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Autore: Ray Wings    31/08/2016    2 recensioni
Il dito si avvicina al tasto senza pensarci. Ultimamente mi succede spesso di fare cose senza rendermene conto. Mi ritrovo in palestra e non so come ci sono arrivato; comincio a scribacchiare sul quaderno, ma me ne accorgo solo quando ormai è tutto pieno di scarabocchi indecifrabili; arrivo al mio letto, alla sera, e quasi non ricordo cosa abbia fatto per tutto il giorno. Eppure mi sento sempre stremato, come se avessi combattuto un'infinita -e ancora interminata- battaglia.
Mi blocco a pochi centimetri dal tasto della macchinetta, quello che avrebbe fatto scendere il solito brick di latte.
Che sto facendo? Io sono Mente! È impensabile per uno come me perdere così tanto il senso della realtà.
Quando ci sono arrivato lì?
Sono sempre stato Mente e ora... ora cosa sono?
"Se potessi scegliere, vorrei essere Cuore".
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama, Yachi Hitoka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Mente che ambì al Cuore


«Yacchan!» saluta Hinata, voltandosi di colpo. Improvvisamente catturato dalla nuova presenza, scappa dal mio sguardo. Tutto ciò di cui stavamo dicutendo, importante o meno che fosse, lui l'ha già dimenticato. E io resto con le dita alzate, una spiegazione a metà e so già che l'indomani sbaglierà sicuramente quel segnale durante una mia alzata. O forse no. È scemo, ma incredibilmente intuitivo quando si tratta della pallavolo.
Poco importa.
Tanto avrei trovato lo stesso un modo per compensare le sue carenze tecniche, come sempre.
Lui era il Cuore, io invece la Mente. In costante contrasto, ma quando riusciamo a metterci in sintonia niente può fermarci.
Lui è Cuore e trascinato da quel suo essere si è voltato a salutare Yachi dimenticandosi di qualsiasi altra cosa.
Ma... di che stavamo parlando?
«Yacchan!»
Mi volto e la vedo arrivare, sfoggiando quel suo solito timido sorriso da bambina. Somiglia così tanto a Hinata, in questo. Le guance erano leggermente arrossate per il caldo e la corsa, la divisa impeccabilmente ordinata e quel piccolo codino sulla testa che danza al vento e ai suoi movimenti.
Anche lei è così Cuore.
Proprio come Hinata.
E io...
Le porgo il suo quaderno, tenuto sotto braccio fino a quel momento, mormorando un apparente disinteressato «Grazie».
«Siete riusciti a copiare tutti gli appunti?» chiede lei, riappropriandosene, e io mi limito ad annuire.
«Hai una calligrafia eccezionale! È tutto ordinato e perfetto! Era impossibile non capirci» dice Hinata al mio fianco, guardandola con gli occhi che brillavano.
«Mia madre mi ha abituata così» arrossisce, stringendosi nelle sue piccole spalle. Già così piccola, diventa un pulcino quando si imbarazza -cosa che fa più spesso del dovuto.
«Grazie a te sono sicuro che io e Kageyama supereremo gli esami e riusciremo a venire a Tokyo!» continua Hinata e lei arrossisce ancora di più, cominciando a balbettare qualcosa di incomprensibile.
Forse dovrei dire qualcosa anche io, almeno per buona educazione. In fondo, è stata così gentile con noi.
Schiudo leggermente le labbra, senza sapere ancora cosa ne sarebbe uscito, ma la voce di Hinata anticipa e copre la mia. «Forza! Ci aspettano in palestra! Andiamo!» e l'afferra per mano con un'incredibile semplicità. Mi stupisco di quanto sia naturale per uno come lui compiere gesti come quelli.
Ma, in fondo, lui è Cuore e una Mente come me non avrebbe mai potuto comprenderlo. Nè tantomeno essere come lui.
«Kageyama, questa volta vinco io!» grida, cominciando a correre, trascinandosi letteralmente dietro Yachi.
Che strano... perché ho la sensazione che l'abbia già fatto?


