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Autore: Arwen297    30/08/2016    1 recensioni
Una ragazza dell'alta società alle prese con un ambiente soffocante e di cui non si sente parte. Un ragazzo come tanti che per guadagnarsi da vivere corre in corse clandestine e non.
Cosa riserverà loro il destino? Niente...o forse tutto.
Presente coppia Seiya/Michiru
Avevo iniziato a pubblicare questa storia tempo fa, sotto altro titolo. Ora l'ho ripresa in mano, modificato alcuni capitoli nel loro contenuto e ne ho uniti altri.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri, Crack Pairing | Personaggi: Haruka/Heles, Mamoru/Marzio, Michiru/Milena, Seiya, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Note dell'autrice:  Buona sera a tutti, ecco il penultimo capitolo.  Spero vi piaccia, perché mi ha fatta patire tanto durante la stesura e non sono totalmente soddisfatta del risultato. Le frasi in blu sono tratte da "Non è mai un errore" di Raf. Vi auguro buona lettura, a presto.

22^Capitolo: Scegliere il tuo destino.


I giorni che seguirono furono tutt'altro che semplici, combattuta tra il viversi la sua vita, amare chi le era entrato nel cuore e il non mettere a rischio la sua famiglia per un motivo così futile. Dopo tutto Michiru non sarebbe stata di certo l'unica ragazza sulla faccia della Terra; era sicura che, anche se in quel momento le sembrava totalmente impossibile, presto o tardi un'altra ragazza avrebbe preso il suo posto.

Preda di quei pensieri cosi tormentati, per sicurezza aveva già fatto le valigie, in modo tale che se avesse scelto all'ultimo sarebbe stato tutto pronto. In fin dei conti cambiare aria le avrebbe fatto sicuramente bene, avere una spinta nella sua carriera altrettanto poteva significare far vivere ancora meglio la sua famiglia. Lei non aveva mai apprezzato chi riceveva raccomandazioni o calci nel culo per fare strada o carriera, era una di quelle persone a cui piaceva guadagnarsi ogni traguardo con ogni sorta di impegno e sacrificio.

Accettando la proposta dei Kaioh, sarebbe andata contro ogni suo principio. Tuttavia l'Haruka che tutti conoscevano era morta anni prima quando aveva ricevuto la notizia che suo fratello era volato via. Da quel momento in poi tutto era cambiato: si era sostituita a lui, aveva iniziato a correre al suo posto, mettendo da parte le sue vere aspirazioni. Aveva dato tutto per la sua famiglia, e ora poteva darle ancora di più. Dopo i lutti che avevano avuto tutti, si era resa conto di essere profondamente cambiata, la parte di lei impulsiva e combattiva si era andata a nascondere chissà dove per lasciare posto a quella che era diventata. In soldoni era solamente lo spettro di se stessa.

Chiuse la cerniera del trolley quando era quasi giunto il tempo di uscire per andare a prendere la sorella. Sarebbero andate insieme in questura per riconoscere le persone catturate dalla polizia, sperando che fossero quelle giuste e che quella faccenda giunsesse al termine.

Andò in bagno per una rinfrescata veloce e darsi una sistemata ai capelli, era già pronta da quella mattina, come sempre quando era nervosa per qualcosa. L'impazienza la stava letteralmente divorando, decise quindi di uscire dall'abitazione e di anticipare il suo arrivo a casa di sua madre, dopo tutto doveva metterla al corrente della proposta di lavoro negli USA. Non avrebbe detto tutti i dettagli, ma il minimo indispensabile. Usagi sicuramente non l'avrebbe presa bene, probabilmente nemmeno la madre, erano troppo attaccate a lei per permetterle di allontanarsi così tanto da casa. Nel momento in cui avrebbe deciso, però non sarebbe più tornata a casa.


***


Il rientro nella villa a Kyoto dopo così pochi giorni non fu così trumatico come in realtà si aspettava. Dopo tutto non aveva ancora potuto abituarsi alla libertà che poteva assaporare a casa dei nonni anche grazie a Midnight, il suo cavallo. Seiya infatti non sapeva calvalcare, e quindi il destriero nero si era trasformato prontamente in una valida scusa per passare del tempo da sola senza che lui la seguisse come una guardia del carcere. Passare un pò di ore in compagnia dell'animale la faceva stare bene, stare in spiaggia con lui era qualcosa che aveva sempre amato. Erano le uniche creature a interrompere l'incanto della battigia al tramonto e quello le bastava per allontare i pensieri o, in caso contrario, pensare accuratamente ad essi.

