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Autore: Ragazza_Ohana    29/08/2016    0 recensioni
“Come siamo finiti così?” domandò lui, rompendo quel silenzio.
“La tua paura di amarmi, la mia incapacità di perdonarti e l’odio reciproco” rispose quasi dispiaciuta.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Entrò nel locale, un piccolo ed elegante ristorante.  Con le pareti ricoperte in legno, lampadari di cristallo che riflettevano una luce calda ed ambrata. Quadri che raffiguravano persone in giacca e cravatta e innamorati sulla barca, erano appesi un po’ dappertutto. Tavoli apparecchiati molto sobriamente. Un tizio suonava al pianoforte a coda posto sul palco infondo alla sala. Il tipo di locale che aveva sempre odiato, nel quale sei obbligato a vestirti con lo smoking. Tutta questa formalità ed eleganza, solo per assaggiare un po’ di cibo.
Poi la vide, qualche tavolo prima del palco, perfetto, doveva sentirsi il pianista nelle orecchie. Arrivato al tavolo, le sorrise, ma lei non lo aveva degnato di uno sguardo. Era intenta a fumare la sua sigaretta (una sala per fumatori, ora iniziava a piacergli) e ascoltare in modo attento la melodia del piano. Rimase qualche altro secondo alzato ad aspettare che lo guardasse, ma niente.
E decise di sedersi, continuava a fissarla: era così elegante e dannatamente bella ma anche cosi fredda. Il pianoforte di suonare e finalmente lei si voltò verso di lui, guardandolo con i suoi occhi di ghiaccio.
“Oh, scusa non ti ho sentito arrivare” disse lei tirando dalla sigaretta e gettandogli il fumo in pieno viso.
Lui spostò il volto ma con un sorrisetto rispose “Ho sempre amato il tuo umorismo pungente”
Lei si avvicinò di più al tavolo, ora aveva il volto un centimetro dal suo e lo guardò dritto negli occhi “Grazie” rispose, spegnendo il mozzone della sigaretta sul palmo della mano di lui e sorridendo tornò a sedersi nella medesima posizione di prima. Lui si contorse in un’espressione di dolore mascherata da un sorriso forzato, non urlò, non si scompose, non reagì con nessuna mossa. Il vecchietto del tavolo affianco aveva assistito alla scena e in silenzio, rimase scioccato e con lo sguardo spalancato verso di loro. Ma lui si girò verso il vecchio:” Non si preoccupi, tutto normale. Si goda la cena” disse con un tono di voce basso per tranquillizzarlo. Poi prese del ghiaccio dal cestello, lo poggiò sul palmo e gettò il mozzone nel posacenere e si rivolse a lei:” A quanto pare non sai ancora le funzionalità di alcuni oggetti”
“Hai ragione, come la tua ad esempio” rispose lei a tono.
Lui sorrise, di nuovo: “Potresti spiegarmi la funzionalità di questa cena?” chiese lui
“Oh, non lo so. Dipende che piega prenderà la serata…” rispose lei.
“Per ora, la piega che sta prendendo non mi piace molto” affermò lui.
“Perché’? Io mi sto divertendo”
“Voglio divertirmi anche io…” disse lui e si alzò. Si mise in piedi dietro di lei. Le poggiò le mani sulle spalle e le disse: “Non alzarti…” con le dita, le scostò i capelli di lato e al collo le mise una collana, con una singola perla. Poi dolcemente iniziò a sfiorarle il collo e la musica del piano ripartì, con le mani le tiro’ i capelli e nell’orecchio le sussurrò: “Spero ti piaccia…”. Lei non fece il minimo movimento, sopportava il dolore, poi finalmente lui lasciò la presa e ritornò a sedersi e chiamò il cameriere per ordinare.
“Per la signora?”
“Il piatto della casa…” stava già pensando alla prossima mossa, non le importava dell’ordinazione.
“Per il signore invece?”
“Mi porti, un’anatra non troppo cotta, ma accompagnata con una salsa agrodolce di arance e da bere dell’ottimo vino rosso, il migliore che avete” e sorridendo al cameriere, richiuse il menu.
“Ora mangi anche piatti “complicati”, come li hai sempre definiti? “chiese lei
“O sto solo entrando nella parte…” disse lui
“Quale parte? Quella dell’uomo galante e ricco?! Ti esce male.”
“Infatti, sono un falso gentiluomo e te ne accorgerai presto”
“Quindi, non hai intenzione di invitarmi a ballare?”  domandò lei.
“Desideri ballare?”
E lei senza rispondere si alzò e si mostrò in tutta la sua bellezza. Indossava un vestito rosso lungo, con una profonda scollatura a coprire il suo piccolo seno. Aveva un leggero spacco che lasciava intravedere lateralmente la gamba. La sua cascata di capelli castani che le cadevano sulle spalle e quel rossetto ad evidenziare le sue labbra carnose. Rimase incantato, come tutte le volte. La guardò ancora qualche secondo, poi si avvicinò: le baciò la mano, le mise un braccio intorno alla vita e l’avvicinò di più a sé. E quando le loro mani si strinsero, iniziarono a ballare. La melodia del pianoforte, era dolce. Lei poggiò la testa sulla spalla di lui.
