La Mente che ambì al Cuore
«Yacchan!»
saluta Hinata, voltandosi di colpo. Improvvisamente catturato dalla
nuova presenza, scappa dal mio sguardo. Tutto ciò di cui
stavamo
dicutendo, importante o meno che fosse, lui l'ha già
dimenticato. E
io resto con le dita alzate, una spiegazione a metà e so
già che
l'indomani sbaglierà sicuramente quel segnale durante una
mia
alzata. O forse no. È scemo, ma incredibilmente intuitivo
quando si
tratta della pallavolo.
Poco importa.
Tanto avrei trovato lo
stesso un modo per compensare le sue carenze tecniche, come
sempre.
Lui era il Cuore, io invece la Mente. In costante
contrasto, ma quando riusciamo a metterci in sintonia niente
può
fermarci.
Lui è Cuore e trascinato da quel suo essere si è
voltato a salutare Yachi dimenticandosi di qualsiasi altra
cosa.
Ma... di che stavamo parlando?
«Yacchan!»
Mi volto e
la vedo arrivare, sfoggiando quel suo solito timido sorriso da
bambina. Somiglia così tanto a Hinata, in questo. Le guance
erano
leggermente arrossate per il caldo e la corsa, la divisa
impeccabilmente ordinata e quel piccolo codino sulla testa che danza
al vento e ai suoi movimenti.
Anche lei è così Cuore.
Proprio
come Hinata.
E io...
Le porgo il suo quaderno, tenuto sotto
braccio fino a quel momento, mormorando un apparente disinteressato
«Grazie».
«Siete riusciti a copiare tutti gli appunti?»
chiede
lei, riappropriandosene, e io mi limito ad annuire.
«Hai una
calligrafia eccezionale! È tutto ordinato e perfetto! Era
impossibile non capirci» dice Hinata al mio fianco,
guardandola con
gli occhi che brillavano.
«Mia madre mi ha abituata così»
arrossisce, stringendosi nelle sue piccole spalle. Già
così
piccola, diventa un pulcino quando si imbarazza -cosa che fa
più
spesso del dovuto.
«Grazie a te sono sicuro che io e Kageyama
supereremo gli esami e riusciremo a venire a Tokyo!» continua
Hinata
e lei arrossisce ancora di più, cominciando a balbettare
qualcosa di
incomprensibile.
Forse dovrei dire qualcosa anche io, almeno per
buona educazione. In fondo, è stata così gentile
con noi.
Schiudo
leggermente le labbra, senza sapere ancora cosa ne sarebbe uscito, ma
la voce di Hinata anticipa e copre la mia. «Forza! Ci
aspettano in
palestra! Andiamo!» e l'afferra per mano con un'incredibile
semplicità. Mi stupisco di quanto sia naturale per uno come
lui
compiere gesti come quelli.
Ma, in fondo, lui è Cuore e una Mente
come me non avrebbe mai potuto comprenderlo. Nè tantomeno
essere
come lui.
«Kageyama, questa volta vinco io!» grida,
cominciando
a correre, trascinandosi letteralmente dietro Yachi.
Che strano...
perché ho la sensazione che l'abbia già fatto?
**********
Il
dito si avvicina al tasto senza pensarci. Ultimamente mi succede
spesso di fare cose senza rendermene conto. Mi ritrovo in palestra e
non so
come ci sono arrivato; comincio a scribacchiare sul quaderno, ma me
ne accorgo conto solo quando ormai è tutto pieno di
scarabocchi
indecifrabili; arrivo al mio letto, alla sera, e quasi non ricordo
cosa abbia fatto per tutto il giorno. Eppure mi sento sempre
stremato, come se avessi combattuto un'infinita -e ancora
interminata- battaglia.
Mi blocco a pochi centimetri dal tasto
della macchinetta, quello che avrebbe fatto scendere il solito brick
di latte.
Che sto facendo? Io sono Mente! È impensabile per uno
come me perdere così tanto il senso della realtà.
Quando ci sono
arrivato lì?
Sono sempre stato Mente e ora... ora cosa sono?
"Se
potessi scegliere, vorrei essere Cuore".
Ma che mi passa per
la testa? Come posso pensare certe cose? Da dove nasce questo
desiderio?
E come un fulmine tra le nere nuvole di una tempesta,
mi compare davanti agli occhi per un breve istante la mano di Hinata
che afferra con decisione quella di Yachi. Senza pensarci.
