Il Posto che cercavo
Angolo dell’Autrice:
Questa storia partecipa al Contest ideato da S.Elric_
: L’amore che move il sole e l’altre stelle.
Ho dovuto associare la poesia La pioggia nel pineto di Gabriele D’annunzio, da sempre una delle
mie preferite per la musicalità e il potere evocativo delle parole, al tema
centrale, l’amore, e alla coppia che ho scelto, la Ron/Hermione.
Come nella poesia dannunziana ho cercato di inserire
assonanze e parole non usuali; ma soprattutto ho cercato, attraverso
ripetizioni volute all’interno del testo, di riprodurre il rumore della pioggia
e di associarlo alla nascita e alla crescita dell’amore tra Ron e Hermione con
varie metafore.
Ho anche cercato di rendere strettamente collegati i
versi della poesia, inseriti in ordine sparso, e i pezzi della storia.
La One-Shot è ambientata durante la seconda guerra
magica, quando Harry, Ron e Hermione sono da poco sfuggiti ai Mangiamorte, chiamati
da Xenophilius Lovegood, e si rifugiano, di nuovo, nella foresta.
In quei giorni Hermione è molto giù di morale; Harry,
tutto preso dalla storia dei Doni della Morte, è taciturno e chiuso in se
stesso, mentre Ron cerca di essere forte e di risollevare l’animo a tutti,
anche per farsi perdonare l’abbandono avvenuto di recente.
Da qui l’idea di questa breve storia: spero che alla
luce di questa specificazione si capisca meglio anche la caratterizzazione dei
personaggi, che altrimenti risulterebbero essere un po’ OOC.
***
Lascio scorrere le lacrime lungo le guance. Non le asciugo
neppure più, mi sembra inutile. Scorrono lente, inesorabili, senza che possa
far nulla per trattenerle, come scrosci di pioggia battente.
Pioverà, anche questa notte: lo sento dal vento freddo, che
si sta alzando, e dall’aria umida che mi gela le ossa.
Pioverà, di nuovo, anche sulle nostre giovani vite appese a un filo, e le gocce
inevitabili bagneranno, ancora una volta, la calma apparente di questi ultimi
giorni.
E’ quella che mi distrugge più di tutto: la calma. Sento la
paura salire sempre di più, attanagliarmi le viscere e paralizzarmi i sensi,
quando c’è silenzio tutt’intorno.
Cerco di calmarmi, sfogliando le ‘fiabe di Beda il Bardo’. Conosco
il testo quasi a memoria ormai, ma tenermi impegnata, cercando di ricavare
dettagli nascosti tra quelle righe, è diventato un rituale quotidiano al quale
non posso rinunciare.
Sono costretta, però, a richiuderlo
quasi subito.
Piove dalle nuvole sparse.
Poche gocce di pioggia mi bagnano i
capelli e la pelle, ma le lascio fare. Lascio che si confondano anche con le
lacrime, che lavino via anche il terrore e l’insicurezza.
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
Cerco di ripararmi vicino
all’entrata della tenda, mentre ascolto i dolci rumori della pioggia che,
intensificatasi, sembra toccare anche i luoghi più remoti della foresta. Sembra
darle nuove parole, nuove emozioni, insieme all’acqua, alla vita.
Sarebbe bello se grazie all’acqua,
insieme alla foresta, potessero fiorire anche le mie nuove consapevolezze, la
mia nuova esistenza, le mie certezze, fino a trovare il mio posto nel mondo. Quale
mondo, poi? A quale mondo appartengo, realmente? In questi momenti neri, non mi
sento nient’altro che una semplice Babbana figlia di dentisti, prima di
ricordare che non ho più nemmeno mamma e papà, dispersi chissà dove, in
Australia. Loro, per giunta, non sanno neppure di avere una figlia. Sono sola,
non ho nemmeno più una famiglia.
Chiudo gli occhi, esponendo ancora
di più il viso al freddo e al cielo aperto, lasciando che si bagni senza
nessuna protezione. Lascio scorrere il mio passato, le mie radici, quel mondo
che non mi appartiene più.
“Ti beccherai un malanno stando
così, sotto la pioggia!” mi sussurri improvvisamente, e sento la tua voce
provenire da un mondo lontano, quel mondo di cui non faccio più parte da tempo.
Taci.
Vorrei solo poterti urlare contro, dirti di tacere,
magari litigare, come facevamo sempre: ma l’ultima disavventura dal Signor
Lovegood mi ha svuotata dentro, togliendomi tutte le forze per reagire.
“Tutto tranquillo, comunque?” insisti, uscendo dalla
tenda e gettando un’occhiata alle soglie del bosco.