Da li a poco si sarebbero recati in questura, non aveva ancora capito per cosa doveva testimoniare: lei non si ricordava minimamente le facce di chi era alla guida dietro di loro. La sua testimonianza la reputava al quanto in utile.

Con molte probabilità avrebbe rivisto Haruka, e non sapeva come avrebbe reagito. Sarebbe riuscita ad ignorarla e a rimanere impassibile? La risposta le era fondamentalmente ignota. Nei suoi confronti si era comportata malissimo, e in parte si sentiva in colpa. Avrebbe dovuto scriverle forse, mettersi in contatto con lei per cercare quanto meno di chiarire le rispettive posizioni.

Dopotutto però perché avrebbe dovuto chiarire qualcosa con una perfetta estranea? Perchè in fin dei conti di lei non conosceva nulla, sapeva solo che aveva una sorella, che amava le corse e le moto e che era uno spirito libero. Erano pochissime cose per pensare anche solo lontanamente di mettersi contro la sua famiglia. Aveva solamente sedici anni, e senza il loro appoggio non sarebbe andata poi troppo lontana. Lo scandalo che avrebbe causato sarebbe rimasto nei ricordi cittadini per anni.

«Signorina, è ora i suoi genitori mi hanno detto che è ora di andare». La nuova cameriera interruppe i suoi pensieri. Era molto giovane, forse aveva una ventina d'anni, poteva definirla quasi una sua coetanea. Ma non le piaceva affatto. Troppo fredda e poco spontanea rispetto a colei con la quale era cresciuta.

«Grazie mille, vado subito». Le rispose prima di afferrare la giacca e la borsa.

Si diresse verso l'ingresso dove trovò subito i suoi genitori, con loro scorse anche la figura di Seiya.

Ma perché deve sempre essere in mezzo ai piedi, deve venire anche in questura adesso?

Appena la videro, anche loro tre si diressero verso l'uscita dell'abitazione. Il silenzio regnava tra loro. Tutta quella situazione era davvero molto pesante, percepiva a pelle che i suoi genitori ancora non avevano digerito il fatto che lei fosse uscita di nascosto con una perfetta estranea, e per di più nemmeno della loro casta sociale.


***


Arrivarono in commissariato con largo anticipo rispetto l'orario che le avevano comunicato per telefono quella mattina, sperava in quel modo che potessero anticipare tutti i riconoscimenti, riuscendo così ad evitare di trovarsi faccia a faccia con Michiru, i suoi genitori e con molta probabilità quello che a tutti gli effetti era suo fratello.

Aveva deciso di non rivelare l'identità del moro, in futuro forse lo avrebbe fatto, se ne avesse avuto l'occasione ma non in quel momento: non poteva rischiare di compromettere tutto. Per quanto le faceva male lasciare la violinista in quelle condizioni, poteva solamente sperare che lei non si innamorasse del bruno. Che qualcun altro facesse breccia nel suo cuore, e non proprio lui.

«Tenou, è il tuo turno». Si sentì chiamare dalla poliziotta di turno quel giorno, sua sorella uscì poco dopo con gli occhi lucidi, segno che qualcuno era riuscita a riconoscere.

Bene così, almeno uno così pagherà le sue colpe per la violenza che ha causato.

Sperava di riconoscere più o meno le stesse persone, perché in fin dei conti lei sapeva benissimo chi era alla guida di quelle due macchine, i due mezzi erano quelli utilizzati più di frequente da due del gruppo di Takeshi.

E visto l'odio che egli covava nei suoi confronti, non le sembrò poi tanto strano il fatto che avesse accettato di metterle i bastoni tra le ruote.

La stanza con il vetro oscurato era più piccola di quello che immaginava, ma al di la del vetro i tre sospettati erano fermi immobili. Li fissò attentamente, e ne riconobbe solamente due. Il terzo, con il tatuaggio sul collo non sembrava un volto conosciuto.

«Allora sono sicura dell'identità di due di loro, e posso anche fare il nome del capo del loro gruppo. In quanto si considera un mio rivale senza alcun fondamenta, visto che io non ho interesse a gareggiare con lui. Probabilmente qualcuno li ha contattati sapendo di questo attrito..». Mormorò lei agli agenti. « E costui doveva conoscermi davvero bene per saperlo, oppure ha condotto ricerche accurate su chi sono o cosa faccio».