Solo e
puro Cuore.
Chissà com'è, afferrare quella mano. Dev'essere
sicuramente molto piccola, rispetto alla mia. Sono certo che abbia la
pelle liscia e delicata. Yachi è senz'altro quel tipo di
ragazza.
Chissà se è così.
Io, Mente, sono qui a fare congetture, mentre
Hinata, Cuore, ha già la risposta.
Forse non sempre la Mente è
più in gamba, forse anche lei ha i suoi limiti tecnici.
Esiste
qualche modo per compensarli?
Torno a fissare il dito a pochi
centimetri dal tasto del latte della macchinetta.
"Se potessi
scegliere, vorrei essere Cuore".
Per loro è tutto così
semplice. Naturale, come scegliere ogni giorno una bibita diversa dal
distributore.
Lo sguardo si sposta dal tasto del latte a tutti gli
altri e li scruto, li studio.
Forse il succo di frutta? O la coca
cola? No, le bibite gasate riempiono lo stomaco e rallentano. Il
succo di frutta c'è solo alla pesca e io detesto la pesca,
mi lascia
un sapore in bocca che non mi piace.
... Come sono Mente!
«Non
sai che scegliere?» l'improvvisa voce cristallina mi fa per
un
istante battere il cuore più forte del normale e solo
successivamente riesco a mettere a fuoco quel tanto da riconoscerla.
Mi volto con gli occhi leggermente sbarrati. Quando è
arrivata?
Yachi sobbalza nel vedere il mio sguardo,
interpretandolo in chissà quale modo, e comincia ad
agitarsi.
Distoglie lo sguardo, arrosisce, raccoglie le mani in se stesse e le
tormenta.
«Scusa! Ti ho disturbato» balbetta in preda
all'imbarazzo. «Prenditi tutto il tempo! Io aspetto il mio
turno»
Le
sto rubando tempo. Io e i miei stupidi pensieri da inguaribile Mente
le stiamo dando impiccio. Torno a guardare la macchinetta e torno a
mirare il tasto del latte. Inutile pensarci troppo, inutile provarci
e tormentarsi. Latte sia. Sempre, comunque.
Ma di nuovo mi blocco
a pochi centimetri, colto ancora da quel bizzarro sentimento di
insoddisfazione.
Sospiro e mi scanso, lasciando spazio a Yachi di
prendere ciò che desiderava.
«Non so che scegliere» dico,
cercando in quella scusa, che lei stessa ha creato, un ottimo
rifugio.
«A volte succede anche a me» sorride lei, facendosi
avanti.
«Davvero?» chiedo, incredibilmente sorpreso. Anche
lei a
volte è così Mente? Come può essere?
«Già! E in quelle
occasioni lascio fare alla mano» dice, portandosi la mano
sinistra
davanti agli occhi, e con decisione lancia il dito destro contro la
macchinetta, senza guardare dove.
Preme un tasto, uno qualsiasi, e
una bevanda scende giù.
«Facile, no?»
Sorprendentemente
facile. Ma per un Cuore come lei, lo è sicuramente. Un po'
meno lo è
per una Mente. Impedirle di vedere, per impedirle di fare congetture
e prendere decisioni. No, non è così facile.
Ancora un'immagine
balza nei miei pensieri e in quel breve istante rivedo Hinata che
salta a occhi chiusi verso la palla che io stesso gli ho lanciato
contro la mano. La nostra veloce spericolata.
Chiudi gli occhi e
lascia "fare alla mano": che sia questo il segreto?
Yachi
si china a prendere la sua bevanda e l'osserva, scoprendo solo in
quel momento di aver scelto un tè. Non accenna a piacere e
dispiacere e si limita a porgermi una moneta, per restituirmi quella
che ha usato lei.
L'afferro e guardo Yachi allontanarsi
sorridente, salutandomi con una mano e con un: «A
più
tardi».
"Basta chiudere gli occhi" penso, tornando alla
mia macchinetta non appena Yachi è scomparsa dal mio campo
visivo. I
suoi biondi capelli corti hanno uno strano effetto ipnotico, non
riesco mai a scollarle lo sguardo di dosso.
Infilo la moneta e mi
porto la mano sinistra agli occhi.