Annuisco, tenendo gli occhi bassi.
Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Non c’è nessuno, Ron, nessun
pericolo.
Siamo soli: io, tu e Harry.
Siamo soli in una foresta
spaventosa, in una missione suicida.
Eppure vorrei essere lasciata così,
a trovare un senso in una dimensione superiore, a farmi scivolare via le
angosce, e ascoltare quel suono confortante: la pioggia che batte. Mi ricorda
la voce della mamma, quando ogni sera mi rimboccava le coperte e mi baciava
teneramente i capelli.
Tiro su col naso un po’ troppo
rumorosamente.
Sicuramente ti sarai accorto che
sto piangendo. Non mi dici nulla, tuttavia, ma mi stringi a te, avvolgendomi
con le tue braccia. Mi posi poi, sui capelli, un timido bacio.
Sorrido.
Ultimamente, tralasciando per
attimo la breve parentesi dell’abbandono, sei diventato non solo una vera
spalla su cui poter contare e su cui piangere, ma anche un ragazzo attento ai
piccoli gesti, ed estremamente protettivo e sensibile.
Chi l’avrebbe mai detto! Tu! Il Ronald
Weasley con la varietà d’emozioni di un cucchiaino!
E devo anche affermare che questo
nuovo Ron mi piace. Mi piace sempre di più.
Devo accettare che non aspettavo
altro: che tu ti accorgessi di me, che guardassi oltre i libri, il mio
atteggiamento saccente, i nostri litigi; oltre la mia mascherata insofferenza.
Non voglio più nemmeno che te ne
vada, adesso: è vero, non so quale sia il mio posto nel mondo, ma devo
ammettere, mentre anch’io mi stringo a te, che non potrei immaginarmi in nessun
luogo dove non ci sia anche tu.
Ascolta. Risponde
al pianto
il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
Stretti, la mia testa sulla tua
spalla, ascoltiamo i nostri silenzi, le disillusioni, i battiti dei nostri
cuori.
Tutt’intorno a noi, un lieve,
delicato canto di cicale: sembra incoraggiarci, invitarci ad immaginare un
mondo dove i nostri sogni sono possibili.
Quel cielo grigio non sembra fare
poi così paura; rispecchia completamente il nostro stato d’animo.
Lascio scivolare la tensione, e
tremo appena, rincuorata dalla pioggia e dalla tua presenza.
Mi stringi più forte, nascondendo
gli occhi sotto i capelli.
“Ho paura, Hermione” ammetti, sempre
sussurrando, non volendo rischiare di svegliare Harry, che sta dormendo nella
tenda.
Non rispondo.
Non saprei cosa replicare,
comunque: non è da te ammettere le tue stesse sensazioni ed esprimere a parole
quello che hai dentro.
Alzo lo sguardo: le tue guance sono
bagnate, e ho il sospetto che non sia solo per la pioggia, anche se gli occhi
restano nascosti sotto i capelli rossi.
“Voglio dire … ti sembrerà stupido”
cominci farfugliando, temendo, forse, che possa interromperti da un momento
all’altro “E’ stupido, in effetti, ma non è paura di morire” continui, con un
tono più fermo, sicuramente confortato dal fatto che non ti abbia fermato. “E’
paura di non avere più tempo, Hermione” aggiungi, e mi guardi per la prima
volta negli occhi: noto che i tuoi sono rossi e gonfi. Stai piangendo anche tu.
E’ strano come il dolore riesce ad
unire anche le persone più diverse.
“Ci siamo dentro fino al collo, e
chi lo sa, potremmo morire anche fra qualche minuto, in un agguato, ed io non
avrei più il tempo di dire alla mia famiglia quanto è importante per me; il
tempo di rivedere mamma e papà un’ultima volta, di far capire loro quanto valgo
e quello che posso fare!” concludi, alla fine, con un filo di voce.
Sorrido, nonostante la tristezza
del momento.
Sono, probabilmente, l’unica che
abbia mai capito quello che avessi dentro, Ron, quanto insicuro fossi, e quanta
voglia di dimostrare alla tua famiglia di essere qualcuno avessi. Sentirlo
così, tuttavia, scandito dalla tua voce dolce e roca, m’intenerisce in una
maniera incredibile.
Anche tu mi sorridi, e anche il tuo
è un sorriso amaro, intriso di tenerezza.
“Oppure vorrei solo far sapere loro
quanto li amo” continui, sempre sorridendo. Hai ancora, però, gli occhi umidi.