«Quello che pensiamo anche noi, siamo riusciti a rintracciare il numero da cui è stato chiamato, ma ancora non riusciamo a stabilire a chi è intestato. Sicuramente è frutto di una mente ingegnosa e pagata per questo genere di cose, visto che ha oscurato gli intestari e non sappiamo se riusciamo a scoprirli». Le spiegò la poliziotta.

«Mia sorella chi ha riconosciuto? L'importante e che non rimangano impuniti». Disse.

«Il terzo che tu non hai riconosciuto, per via del tatuaggio ed è quasi sicura che tra quelli che l'hanno picchiata ci fosse anche lui».

Maledetto verme, sei fortunato che ti stia osservando attraverso il vetro, in un commissariato di polizia e che io non ti abbia beccato per strada. Perchè giuro su me stessa che non saresti tornato vivo.

«Capisco, se voi non avete bisogno ancora della mia presenza io andrei, vorrei evitare di incontrare i Kaioh». Disse, sperando che la sincerità fosse premiata, ottenne un accenno del capo che intuì come una risposta positiva.

Quando uscì dalla stanza Usagi era sparita. Dove si è infilata adesso, non ho proprio tempo da perdere.

Si mosse verso l'uscita dell'edificio nella speranza che lei la stesse aspettando fuori, quella situazione la innervosiva, ogni minuto che passava era sempre più nitido il pericolo di incontrare la violinista, ed era certa che se l'avesse vista avrebbe cambiato idea: partire sarebbe stato impossibile, sopratutto dopo quello che aveva scoperto.


***


L'autista li accompagnò all'ingresso principale della questura e lei non vedeva l'ora di tornare a casa per far rientro il giorno dopo dai nonni per ciò che rimaneva dell'estate, avrebbe approfittato di quel ritorno inaspettato a Kyoto per prendere i libri che le sarebbero serviti per portare a termine gli ultimi compiti che le erano stati assegnati.

«Michiru, da questa parte». Si sentì chiamare da sua madre non appena il piede toccò il marciapiede, si limitò ad anuire prima di seguirla.

Quando finirà questa farsa? Non potevano accontentarsi della mia testimonianza a riguardo? In ogni caso non saprei riconoscere nemmeno uno di quei tizi, voglio solo tornare a casa!

Al suo fianco trovò Seiya con il suo solito sguardo a metà tra l'apprensivo e il preoccupato, negli ultimi tempi si rivolgeva a lei sempre con quell'espressione e la faccenda le dava al quanto sui nervi.

A quell'ora sarebbe stata sicuramente a cavalcare sulla spiaggia e invece eccola li in pieno centro città, tra lo smog a fare qualcosa che le pesava tantissimo, per non parlare del timore di incontrare Haruka.

Seguì gli altri tre sulla scala che la separava dall'ingresso e in cima a questa scorse quella che intuì essere la sorella di Haruka, la stessa ragazza che le aveva fatto visita in ospedale.

Se Usagi è qui, sicuramente sarà qui anche lei..ancora.

Sentì l'agitazione salire, la preoccupazione era tanta ma non al pari di ciò che il nervosismo le stava causando in quel momento, fece un respiro profondo nel tentativo di ritrovare un po' di serenità.

Consapevole che, ormai, non aveva altra scelta e avrebbe dovuto incontrarla per forza.

Entrati nell'edificio osservò i suoi genitori chiedere informazioni sulla stanza in cui doveva svolgersi il riconoscimento per cui avevano appuntamento. Scoprirono essere poco lontano da li e lo raggiunsero poco dopo, i suoi occhi blu che vagavano alla ricerca di una sagoma familiare.

La sua attenzione fu richiamata da una voce che cercava di trovare una certa Usagi, particolare che non le sfuggì insieme alla descrizione che corrispondeva alla ragazza vista sulla scalinata ad aspettare con molta probabilità la sorella dopo aver testimoniato anche lei ed aver svolto la sua parte.

La vide comparire davanti a se e ai suoi accompagnatori improvvisamente, allo stesso modo Haruka accelerò il passo non appena si rese conto di chi aveva davanti.

«Haruka!». Urlò con qualche decibel sopra la norma. Si voltò a guardarla nel tentativo di fermarla, senza risultati. Immediatamente sentì una presa ai fianchi che intuì essere quella di Seiya: la stava bloccando per non farla andare, per non fargliela raggiungere in preda a chissà quale sconosciuta paura.