“Come siamo finiti così?” domandò lui, rompendo quel silenzio.
“La tua paura di amarmi, la mia incapacità di perdonarti e l’odio reciproco” rispose quasi dispiaciuta.
“Io ti amavo, tanto che mi ha portato ad odiarti” disse lui facendole fare un giro.
Lei fece una smorfia, sorrise e rispose: “Buffo, me lo dici solo adesso come se servisse a cambiare tutto questo…troppo tardi, mi dispiace. Per quanto mi riguarda è rimasto solo l’odio” e si mise con le spalle contro il suo petto, con il braccio di lui sempre in vita.
“Possiamo cambiare questa situazione” affermò lui, con un pizzico di speranza.
Ma lei divenne di nuovo fredda, gli prese la mano e lo guidò sotto lo spacco del suo vestito, lungo la coscia.
“Le senti? Queste non puoi cambiarle, perché esistono, sono sulla mia pelle a ricordarmi il mio odio per te”
Sotto le dita, sentiva la pelle ruvida come se fossero cicatrici.
“Sono bruciature, lungo tutta la gamba e proseguono dietro la schiena” rispose lei, levandogli ogni dubbio. Lui iniziò ad agitarsi…
“Mi hai lasciata bruciare lì dentro, e fammi indovinare, perché mi amavi?!” continuò lei, stavolta si girò di nuovo verso il suo volto.
“Basta, non potresti mai capire perché ti ho lasciata lì…” rispose lui, staccandosi da lei e tornando al tavolo.
Arrivò il cameriere con il vino, che ne versò un po’ nei bicchieri e lasciata la bottiglia sul tavolo, andò via.
“Brindo a noi e al nostro odio” disse lei, avvicinandosi al tavolo e alzando il bicchiere. Lui lo bevve tutto in un sorso e se ne versò dell’altro:” È davvero ottimo questo vino!”
Un attimo dopo arrivò ciò che avevano ordinato. Mangiarono in silenzio. Solo il rumore delle posate e scambi di sguardi.
“Non volevo ti facessi del male…non era nelle mie intenzioni” disse lui rompendo di nuovo il silenzio. Lei fece cadere la forchetta nel piatto, che provocò un rumore tale da far girare gli altri commensali. Alzò lo sguardo: dal piatto, lo puntò dritto sugli occhi di lui. Gli prese il polso e gli portò la mano al centro del tavolo. Prese il coltello e lo conficcò tra le dita di lui, che riuscì ad aprirle in tempo e gli disse
“Questo invece, era fatto con l’intenzione di infilzarti un dito” il coltello, perfettamente in verticale, era conficcato nel legno del tavolo. Lui rimase immobile, cercò di togliere il coltello ma non si mosse di un centimetro. Poi sentì l’odio montargli dentro. Prese i due tovaglioli, li legò insieme e si alzò. Era in piedi dietro di lei e le legò le mani, dicendole: “Ora fai la brava e metti le mani sotto il tavolo”.
Mentre stava tornando al suo posto, lei allungò una gamba da fuori al tavolo, lui inciampò, ma riuscì a stare in piedi. Poi si mise a ridere: “Ma complimenti mia cara, sei piena di risorse.”
Lei rimase ancora in silenzio, mentre lui si accese una sigaretta. Passò circa qualche minuto, quando lei riuscì a slegarsi, prendere dall’altro tavolo il coltello e si ritrovò in piedi dietro di lui, puntandogli l’arma alla gola.
“Partita finita…” disse lei.
“Forza, fallo o ti manca il coraggio?” domandò lui
Lei rimase in silenzio. Lui vide con la coda dell’occhio che le tremava la mano. Con un movimento rapido, le colpì la mano che fece cadere il coltello a terra.  E prendendola per un braccio, la fece sedere sulle sue gambe. Guardandosi negli occhi le disse:” Ora smettila, la cattiva non fa per te…” avvicinandosi per baciarla.
E le loro labbra si toccarono. Oh, come la desiderava. La tiro’ ancora di più a sé. Poi d’improvviso, all'altezza del ventre, sentì un bruciore, un dolore fortissimo. Si toccò e vide del sangue. Lei aveva il coltello tra le mani. Poi sentì che gli sussurrava qualcosa: “La cattiva non fa per me, ma non riesco ad essere buona, almeno con te. Partita finita…i love you..”le ultime parole le disse trattenendo le lacrime in gola. E si accasciò sul tavolo, mentre la vide fuggire via. Chiudendo gli occhi disse : “Ti ritroverò…”. 
   
 
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