La cosa mi reca un po' di
fastidio, rendendomi conto di quanto sia poco controllabile una
situazione come quella. Ma un Cuore non ha controllo, una Mente
sì.
Perciò resisto e con incredibile sforzo spingo il dito
contro il vuoto.
Il clang della macchinetta mi convince a riaprire
gli occhi.
L'ho fatto! Sono stato Cuore e ho lasciato fare alla
mano, ofuscando la vista e il giudizio alla Mente.
So essere Cuore
anche io!
Mi abbasso per afferrare la bevanda che il destino mi ha
riservato, con un leggero batticuore, come quando ho giocato la prima
partita di pallavolo.
"Latte".
Il mio dito ha scelto
latte.
Lo guardo incredulo. Sono talmente Mente che perfino il
cuore è sotto il suo controllo? Possibile che non riesca a
far altro
che seguire sempre quell'unica via, anche a occhi chiusi?
È
triste... eppure esilarante.
E rido.
Rido di gusto come mai mi
è capitato prima.
Che sia Cuore o Mente, sarò sempre Kageyama...
e il latte è l'unica cosa che riesco a bere a quest'ora del
mattino.
**************
«Kageyama»
la voce di Hinata alle mie spalle mi blocca. «Alzami la
palla.»
Ancora? Siamo appena tornati da Tokyo, una disastrosa
Tokyo che gli ha fatto venire in testa strane idee. Dovrebbe andare a
casa e schiarirsi i pensieri, invece vuole ancora schiacciare.
"Poco
male", penso. "È allenamento anche per me, e al mondo non
c'è niente che riesca a calmarmi come la pallavolo".
Perché
è questa la verità: ho bisogno di ritrovare la
calma.
Annuisco e
insieme ci dirigiamo in palestra, dove cominciamo a montare la rete e
prendere il carrello dei palloni. Ci siamo solo noi, il silenzio
della notte fa rimbombare la palestra ancora più del solito,
ma la
cosa ha un effetto estremamente calmante. Già mi sento
meglio.
«Ancora qui? Non siete andati a casa?» chiede
Yachi,
sbucando dalla porta e guardandoci. Ancora quella strana sensazione
di vuoto all'altezza del petto. Quanto è dolce l'eco della
sua voce
in quel silenzio estasiante. Il "pling" dell'ultima goccia
in una calda vasca da bagno.
«Yacchan!» chiama Hinata col suo
solito sorriso entusiasta. «Potresti lanciarci la palla per
un
pochino?»
«Eh? Credi che riuscirei?» chiede lei strabuzzando
gli occhi.
"Certo che puoi" penso intenerito. Se può
riuscirci un incapace come Hinata, non vedo come lei non possa farlo.
Un leggero sorriso, quasi impercettibile, mi rilassa il viso.
Va
già molto meglio.
«Certo! Basta che la lanci sopra la testa di
Kageyama» spiega Hinata e lei istintivamente porta a me quei
suoi
luminosi occhi da pulcino.
Che strana sensazione.
Perché ora
la calma non c'è più? Ho una strana fitta
all'altezza del petto e
sento caldo, inspiegabilmente caldo sulle guance. Ma lei continua a
scrutarmi e la cosa sembra non migliorare la situazione.
È
talmente curioso, talmente frastornante, che anche io non riesco a
distogliere lo sguardo e continuo a tenerlo ben fisso nei suoi occhi.
Sarei potuto restare lì tutta la sera, senza rendermene
conto, come
tutte quelle sere che sono arrivato al mio letto senza accorgemene.
Ma è lei stessa a rompere quel bizzarro incantesimo,
voltandosi a
guardare il carrello dei palloni con un certo disagio, leggermente
colorita sulle guance.
«Perfino un idiota può farlo, non è
difficile.» La frase mi esce dalle labbra senza darmi modo
prima di
esaminarla. Che cosa doveva essere? Un incoraggiamento? Che razza di
babbeo, come può una frase del genere metterla a suo
agio?
«Kageyama! Potresti essere un po' più
carino!» mi
ammonisce Hinata.
E ha ragione. Potrei. Ma certe cose proprio non
mi riescono.
«Lascialo perdere, Yacchan. Non preoccuparti, tirala
come ti riesce, ci penseremo noi a farcela andare bene, non
è vero?»
chiede Hinata, voltandosi a cercare il mio consenso.
