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Autore: Angel TR    29/08/2016    2 recensioni
She saw my silver spurs and said let's pass some time
And I will give to you summer wine

Lana del Rey - Summer Wine.
{Avvertimenti e note all'interno | Raccolta disomogenea | LilixAsuka}
{Storie partecipanti alla "Le situazioni di lei&lei" indetta da starhunter Challenge indetta su EFP}
{Partecipa alla challenge "Just stop for a minute and smile" indetta da Sou_Shine su EFP}
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shoujo-ai | Personaggi: Asuka Kazama, Emily Rochefort
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Bondage, Gender Bender
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Belle Époque'
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Partecipa alla About Sex Challenge indetta da ManuFury con il prompt :"Pensi di essere tanto spiritoso a farmi sobbalzare di fronte a tutti?”

Nickname: Angel Texas Ranger
Prompt: Genere fantascientifico-cyber punk
Titolo: Stupido mondo perfetto


Oykot, anno 2133

Emilie Rochefort agitò il flaconcino delle pillole mentre prendeva posto davanti ai pezzi smembrati di un telescopio.

Vuoto.

L'assistente androide dai capelli rosa le passò gli occhiali con un sorriso misurato prima di proseguire.

«Buongiorno, signorina Rochefort» salutò, cortesemente.

«Buongiorno, Alisa. Grazie» rispose Emilie, sforzandosi di controllare il tremolio della voce.

L'agitazione s'impossessò di lei. Inforcò gli occhiali, tentando di focalizzarsi sul telescopio e sul suo assemblaggio. Quella mattina avrebbero dovuto studiare la galassia n^8.
Ma come poteva concentrarsi senza le sue pillole?
Controllavano le tempeste ormonali, l'ansia, l'insicurezza, gli sbalzi di peso, la temperatura corporea, le imperfezioni cutanee, favorendo inoltre la concentrazione. Cose fondamentali per degli adolescenti alle prese con una civiltà quasi completamente robotizzata.

Ieri sera non le aveva prese: una dimenticanza fatale. Bastava saltare un giorno e l'elastico saltava. Snap.
Emilie vide rosso e boccheggiò: non riconosceva quella reazione del suo corpo. L'unica emozione che conosceva era la calma asettica.
Afferrò la bottiglina d'acqua dalla sua postazione e bevve un sorso. Si guardò intorno con la coda dell'occhio. Terrorizzata, notò che la maggioranza dei ragazzi aveva già cominciato a lavorare mentre lei ancora doveva riprendere le redini del proprio corpo.
Una goccia di sudore scese lungo la schiena della ragazza. Immediatamente si passò una mano sulla fronte madida di sudore.

Stava reagendo decisamente male. Era entrata in un circolo vizioso.

Una ragazza con i capelli scuri scivolò vicino alla postazione di Emilie. Portava anche lei gli occhiali. Fu consapevole del fatto che la stava fissando.

Aveva notato qualcosa di strano?

Emilie si leccò le labbra secche prima di posare le mani sui pezzi del telescopio, tanto per non dare nell'occhio.
A malapena nascose il suo sussulto al notare il tremore delle mani.

«Tutto bene?» chiese una voce femminile, in un sussurro che solo Emilie avrebbe potuto udire.

Si girò di scatto. Era la ragazza con i capelli scuri.
Aveva dei bei lineamenti e un fisico sano, più robusto rispetto a quello di Emilie.
Come mai non l'ho mai notata?, si chiese Emilie prima di coprirsi la bocca con le mani. Ma certo, le pillole bloccavano qualsiasi sensazione, qualsiasi esigenza. E ovviamente, qualsiasi impulso degno di una teenager.

Ad esempio, l'attaccatura dei capelli scuri sulla nuca del ragazzo seduto davanti a lei ora assumeva un fascino nuovo: le sembrava...piacevole. Riportò lo sguardo sulla sua soccorritrice e notò come la mollettina che tratteneva il ciuffo probabilmente ribelle rivelava la pelle di alabastro del viso.
Le sembrava importantissimo assorbire tutti quei dettagli, ingurgitarli prima di tornare a prendere le sue pillole.

Sono stata cieca fino ad ora.

Si rese conto che la ragazza stava ancora aspettando una sua risposta.