**********


Il dito si avvicina al tasto senza pensarci. Ultimamente mi succede spesso di fare cose senza rendermene conto. Mi ritrovo in palestra e non so come ci sono arrivato; comincio a scribacchiare sul quaderno, ma me ne accorgo conto solo quando ormai è tutto pieno di scarabocchi indecifrabili; arrivo al mio letto, alla sera, e quasi non ricordo cosa abbia fatto per tutto il giorno. Eppure mi sento sempre stremato, come se avessi combattuto un'infinita -e ancora interminata- battaglia.
Mi blocco a pochi centimetri dal tasto della macchinetta, quello che avrebbe fatto scendere il solito brick di latte.
Che sto facendo? Io sono Mente! È impensabile per uno come me perdere così tanto il senso della realtà.
Quando ci sono arrivato lì?
Sono sempre stato Mente e ora... ora cosa sono?
"Se potessi scegliere, vorrei essere Cuore".
Ma che mi passa per la testa? Come posso pensare certe cose? Da dove nasce questo desiderio?
E come un fulmine tra le nere nuvole di una tempesta, mi compare davanti agli occhi per un breve istante la mano di Hinata che afferra con decisione quella di Yachi. Senza pensarci.
Solo e puro Cuore.
Chissà com'è, afferrare quella mano. Dev'essere sicuramente molto piccola, rispetto alla mia. Sono certo che abbia la pelle liscia e delicata. Yachi è senz'altro quel tipo di ragazza. Chissà se è così.
Io, Mente, sono qui a fare congetture, mentre Hinata, Cuore, ha già la risposta.
Forse non sempre la Mente è più in gamba, forse anche lei ha i suoi limiti tecnici. Esiste qualche modo per compensarli?
Torno a fissare il dito a pochi centimetri dal tasto del latte della macchinetta.
"Se potessi scegliere, vorrei essere Cuore".
Per loro è tutto così semplice. Naturale, come scegliere ogni giorno una bibita diversa dal distributore.
Lo sguardo si sposta dal tasto del latte a tutti gli altri e li scruto, li studio.
Forse il succo di frutta? O la coca cola? No, le bibite gasate riempiono lo stomaco e rallentano. Il succo di frutta c'è solo alla pesca e io detesto la pesca, mi lascia un sapore in bocca che non mi piace.
... Come sono Mente!
«Non sai che scegliere?» l'improvvisa voce cristallina mi fa per un istante battere il cuore più forte del normale e solo successivamente riesco a mettere a fuoco quel tanto da riconoscerla. Mi volto con gli occhi leggermente sbarrati. Quando è arrivata?
Yachi sobbalza nel vedere il mio sguardo, interpretandolo in chissà quale modo, e comincia ad agitarsi. Distoglie lo sguardo, arrosisce, raccoglie le mani in se stesse e le tormenta.
«Scusa! Ti ho disturbato» balbetta in preda all'imbarazzo. «Prenditi tutto il tempo! Io aspetto il mio turno»
Le sto rubando tempo. Io e i miei stupidi pensieri da inguaribile Mente le stiamo dando impiccio. Torno a guardare la macchinetta e torno a mirare il tasto del latte. Inutile pensarci troppo, inutile provarci e tormentarsi. Latte sia. Sempre, comunque.
Ma di nuovo mi blocco a pochi centimetri, colto ancora da quel bizzarro sentimento di insoddisfazione.
Sospiro e mi scanso, lasciando spazio a Yachi di prendere ciò che desiderava.
«Non so che scegliere» dico, cercando in quella scusa, che lei stessa ha creato, un ottimo rifugio.
«A volte succede anche a me» sorride lei, facendosi avanti.
«Davvero?» chiedo, incredibilmente sorpreso. Anche lei a volte è così Mente? Come può essere?
«Già! E in quelle occasioni lascio fare alla mano» dice, portandosi la mano sinistra davanti agli occhi, e con decisione lancia il dito destro contro la macchinetta, senza guardare dove.
Preme un tasto, uno qualsiasi, e una bevanda scende giù.
«Facile, no?»
Sorprendentemente facile. Ma per un Cuore come lei, lo è sicuramente. Un po' meno lo è per una Mente. Impedirle di vedere, per impedirle di fare congetture e prendere decisioni. No, non è così facile.
Ancora un'immagine balza nei miei pensieri e in quel breve istante rivedo Hinata che salta a occhi chiusi verso la palla che io stesso gli ho lanciato contro la mano. La nostra veloce spericolata.