Vinco l’orgoglio che mi aveva
frenato per tutti quei giorni, che mi aveva chiuso in quel cupo silenzio e in
quell’atroce immobilità da quando eri tornato, e afferro la tua mano con un
gesto deciso. Sento che anche tu stringi la mia.
“Loro lo sanno, Ron, l’hanno sempre
saputo!” t’incoraggio, anche se odo la mia voce tremare “Sono già fieri di te,
e ti amano, molto più di quanto tu possa immaginare!” aggiungo, pensando alla tua
famiglia e al vostro rapporto meraviglioso.
Quante volte ho voluto trascorrere
da voi le vacanze estive o natalizie, spinta non solo dal sentimento che provavo
per te, ma anche dalla sensazione di calore e di amore che si respirava alla
Tana?
“Eppure Ron, ti capisco” ammetto
con un lieve sospiro “Vorrei che anche i miei fossero fieri di me, che fossero
coscienti della mia scelta e di tutto quello che stiamo facendo per salvare il
mondo” affermo, liberandomi di quel peso, che tenevo dentro da troppo tempo.
“Vorrei sentirli vicini, con il pensiero almeno” la mia voce si spezza, ma non
m’importa. “Invece, non sento assolutamente nulla e da tempo, ormai” dichiaro,
affranta.
Sto parlando a me stessa, o con te,
Ron? Non lo so. Non lo so più.
Cadono, fragili, tutti i miei
momenti di confusione, di solitudine, di abbandono, di sofferenza. Si gettano
sul suolo già provato della mia esistenza, come la pioggia sulla terra umida.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra,
Ogni dolore ha un tonfo diverso sulla mia anima già
sfibrata, e mi sembra quasi di non riuscire più a respirare, mentre dico: “Da
quando sei andato via, Ron, mi sento vuota”. La mia voce non è che un bisbiglio, eppure
dentro di me la sento forte e crudele, come un urlo lancinante che lotta per
uscire.
“Questa guerra mi ha tolto tutto, anche la forza di combattere, persino
qualcosa in cui credere!” riesco a biascicare, tra le lacrime che lottano per
uscire e la gola in fiamme. “Questo non è nemmeno il mio posto, se mai ce ne
fosse uno per me, Ron, e i maghi non fanno altro che ricordarmi che sono una
Sporca Mezzosangue!” dichiaro con voce rotta.
“Non dire quella parola!” mi dici, visibilmente scosso.
“E’ quello che sono, Ron, è la realtà dei fatti: non ammetterlo servirebbe
solo a negare l’evidenza!” ti contraddico, anche se senza il mio solito spirito
combattivo. “Mi sono chiesta spesso cosa ci faccio qui, perché combatto, perché
vado avanti nonostante tutto; ma, credimi, non riesco a trovare una risposta!”
ammetto con un singhiozzo, pronta a scaraventare il peso della mia coscienza
fuori di me, in balìa di quell’improvviso temporale; sperando che, molle di
pioggia, si dissolva tra le zolle inzuppate del terriccio roccioso.
Ma la luce, il sole dopo la pioggia, arriva dalle parole umide che riesci a
pronunciare con un tono sorpreso, come se fosse una cosa talmente scontata da
non riuscire a credere che io, Hermione Granger, non ci fossi arrivata .
“Io sono qui per te!” mi sussurri, con una semplicità disarmante. “Voglio
dire … anche per Harry, certo, per la mia famiglia, per un futuro migliore; ma
sono qui per te, soprattutto per te, Hermione” aggiungi, con le orecchie che ti
si tingono di rosso, come sempre, quando sei imbarazzato.
Io sono qui per te.
Quelle sillabe si fanno spazio nel mio petto a fatica, ma con una forza
abbagliante che illumina tutti i miei sensi.
O, forse, a pensarci bene, mi entrano dentro come la pioggia: quella che
lava via lo sporco, la fuliggine. La pioggia che lenisce le scottature, le
ferite; quella che lascia i volti immacolati e illuminati da un solo vago
rossore.
Io sono qui per te.
L’amore: è questa la risposta che cercavo.
Può essere anche un posto, l’amore?
Penso a tutte le volte in cui mi sono rifugiata nel nostro sentimento
immaturo; a tutte le volte che ho immaginato fiorisse, come i ciliegi in
primavera.
Ma non era solo la mia immaginazione, no: ora lo so. Il nostro amore è
davvero cresciuto, a discapito dei battibecchi e dei periodi di silenzio
passati a lanciarci sguardi torvi. Si è rivelato piano, piano, quando ci siamo
rivalutati a vicenda.