«Sì, sì, sto bene» si affrettò a dire. La sua voce le suonò come nuova e ne fu particolarmente orgogliosa: era delicata, femminile, elegante. La voce di una ragazza di buona famiglia.

Si chiese se anche a quella ragazza apparisse così.

«Stai...sudando» constatò invece quella, costernata.
Loro non sudavano. Nel 2133 il sudore semplicemente non esisteva.
Emilie aprì la bocca, cercò le parole giuste da dire. Boccheggiò.

«Ah. Dev'essermi caduta l'acqua addosso» si giustificò. Ma si pentì subito di quelle parole. Era stata incauta: il cervello era bombardato dalle nuove pulsioni e semplicemente non si collegava alla bocca.
A proposito di bocca...
Quella della ragazza vicino a Emilie era piccola e rosea, come quella di una bambola. Si tese in una linea stretta poi si arricciò in un ghigno.
Emilie si trattenne dallo spalancare gli occhi. Possibile che la ragazza sapesse? Che lo avesse sperimentato?

Impossibile.

«Bugiarda. Posso controllare le tue pulsioni, sai» mormorò in un sussurro la brunetta, come se le stesse confidando un segreto. «Posso studiarle, esaminarle. In fondo, varie parti del mio corpo provengono da un androide» le fece l'occhiolino. «È dura senza pillole?» chiese, curiosa, non senza un pizzico di malizia, mentre beveva tranquillamente un sorso d'acqua dalla bottiglietta.

Emilie mugolò qualcosa, sconcertata. Era a conoscenza dell'esistenza di umani ai quali erano stati impiantati 'organi' di matrice robotica ma non avrebbe mai pensato di incontrarne uno.
Non che le interessasse.
Fino ad un giorno fa le interessava solo completare gli studi nel miglior modo possibile ed inserirsi nella società umano-androide nel miglioe modo possibile.

Cieca.

Con la coda dell'occhio, scorse una goccia d'acqua scivolare dalle labbra della sua compagna di banco fino al mento poi giù lungo il collo, verso la divisa del laboratorio che non riusciva a nascondere le curve importanti della ragazza.

Emilie deglutì. Sarebbe impazzita senza le sue pillole.

Sarebbe impazzita nel miglior modo possibile.

L'altra notò il suo sguardo rapito e sorrise. «È bello essere viste» disse.

Emilie comprese. Si sentì andare a fuoco. «È come se mi fossi svegliata da un lungo sonno» spiegò, in un sussurro.

Lei le fece un altro occhiolino poi indicò il telescopio. Emilie se n'era completamente dimenticata. Riportò la sua attenzione all'oggetto e alla galassia ma era così dannatamente difficile... sentiva il calore emanato dal corpo forte della mezza androide vicino a sé.
Alla fine, decise di non resistere. «Mi dai una mano?» le domandò sottovoce, senza guardarla, per paura che qualcuno la notasse. Sempre se l'hanno già fatto.

La ragazza si sporse verso di lei, – che ammirò come la tuta si tendesse sul davanti – armeggiando con i pezzi del telescopio e annotando vari dettagli sul modello e sul tipo di tecnologia utilizzata. Lo puntò verso la galassia.
Emilie era particolarmente consapevole della pressione del morbido corpo della brunetta sul suo, dei suoi capelli arruffati che le solleticavano la guancia, del suo respiro caldo e leggero.
«Sono Asuka» si presentò, mormorandole le parole in un orecchio.

Emilie rabbrividì. «Asuka» ripeté, come assaporando quel nome. «Io mi chiamo Emilie.»

«Fico» rispose Asuka, sorridendo. «Dopo la lezione possiamo pranzare insieme.»

Emilie annuì, entusiasta. Si era fatta un'amica. La sua prima amica. Esultò dentro di sé.

Ma fino a pranzo sembrò passare un'eternità.

Asuka sembrava sapere cosa stesse provando Emilie e si divertiva a stuzzicarla – o ad alleviare il dolore. Ogni scusa era buona per finirle addosso.
Maledette pillole. Maledetto mondo senza impulsi.