Ci penserò
io a fargliela andare bene, come sempre. È questa la verita.
Perché
cerca sempre di prendersi meriti che non ha? Che odioso.
Mi limito
ad annuire e torno ad aggiustare la rete.
«Ci provo» balbetta
lei un po' agitata e si avvicina al carrello dei palloni, afferrando
il primo.
Io mi sistemo nella mia posizione sotto rete, mentre
Hinata si prepara a prendere la rincorsa.
«Sono pronto»
annuncia, alzando un braccio e Yachi mi lancia contro la prima palla,
cercando di mirare sopra la mia testa. È un buon passaggio,
non
aveva niente da temere. Non è difficile per me accoglierla e
alzarla
a Hinata, che corre e salta... ma a occhi aperti.
Fa correre la
mano sopra la sua testa e cerca di colpire la palla, su cui ha
puntato lo sguardo.
La manca.
Entrambi osserviamo la palla
rotolare poco lontano.
"Non chiuderò più gli occhi" mi
ha detto quello stesso pomeriggio, e a quanto pare è ben
deciso a
farlo davvero.
«Ancora!» chiede Hinata, tornando al suo
posto.
Tengo lo sguardo fisso su di lui, mentre i muscoli
cominciano a tendersi.
Lo sta facendo davvero. Non vuole più
chiudere gli occhi.
"Quando sono indecisa chiudo gli occhi e
lascio fare alla mano" rimbomba la voce di Yachi nei miei
ricordi. È quello che fanno i Cuori: chiudono gli occhi e
tappano la
bocca alla Mente.
Stacco gli occhi da Hinata e li sposto su Yachi,
davanti a me, pochi passi più avanti, con un'altra palla
già pronta
tra le mani e lo sguardo intensamente preoccupato.
«Quella di
prima...» le dico e lei sobbalza, cominciando già
a impanicarsi.
Teme che la brontolerò? Perché dovrei? Ok, con
Hinata lo faccio
sempre, ma che c'entra? Lui è Hinata!
«Andava bene. Fanne
un'altra così» le dico, cercando ancora una volta
di darle qualche
incoraggiamento. Beh, questa volta sicuramente mi è venuto
meglio.
L'ombra preoccupata piano piano abbandona gli occhi di
Yachi, che accenna un sorriso e ancora una volta sento quel dolore al
petto. Che abbia qualche malattia? Ultimamente mi capita troppo
spesso.
Yachi annuisce decisa e tiene lo sguardo determinato fisso
su di me, caricandosi.
È destabilizzante. Non mi permette di
concentrarmi, mi fa sentire strano. Poco a mio agio.
Con una
smorfia faccio fuggire lo sguardo di nuovo a Hinata. Non ritrovo la
tranquillità, ma per lo meno ho di nuovo la concentrazione.
«Sono
pronto» annuncia lui ancora una volta e io guardo la palla
lanciata
dalle mani di Yachi raggiungermi sopra la testa.
L'alzo di nuovo,
lui corre, salta e schiaccia il vuoto.
«Ancora.»
"Chiudi
gli occhi."
«Ancora.»
"Chiudi gli
occhi."
«Ancora!»
"Chiudi i tuoi dannati occhi!"
e l'alzata si rivela più potente del solito, andandosi quasi
a
schiantare contro la parete della palestra. Il mio nervoso è
più
che palese, ormai.
Ma è comprensibile.
"Tu sei Cuore! Tu
sei un dannato Cuore! E i Cuori chiudono gli occhi!" mi ripeto a
ogni schiacciata mancata. Come può lui, dotato di una tale
fortuna,
rinnegare tutto questo? Sono io la Mente! Quali sono le sue
intenzioni? Rovinare tutto col suo stupido capriccio di egualiarmi?
Non comprende la sua fortuna?
«Ancora!»
«Basta!» urlo
esasperato. Un ghigno mi deforma il volto, mentre i muscoli mi
vibrano. «Ci sono tante altre cose su cui potresti allenarti,
invece
di provare questo di cui non sei nemmeno capace!»
«Ma io devo
allenarmi su questa schiacciata!» ribatte Hinata.
«La veloce a
occhi chiusi non è imbattibile e se verrà fermata
quale sarà
allora il motivo che mi farà restare in campo?»