E non ti saprei dire, Ron, quando è sbocciato davvero, ma, ad un certo
punto, si è abbattuto violentemente su di me, come un temporale estivo, e non
ho potuto più farne a meno. E qualche volta mi è mancato il respiro; mi si è
spezzato il cuore per la sua troppa forza, come quando la pioggia spezza gli
arbusti, come quando ti ho visto insieme a Lavanda. Eppure, anche allora mi
rifugiavo nella tua presenza, fermamente convinta che ci saresti stato di
nuovo, come durante l’attacco del Troll al nostro primo anno.
So che mi salverai di nuovo, Ron, ogni qual volta ne avrò bisogno. Perché non
so se l’amore può essere anche un luogo, ma di sicuro è un modo per ritrovare
la forza, la strada verso casa, come la luce sprigionata dal Deluminatore che
ti ha aiutato a tornare da me. E’ l’amore l’unica arma a nostra disposizione, quella
che Voldemort non conosce, che sottovaluta e che non proverà mai.
Mi commuovo e l’amore m’illumina gli occhi.
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere;
Si può piangere di felicità?
Eppure, è quello che sto facendo:
lascio le lacrime raccontare quello che da sola non riesco a dire.
Io, Hermione Granger, spiazzata, e
senza parole, dalla dichiarazione che aspettavo da una vita.
Io sono qui per te: potrebbero sembrare ben poca cosa, parole così banali.
Eppure, eppure l’universo dietro
quelle sillabe spoglie è immenso: un ragazzo che lascia tutto, la famiglia, la
libertà, la sicurezza; un ragazzo che mette a rischio la propria vita, e lo fa
solo per te.
E’ questa la vera forza, ora lo so,
è questa la mia risposta, quello slancio che mi spoglia della mia scorza dura e
mi rende viva e partecipe di tutte le energie della natura, racchiuse in quella
più potente e fulgida: l’amore.
non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come
pesca
intatta,
Anch’io
sono qui per te, Ron.
E mai la
vita mi è sembrata così bella, anche se siamo isolati in un mondo senza
speranze, pronti a morire. Mai ho sentito il mio cuore battere così forte,
senza freni, neppure toccato dall’ombra della morte che prima sembrava così
vicina; perché ci sono cose che neppure la morte può toccare, Ron, come questo
nostro sentimento acerbo che è maturato negli anni e che sembra dolce e tenero,
morbido come una pesca intatta.
Vinta
dall’istinto, io che sono sempre stata così razionale, mi aggrappo a te con un
movimento deciso e afferro il tuo viso: è un bacio salato, dal sapore di
lacrime, di pioggia, di paura, tormento e passione; un bacio singhiozzante e
tremante.
Ci
baciamo come due disperati, aggrappandoci l’una all’altra, prima lentamente,
poi sempre più forte, come l’incedere costante della pioggia, che sembra lenire
anche gli anni d’incomprensioni, stupide ripicche e parole dure che ci
trasciniamo dietro.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or
disciolti
(e il verde
vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
Ora siamo
una cosa sola, Ron: lo sento nelle nostre dita che s’intrecciano, sulle nostre
labbra che non si bastano, nei nasi che si toccano.
Rimaniamo
stretti a succhiarci la vita a vicenda, a cercare la pace nell’anima
dell’altro. Sono la prima a staccarmi, il respiro ansante, i capelli zuppi,
incollati al viso come i tuoi; i nostri volti lucidi di pioggia e di lacrime.
“Ti amo”
dico piano, turbando entrambi per la semplicità e la bellezza di queste parole.
Sì, ti
amo Ron. E non m’importa se non ho trovato parole strane e meravigliose come le
tue per dichiararmi, perché so da anni che sei migliore di me: eri tu quello
sempre pronto a difendermi, a proteggermi da chi mi trattava male e mi feriva;
quello che mi ha messo sempre al primo posto.
Non
m’importa nemmeno di sapere dove ci porterà questa nostra vita, questo nostro
amore, no: quello che conta è questo momento, questo momento solo nostro,
questo posto solo nostro.
Perché se
l’amore può anche essere un posto, il nostro è fatto di tenerezze, dolcezze,
screzi, parole sprezzanti, gesti affettuosi e goffi. E profuma di casa, anche.
Profuma dei tuoi capelli, Ron, del loro odore che sento ovunque, che porto
sempre con me.
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
Ermione.
“E’ questo il tuo posto, Hermione!”
dici, mentre mi abbracci forte, nascondendo il viso nell’incavo tra la mia
spalla e il collo: fra le tue braccia forti, sentendo l’odore dei tuoi capelli
nelle mie narici, coccolata dal nostro amore.
Sì, Ron, è questo il mio posto.