Mentre si dirigevano verso la mensa dell'enorme edificio scolastico, Asuka elencò ad Emilie le pietanze che lei apprezzava di più – e che quindi Emilie doveva assolutamente provare.
I ragazzi formavano una fila ordinata davanti al bancone della mensa. Nessuno parlava ad alta voce e non di argomenti che non comprendessero galassie e nuove tecnologie avanzate, nessuno si abbracciava o baciava, nessuno rideva o strillava.
Emilie si rese conto che lei ed Asuka rappresentavano l'eccezione e le eccezioni non erano ammesse nel 2133. Nonostante avesse voglia di toccare la sua nuova amica – com'è la nostra pelle? –, si trattene.

«Noiosi, no? Invidio i liceali di una volta» sussurrò Asuka, ghignando. «Si prendevano a botte, scherzavano, non studiavano...»

«Davvero? E tu come fai a saperlo?» chiese Emilie incredula, guardandola di sbieco.

«Ho una copia del dvd di 'Glee'. Risale al 2013, più o meno. Andava forte all'epoca» spiegò Asuka.

Emilie boccheggiò. «E che te ne fai di un dvd vecchio di cento anni? Non sono stati ritirati dal mercato?»

Asuka sembrava essere incurante delle azioni illegali commesse. «Me lo guardo. Andiamo, non trovi assurdo il fatto delle pillole? Stai esplodendo» le lanciò un'occhiata significativa ed Emilie arrossì. Il modo in cui l'aveva guardata era...malizioso. Non c'era abituata.

«Non sto esplodendo» mugugnò Emilie. Imbarazzo. Disagio. Queste sensazioni erano praticamente diventate sue conoscenti. Non le accoglieva con piacere ma perlomeno ora sapeva gestirle.

«Bugiarda bionda!» Asuka ridacchiò prima di sfiorarle il braccio con il dorso della mano, strappandole un sussulto. «Visto?»

Sbruffona. Lili batté il piede a terra, stringendo i pugni.

Almeno trenta teste si girarono ad osservarla, in cerca della ragione di quel gesto sconsiderato.

«Ignorali» le ordinò Asuka, tranquilla. Si era già trasformata in una di quegli studenti anestetizzati. Con le spalle dritte e l'espressione vacua, la ragazza aveva impacchettato la sua audacia e aveva indossato le vesti della perfetta adolescente del 2133.

«Mi risulta parecchio difficile» confessò Emilie. Asuka non rispose ma ,dal guizzo dei suoi occhi, Emilie comprese che trovava la situazione parecchio divertente.
Lei, in fondo, era una mezza androide, si elevava al di sopra di alcune regole imposte agli esseri umani per essere all'altezza della società che avevano creato. Come riconoscere un mezzo androide?, si chiese Emilie, inclinando la testa da un lato per osservare meglio Asuka.
Alisa, l'aiutante androide, poteva apparire perfettamente umana ad una prima occhiata ma i suoi occhi eccessivamente limpidi e di quel verde così acceso spazzavano via ogni dubbio. Almeno così pensava Emilie che aveva sempre saputo la natura di Alisa.

Se l'avesse ignorata, avrebbe trattato Alisa diversamente?

E ora come avrebbe trattato Asuka?

Scosse la testa. Ho bisogno delle mie pillole.

«Avanti, è il nostro turno» le sussurrò Asuka. Emilie si riscosse. Decise che avrebbe preso il solito, magari una cioccolata calda non avrebbe fatto male.

Asuka approvò quella scelta con un cenno.

Si diressero ai tavoli di metallo, privileggiando uno piccolo in un angolo appartato. Le finestre di vetro davano l'illusione di essere liberi anche se in gabbia e lasciavano intravedere le autostrade sospese in aria rivestite di cavi elettrici che mandavano scintille al passaggio delle navicelle e dei droni.
Era tutto molto cupo. Per la prima volta, Emilie si sentì soffocare e distolse lo sguardo.
La scintilla che balenò negli occhi di Asuka le fece comprendere che non era la sola a sentirsi in quel modo.

«Orribile, eh? Che ne dici di spazzare via questo pranzetto e goderci un po' di libertà prima delle lezioni e prima del tuo ritorno alle care, vecchie pillole?» propose, il tono divertito ma l'espressione dura, come se fosse già pronta a ripiombare nella solitudine.

Ed Emilie voleva rendere quegli attimi di beatitudine il più entusiasmanti possibile.

Annuì e si alzò in piedi. Quando Asuka le scivolò accanto, lei represse un brivido.

Stupido mondo perfetto.

  
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