«Proprio per
questo non devi pensare da solo a quella veloce! Concentrati su tutto
il resto. A farti schivare il muro ci penserò io con le mie
alzate!»
io sono la Mente. Io posso fare quel genere di cose: pensare,
organizzare, decidere e manipolare.
Sono io quello che pensa a
quale bevanda sia migliore per quell'ora della giornata.
Lui deve
solo chiudere gli occhi, perché lui è Cuore.
«Ma così non
potrò mai migliorare!»
«I preliminari sono il mese prossimo e
quando sarà il momento quale sarà la nostra arma?
La nostra veloce
perfezionata, o questa su cui ti stai incaponendo che non funziona
affatto?»
Ma il suo sguardo non cede nemmeno per un istante.
«Io
voglio la forza di poter combattere da solo!» grida, colto
dallo
stesso moto di rabbia che al momento scuote anche me.
"Da
solo"... proprio come lo ero io.
Mente, troppo Mente, proprio
come me.
Perché?
Quanto può essere idiota?
Vuole essere
una fredda, meccanica, dedita al controllo, Mente come me,
rinunciando al calore e alla morbidezza del tocco innocente di una
mano. Una Mente come me che il massimo che è riuscita a fare
è
stato dire a Yachi che "perfino gli idioti ci riescono",
sottintendendo che se non fosse riuscita sarebbe stata peggio di
loro. Vuole rinunciare a essere il Cuore che la prende per mano, le
sorride, la fa sorridere, la riempie di coraggio tanto da convincerla
a dire a sua madre che avrebbe seguito la via della pallavolo contro
il suo volere. Tanto da convincerla che anche le comparse possono
avere un posto in questo mondo.
Tutto questo, buttato via.
Come
può farlo?
«Sei solo un egoista!» grido colto dalla furia,
spintonandolo via.
Alle mie spalle si alza la timorosa voce di
Yachi, che cerca di calmarci, senza riuscirci.
"Guarda cosa
le stai facendo!" penso, attribuendo a Hinata la colpa di
tutto.
Lui riesce a prenderla per mano, lui riesce a sorriderle, a
parlare al suo cuore. Lui ci riesce e per questo ha il dovere di
farlo, arrivando laddove io non ho speranze! Invece ora si comporta
solo da egoista, rinunciando non solo a questo privilegio, ma
facendola spaventare.
"Tu puoi farla sorridere! Hai il dovere
di farlo!"
Non può smettere di essere Cuore. Non può! Non
è
giusto!
«Alzerò la palla solo a chi sono sicuro
riuscirà a
colpirla» pronuncio sapendo che questo l'avrebbe ferito. Ha
lottato
tanto, all'inizio, per ottenere una mia alzata. So che è
tutto ciò
che brama, perché solo io sono in grado di fargli superare
quel muro
che per anni l'ha terrorizzato. E ora tutto ciò glielo
toglierò.
«Tu
ora non ci riesci» concludo, voltandomi, deciso ad andarmene.
Non
resterò qui nemmeno un istante di più, ad
assistere al suo
egoismo.
«Kageyama!» mi chiama Hinata con una voce tanto
gracchiante da sembrare quella di un corvo. Mi volto e me lo vedo
arrivare contro, col viso contratto dalla rabbia. Mi afferra,
stringendo le braccia intorno alla mia vita e stritolandomi.
Lo
spintono via, facendolo cadere a terra, ma lui torna in piedi in un
attimo e di nuovo mi si scaglia contro, afferrandomi.
«Lasciami!»
ringhio.
«Non ti lascerò andare fintanto che non mi alzi la
palla!»
"Non te lo meriti!" e continuamo a spintonarci,
afferrarci, e spingerci di nuovo via, mentre ancora Yachi alle nostre
spalle piagnucola e ci implora di fermarci.
"Idiota! Guarda
che stai facendo!" pensò rimproverandolo e cerco di
spingerlo a
terra con la chiara intenzione di fargli del male. Ha superato il
limite.
«Voi due! Smettetela subito!» urla imperativo
Tanaka,
raggiungendoci di corsa e colpendo entrambi in pieno viso con un
pugno.
Cadiamo a terra e tenendoci il viso colpito, ci puntiamo lo
sguardo addosso, colmi di rabbia, come due belve appena reduci da uno
scontro.
«Che intenzioni avete, si può sapere?»
Continua a
brontolarci Tanaka, mentre nella mia mente rimbomba una sola parola:
"Stupido! Stupido! Stupido!".