«Lasciami Seiya, ti prego». Mormorò cercando di liberarsi con tutte le sue forze, ma era debole a causa dei giorni precedenti che aveva mangiato poco e nulla.

«Michiru lasciala perdere, è solo una sporca pervertita che voleva i tuoi soldi oltre che infilarsi nelle tue mutande». La voce severa del padre arrivò quasi a gelarla sul posto. Ma non poteva arrendersi, non in quel momento: una volta tanto voleva agire di testa sua, facendo ciò che pensava fosse giusto per lei. Non per i suoi genitori. Pestò forte il piede al bruno che sentiva accanto a se, questo in tutta risposta mollò la presa per il male dandole l'opportunità di scappare via e cercare di raggiungere la protagonista.

«Sarebbe meglio evitare di farle incontrare». Esclamò sua madre non appena lei corse via, sarebbe stato un rischio troppo grande, se usciva fuori che il volo lo avevano pagato loro sua figlia non avrebbe più rivolto la parola a nessuno, non che in quel momento li deliziasse con chissà quale discorso.


***


Sentì dei passi sempre più vicini precipitarsi giù dalla scalinata principale e esterna dell'edificio, passi che le erano familiari e che le fecero battere il cuore forte del petto nonostante la decisione che aveva ormai preso per il bene di tutti coloro che la conoscevano, ma non per il suo. Le venne da pregare con tutto il cuore che non fosse lei mentre i suoi occhi smeraldo si posano sulla sorella già seduta sulla sua moto dall'altra parte della strada.

«Haruka, ti prego aspettami». La voce le provocò un leggero aumento di battito, e dovette combattere contro ogni singola cellula del suo corpo per non voltarsi e correrle incontro per abbracciarla forte a se.

Continuò imperterrita a scendere i gradini cercando di ignorarla nella speranza che capisse che la cosa migliore per entrambe fosse che lei tornasse indietro; alla fine del percorso, una volta giunta dal marciapiede la sua visione periferica fu occupata da un riflesso acquamarina che ne riempì subito dopo l'intero campo visivo. Sbuffò infastidita a quella visione.

«Michiru, è meglio per entrambe se tu torni indietro. Arrivate a questo punto non credo che abbiamo qualcosa da dirci». Mormorò sottovoce, compiendo una violenza immane su se stessa, avrebbe voluto dire tutt'altro ma la situazione in cui si era cacciata non glielo consentiva. Vide una sorta di delusione dipingersi sul volto della violinista.

«Come non abbiamo niente da dirci? Io dire che abbiamo fin troppe cose di cui parlare». Si sentì rispondere, la voce dell'altra un pò tremolante.

«Non credo proprio, tutto quello che c'è stato è solamente un errore, e per me tu non sei nulla Michiru faresti meglio a porre la tua attenzione su qualche rampollo esponente di qualche buona famiglia. Non su una lesbica come me, non ti si addice. Ora se non ti dispiace fammi passare». Il tono che le uscì fu più duro di quanto in realtà volesse, e da una parte le dispiacque trattarla in quel modo non corrispondente alla verità. Sentì il cuore andare in mille pezzi quando vide chiare le lacrime scorrere sul viso dell'altra. «Cazzo Michi!! Non rendere tutto più difficile, lasciami passare tra qualche ora ho un volo per gli Stati Uniti d'America, ho ricevuto una buona proposta di lavoro e ho deciso di accettarla. Dimenticati di me». Concluse prima di raggirare l'altra e passare oltre.

«Allora è così?? Per te sono stata solo un gioco Haruka? Sei quindi uguale a tutti gli altri, ambivi solo ai miei soldi, al mio status sociale mi hai porta a letto per quello!». Il tono molto simile a quello di una crisi isterica.

No Michiru, la verità è che tuo padre è un bastardo. La verità è che quello che pensi essere un amico di famiglia in realtà è tuo fratello da parte di padre e sopratutto la verità è che quelle merde dei tuoi genitori hanno minacciato di far saltare il posto di lavoro di mia madre se non parto per gli USA. E che nonostante io ti conosca da così poco mi sei entrata nel cuore come nessun'altra aveva mai fatto prima.

Avrebbe voluto risponderle quello, metterla al corrente di tutto. Ma la sua posizione era troppo delicata in quel momento, forse in futuro se il destino lo avesse voluto avrebbero avuto un'altra occasione. Altrimenti si sarebbe limitata ad ammirarla da lontano quando trasmettevano alla televisione i suoi concerti, perché ne era sicura: avrebbe sfondato anche a livello internazionale, prima o poi.