Chiudi gli occhi e lascia "fare alla mano": che sia questo il segreto?
Yachi si china a prendere la sua bevanda e l'osserva, scoprendo solo in quel momento di aver scelto un tè. Non accenna a piacere e dispiacere e si limita a porgermi una moneta, per restituirmi quella che ha usato lei.
L'afferro e guardo Yachi allontanarsi sorridente, salutandomi con una mano e con un: «A più tardi».
"Basta chiudere gli occhi" penso, tornando alla mia macchinetta non appena Yachi è scomparsa dal mio campo visivo. I suoi biondi capelli corti hanno uno strano effetto ipnotico, non riesco mai a scollarle lo sguardo di dosso.
Infilo la moneta e mi porto la mano sinistra agli occhi.
La cosa mi reca un po' di fastidio, rendendomi conto di quanto sia poco controllabile una situazione come quella. Ma un Cuore non ha controllo, una Mente sì.
Perciò resisto e con incredibile sforzo spingo il dito contro il vuoto.
Il clang della macchinetta mi convince a riaprire gli occhi.
L'ho fatto! Sono stato Cuore e ho lasciato fare alla mano, ofuscando la vista e il giudizio alla Mente.
So essere Cuore anche io!
Mi abbasso per afferrare la bevanda che il destino mi ha riservato, con un leggero batticuore, come quando ho giocato la prima partita di pallavolo.
"Latte".
Il mio dito ha scelto latte.
Lo guardo incredulo. Sono talmente Mente che perfino il cuore è sotto il suo controllo? Possibile che non riesca a far altro che seguire sempre quell'unica via, anche a occhi chiusi?
È triste... eppure esilarante.
E rido.
Rido di gusto come mai mi è capitato prima.
Che sia Cuore o Mente, sarò sempre Kageyama... e il latte è l'unica cosa che riesco a bere a quest'ora del mattino.


**************


«Kageyama» la voce di Hinata alle mie spalle mi blocca. «Alzami la palla.»
Ancora? Siamo appena tornati da Tokyo, una disastrosa Tokyo che gli ha fatto venire in testa strane idee. Dovrebbe andare a casa e schiarirsi i pensieri, invece vuole ancora schiacciare.
"Poco male", penso. "È allenamento anche per me, e al mondo non c'è niente che riesca a calmarmi come la pallavolo".
Perché è questa la verità: ho bisogno di ritrovare la calma.
Annuisco e insieme ci dirigiamo in palestra, dove cominciamo a montare la rete e prendere il carrello dei palloni. Ci siamo solo noi, il silenzio della notte fa rimbombare la palestra ancora più del solito, ma la cosa ha un effetto estremamente calmante. Già mi sento meglio.
«Ancora qui? Non siete andati a casa?» chiede Yachi, sbucando dalla porta e guardandoci. Ancora quella strana sensazione di vuoto all'altezza del petto. Quanto è dolce l'eco della sua voce in quel silenzio estasiante. Il "pling" dell'ultima goccia in una calda vasca da bagno.
«Yacchan!» chiama Hinata col suo solito sorriso entusiasta. «Potresti lanciarci la palla per un pochino?»
«Eh? Credi che riuscirei?» chiede lei strabuzzando gli occhi.
"Certo che puoi" penso intenerito. Se può riuscirci un incapace come Hinata, non vedo come lei non possa farlo. Un leggero sorriso, quasi impercettibile, mi rilassa il viso.
Va già molto meglio.
«Certo! Basta che la lanci sopra la testa di Kageyama» spiega Hinata e lei istintivamente porta a me quei suoi luminosi occhi da pulcino.
Che strana sensazione.
Perché ora la calma non c'è più? Ho una strana fitta all'altezza del petto e sento caldo, inspiegabilmente caldo sulle guance. Ma lei continua a scrutarmi e la cosa sembra non migliorare la situazione.
È talmente curioso, talmente frastornante, che anche io non riesco a distogliere lo sguardo e continuo a tenerlo ben fisso nei suoi occhi. Sarei potuto restare lì tutta la sera, senza rendermene conto, come tutte quelle sere che sono arrivato al mio letto senza accorgemene. Ma è lei stessa a rompere quel bizzarro incantesimo, voltandosi a guardare il carrello dei palloni con un certo disagio, leggermente colorita sulle guance.