È colpa sua e del suo
egoismo!
«Senza contare che avete spaventato la povera
Yachi!»
brontola ancora Tanaka e quelle parole hanno un bizzarro effetto su
di me.
Mi dimentico immediatamente dell'idiota che ho di fronte e
di tutta la rabbia che mi ha portato fin lì.
"L'abbiamo
spaventata" penso. "Sono stato anche io".
Mi volto
di colpo, puntando gli occhi mortificati sulla figura ranicchiata
alle spalle di Tanaka. Quegli occhi da pulcino, ora sembrano
così
opachi e tristi.
"Sono stato io".
Non importa se
Hinata sia idiota o meno, non mi importa niente di lui. Non in questo
momento. Ora penso solo a quanto io sia stato crudele nei confronti
della ragazza.
Hinata è Cuore, io Mente, ed era solo compito mio
gestirlo. Ho mancato al mio dovere, col risultato di allontanare
ancora di più Yachi e mostrarle ancora una volta solo il
peggio di
me.
Schiudo le labbra, pronto a balbettare un "mi dispiace"
ma ancora una volta Hinata, col suo rapido istinto, supera le mie
lente e inutili riflessioni.
Salta in piedi e si china, chiedendo
scusa.
«È meglio se andiamo a casa. Facciamo la strada
insieme?»
chiede e Yachi annuisce.
Li guardo, mentre uno di fianco all'altra
si allontanano, lasciandomi di nuovo indietro.
"Kaegayama,
questa volta vinco io!" rimbomba la voce di Hinata nella mia
mente, in un non troppo lontano ricordo.
Ancora una volta ho come
la sensazione che l'abbia già fatto.
********************
Le
partite di allentamento con le squadre di Tokyo, durante questo
ritiro estivo, si sono concluse. La palestra finalmente è
vuota, se
non per Hinata e Yachi che come al solito sono pronti per la sessione
di allenamento serale. Ormai è un'abitudine.
È come se non ci
fosse altro obiettivo nelle nostre menti che quella nuova veloce a
occhi aperti, per permettere a Hinata di combattere da solo in
volo.
Ancora non riesco ad accettarlo, ma continuare a litigare
non ha portato che guai.
E poi... lui è Cuore, è normale che
quando desidera qualcosa non si fermi ad analizzare benefici e
problemi. Quello è un lavoro che spetta a me, Mente,
così come
spetta a me il compito di trovare il modo di compensare le sue
carenze tecniche. Tra i due, quello che si era arreso, probabilmente
ero io stesso. O forse nella mia mente non c'era altro modo per un
Cuore che andare avanti a occhi chiusi?
Poco importa. Io sono
Mente e il mio compito è aggiustare e manipolare.
Ma anche una
Mente come me ha bisogno dei suoi tempi, soprattutto quando si tratta
di cose di una certa complessità.
«Da stasera non ci alleneremo
più insieme» annuncio, avvicinandomi a prendere
delle bottiglie
vuote per disporle sotto rete, ognuna a distanza diversa.
«Che?»
stridula Hinata, già contrariato.
«Finchè continuerò a
sbagliare l'alzata, non dovrei allenarmi con te» gli spiego e
lui
ammutolise qualche istante, lasciando finire il mio lavoro di
sistemazione delle bottiglie in silenzio. Non ci faccio caso, non mi
interessa, concentrato solo sul mio lavoro.
Poi la voce di Yachi
rompe quell'apparente tranquillità, sorprendendomi ancora,
come se
fino a quel momento non mi fossi accorto che lei era lì.
Tutte le
volte mi stupisco di quanto sia dolce quella voce.
«Vorrei tanto
vederla, la nuova veloce» bisbiglia, forse più a
se stessa, ma nel
silenzio arriva anche a me. Un nuovo fuoco comincia a bruciarmi
dentro.
Lei ci guarda, lei mi guarda, e guarda le mie
alzate con speranza. Quello sguardo da pulcino, che tanto sembra
scaldarmi, è tutto per me durante quel frangente di tempo in
cui io
tengo tra le mani la palla.
Per un attimo, la schiena di Hinata,
mano nella mano con Yachi, non sembra più tanto
irrangiungibile.
