima mi hai chiamato Ro -

- Eh? Ah...non l'ho fatto apposta -

Continuò a guardare con occhi spenti la formica.

- Se ti va puoi chiamarmi così, mi piace -

Avevo già sentito quel soprannome da qualche parte, rabbrividii.

- Va bene...Ro -

Sorrise senza neanche guardarmi in faccia. 

- Sai, credo che tu piaccia molto a quel ragazzo...intendo Matteo -

- Da cosa lo deduci? -

Mi puntò lo sguardo addosso.

- Era preoccupato per te -

- Anche tu lo eri -

- Già...-

Abbassò di nuovo la testa, stavolta la formica non c'era.

- E perché...-

Era il momento.

- Quando hai intenzione di finirla con queste domande? -

- Cosa? -

- Ancora? Possibile che io debba rispondere a tutto ciò che mi chiedi, mentre tu ti limiti a tenere chiusa quella cazzo di bocca e a fare finta di non aver sentito nulla? -

Evitai di incrociare i suoi occhi smarriti, non avrei retto a lungo un simile contatto visivo.

- Sei strano stasera...-

Aggrottò le sopracciglia e aprì la bocca come a voler aggiungere qualcos'altro, ma agii prima di lui: mi alzai a fatica dalla poltrona e presi il suo cellulare sul piano da cucina, poi glielo porsi. 

- Ecco, adesso puoi tornare a casa tranquillo -

Prese il cellulare con distrazione rischiando di farlo cadere a terra, ma ormai non poteva versare in condizioni peggiori.

- Sei arrabbiato? Che ho fatto? È per l'altra sera...?-

- Ti ho detto che non voglio sentire domande... è tardi e sono stanco -

Mi diressi verso la porta e l'aprii, invitandolo a uscire; il ragazzo la oltrepassò titubante, senza però voltarsi. 

"Mi mancherai..."


Mar, 9 ottobre, mattina

Dopo circa venti minuti di elemosina non riuscii a ottenere il posto che volevo, finché non mi si avvicinò Noemi, una ragazza strana ma definita come la più carina della classe. Ultimamente cercava di attaccare bottone fin troppo spesso, a me certamente non faceva né caldo né freddo, fatto sta che mi propose di diventare il suo compagno di banco sotto gli occhi indagatori di Riccardo.

Sollevai lo zaino e lo gettai malamente sul pavimento dall'altra parte dell'aula. Per tutta la lezione Noemi non fece altro che fissarmi in modo inquietante, a lungo andare avrei cominciato a odiare quella situazione.

Al suono della campanella salutai la mia compagna e corsi fuori nella speranza di evitare qualsiasi contatto umano, ma fallii.

- Hey, ti vuoi fermare un attimo?! -

Di nuovo lui, io facevo tanto per dimenticarlo e lui non apprezzava i miei sforzi. 

- Che vuoi? Muoviti, parla -

- Vuoi darmi almeno il tempo di respirare? -

- Vado di fretta -

- Bene, allora vediamoci stasera al parco così mi spieghi tutto, okay? -

- Okay -


Mar, 9 ottobre, sera 

Sei un coglione inviato alle 21:44

Ti odio inviato alle 21:46

Finalmente aveva gettato la spugna, non era stato facile per me rinunciare a un'intera serata con lui, ma avrei di gran lunga preferito continuare a vivere...forse.

Mi hai preso per un deficiente? inviato alle 22:36

So che stai leggendo, rispondi inviato alle 22:57

Non so cosa ti stia passando per la testa, ma sappi che ti stai comportando da completo idiota inviato alle 23:01

Buonanotte... inviato alle 23:03

Evidentemente il suo cellulare non era stato interamente distrutto, spesi la luce e mi tirai le coperte fin sopra la testa. 


Mer, 10 ottobre, notte

Stetti in uno stato di dormiveglia per un tempo indefinito, gli effetti della sera precedente non mi avevano ancora abbandonato; sentii mia madre rincasare, di solito tornava da lavoro verso le due.

Ogni volta che cercavo di chiudere gli occhi e zittire i pensieri, la mente ritornava allo squarcio nell'aria, al violento dolore al ginocchio, al mio urlo disperato. 

"Sei diventato pazzo?!"

Quella domanda mi riecheggiò nella testa fino a diventare un sussurro. 

"No, sono sicuro di quello che ho sentito"

Strinsi gli occhi e mi liberai dalla morsa delle lenzuola.

"Però è impossibile che qualcuno mi abbia sparato e che non sia rimasta alcuna traccia pochi secondi dopo"

Ascoltai il rumore delle pensanti scarpe di mia madre sbattere sul parquet, in direzione del bagno.

"Sì, sono decisamente pazzo"

Poi si diresse verso la stanza da letto.

"Uno di quei pazzi che vanno rinchiusi in manicomio"

Un urlo agghiacciante mi scosse dalla testa ai piedi, infilare le dita bagnate in una presa avrebbe causato meno sofferenza.

"Ma non è colpa mia se sono diventato così..."


  




 

  
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