Si limitò a sospirare, prima di avvicinarsi alle macchine parcheggiate e attendere che non ne passassero sulla strada in modo tale da poter attraversare e raggiungere la strada.

Perdonami Michi.


Ti guardo per l' ultima volta mentre vado via

Ti ascolto respirare non scatto la fotografia

Non porterò nessuna traccia dentro me

niente che dovrò rimuovere.


***


I suoi occhi blu invasi dalle lacrime le restituivano una visione opaca di quello che la circondava mentre vedeva la bionda attraversare la strada senza rivolgerle più la parola.

Quella situazione era al di poco assurda non poteva credere che fosse tutto vero e reale, avrebbe dovuto testimoniare ma non ne aveva voglia, sapeva di essere costretta e sapeva anche che di li a poco i suoi genitori sarebbero comparsi sulla soglia dell'edificio.

Il vuoto che si era impossessato di lei però era lancinante, si era sempre imposta di non affezionarsi particolarmente alle persone perché aveva ben chiaro che la cercassero solo per i soldi; la sensazione che però aveva avuto nel momento in cui aveva scontrato Haruka per la prima volta era stata totalmente diversa, le era sembrata una persona sincera e genuina non attaccata alla possibilità di scalare la società. Anche perché per quanto aveva capito, con le corse guadagnava molto bene, non ne aveva bisogno particolare insomma.

Invece a quanto pare si era sbagliata, e la bionda si era forse rivelata una delle peggiori persone con cui aveva avuto a che fare dal suo debutto in società. Forse i suoi genitori non ne avevano tutti i torti, Seiya aveva perfettamente ragione. Aveva azzeccato in pieno con il suo parere su quella storia.

L'unica stupida che non se ne era accorta era stata solamente lei, e così a causa sua aveva persona anche gli unici amici che aveva in casa dei suoi genitori: lei infatti non considerava sua quella casa, piuttosto sentiva sua la casa dei suoi nonni dove riusciva davvero a stare bene.

Aveva mandato tutto all'aria per una stronza come Haruka. Si portò le mani a coprirsi la bocca per aver pensato la parolaccia, in un riflesso quasi automatico dato dall'abitudine di esprimersi in tutt'altro modo di regola in pubblico, ma anche all'interno di Villa Kaioh.

Sospirò profondamente nel tentativo di calmarsi mentre il rombo della moto le solletico le orecchie un attimo prima di essere già lontano da lei.


Se hai sbagliato è uguale anche se adesso fa male [...]

E se hai mentito è uguale ora lasciami andare.

E' stato bello seguirti, rimanerti vicino

anche solo per lo spazio di un mattino.


***


Non aveva ancora comunicato la decisione di partire per gli Stati Uniti a sua madre e a sua sorella, aveva poche ore per farlo prima di prendere la valigia e recarsi in aereoporto. Non si aspettava comprensione da parte loro, sicuramente avrebbero reagito entrambe malissimo, e non poteva dare loro tutti i torti visto che non gli aveva parlato di nulla fino a quel momento. Abituarsi all'idea che dalle successive ventiquattro ore non sarebbe più stata accanto a loro non sarebbe stata cosa semplice, del resto nemmeno per lei lo era cambiare ambiente, abbandonare le amicizie ma sopratutto la sorella a cui, nonostante fosse pasticciona e ancora tanto bambina, voleva molto bene.

Deglutì nel tentativo di cacciare indietro il magone che portava con se tutta quella storia, odiava farsi vedere piangere dalle altre persone e non avrebbe iniziato a scendere ai compromessi con la sua coscienza di certo ora.

Per questo aveva pensato che la cosa migliore fosse accompagnare Usagi a casa direttamente, sperando nel fatto che la madre non fosse impegnata in clinica ma a casa, speranza che si rivelò assolutamente giusta nel momento in cui qualcuno aprì il portone del palazzo dopo che sua sorella aveva suonato al campanello.

Non riusciva ad essere serena in quel momento, avrebbe dovuto essere felicissima per il cambiamento inaspettato che da li a poco sarebbe avvenuto nella sua carriera, ma non riusciva a gioirne. Non senza le persone a cui teneva di più accanto a lei: suo padre e suo fratello; probabilmente se lui fosse stato li in quel momento era lui a dover dare la notizia al posto loro, o forse sarebbe andata ugualmente così per altri motivi.