«La
vedrai» dico con determinazione, prima di sistemare l'ultima
bottiglia per terra. Mi volto verso di lei, cercando per la prima
volta volontariamente i suoi occhi e mi stupisco nel trovarli
già su
di me.
È una bella sensazione. Mi dà carica.
Voglio farla!
Quella folle schiacciata di Hinata che fino a qualche momento prima
trovavo ridicola e inutile, ora è l'obiettivo più
grande nella mia
mente. Gliela farò vedere a Yachi, e anche io, per una
volta,
riuscirò a farle nascere un sorriso sulle labbra.
Se quella è la
mia unica arma, il mio unico momento, lo terrò ben stretto.
«Ci
riusciremo, vedrai!» dice Hinata con forza, sorridendole con
orgoglio.
"L'alzata che si ferma riuscirò a padroneggiarla
come nessun'altro e riempirò le partite di quell'alzata che
tanto
desideri vedere". Io, Mente, con le mie armi da Mente,
riuscirò
a parlare al Cuore.
«Buon allentamento, Kageyama» dice Hinata,
prima di fuggire via, uscendo dalla palestra. Io sto per tornare a me
stesso, ma prima mi fermo a guardare Yachi. È ancora
immobile,
nonostante stia guardando Hinata con uno sguardo incerto.
«Tu non
vai?» le chiedo. Nei suoi occhi riesco a cogliere
distintimante il
desiderio di seguirlo. Ma allora perché resta?
«Ti do fastidio?»
chiede lei, improvvisamente allarmata, facendo sussultare anche me.
«Scusami! Me ne vado subito!» continua, prima di
voltarsi.
In un
battito di ciglia faccio un passo avanti e allungo la mano nella sua
direzione, lasciandomi uscire un incontenibile:
«No!»
Lei si
ferma, ma anche io resto un attimo paralizzato.
Cos'è successo?
Non sono stato io a scegliere quell'azione. È successa e
basta.
Ho
chiuso gli occhi un istante... e ho allungato la mano.
Come se
avessi voluto scegliere una qualsiasi bevanda, a caso, dal
distributore. Ho lasciato "fare alla mano". O meglio, al
Cuore.
È quella dunque la sensazione?
È... strana. Non mi fa
sentire a mio agio non avere il controllo di me stesso, ma
ultimamente mi sta succedendo troppo spesso. Ancora una volta, sento
un leggero calore all'altezza delle guance e distogliendo lo sguardo,
turbato, torno nella posizione originale.
«Potresti... lanciarmi
la palla» dico, sperando di essere sembrato convincente e
poco
nervoso, cosa che stranamente sono.
Yachi annuisce, cercando di
sembrare diligente e professionale, e presto si riaccosta al carrello
dei palloni. Ne afferra uno e si prepara, mentre io mi sistemo sotto
rete.
«Non sei costretta» le dico, non riuscendo a
togliermi
dalla mente la vista del suo sguardo che segue Hinata fuori dalla
palestra. Se voleva andare con lui, perché è
rimasta?
Yachi mi
guarda dapprima curiosa, come se avessi detto una bizzaria. Poi
inclinando leggermente la testa da un lato mi sorride dolcemente.
«Lo
so» si limita a rispondere.
Due semplici parole, banali, eppure
così potenti.
È rimasta perché voleva.
Hinata riesce ad
afferrarla e trascinarla con la sua potenza, ma lei, in un attimo di
libertà, ha deciso di restare insieme a me.
Possibile che un
Cuore come lei possa scegliere di passare del tempo con una Mente
come me e non con chi riesce a capirla e parlarle?
È tutto così
assurdo che assume ai miei occhi una connotazione quasi magica.
Yachi
cerca conferma nel mio sguardo, senza parlare, e trovandomi pronto mi
lancia la prima palla.
La ricevo senza problemi e l'alzo
imprimendogli quella nuova tecnica. La palla si ferma e cade, ma
troppo lontano dalla bottiglia che avevo deciso. Increspo le
sorpacciglia, mentre un'espressione di disappunto mi si dipinge in
volto.
Che fossi troppo distratto?
No, ancora non andava bene.
Non c'entrava niente la distrazione, la presenza di Yachi mi riempie
di determinazione e voglia di farcela e un atteggiamento tale non
può
che essere vincente. Devo solo migliorarmi.
