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Autore: AenigmaE    30/08/2016    0 recensioni
Ciao, sono io.
Mi riconosci?
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao, sono io.
Mi riconosci?
A volte incroci il mio sguardo quando incontri uno specchio inaspettatamente e vedi la tua immagine riflessa senza una posa, senza esserti preparato. Quelli sono i miei occhi, proprio quelli che tu nascondi ogni giorno. Altre volte puoi sentirmi. Magari in una registrazione, quando alle tue orecchie arriva una voce che non sembra la tua, quando noti quella sfumatura di cui non ti eri mai accorto.
Oh ma non sono solo lì. Puoi trovarmi facilmente nei tuoi silenzi, in tutti quei momenti in cui ti muoiono le parole in bocca e le senti spingere da dietro lo sterno. Quello sono io che provo ad uscire. Non è colpa tua intendiamoci, sei semplicemente fatto così. Ma visto che per te è così difficile fare la mia conoscenza ho deciso di scriverti una lettera per parlarti un po’ di me, e anche di te.

ALL’INIZIO

Iniziamo dal principio.
Una volta io non esistevo, o forse sono sempre esistito, boh.
A dirla tutta non saprei nemmeno dirti quando sono nato. Probabilmente quando eri molto piccolo, la prima volta che hai sentito la parola “no” e ti sei arrabbiato tanto da metterti a piangere come un forsennato.
Credo di essere nato più o meno in quel momento, quando un ceffone ti ha centrato la bocca per farti capire che quel comportamento non era gradito e che potevi piangere fino a sputare le tonsille e nulla sarebbe cambiato. Non era forte, andiamo, ma da piccolo queste cose si ricordano. Così la volta dopo pur di non farti vedere piangere ti sei tenuto tutto dentro. Orgoglioso fin dalla tenera età. Io ero triste ma tu mi dicevi che non dovevo cedere, io volevo piangere e tu mi obbligavi a fare buon viso a cattivo gioco, così alla fine mi sono arrabbiato ma tu sei stato più bravo di me e hai nascosto anche quello.
Probabilmente è proprio così che è successo.
Ora però sorge un problema: sono nato prima io o sei nato prima tu?
Ultimamente ho pensato di essere io il più vecchio, tu sei solo arrivato dopo e hai fortificato intorno a me un intero castello, con mura spesse e feritoie strette. Se però guardiamo al di fuori, sei sempre stato tu ad avere il controllo, a “vivere”, io ero solo un coinquilino rilegato ad una piccola stanza buttata chissà dove. Quindi direi che la questione “anzianità” rimane aperta.
Ma procediamo.
Da quel giorno ci allontanammo piano piano. Mi ricordo che all’inizio giocavamo insieme, quando muovevi i soldatini di plastica e li facevi parlare. Ognuno di loro era un combattente e aveva poteri strabilianti, me li ricordo così bene: tozzi e robusti, con armature da cavaliere e scudi per difendersi. Oppure quella macchina, quella rossa. La facevamo volare, sparare, perfino immergere nelle profondità marine. Era così divertente.
A scuola però non mi portavi quasi mai; mi hai rinchiuso nel castello dopo quella volta che ti hanno preso in giro perché hai detto di credere alla magia. Da quel giorno in poi hai sempre mentito, anche se io lo sapevo e soffrivo per te. Sapevo bene quanto ti piacesse.
Ricordo anche di quando a casa papà ti chiedeva se ti eri trovato la fidanzatina e tu arrossivi e rispondevi di no, «Che schifo le femmine!» Avevi ragione! Su quello eravamo d’accordo, troppo perfettine e oche.
Poi però arrivò il giorno in cui mi accorsi che Arianna, la nostra vicina di banco era davvero dolce e gentile, tranne quando si arrabbiava. Io volevo dirglielo, ma tu preferivi non fare niente. Io volevo avvicinarmi a lei, così ci provavo, poi però tu iniziavi a farle i dispetti. Io volevo dirle quanto fosse carina e invece tu cominciavi a prenderla in giro facendola imbestialire, così poi ci tirava i calci sulle gambe. Ricordo il dolore così bene.
Insomma, quello fu il periodo in cui cominciammo ad allontanarci di più. Qualche anno dopo però, un’altra compagna andò oltre i tuoi modi di fare fastidiosi e si avvicinò a te anche se non volevi, fino a darti il tuo primo bacio sulla guancia. In quel momento allentasti così tanto la presa che fui libero di uscire completamente.
La faccia divenne bollente e le gambe tremolarono. Qualcosa di caldo si muoveva dietro al petto, qualcosa che faceva desiderare un altro bacio immediatamente, qualcosa di bello e sconosciuto. Io accolsi questa strana sensazione, tu invece ti spaventasti, e così, in fretta e furia, mi feci di nuovo rinchiudere nel castello.
Tutto era di nuovo sotto controllo, ordinato, pacifico. Non ricordo come andò a finire con quella compagna, era una di quelle cottarelle da bambino, cose innocenti che però non eravamo ancora pronti a capire. Ogni tanto quella ragazza la vediamo in giro, non la salutiamo più perché le nostre strade si sono divise da tempo, eppure quel bacio ci brucia ancora incandescente sulle guancia di sedici anni fa.

Delle medie invece non ho grandi ricordi, forse perché quello è il periodo in cui hai cominciato a sommergermi di massi come il buon costume, l’educazione, il rispetto, l’impegno. Non che siano brutte cose, non ho detto questo, però hanno di certo aiutato a rinchiudermi qui dove sono ora.
Forse eri già sviluppato per gli anni che avevi, o forse lo eri troppo poco, chissà. Fatto sta che quello è stato il periodo in cui abbiamo cominciato a sentire parlare di baci con la lingua, facevamo gli scemi con gli amici, parlavamo del sesso per sentito dire e ridevamo come idioti.
Nonostante questo però tu restavi ancorato ai tuoi ideali, forse per paura, forse per rispetto, non lo so. Lentamente i tuoi compagni cominciavano a raccontare dei loro primi baci, delle prime scappatelle. Uno di loro, indimenticabile, raccontò di come era rimasto impigliato con la lingua all’apparecchio di un'altra ragazza. E mentre ascoltavi questi racconti ti sentivi strano: io ero scalpitante, eccitato all’idea che potesse succedere anche a noi, tu invece te ne stavi tranquillo, ridevi insieme agli altri, ma non andavi mai oltre.
Fu quello il periodo in cui cominciasti a sentire le prime fitte dietro allo sterno, ero io che spingevo per uscire. Io non ragiono, non penso, mi muovo per istinto, per voglia; quindi scusa se ti facevo stare male ma non lo facevo apposta. Se tu mi avessi lasciato uscire un pochino di più probabilmente non ti saresti sentito così combattuto.
Ma non siamo qui per rivangare i vecchi conflitti, non serve. È andata così.
   
 
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