«Ragazze com'è andata? Siete riusciti a riconoscere qualcuno?». Fu la prima domanda di sua madre non appena entrarono nel loro appartamento, domanda a cui lei non rispose, anzi, la ignorò totalmente.

«Sentite..». Esordì con una decisione in corpo che fino a quel momento pensava di non poter tirare fuori in un momento simile. «Qualche giorno fa ho ricevuto un importante proposta di lavoro ». Esordì. «Sono stata notata da una casa automobilistica molto famosa e americana, non vi ho detto nulla fino ad ora perché ero io stessa indecisa se accettare o meno fino a stamattina. Beh ho deciso di accettare la proposta e quindi parto per gli Stati Uniti».

«Cosa?». La prima a proferir parola fu sua madre, nel suo sguardo una sorta di smarrimento evidente a quella notizia così improvvisa. « Quando devi partire?»

«Tra circa..». I suoi occhi verdi corsero all'orologio appeso al muro della cucina attraverso la porta aperta. «Quattro ore, devo infatti andare a casa tra poco per prendere le valigie e andare in aereoporto per il check-in».

«Giustamente di me e di tua sorella non importa nulla come al solito!!! Vai a lavorare all'estero e lo dici così, come se ti trasferissi nell'appartamento accanto». Nella voce un tono di risemtimento. «Non bastavano tuo padre e tuo fratello, ora anche te devi andartene».

No questo è troppo, paragonarmi a loro due che non hanno avuto scelta, ma che erano stati condannati a morte a causa di circostanze non controllabili.

«Ma che cazzo dici?!!?». Sbottò, alzando leggermente la voce. « Loro sono morti, non è esattamente la stessa cosa!!! Dici sempre che devo mettermi a lavorare seriamente senza corse clandestine estive, bene ho trovato il lavoro che volevi. E non me ne frega un cazzo se tu sei d'accordo o no. È la mia vita e penso che io me la sia rovinata già abbastanza prendendo il suo posto. Non ti permettere di dire ste cose».

La donna davanti a lei non replicò le volse le spalle, un tremolio nervoso nelle mani chiuse a pugno, la osservò incamminarsi verso l'uscita della sala e dopo qualche istante la porta della camera sbattere.

« Si scappa pure come al tuo solito!! Che così i nostri cazzo di problemi li risolviamo, aveva ragione papà quando diceva che non si poteva parlare con te!! Ora lo capisco a pieno». Le urlò dietro. «Vaffanculo!». Spostò malamente la sedia del tavolo per lasciarsi cadere su di essa un attimo dopo. Spostò quindi lo sguardo su sua sorella che aveva assistito alla scena senza dire nulla, gli occhi lucidi.

« Usagi.. Non piangere anche te per favore, non vado in guerra. Ci potremmo sentire quasi tutti i giorni su skype tramite cellulare e computer, non sarà male vedrai. Quando vorrai potrai venirmi a trovare, magari passare le vacanze estive tutte in America..poi tornerò per le feste». La biondina si limitò ad annuire, senza parlare, e a lei fu chiaro che non voleva influenzarla troppo con i suoi atteggiamenti. La osservò alzarsi prima di raggiungerla dall'altra parte del tavolo.

«Mi mancherai Haru, non sarà la stessa cosa senza di te qua a casa..però capisco che devi farti una vita.. e poi sicuramente ti aiuterà cambiare aria visti gli ultimi avvenimenti.. non ti nascondo che saperlo con così poco preavviso mi fa male.. ma sono sicura che in America farai mangiare della polvere a tutti». Accennò un sorriso quasi per rassicurarla.

La tirò verso di se per abbracciarla forte. Si sua sorella aveva capito le sue esigenze, e non poteva che ringraziarla per questo.

«Grazie Usagi». Mormorò sulla spalla dell'altra. Dopo di che si alzò in piedi, doveva per forza andare a prendere le valigie.

«Buon viaggio allora..». Le disse la ragazzina più piccola.

«Grazie». Mormorò per la seconda volta prima di avviarsi verso la porta d'ingresso.

Usagi la osservò sparire al di la della porta in legno, per poi crollare sulla sedia, incrociare le braccia sul tavolo, poggiare la testa su di esse a sua volta e lasciarsi andare in un pianto infinito.

Da quel momento sarebbe stata sola, ci sarebbe stato Mamo-chan con lei, ma tolto lui era sola. Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato visti gli eccellenti risultati nelle gare nazionali di Haruka, ma nn pensava che fosse giunto così presto.

Papà mi manchi tanto. Ora più che mai.



   
 
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