«Kageyama-kun» dice
lei, attirando di nuovo la mia attenzione, mentre si china nel
carrello. «Ci riuscirai. Ne sono certa» e, fissando
la palla ben
stretta tra le sue dita, aggiunge con un certo imbarazzo: «Se
al
mondo esiste qualcuno in grado di fare una cosa del genere, quello
sei sicuramente tu. Sei l'alzatore migliore che io conosca.
Ah!» si
lascia sfuggire poi, arrossendo violentemente, «anche se non
ne
conosco molti! Insomma, non sono un'esperta, però mi sto
informando.
Sto cominciando a conoscerne di alzatori, anche se non sono brava in
queste cose sono certa che tu sia il migliore...» e continua
a
incespicare nelle sue stesse parole, sempre più confusa,
sempre più
nei guai, ma sempre più determinata a trovare un senso a
quello che
ha tutta l'aria di essere un complimento.
Mi fa sorridere.
Potrei
lasciarla annegare in quella tenera disgrazia che lei stessa ha
creato, prolungando quell'attimo che sicuramente resterà
scolpito
nella mia memoria per tanto tempo. Ma alla fine, decido di venirle in
soccorso con un semplice -forse anche troppo-:
«Grazie».
Il
silenzio cade tra noi, mentre per un lungo istante ci guardiamo. Non
ho idea di cosa significhi, ma per quanto sia piacevole mi fa
arrossare la guance. Distolgo lo sguardo e schiarendomi la voce,
decido che è giunto il mio momento per parlare. Anche se non
so cosa
dire.
«Tu...» comincio, prima di prendermi una pausa per
riflettere.
"Mi dai forza."
"Riempi i miei
pensieri."
"Mi fai venir voglia di essere
migliore."
"Sei sempre così carina."
«Tu sei
una brava manager» da tutte quelle alternative, questo
è il massimo
che riesco a fare.
Sicuramente meglio che dirle che perfino gli
idioti sanno lanciare una palla. Faccio progressi. Ma rimango lo
stesso un idiota.
Eppure ha lo stesso un suo effetto. Yachi
allarga il volto nel sorriso più luminoso che le abbia mai
visto, un
sorriso che mi toglie il fiato.
«Grazie! Grazie mille!» dice
entusiasta.
Una frase così stupida è riuscita a renderla
così
felice. Com'è adorabilmente Cuore!
E io...
Io sono Kageyama, e
Mente o Cuore che sia, sono l'alzatore migliore che Yachi conosce. In
questo momento, non desidero essere nient'altro.
Note autrice
Ciao
a tutti, sono di nuovo io: quella delle ship strane che nessuno si
caga neanche per sbaglio xD Non abbiatene a male, certe disgrazie
vanno comprese e sostenute.
Scherzi
a parte (e chi scherzava?!)... finalmente sono riuscita a scrivere
qualcosa su Kageyama my love *_* <3
Quel
piccolo asociale incompreso -ma che ce la mette tutta!- ha un
posticino riservato nel mio cuore, vicino vicino a Sheldon Cooper.
Come si fa a non amarlo con le sue scenate isteriche, i sorrisi
assassini, i fallimentari approcci per fare amicizia e la faccia da
pulcino quando mangia un onigiri?
Sì,
lo amo u.u (Anche se sorprendentemente non è al primo posto
nella
classifica dei preferiti. Però lui è Kageyama my
love <3)
Spulciando
tra immagini e fanart ho scovato *eureca* quella che vedete qui sotto
e Cupido ha scoccato la freccia... sopra c'era un messaggio con
scritto "sono OTP, fattene una ragione e scrivi qualcosa ORA".
Grazie
Cupido...
Però
certo Kageyama my love non è tipo da smancerie e secondo il
mio
punto di vista neanche sa cosa sia "una cotta", perciò
eccovi servito questa confusione mentale da "mi batte forte il
cuore... è infarto?".
No,
tesoro, ma ti uccide lo stesso *depression mode*
Spero
siate riusciti ad apprezzarla nonostante il pairing poco usuale e la
conclusione "inconcludente" (Ma Ray!!! Alla fine inciuciano
o no? Boh, non lo so, non posso pensare a tutto io, il resto fatelo
voi u.u).
Direi
di terminare questa Divina Nota Commedia, che non se ne può
più.
Io
vi saluto, ringrazio tutti, un abbraccio fangirloso a Kageyama my
love e...
CIAOOOOOOOOOOO
^_^
Ray.