«Perfino un idiota può farlo, non è difficile.» La frase mi esce dalle labbra senza darmi modo prima di esaminarla. Che cosa doveva essere? Un incoraggiamento? Che razza di babbeo, come può una frase del genere metterla a suo agio?
«Kageyama! Potresti essere un po' più carino!» mi ammonisce Hinata.
E ha ragione. Potrei. Ma certe cose proprio non mi riescono.
«Lascialo perdere, Yacchan. Non preoccuparti, tirala come ti riesce, ci penseremo noi a farcela andare bene, non è vero?» chiede Hinata, voltandosi a cercare il mio consenso.
Ci penserò io a fargliela andare bene, come sempre. È questa la verita. Perché cerca sempre di prendersi meriti che non ha? Che odioso.
Mi limito ad annuire e torno ad aggiustare la rete.
«Ci provo» balbetta lei un po' agitata e si avvicina al carrello dei palloni, afferrando il primo.
Io mi sistemo nella mia posizione sotto rete, mentre Hinata si prepara a prendere la rincorsa.
«Sono pronto» annuncia, alzando un braccio e Yachi mi lancia contro la prima palla, cercando di mirare sopra la mia testa. È un buon passaggio, non aveva niente da temere. Non è difficile per me accoglierla e alzarla a Hinata, che corre e salta... ma a occhi aperti.
Fa correre la mano sopra la sua testa e cerca di colpire la palla, su cui ha puntato lo sguardo.
La manca.
Entrambi osserviamo la palla rotolare poco lontano.
"Non chiuderò più gli occhi" mi ha detto quello stesso pomeriggio, e a quanto pare è ben deciso a farlo davvero.
«Ancora!» chiede Hinata, tornando al suo posto.
Tengo lo sguardo fisso su di lui, mentre i muscoli cominciano a tendersi.
Lo sta facendo davvero. Non vuole più chiudere gli occhi.
"Quando sono indecisa chiudo gli occhi e lascio fare alla mano" rimbomba la voce di Yachi nei miei ricordi. È quello che fanno i Cuori: chiudono gli occhi e tappano la bocca alla Mente.
Stacco gli occhi da Hinata e li sposto su Yachi, davanti a me, pochi passi più avanti, con un'altra palla già pronta tra le mani e lo sguardo intensamente preoccupato.
«Quella di prima...» le dico e lei sobbalza, cominciando già a impanicarsi. Teme che la brontolerò? Perché dovrei? Ok, con Hinata lo faccio sempre, ma che c'entra? Lui è Hinata!
«Andava bene. Fanne un'altra così» le dico, cercando ancora una volta di darle qualche incoraggiamento. Beh, questa volta sicuramente mi è venuto meglio.
L'ombra preoccupata piano piano abbandona gli occhi di Yachi, che accenna un sorriso e ancora una volta sento quel dolore al petto. Che abbia qualche malattia? Ultimamente mi capita troppo spesso.
Yachi annuisce decisa e tiene lo sguardo determinato fisso su di me, caricandosi.
È destabilizzante. Non mi permette di concentrarmi, mi fa sentire strano. Poco a mio agio.
Con una smorfia faccio fuggire lo sguardo di nuovo a Hinata. Non ritrovo la tranquillità, ma per lo meno ho di nuovo la concentrazione.
«Sono pronto» annuncia lui ancora una volta e io guardo la palla lanciata dalle mani di Yachi raggiungermi sopra la testa.
L'alzo di nuovo, lui corre, salta e schiaccia il vuoto.
«Ancora.»
"Chiudi gli occhi."
«Ancora.»
"Chiudi gli occhi."
«Ancora!»
"Chiudi i tuoi dannati occhi!" e l'alzata si rivela più potente del solito, andandosi quasi a schiantare contro la parete della palestra. Il mio nervoso è più che palese, ormai.
Ma è comprensibile.
"Tu sei Cuore! Tu sei un dannato Cuore! E i Cuori chiudono gli occhi!" mi ripeto a ogni schiacciata mancata. Come può lui, dotato di una tale fortuna, rinnegare tutto questo? Sono io la Mente! Quali sono le sue intenzioni? Rovinare tutto col suo stupido capriccio di egualiarmi? Non comprende la sua fortuna?
«Ancora!»
«Basta!» urlo esasperato. Un ghigno mi deforma il volto, mentre i muscoli mi vibrano. «Ci sono tante altre cose su cui potresti allenarti, invece di provare questo di cui non sei nemmeno capace!»
«Ma io devo allenarmi su questa schiacciata!» ribatte Hinata. «La veloce a occhi chiusi non è imbattibile e se verrà fermata quale sarà allora il motivo che mi farà restare in campo?»
«Proprio per questo non devi pensare da solo a quella veloce! Concentrati su tutto il resto. A farti schivare il muro ci penserò io con le mie alzate!» io sono la Mente. Io posso fare quel genere di cose: pensare, organizzare, decidere e manipolare.
Sono io quello che pensa a quale bevanda sia migliore per quell'ora della giornata.
Lui deve solo chiudere gli occhi, perché lui è Cuore.
«Ma così non potrò mai migliorare!»
«I preliminari sono il mese prossimo e quando sarà il momento quale sarà la nostra arma? La nostra veloce perfezionata, o questa su cui ti stai incaponendo che non funziona affatto?»
Ma il suo sguardo non cede nemmeno per un istante.
«Io voglio la forza di poter combattere da solo!» grida, colto dallo stesso moto di rabbia che al momento scuote anche me.
"Da solo"... proprio come lo ero io.
Mente, troppo Mente, proprio come me.
Perché?
Quanto può essere idiota?
Vuole essere una fredda, meccanica, dedita al controllo, Mente come me, rinunciando al calore e alla morbidezza del tocco innocente di una mano. Una Mente come me che il massimo che è riuscita a fare è stato dire a Yachi che "perfino gli idioti ci riescono", sottintendendo che se non fosse riuscita sarebbe stata peggio di loro. Vuole rinunciare a essere il Cuore che la prende per mano, le sorride, la fa sorridere, la riempie di coraggio tanto da convincerla a dire a sua madre che avrebbe seguito la via della pallavolo contro il suo volere. Tanto da convincerla che anche le comparse possono avere un posto in questo mondo.
Tutto questo, buttato via.
Come può farlo?
«Sei solo un egoista!» grido colto dalla furia, spintonandolo via.
Alle mie spalle si alza la timorosa voce di Yachi, che cerca di calmarci, senza riuscirci.
"Guarda cosa le stai facendo!" penso, attribuendo a Hinata la colpa di tutto.
Lui riesce a prenderla per mano, lui riesce a sorriderle, a parlare al suo cuore. Lui ci riesce e per questo ha il dovere di farlo, arrivando laddove io non ho speranze! Invece ora si comporta solo da egoista, rinunciando non solo a questo privilegio, ma facendola spaventare.
"Tu puoi farla sorridere! Hai il dovere di farlo!"
Non può smettere di essere Cuore. Non può! Non è giusto!
«Alzerò la palla solo a chi sono sicuro riuscirà a colpirla» pronuncio sapendo che questo l'avrebbe ferito. Ha lottato tanto, all'inizio, per ottenere una mia alzata. So che è tutto ciò che brama, perché solo io sono in grado di fargli superare quel muro che per anni l'ha terrorizzato. E ora tutto ciò glielo toglierò.
«Tu ora non ci riesci» concludo, voltandomi, deciso ad andarmene. Non resterò qui nemmeno un istante di più, ad assistere al suo egoismo.
«Kageyama!» mi chiama Hinata con una voce tanto gracchiante da sembrare quella di un corvo. Mi volto e me lo vedo arrivare contro, col viso contratto dalla rabbia. Mi afferra, stringendo le braccia intorno alla mia vita e stritolandomi.
Lo spintono via, facendolo cadere a terra, ma lui torna in piedi in un attimo e di nuovo mi si scaglia contro, afferrandomi.
«Lasciami!» ringhio.
«Non ti lascerò andare fintanto che non mi alzi la palla!»
"Non te lo meriti!" e continuamo a spintonarci, afferrarci, e spingerci di nuovo via, mentre ancora Yachi alle nostre spalle piagnucola e ci implora di fermarci.
"Idiota! Guarda che stai facendo!" pensò rimproverandolo e cerco di spingerlo a terra con la chiara intenzione di fargli del male. Ha superato il limite.
«Voi due! Smettetela subito!» urla imperativo Tanaka, raggiungendoci di corsa e colpendo entrambi in pieno viso con un pugno.
Cadiamo a terra e tenendoci il viso colpito, ci puntiamo lo sguardo addosso, colmi di rabbia, come due belve appena reduci da uno scontro.
«Che intenzioni avete, si può sapere?» Continua a brontolarci Tanaka, mentre nella mia mente rimbomba una sola parola: "Stupido! Stupido! Stupido!".
È colpa sua e del suo egoismo!
«Senza contare che avete spaventato la povera Yachi!» brontola ancora Tanaka e quelle parole hanno un bizzarro effetto su di me.
Mi dimentico immediatamente dell'idiota che ho di fronte e di tutta la rabbia che mi ha portato fin lì.
"L'abbiamo spaventata" penso. "Sono stato anche io".
Mi volto di colpo, puntando gli occhi mortificati sulla figura ranicchiata alle spalle di Tanaka. Quegli occhi da pulcino, ora sembrano così opachi e tristi.
"Sono stato io".
Non importa se Hinata sia idiota o meno, non mi importa niente di lui. Non in questo momento. Ora penso solo a quanto io sia stato crudele nei confronti della ragazza.
Hinata è Cuore, io Mente, ed era solo compito mio gestirlo. Ho mancato al mio dovere, col risultato di allontanare ancora di più Yachi e mostrarle ancora una volta solo il peggio di me.
Schiudo le labbra, pronto a balbettare un "mi dispiace" ma ancora una volta Hinata, col suo rapido istinto, supera le mie lente e inutili riflessioni.
Salta in piedi e si china, chiedendo scusa.
«È meglio se andiamo a casa. Facciamo la strada insieme?» chiede e Yachi annuisce.
Li guardo, mentre uno di fianco all'altra si allontanano, lasciandomi di nuovo indietro.
"Kaegayama, questa volta vinco io!" rimbomba la voce di Hinata nella mia mente, in un non troppo lontano ricordo.
Ancora una volta ho come la sensazione che l'abbia già fatto.


********************


Le partite di allentamento con le squadre di Tokyo, durante questo ritiro estivo, si sono concluse. La palestra finalmente è vuota, se non per Hinata e Yachi che come al solito sono pronti per la sessione di allenamento serale. Ormai è un'abitudine.
È come se non ci fosse altro obiettivo nelle nostre menti che quella nuova veloce a occhi aperti, per permettere a Hinata di combattere da solo in volo.
Ancora non riesco ad accettarlo, ma continuare a litigare non ha portato che guai.
E poi... lui è Cuore, è normale che quando desidera qualcosa non si fermi ad analizzare benefici e problemi. Quello è un lavoro che spetta a me, Mente, così come spetta a me il compito di trovare il modo di compensare le sue carenze tecniche. Tra i due, quello che si era arreso, probabilmente ero io stesso. O forse nella mia mente non c'era altro modo per un Cuore che andare avanti a occhi chiusi?
Poco importa. Io sono Mente e il mio compito è aggiustare e manipolare.
Ma anche una Mente come me ha bisogno dei suoi tempi, soprattutto quando si tratta di cose di una certa complessità.
«Da stasera non ci alleneremo più insieme» annuncio, avvicinandomi a prendere delle bottiglie vuote per disporle sotto rete, ognuna a distanza diversa.
«Che?» stridula Hinata, già contrariato.
«Finchè continuerò a sbagliare l'alzata, non dovrei allenarmi con te» gli spiego e lui ammutolise qualche istante, lasciando finire il mio lavoro di sistemazione delle bottiglie in silenzio. Non ci faccio caso, non mi interessa, concentrato solo sul mio lavoro.
Poi la voce di Yachi rompe quell'apparente tranquillità, sorprendendomi ancora, come se fino a quel momento non mi fossi accorto che lei era lì. Tutte le volte mi stupisco di quanto sia dolce quella voce.
«Vorrei tanto vederla, la nuova veloce» bisbiglia, forse più a se stessa, ma nel silenzio arriva anche a me. Un nuovo fuoco comincia a bruciarmi dentro.
Lei ci guarda, lei mi guarda, e guarda le mie alzate con speranza. Quello sguardo da pulcino, che tanto sembra scaldarmi, è tutto per me durante quel frangente di tempo in cui io tengo tra le mani la palla.
Per un attimo, la schiena di Hinata, mano nella mano con Yachi, non sembra più tanto irrangiungibile.
«La vedrai» dico con determinazione, prima di sistemare l'ultima bottiglia per terra. Mi volto verso di lei, cercando per la prima volta volontariamente i suoi occhi e mi stupisco nel trovarli già su di me.
È una bella sensazione. Mi dà carica.
Voglio farla! Quella folle schiacciata di Hinata che fino a qualche momento prima trovavo ridicola e inutile, ora è l'obiettivo più grande nella mia mente. Gliela farò vedere a Yachi, e anche io, per una volta, riuscirò a farle nascere un sorriso sulle labbra.
Se quella è la mia unica arma, il mio unico momento, lo terrò ben stretto.
«Ci riusciremo, vedrai!» dice Hinata con forza, sorridendole con orgoglio.
"L'alzata che si ferma riuscirò a padroneggiarla come nessun'altro e riempirò le partite di quell'alzata che tanto desideri vedere". Io, Mente, con le mie armi da Mente, riuscirò a parlare al Cuore.
«Buon allentamento, Kageyama» dice Hinata, prima di fuggire via, uscendo dalla palestra. Io sto per tornare a me stesso, ma prima mi fermo a guardare Yachi. È ancora immobile, nonostante stia guardando Hinata con uno sguardo incerto.
«Tu non vai?» le chiedo. Nei suoi occhi riesco a cogliere distintimante il desiderio di seguirlo. Ma allora perché resta?
«Ti do fastidio?» chiede lei, improvvisamente allarmata, facendo sussultare anche me. «Scusami! Me ne vado subito!» continua, prima di voltarsi.
In un battito di ciglia faccio un passo avanti e allungo la mano nella sua direzione, lasciandomi uscire un incontenibile: «No!»
Lei si ferma, ma anche io resto un attimo paralizzato.
Cos'è successo? Non sono stato io a scegliere quell'azione. È successa e basta.
Ho chiuso gli occhi un istante... e ho allungato la mano.
Come se avessi voluto scegliere una qualsiasi bevanda, a caso, dal distributore. Ho lasciato "fare alla mano". O meglio, al Cuore.
È quella dunque la sensazione?
È... strana. Non mi fa sentire a mio agio non avere il controllo di me stesso, ma ultimamente mi sta succedendo troppo spesso. Ancora una volta, sento un leggero calore all'altezza delle guance e distogliendo lo sguardo, turbato, torno nella posizione originale.
«Potresti... lanciarmi la palla» dico, sperando di essere sembrato convincente e poco nervoso, cosa che stranamente sono.
Yachi annuisce, cercando di sembrare diligente e professionale, e presto si riaccosta al carrello dei palloni. Ne afferra uno e si prepara, mentre io mi sistemo sotto rete.
«Non sei costretta» le dico, non riuscendo a togliermi dalla mente la vista del suo sguardo che segue Hinata fuori dalla palestra. Se voleva andare con lui, perché è rimasta?
Yachi mi guarda dapprima curiosa, come se avessi detto una bizzaria. Poi inclinando leggermente la testa da un lato mi sorride dolcemente. «Lo so» si limita a rispondere.
Due semplici parole, banali, eppure così potenti.
È rimasta perché voleva.
Hinata riesce ad afferrarla e trascinarla con la sua potenza, ma lei, in un attimo di libertà, ha deciso di restare insieme a me.
Possibile che un Cuore come lei possa scegliere di passare del tempo con una Mente come me e non con chi riesce a capirla e parlarle?
È tutto così assurdo che assume ai miei occhi una connotazione quasi magica.
Yachi cerca conferma nel mio sguardo, senza parlare, e trovandomi pronto mi lancia la prima palla.
La ricevo senza problemi e l'alzo imprimendogli quella nuova tecnica. La palla si ferma e cade, ma troppo lontano dalla bottiglia che avevo deciso. Increspo le sorpacciglia, mentre un'espressione di disappunto mi si dipinge in volto.
Che fossi troppo distratto?
No, ancora non andava bene. Non c'entrava niente la distrazione, la presenza di Yachi mi riempie di determinazione e voglia di farcela e un atteggiamento tale non può che essere vincente. Devo solo migliorarmi.
«Kageyama-kun» dice lei, attirando di nuovo la mia attenzione, mentre si china nel carrello. «Ci riuscirai. Ne sono certa» e, fissando la palla ben stretta tra le sue dita, aggiunge con un certo imbarazzo: «Se al mondo esiste qualcuno in grado di fare una cosa del genere, quello sei sicuramente tu. Sei l'alzatore migliore che io conosca. Ah!» si lascia sfuggire poi, arrossendo violentemente, «anche se non ne conosco molti! Insomma, non sono un'esperta, però mi sto informando. Sto cominciando a conoscerne di alzatori, anche se non sono brava in queste cose sono certa che tu sia il migliore...» e continua a incespicare nelle sue stesse parole, sempre più confusa, sempre più nei guai, ma sempre più determinata a trovare un senso a quello che ha tutta l'aria di essere un complimento.
Mi fa sorridere.
Potrei lasciarla annegare in quella tenera disgrazia che lei stessa ha creato, prolungando quell'attimo che sicuramente resterà scolpito nella mia memoria per tanto tempo. Ma alla fine, decido di venirle in soccorso con un semplice -forse anche troppo-: «Grazie».
Il silenzio cade tra noi, mentre per un lungo istante ci guardiamo. Non ho idea di cosa significhi, ma per quanto sia piacevole mi fa arrossare la guance. Distolgo lo sguardo e schiarendomi la voce, decido che è giunto il mio momento per parlare. Anche se non so cosa dire.
«Tu...» comincio, prima di prendermi una pausa per riflettere.
"Mi dai forza."
"Riempi i miei pensieri."
"Mi fai venir voglia di essere migliore."
"Sei sempre così carina."
«Tu sei una brava manager» da tutte quelle alternative, questo è il massimo che riesco a fare.
Sicuramente meglio che dirle che perfino gli idioti sanno lanciare una palla. Faccio progressi. Ma rimango lo stesso un idiota.
Eppure ha lo stesso un suo effetto. Yachi allarga il volto nel sorriso più luminoso che le abbia mai visto, un sorriso che mi toglie il fiato.
«Grazie! Grazie mille!» dice entusiasta.
Una frase così stupida è riuscita a renderla così felice. Com'è adorabilmente Cuore!
E io...
Io sono Kageyama, e Mente o Cuore che sia, sono l'alzatore migliore che Yachi conosce. In questo momento, non desidero essere nient'altro.



Note autrice

Ciao a tutti, sono di nuovo io: quella delle ship strane che nessuno si caga neanche per sbaglio xD Non abbiatene a male, certe disgrazie vanno comprese e sostenute.
Scherzi a parte (e chi scherzava?!)... finalmente sono riuscita a scrivere qualcosa su Kageyama my love *_* <3
Quel piccolo asociale incompreso -ma che ce la mette tutta!- ha un posticino riservato nel mio cuore, vicino vicino a Sheldon Cooper. Come si fa a non amarlo con le sue scenate isteriche, i sorrisi assassini, i fallimentari approcci per fare amicizia e la faccia da pulcino quando mangia un onigiri?
Sì, lo amo u.u (Anche se sorprendentemente non è al primo posto nella classifica dei preferiti. Però lui è Kageyama my love <3)
Spulciando tra immagini e fanart ho scovato *eureca* quella che vedete qui sotto e Cupido ha scoccato la freccia... sopra c'era un messaggio con scritto "sono OTP, fattene una ragione e scrivi qualcosa ORA".
Grazie Cupido...
Però certo Kageyama my love non è tipo da smancerie e secondo il mio punto di vista neanche sa cosa sia "una cotta", perciò eccovi servito questa confusione mentale da "mi batte forte il cuore... è infarto?".
No, tesoro, ma ti uccide lo stesso *depression mode*
Spero siate riusciti ad apprezzarla nonostante il pairing poco usuale e la conclusione "inconcludente" (Ma Ray!!! Alla fine inciuciano o no? Boh, non lo so, non posso pensare a tutto io, il resto fatelo voi u.u).
Direi di terminare questa Divina Nota Commedia, che non se ne può più.
Io vi saluto, ringrazio tutti, un abbraccio fangirloso a Kageyama my love e...
CIAOOOOOOOOOOO ^_^

Ray.

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